Giù la maschera!
Capitolo 1
Long Island, giugno 1923
- Guarda che se continui a fissarlo così finirà per accorgersene!
- Come scusa?
- È più che è evidente che tu sia un’altra delle vittime di Graham.
- Si vede molto?
- Direi di sì. Ma se posso darti un consiglio da amica ti conviene lasciar perdere.
- E perché?
- Beh … Terence potrebbe avere tutte le donne che vuole questo è chiaro credo, ma da quando è tornato libero non l’ho mai visto frequentare una ragazza assiduamente. Certo ha avuto delle avventure, è un uomo non un santo, ma tutte non sono andate oltre il primo appuntamento. Per questo ti dico che se tu vuoi andare oltre il primo appuntamento … ti conviene abbandonare immediatamente l’idea.
- Capisco che dopo la scomparsa della fidanzata avrà bisogno di tempo per innamorarsi di nuovo, ma questo non significa che … lo so non sarà facile. È un po’ che gli sto dietro e … insomma … non per vantarmi ma di solito non ho grossi problemi a far capitolare un uomo, ma con lui è diverso. Non l’ho mai conosciuto uno così, non è solo bello, lui è … travolgente, è un mistero in cui vorresti solo sprofondare, stargli vicino è come essere trasportati su un altro pianeta!
- Ti capisco benissimo credimi!
- Vuoi dire che anche tu fai parte delle sue vittime?
- Quando ho conosciuto Terence eravamo due ragazzini, entrambi persi per la recitazione, abbiamo lavorato molto insieme, ma non mi sono mai fatta avanti con lui. Ho sempre saputo di non avere speranze perché so che il suo cuore non è libero.
- Immagino che all’epoca avesse già una relazione con Susanna Marlowe! Non sarà facile adesso dimenticarla …
- Ti stai sbagliando di grosso! Susanna non c’entra niente, non è lei ad aver rapito il suo cuore.
- Come sarebbe? C’è un’altra donna?
- Già.
- E chi è?
- Non ne so molto, Terence non ne parla mai, ma quando ha ottenuto il suo primo ruolo da protagonista in Romeo e Giulietta, lei era presente alla prima perché lui l’aveva invitata. Era il 1916 se non sbaglio, io ero stata scelta per sostituire la Marlowe dopo l’incidente.
- E tu credi che Terence pensi ancora a quella ragazza? Sono passati molti anni.
- Non ne sono sicura, te l’ho detto lui non ne parla mai. Ma quello che so è che se non fosse accaduto quell’incidente lui non si sarebbe mai fidanzato con Susanna.
- Ma questa ragazza dov’è adesso? Tu l’hai mai vista?
- Sì, l’ho conosciuta, abita a Chicago.
- E com’è? Sapresti descrivermela?
- È un tipetto particolare, carina ma di una bellezza non esasperata, molto naturale. Lunghi capelli biondi e ricci, due smeraldi splendenti al posto degli occhi e un nasino delizioso pieno di lentiggini.
- Lentiggini hai detto? O mio dio, allora era lei!
Karen la guardò con aria interrogativa.
- Al Cotton Club qualche giorno fa … lei era lì e lui se n’è andato all’improvviso, evidentemente l’ha vista ma non era da sola.
A quel punto le due ragazze furono interrotte dall’ingresso di un domestico il quale riferì a Terence che era desiderato al telefono.
- Chi mi vuole? – chiese il ragazzo continuando a giocare in acqua con Jean Paul.
- Non so signore, è una chiamata da Chicago.
- Chicago! – mormorò Terence tra sé, saltando fuori dalla piscina.
Dopo essersi avvolto in un asciugamano, scomparve all’interno della villa.
- Come vedi “Chicago” lo fa ancora schizzare fuori dall’acqua! – esclamò Karen guardando Jacqueline in viso.
Terence riapparve in piscina dopo diversi minuti. Con l’asciugamano stretto intorno ai fianchi, si fermò ad un tavolino per prendere qualcosa di fresco da bere. La giornata era molto calda, anche se il cielo iniziava a velarsi di lunghe nuvole grigiastre.
- Buone notizie da Chicago? – gli chiese Jacqueline avvicinandosi alle sue spalle, afferrandogli la vita con le mani e appoggiandogli il mento su una spalla.
Terence rimase immobile, senza rispondere, continuando a sorseggiare la sua bibita.
- Si tratta di un segreto forse? – insisté la ragazza, temendo che a cercarlo fosse stata proprio la biondina con le lentiggini.
- Perché ti interessa tanto?
- Sono curiosa, lo sai.
- Non mi piacciono le ragazze curiose!
- Ah no … allora sentiamo: cosa deve fare una donna per piacere a Terence Graham?
- Semplice: non deve fare niente per cercare di piacermi! – ribatté Terence deciso, mentre si liberava dell’asciugamano e tornava a tuffarsi in piscina.
Terence Graham era tornato a New York da due settimane. Aveva trascorso gli ultimi tre anni in Inghilterra, lavorando come primo attore all’Old Vic Theatre, uno dei più importanti teatri shakespeariani del momento. Mr. Hathaway, direttore della compagnia Stratford, che lo aveva scoperto riconoscendo in lui uno straordinario talento e che era stato per Terence come un padre, lo aveva lasciato andare considerando la possibilità di lavorare a Londra una grande occasione da non lasciarsi sfuggire. Terence lo aveva ripagato pienamente, ottenendo uno straordinario successo, tanto da essere ormai considerato uno dei migliori interpreti della sua generazione. Nonostante la giovane età, aveva infatti compiuto da poco 26 anni, Graham aveva già affrontato molti ruoli decisamente impegnativi, come l’Amleto e l’Otello, riuscendo sempre a stupire tutti per la sua incredibile capacità di coinvolgere il pubblico.
Solo alla stampa che pur ne riconosceva il valore artistico, risultava poco simpatico, probabilmente per quell’aria estremamente strafottente con cui snobbava le interviste e i giornalisti in generale. Odiava infatti quell’aspetto del suo lavoro, ovvero l’essere sempre sotto i riflettori anche quando scendeva dal palco. Ogni suo passo veniva sempre puntualmente documentato, con tanto di foto e articoli dettagliati che spesso avevano tuttavia ben poco di veritiero. Cercava in ogni modo di non esporsi all’assalto di fotografi e giornalisti, ma non di rado aveva fatto ricorso agli avvocati per far sì che alcune notizie false sulla sua vita privata venissero smentite. Anche per questo, dopo la prematura scomparsa della fidanzata, aveva accettato volentieri di trasferirsi per un periodo in Inghilterra, dov’era all’epoca meno conosciuto.
Tornando in America temeva di iniziare di nuovo ad essere perseguitato, per cui era stato attento ad evitare che si spargesse la voce che Graham era in città e si era ben guardato dal partecipare agli eventi mondani organizzati dall’alta società newyorkese a cui di solito veniva invitato.
Allora perché aveva accettato senza la minima esitazione di partecipare a quell’evento per cui era stato contattato addirittura da Chicago? Forse perché aveva uno scopo benefico e lui aveva improvvisamente scoperto la sua vena caritatevole? No, non era questo il motivo. Era stato sufficiente udire un nome per mandare all’aria tutti i suoi timori: Ardlay!
La Ardlay For Children, per raccogliere fondi a favore dei bambini meno fortunati, aveva organizzato una gara ippica al Belmont Park, invitando a partecipare personaggi illustri del mondo della politica, dell’economia e dello spettacolo che avrebbero gareggiato gratuitamente sotto falso nome per non essere riconosciuti. Le scommesse sui cavalli ritenuti vincenti sarebbero andate in beneficenza.
Ma ciò che più di ogni altra cosa aveva spinto il famoso attore Terence Graham ad uscire dalla sua villa di Long Island per partecipare a quella gara era stato il fatto che il vincitore avrebbe ricevuto il premio direttamente dalle mani della figlia del presidente della fondazione, ovvero Miss Candice W. Ardlay!
Quel sabato pomeriggio, dopo l’insistenza di alcuni amici, Graham aveva organizzato un party in piscina, nella sua lussuosa villa sulla costa est di Long Island. Tra gli invitati attrici e attori della Stratford, alcuni musicisti e belle ragazze tra cui la famosa ballerina Jacqueline Morgan che non staccava gli occhi di dosso dal bell’attore neanche per un minuto. Si erano conosciuti a Parigi qualche mese prima, dove entrambi si trovavano per lavoro. Lei lo aveva visto recitare in teatro e ne era rimasta folgorata, così aveva fatto di tutto per poterlo incontrare e in qualche modo era riuscita ad intrufolarsi nel suo camerino, rimediando tuttavia solo un autografo. Dopodiché lei era rientrata negli Stati Uniti mentre Terence era rimasto ancora un mese in Europa. Finché una sera lo aveva visto entrare al Cotton Club, molto tardi, quando il locale era ormai semivuoto. Si erano salutati e avevano bevuto qualcosa, poi improvvisamente lui se ne era andato dicendo che era molto stanco, anche se prima di uscire aveva notato qualcuno alzarsi da un tavolino in disparte.
Terence non riusciva a credere che fosse lei! L’aveva vista uscire dal Club in compagnia di altre persone che non conosceva, ma non si era sbagliato, era proprio lei. Ma cosa ci faceva a New York?
La telefonata che aveva appena ricevuto da Chicago aveva chiarito ogni cosa: Candy si trovava a New York per seguire la Ardlay Foundation la cui sede centrale si trovava a Chicago mentre altre erano dislocate in giro per gli Stati Uniti.
Appena rientrato in America il suo primo pensiero era andato inevitabilmente a lei. Dopo la morte di Susanna, aveva immaginato di contattarla, ma si era lasciato prendere dai dubbi soprattutto quando aveva visto alcune sue fotografie sui giornali dove appariva felice e serena. Che diritto aveva lui, dopo il male che le aveva fatto, di tornare nella sua vita! Poi era arrivata quella proposta di lavoro da Londra ed era partito. Ma tre anni non erano serviti a molto. Non era mai riuscito a dimenticarla.
Ed ora che aveva saputo che lei si trovava a New York desiderava assolutamente incontrarla! Avrebbe vinto quella corsa ad ogni costo.
Capitolo 2
New York, giugno 1923
Quel pomeriggio al Belmont Park si era radunata tutta l’alta società newyorkese, ma non solo, una folla di curiosi infatti si accalcava all’ingresso dell’ippodromo attirata dalla presenza delle numerose personalità che avrebbero preso parte alla corsa.
Miss Candice W. Ardlay aveva appena preso posto sulla gradinata quando i cavalieri iniziarono a fare il loro ingresso in pista. Come stabilito dal regolamento ogni fantino avrebbe indossato una maschera sugli occhi per non essere riconosciuto ed evitare che le scommesse venissero influenzate dalla fama dei partecipanti. Questo aveva però accresciuto ulteriormente la curiosità dei presenti che, oltre a puntare i propri soldi sul probabile vincitore, iniziarono a scommettere anche sull’identità dei fantini.
- Che ne dici Candy scommettiamo anche noi? – le chiese Larry, suo fidato braccio destro alla Ardlay for Children, che si era appena seduto vicino a lei.
- Perché no? Vediamo ….
Candy iniziò a passare in rassegna tutti i cavalli presenti in pista. Non pretendeva certo di essere un’esperta in materia però di solito era in grado di riconoscere un buon cavallo da un brocco. Ad un certo punto il suo sguardo fu attirato non tanto da un animale quanto dal cavaliere che lo montava: non avrebbe saputo dirne il motivo, forse perché indossava una giacca da equitazione di un bel colore rosso brillante, ma le sembrò che avesse qualcosa di familiare per cui decise di puntare proprio su di lui.
Ci volle un po’ di tempo perché i cavalli prendessero posizione negli stalli poi, al segnale di partenza, i cavalieri si lanciarono al galoppo, incitati dalla folla. Alla prima curva un gruppetto si era già staccato dagli altri, c’era stato persino uno scontro tra due animali, per fortuna senza gravi conseguenze, che ne aveva causato il ritiro, mentre un gruppo più nutrito era rimasto indietro. A metà gara due cavalli aumentarono ancora la velocità e si ritrovarono da soli a contendersi la vittoria. Tra questi il cavallo su cui aveva puntato Candy che tuttavia sembrava leggermente attardato rispetto all’altro. A poche centinaia di metri dal traguardo però Tristan, questo era il nome del cavallo scelto da Miss Ardlay, lanciato a tutta velocità dal proprio fantino riuscì a superare l’avversario e a conquistare il titolo.
- Candy abbiamo vinto! – esclamò entusiasta Larry approfittando dell’occasione per abbracciarla. Era infatti innegabile che il giovane avesse un debole per la bella biondina.
- Pare proprio di sì, Larry – disse Candy senza distogliere lo sguardo dal cavaliere che sceso a terra stava riportando l’animale nelle scuderie, mentre sorrideva ricevendo i complimenti degli altri partecipanti.
Quel modo unico di camminare e quel sorriso, Candy era certa di averli già visti ma non poteva credere che si trattasse davvero di lui, sapeva che si trovava da tempo in Inghilterra, di sicuro si stava sbagliando.
In ogni caso il mistero sarebbe stato ben presto svelato, dal momento che tra poco si sarebbe svolta la cerimonia di premiazione, durante la quale i cavalieri avrebbero rivelato la loro identità.
Le personalità più in vista di New York che avevano assistito all’evento si radunarono in una grande sala dove era stato allestito il buffet e dove sarebbe stato consegnato un premio simbolico al vincitore, l’ultimo a svelare il proprio nome. Tutti gli altri cavalieri infatti fecero il loro ingresso nel salone senza maschera per cui molti di loro vennero riconosciuti subito e salutati con acclamazioni e applausi.
Per ultimo arrivò il vincitore che aveva tolto il cappello, rivelando intanto una folta chioma color cioccolato. Candy si sentì leggermente sollevata notando che i capelli erano tagliati corti per cui non poteva essere lui, anche se il suo sorriso nel momento in cui venne chiamato sul palco le fece mancare per un attimo il respiro.
- Facciamo i nostri complimenti al vincitore! Scommetto che siete tutti curiosi di sapere chi si nasconda dietro questa maschera … anche se forse qualcuno l’avrà già capito, magari qualche signora che credo conosca bene il personaggio in questione – annunciò il presentatore della serata.
Dalla sala si alzò un leggero mormorio e qualcuno osò persino fare qualche ipotesi gridando il nome di personaggi illustri, ma nessuno sembrava aver indovinato.
Dopodiché Miss Candice W. Ardlay venne invitata a salire sul palco per procedere alla premiazione. Candy si avvicinò al cavaliere e inspiegabilmente sentì il suo cuore accelerare il battito, mentre lui si voltava, dandole le spalle, per permetterle di slacciare la mascherina che teneva legata sulla nuca.
A Candy tremavano le mani e impiegò più del dovuto a sciogliere il nodo, ma appena il volto del vincitore venne svelato, in tutta la sala si udì prima un boato di stupore e dopo applausi e gridolini di apprezzamento soprattutto da parte delle signore presenti.
Candy rimase imbambolata con la mascherina in mano quando il presentatore si complimentò con il famoso attore per la vittoria. Poi Larry le passò la medaglia che avrebbe dovuto consegnare al vincitore. Ma nel preciso istante in cui lui si voltò puntando su di lei i suoi meravigliosi occhi color zaffiro, Candy ebbe la netta sensazione di essere sul punto di svenire, sentendo le gambe tremare e la vista annebbiarsi. Per fortuna, il gesto che lui fece di abbassare la testa per permetterle di consegnargli la medaglia, la fece riprendere riuscendo così a portare a termine la premiazione.
- Facciamo i nostri complimenti al vincitore, Mr. Terence Graham! – annunciò il presentatore prima di invitare tutti a sedersi ai tavoli per consumare la cena.
Candy quasi fuggendo scese dal palco velocemente per raggiungere il proprio tavolo scortata dal fedele Larry, mentre Terence dovette fermarsi a firmare autografi, assediato dalle ammiratrici.
- Non mi ero sbagliata … è proprio lui! E adesso? – pensava Candy tra sé cercando di evitare di guardarlo.
Terence intanto si era seduto al tavolo insieme agli altri cavalieri, senza riuscire a togliersi dalla testa un unico pensiero – Devo parlarle, devo assolutamente parlarle!
A giudicare però da come aveva reagito quando lo aveva riconosciuto, pensava che non sarebbe stato facile quella sera, in mezzo a tutta quella gente, riuscire ad avvicinarla. E poi chi era quel tipo scialbo che le stava sempre appiccicato? D’un tratto gli venne in mente un’idea!
- E adesso un regalo credo molto gradito per tutte le gentili dame che hanno scommesso su Tristan, il cavallo vincitore della gara: tra loro sarà infatti estratta a sorte la fortunata che avrà l’onore di aprire le danze con un cavaliere d’eccezione, la nostra stella di Broadway, Terence Graham!
Candy si sentì gelare il sangue ascoltando quell’annuncio: anche lei aveva scommesso su Terence e se fosse uscito il suo nome … che cosa avrebbe fatto? Ballare con lui adesso, lì, davanti a tutti? Di colpo sentì il viso in fiamme e trattenne il respiro fino a quando non venne fatto il nome della vincitrice.
- Miss Jacqueline Morgan … prego signorina a lei l’onore!
Terence si alzò dal proprio tavolo e andò incontro a Jacqueline, cercando di non perdere d’occhio il tavolo dove era seduta Candy.
- Ho scelto bene su quale cavallo scommettere, decisamente uno stallone niente male! – esclamò la ballerina appena si trovò a danzare tra le braccia di Terence.
- Io invece ho come l’impressione che tu abbia giocato sporco, sbaglio? – le chiese Terence, stupito del fatto che tra tutte le donne presenti in sala fosse uscito proprio il nome di Miss Morgan.
- Beh a volte basta fare gli occhi dolci alla persona giusta e il gioco è fatto! – confessò Jacqueline che era disposta a tutto pur di conquistare il bell’attore.
Pian piano altre coppie iniziarono a ballare, così anche Larry trovò il coraggio di invitare Candy. Quando Terence li vide volteggiare al centro della sala ci mancò poco che si precipitasse su di loro per separarli. Dovette in qualche modo trattenersi dal fare un gesto così plateale, ma cercò in ogni caso di avvicinarsi il più possibile e quando le due coppie si trovarono a pochi centimetri di distanza finse di inciampare finendo addosso al povero Larry.
- Oh mi dispiace, sono desolato, tutto bene? – chiese dispiaciuto.
- Non è niente, si figuri Mr. Graham. Piuttosto le faccio ancora i miei complimenti per come ha gestito la corsa, avrei giurato che su Tristan ci fosse un fantino professionista.
- La ringrazio, troppo buono, signor…?
- Mi chiamo Larry, Larry Coleman.
Terence si trattenne dallo scoppiare a ridere udendo quel nome che secondo lui era decisamente un nome da maggiordomo!
- È stato un piacere, Larry! – esclamò scandendo bene le ultime lettere.
Candy che riconobbe subito il tono canzonatorio di Terence lo guardò storto, prima di allontanarsi poggiando la sua mano sul braccio di Larry, gesto che a Terence non sfuggì di certo facendolo spazientire ancora di più.
Miss Ardlay non aspettò la fine della cena, non poteva più sostenere lo stato di agitazione che la presenza di Terence le provocava, così decise di andarsene nonostante la serata non fosse ancora conclusa. Prima di uscire si recò al guardaroba per prendere il soprabito. Terence vide che anche Larry si dirigeva nella stessa direzione, probabilmente sarebbe stato lui ad accompagnarla a casa, pensò sentendo salire la rabbia.
- Te ne vai senza neanche salutarmi? – chiese a Candy dopo averla raggiunta.
- Non credo proprio che tu meriti di essere salutato dopo il modo ridicolo con cui hai trattato Larry! – rispose Candy ostentando tutta la sicurezza che poteva.
- Di chi stai parlando … del “maggiordomo”?
- Quale maggiordomo?
- Non vorrai negare che Larry sia decisamente un nome da maggiordomo! – esclamò Terence sghignazzando.
- Con tutto il rispetto per i maggiordomi, Larry è il mio più fedele collaboratore e se non ti dispiace mi sta aspettando in auto!
- Non vorrei mai far arrabbiare il povero Larry! Allora buonanotte, è stato un piacere rivederti – le disse Terence sfoderando la voce più seducente che possedeva. Dopodiché si allontanò non prima di avergli lasciato un biglietto nella mano che aveva appena baciato. Si trattava di un biglietto da visita dove dietro aveva scritto qualcosa:
Se ti va di fare due chiacchiere con un vecchio amico
mi farebbe piacere invitarti a cena
Terry
Candy alzò lo sguardo dal biglietto e lo diresse verso l’interno della sala dove sul fondo poteva vedere il tavolo al quale Terence era tornato a sedersi. Stava parlando ancora con quella ballerina seduta accanto a lui quando all’improvviso si voltò verso di lei e, vedendola con il suo biglietto in mano, le sorrise. Lei ricambiò il sorriso ed uscì.
La mattina seguente Candy si svegliò con un’immagine ben precisa nelle mente: un paio di occhi blu oceano e un sorriso che da sempre riusciva a confonderla. In realtà non aveva quasi chiuso occhio per tutta la notte, ripensando a quanto successo la sera prima. Il biglietto da visita di Terence giaceva sul comodino accanto al letto. Lo prese e lesse per la centesima volta ciò che lui aveva scritto sul retro: “un vecchio amico”. Per tutto il giorno quelle parole le risuonarono nella testa costringendola a chiedersi se davvero poteva considerare Terence solo un vecchio amico. La sera, rientrata a casa, ancora non era riuscita a trovare una risposta e pensò che l’unico modo fosse quello di accettare il suo invito.
Si fece una doccia pensando a come avrebbe dovuto contattarlo: la cosa più semplice sarebbe stata quella di telefonargli ma, considerando che all’ippodromo avevano scambiato si e no mezza parola, litigando, sarebbe riuscita a parlargli al telefono oppure avrebbe fatto la figura dell’idiota, restando muta al solo udire la sua voce?
- Candy … possibile che quando si tratta di Terence tu perda completamente il controllo! Come puoi pensare di andare a cena con lui se non riesci nemmeno a parlarci al telefono! – pensava tra sé.
Poi ad un tratto si decise, alzò la cornetta e …
- Pronto qui Villa Graham, chi parla? – chiese evidentemente la voce di un domestico.
- Buonasera … sono Candy … cioè Candice Ardlay, potrei parlare con Terence, cioè con il signor Graham?
- Attenda in linea, vedo se può rispondere.
Mentre Candy in preda all’ansia aspettava al telefono pensando a cosa gli avrebbe detto, l’attore venne avvisato dal maggiordomo che una certa Miss Ardlay desiderava parlare con lui.
Terence che in quel momento stava sorseggiando un tè in salotto rischiò seriamente di strozzarsi all’udire quel nome, dopodiché si precipitò al telefono inciampando in un tappeto ed evitando solo per poco di finire lungo e disteso sul pavimento.
- Pronto.
Silenzio.
- Pronto, Candy sei tu?
- Sì sono io – balbettò Candy stordita ancora una volta dal suono della voce di Terence.
- È un piacere sentirti!
- Volevo dirti che … si insomma … ho ricevuto il tuo biglietto ieri sera e …
- E?
- E se l’invito è ancora valido … sarei felice di accettare.
Terence sentì fermarsi il cuore e dovette fare un profondo respiro prima di rispondere.
- Certo che è ancora valido! Se per te non è un problema, mi farebbe piacere invitarti a casa mia. Purtroppo quando vado in un ristorante ultimamente trovo sempre qualche giornalista ad aspettarmi.
- D’accordo, non c’è alcun problema.
- Perfetto, se mi dai l’indirizzo ti faccio venire a prendere dal mio autista.
- Non ce n’è bisogno, prenderò un taxi.
- Come preferisci, domani sera potrebbe andare bene?
- Certo.
- Allora ti aspetto. Buonanotte Candy.
- Buonanotte Terence.
Quel pomeriggio al Belmont Park si era radunata tutta l’alta società newyorkese, ma non solo, una folla di curiosi infatti si accalcava all’ingresso dell’ippodromo attirata dalla presenza delle numerose personalità che avrebbero preso parte alla corsa.
Miss Candice W. Ardlay aveva appena preso posto sulla gradinata quando i cavalieri iniziarono a fare il loro ingresso in pista. Come stabilito dal regolamento ogni fantino avrebbe indossato una maschera sugli occhi per non essere riconosciuto ed evitare che le scommesse venissero influenzate dalla fama dei partecipanti. Questo aveva però accresciuto ulteriormente la curiosità dei presenti che, oltre a puntare i propri soldi sul probabile vincitore, iniziarono a scommettere anche sull’identità dei fantini.
- Che ne dici Candy scommettiamo anche noi? – le chiese Larry, suo fidato braccio destro alla Ardlay for Children, che si era appena seduto vicino a lei.
- Perché no? Vediamo ….
Candy iniziò a passare in rassegna tutti i cavalli presenti in pista. Non pretendeva certo di essere un’esperta in materia però di solito era in grado di riconoscere un buon cavallo da un brocco. Ad un certo punto il suo sguardo fu attirato non tanto da un animale quanto dal cavaliere che lo montava: non avrebbe saputo dirne il motivo, forse perché indossava una giacca da equitazione di un bel colore rosso brillante, ma le sembrò che avesse qualcosa di familiare per cui decise di puntare proprio su di lui.
Ci volle un po’ di tempo perché i cavalli prendessero posizione negli stalli poi, al segnale di partenza, i cavalieri si lanciarono al galoppo, incitati dalla folla. Alla prima curva un gruppetto si era già staccato dagli altri, c’era stato persino uno scontro tra due animali, per fortuna senza gravi conseguenze, che ne aveva causato il ritiro, mentre un gruppo più nutrito era rimasto indietro. A metà gara due cavalli aumentarono ancora la velocità e si ritrovarono da soli a contendersi la vittoria. Tra questi il cavallo su cui aveva puntato Candy che tuttavia sembrava leggermente attardato rispetto all’altro. A poche centinaia di metri dal traguardo però Tristan, questo era il nome del cavallo scelto da Miss Ardlay, lanciato a tutta velocità dal proprio fantino riuscì a superare l’avversario e a conquistare il titolo.
- Candy abbiamo vinto! – esclamò entusiasta Larry approfittando dell’occasione per abbracciarla. Era infatti innegabile che il giovane avesse un debole per la bella biondina.
- Pare proprio di sì, Larry – disse Candy senza distogliere lo sguardo dal cavaliere che sceso a terra stava riportando l’animale nelle scuderie, mentre sorrideva ricevendo i complimenti degli altri partecipanti.
Quel modo unico di camminare e quel sorriso, Candy era certa di averli già visti ma non poteva credere che si trattasse davvero di lui, sapeva che si trovava da tempo in Inghilterra, di sicuro si stava sbagliando.
In ogni caso il mistero sarebbe stato ben presto svelato, dal momento che tra poco si sarebbe svolta la cerimonia di premiazione, durante la quale i cavalieri avrebbero rivelato la loro identità.
Le personalità più in vista di New York che avevano assistito all’evento si radunarono in una grande sala dove era stato allestito il buffet e dove sarebbe stato consegnato un premio simbolico al vincitore, l’ultimo a svelare il proprio nome. Tutti gli altri cavalieri infatti fecero il loro ingresso nel salone senza maschera per cui molti di loro vennero riconosciuti subito e salutati con acclamazioni e applausi.
Per ultimo arrivò il vincitore che aveva tolto il cappello, rivelando intanto una folta chioma color cioccolato. Candy si sentì leggermente sollevata notando che i capelli erano tagliati corti per cui non poteva essere lui, anche se il suo sorriso nel momento in cui venne chiamato sul palco le fece mancare per un attimo il respiro.
- Facciamo i nostri complimenti al vincitore! Scommetto che siete tutti curiosi di sapere chi si nasconda dietro questa maschera … anche se forse qualcuno l’avrà già capito, magari qualche signora che credo conosca bene il personaggio in questione – annunciò il presentatore della serata.
Dalla sala si alzò un leggero mormorio e qualcuno osò persino fare qualche ipotesi gridando il nome di personaggi illustri, ma nessuno sembrava aver indovinato.
Dopodiché Miss Candice W. Ardlay venne invitata a salire sul palco per procedere alla premiazione. Candy si avvicinò al cavaliere e inspiegabilmente sentì il suo cuore accelerare il battito, mentre lui si voltava, dandole le spalle, per permetterle di slacciare la mascherina che teneva legata sulla nuca.
A Candy tremavano le mani e impiegò più del dovuto a sciogliere il nodo, ma appena il volto del vincitore venne svelato, in tutta la sala si udì prima un boato di stupore e dopo applausi e gridolini di apprezzamento soprattutto da parte delle signore presenti.
Candy rimase imbambolata con la mascherina in mano quando il presentatore si complimentò con il famoso attore per la vittoria. Poi Larry le passò la medaglia che avrebbe dovuto consegnare al vincitore. Ma nel preciso istante in cui lui si voltò puntando su di lei i suoi meravigliosi occhi color zaffiro, Candy ebbe la netta sensazione di essere sul punto di svenire, sentendo le gambe tremare e la vista annebbiarsi. Per fortuna, il gesto che lui fece di abbassare la testa per permetterle di consegnargli la medaglia, la fece riprendere riuscendo così a portare a termine la premiazione.
- Facciamo i nostri complimenti al vincitore, Mr. Terence Graham! – annunciò il presentatore prima di invitare tutti a sedersi ai tavoli per consumare la cena.
Candy quasi fuggendo scese dal palco velocemente per raggiungere il proprio tavolo scortata dal fedele Larry, mentre Terence dovette fermarsi a firmare autografi, assediato dalle ammiratrici.
- Non mi ero sbagliata … è proprio lui! E adesso? – pensava Candy tra sé cercando di evitare di guardarlo.
Terence intanto si era seduto al tavolo insieme agli altri cavalieri, senza riuscire a togliersi dalla testa un unico pensiero – Devo parlarle, devo assolutamente parlarle!
A giudicare però da come aveva reagito quando lo aveva riconosciuto, pensava che non sarebbe stato facile quella sera, in mezzo a tutta quella gente, riuscire ad avvicinarla. E poi chi era quel tipo scialbo che le stava sempre appiccicato? D’un tratto gli venne in mente un’idea!
- E adesso un regalo credo molto gradito per tutte le gentili dame che hanno scommesso su Tristan, il cavallo vincitore della gara: tra loro sarà infatti estratta a sorte la fortunata che avrà l’onore di aprire le danze con un cavaliere d’eccezione, la nostra stella di Broadway, Terence Graham!
Candy si sentì gelare il sangue ascoltando quell’annuncio: anche lei aveva scommesso su Terence e se fosse uscito il suo nome … che cosa avrebbe fatto? Ballare con lui adesso, lì, davanti a tutti? Di colpo sentì il viso in fiamme e trattenne il respiro fino a quando non venne fatto il nome della vincitrice.
- Miss Jacqueline Morgan … prego signorina a lei l’onore!
Terence si alzò dal proprio tavolo e andò incontro a Jacqueline, cercando di non perdere d’occhio il tavolo dove era seduta Candy.
- Ho scelto bene su quale cavallo scommettere, decisamente uno stallone niente male! – esclamò la ballerina appena si trovò a danzare tra le braccia di Terence.
- Io invece ho come l’impressione che tu abbia giocato sporco, sbaglio? – le chiese Terence, stupito del fatto che tra tutte le donne presenti in sala fosse uscito proprio il nome di Miss Morgan.
- Beh a volte basta fare gli occhi dolci alla persona giusta e il gioco è fatto! – confessò Jacqueline che era disposta a tutto pur di conquistare il bell’attore.
Pian piano altre coppie iniziarono a ballare, così anche Larry trovò il coraggio di invitare Candy. Quando Terence li vide volteggiare al centro della sala ci mancò poco che si precipitasse su di loro per separarli. Dovette in qualche modo trattenersi dal fare un gesto così plateale, ma cercò in ogni caso di avvicinarsi il più possibile e quando le due coppie si trovarono a pochi centimetri di distanza finse di inciampare finendo addosso al povero Larry.
- Oh mi dispiace, sono desolato, tutto bene? – chiese dispiaciuto.
- Non è niente, si figuri Mr. Graham. Piuttosto le faccio ancora i miei complimenti per come ha gestito la corsa, avrei giurato che su Tristan ci fosse un fantino professionista.
- La ringrazio, troppo buono, signor…?
- Mi chiamo Larry, Larry Coleman.
Terence si trattenne dallo scoppiare a ridere udendo quel nome che secondo lui era decisamente un nome da maggiordomo!
- È stato un piacere, Larry! – esclamò scandendo bene le ultime lettere.
Candy che riconobbe subito il tono canzonatorio di Terence lo guardò storto, prima di allontanarsi poggiando la sua mano sul braccio di Larry, gesto che a Terence non sfuggì di certo facendolo spazientire ancora di più.
Miss Ardlay non aspettò la fine della cena, non poteva più sostenere lo stato di agitazione che la presenza di Terence le provocava, così decise di andarsene nonostante la serata non fosse ancora conclusa. Prima di uscire si recò al guardaroba per prendere il soprabito. Terence vide che anche Larry si dirigeva nella stessa direzione, probabilmente sarebbe stato lui ad accompagnarla a casa, pensò sentendo salire la rabbia.
- Te ne vai senza neanche salutarmi? – chiese a Candy dopo averla raggiunta.
- Non credo proprio che tu meriti di essere salutato dopo il modo ridicolo con cui hai trattato Larry! – rispose Candy ostentando tutta la sicurezza che poteva.
- Di chi stai parlando … del “maggiordomo”?
- Quale maggiordomo?
- Non vorrai negare che Larry sia decisamente un nome da maggiordomo! – esclamò Terence sghignazzando.
- Con tutto il rispetto per i maggiordomi, Larry è il mio più fedele collaboratore e se non ti dispiace mi sta aspettando in auto!
- Non vorrei mai far arrabbiare il povero Larry! Allora buonanotte, è stato un piacere rivederti – le disse Terence sfoderando la voce più seducente che possedeva. Dopodiché si allontanò non prima di avergli lasciato un biglietto nella mano che aveva appena baciato. Si trattava di un biglietto da visita dove dietro aveva scritto qualcosa:
Se ti va di fare due chiacchiere con un vecchio amico
mi farebbe piacere invitarti a cena
Terry
Candy alzò lo sguardo dal biglietto e lo diresse verso l’interno della sala dove sul fondo poteva vedere il tavolo al quale Terence era tornato a sedersi. Stava parlando ancora con quella ballerina seduta accanto a lui quando all’improvviso si voltò verso di lei e, vedendola con il suo biglietto in mano, le sorrise. Lei ricambiò il sorriso ed uscì.
La mattina seguente Candy si svegliò con un’immagine ben precisa nelle mente: un paio di occhi blu oceano e un sorriso che da sempre riusciva a confonderla. In realtà non aveva quasi chiuso occhio per tutta la notte, ripensando a quanto successo la sera prima. Il biglietto da visita di Terence giaceva sul comodino accanto al letto. Lo prese e lesse per la centesima volta ciò che lui aveva scritto sul retro: “un vecchio amico”. Per tutto il giorno quelle parole le risuonarono nella testa costringendola a chiedersi se davvero poteva considerare Terence solo un vecchio amico. La sera, rientrata a casa, ancora non era riuscita a trovare una risposta e pensò che l’unico modo fosse quello di accettare il suo invito.
Si fece una doccia pensando a come avrebbe dovuto contattarlo: la cosa più semplice sarebbe stata quella di telefonargli ma, considerando che all’ippodromo avevano scambiato si e no mezza parola, litigando, sarebbe riuscita a parlargli al telefono oppure avrebbe fatto la figura dell’idiota, restando muta al solo udire la sua voce?
- Candy … possibile che quando si tratta di Terence tu perda completamente il controllo! Come puoi pensare di andare a cena con lui se non riesci nemmeno a parlarci al telefono! – pensava tra sé.
Poi ad un tratto si decise, alzò la cornetta e …
- Pronto qui Villa Graham, chi parla? – chiese evidentemente la voce di un domestico.
- Buonasera … sono Candy … cioè Candice Ardlay, potrei parlare con Terence, cioè con il signor Graham?
- Attenda in linea, vedo se può rispondere.
Mentre Candy in preda all’ansia aspettava al telefono pensando a cosa gli avrebbe detto, l’attore venne avvisato dal maggiordomo che una certa Miss Ardlay desiderava parlare con lui.
Terence che in quel momento stava sorseggiando un tè in salotto rischiò seriamente di strozzarsi all’udire quel nome, dopodiché si precipitò al telefono inciampando in un tappeto ed evitando solo per poco di finire lungo e disteso sul pavimento.
- Pronto.
Silenzio.
- Pronto, Candy sei tu?
- Sì sono io – balbettò Candy stordita ancora una volta dal suono della voce di Terence.
- È un piacere sentirti!
- Volevo dirti che … si insomma … ho ricevuto il tuo biglietto ieri sera e …
- E?
- E se l’invito è ancora valido … sarei felice di accettare.
Terence sentì fermarsi il cuore e dovette fare un profondo respiro prima di rispondere.
- Certo che è ancora valido! Se per te non è un problema, mi farebbe piacere invitarti a casa mia. Purtroppo quando vado in un ristorante ultimamente trovo sempre qualche giornalista ad aspettarmi.
- D’accordo, non c’è alcun problema.
- Perfetto, se mi dai l’indirizzo ti faccio venire a prendere dal mio autista.
- Non ce n’è bisogno, prenderò un taxi.
- Come preferisci, domani sera potrebbe andare bene?
- Certo.
- Allora ti aspetto. Buonanotte Candy.
- Buonanotte Terence.
Capitolo 3
Long Island, giugno 1923
Candy era arrivata davanti al cancello di Villa Graham in preda ad una grande agitazione. Non sapeva cosa aspettarsi da quell’incontro. Dopo anni sarebbe stata da sola con lui e non poteva negare di sentirsi molto emozionata. Per un attimo fu addirittura sul punto di tornare indietro, poi cercò di farsi coraggio.
- Andiamo Candy, siamo due adulti ormai, non c’è niente di male a rivedere un vecchio amico.
Proprio questo aveva scritto Terence nel biglietto che le aveva lasciato dopo la gara all’ippodromo… “fare due chiacchiere con un vecchio amico”. Da quando aveva letto quelle parole tuttavia, Candy non aveva smesso neanche per un istante di pensare a lui e soprattutto di chiedersi se davvero poteva considerarlo solo un “vecchio amico”.
- Prego Miss Ardlay, il signor Graham la sta aspettando nel salone – la informò il maggiordomo.
Quando Candy entrò, con le mani gelide e lo stomaco in subbuglio, Terence la accolse con un gran sorriso che magicamente la fece subito sentire meglio.
- Sono felice che tu sia qui – le disse andandole incontro e sfiorandole leggermente la mano con le labbra – Posso offrirti qualcosa da bere?
Candy annuì sorridendo e lui si diresse verso l’angolo bar.
- Ti ho preparato il mio cocktail preferito, spero ti piaccia. Non ho alcolici, mi dispiace – le disse porgendole il bicchiere.
- Non bevo alcolici, anche lo champagne mi dà subito alla testa!
- A saperlo … - mormorò Terence.
- Come?
- Niente. Andiamo in terrazza?
Uscirono all’aperto dove era stato apparecchiato un tavolo per due.
- Che meraviglia! – esclamò Candy ammirando la grande terrazza che si affacciava sull’oceano, mentre un sole rosso fuoco declinava pian piano all’orizzonte tingendo d’oro ogni cosa intorno – Hai davvero una casa bellissima.
- Ti ringrazio ma … da quando l’ho acquistata è praticamente la prima volta che ci abito. È stata mia madre ad insistere perché la comprassi, lei abita a pochi chilometri da qui. Di solito quando sono a New York sto nel mio vecchio appartamento, ma ultimamente è diventato difficile perché la stampa non mi dà tregua.
Nel ricordare l’ultima volta che era stata in quell’appartamento Candy ebbe un sussulto, fece due passi per allontanarsi da lui temendo che se ne sarebbe accorto. Terence che aveva nominato quel luogo proprio per vedere la sua reazione capì ugualmente che anche Candy non aveva dimenticato ed iniziò a sperare che quella serata avrebbe rivelato molto di più di quello che si aspettava.
- Hai fame?
- Direi di sì.
- Ci sediamo? – la invitò Terence aiutandola a prendere posto a tavola.
- Noto con piacere che i tuoi modi sono molto migliorati, non ti ricordavo così cavaliere – tentò di scherzare Candy.
- Ah no! E come mi ricordavi? – le chiese invece serio Terence, accomodandosi davanti a lei e guardandola negli occhi.
Candy abbassò lo sguardo, imbarazzata al ricordo di Terence che immediatamente la fece tornare col pensiero ai giorni trascorsi insieme a Londra e in Scozia.
- Diciamo un po’ più rude – trovò il coraggio di rispondere.
- Davvero?
- Beh … non sempre.
Dopodiché per fortuna un cameriere iniziò a servire la cena, interrompendo momentaneamente quel dialogo che stava diventando per Candy difficile da sostenere. Eh già, perché trovarsi di fronte quegli occhi blu come l’oceano non era affatto semplice ed ogni volta che Terence faceva in qualche modo riferimento al passato Candy si sentiva come sull’orlo di un burrone, col rischio di scivolare da un momento all’altro.
Durante la cena parlarono dei rispettivi impegni di lavoro: del grande successo di Terence in Inghilterra e della fondazione di cui Candy si occupava ormai a tempo pieno.
- Quindi adesso abiti a New York? – le chiese.
- Sì da circa un anno. E tu come mai sei qui?
- In vacanza. Il mio contratto di lavoro con l’Old Vic Theatre è terminato, anche se molto probabilmente mi chiederanno di rinnovarlo.
- Tornerai a Londra allora?
- Se accetto, tra un paio di settimane dovrò ripartire.
Ecco ancora quella sensazione di essere sul punto di sprofondare. Lui sarebbe ripartito tra pochi giorni e tutto sarebbe tornato come prima. Dunque per Terence era veramente un incontro tra amici questo? Si chiedeva Candy.
A Terence non sfuggì neanche questa volta il turbamento di Candy quando lui aveva accennato alla sua partenza e così trovò il coraggio di chiederle se c’era qualcosa che non andava, alzandole il mento con una mano, in un gesto che le aveva fatto spesso in passato. Lei rispose che era tutto a posto, rabbrividendo in realtà a quel piccolo contatto. Per un attimo i loro occhi si incontrarono e avrebbero voluto dire tante cose, ma nessuno dei due trovò la forza di farlo.
- Anch’io ho scommesso su Tristan – disse Candy cercando un argomento di conversazione meno complicato. Tuttavia Terence era deciso a scoprire cosa nascondesse il suo cuore e non aveva la minima intenzione di perdere quell’occasione.
- Hai scommesso su Tristan o su di me? – le chiese fissandola di nuovo negli occhi.
- Non sapevo che fossi tu, nemmeno io conoscevo l’identità dei cavalieri. Tristan mi è sembrato un ottimo cavallo, tutto qui.
- Eppure quando sono salito sul palco per la premiazione, ho avuto la netta impressione che tu mi avessi già riconosciuto! – esclamò Terence deciso.
- Che cosa te lo ha fatto pensare?
- Semplice, il tempo che hai impiegato a sciogliere il nodo della mia maschera.
Candy trasalì e si portò il bicchiere alle labbra, cercando di nascondere l’imbarazzo che quella frase le aveva provocato. Lui si era accorto dunque che le tremavano le mani.
- Non sono mai stata brava con le maschere! – tentò di nuovo di scherzare.
- L’attore infatti sono io … tu eri più portata per le acrobazie se non sbaglio, vero Tarzan?
- Non cominciare con i soprannomi!
- Non dirmi che ti arrabbi ancora … Tuttelentiggini!
- Certo … smettila subito o …
- Mi picchierai lo so! Come sempre …
Non poteva continuare così, lo faceva apposta! Tutti i suoi continui riferimenti al passato erano per Candy un riaprire vecchie ferite che credeva rimarginate. Che cosa stava tentando di fare Terence? Riconquistarla dopo tutti quegli anni in cui non si era fatto più sentire? Oppure la considerava un piacevole passatempo fino a quando non sarebbe ripartito? Come tutte quelle ragazze con cui veniva fotografato spesso ultimamente! Anche all’ippodromo … quella ballerina sempre appiccicata, sembravano essere così in confidenza …
Terence si rese conto di averla messa ancora in difficoltà e pensò che fosse il momento giusto per affondare il colpo e non lasciarle più scampo. Così le prese la mano che Candy teneva poggiata sul tavolo e le chiese se avesse voglia di ballare. Ma senza aspettare che rispondesse si alzò per mettere della musica. Poi tornò verso di lei, invitandola. Candy esitò, poi lui pronunciò quelle parole … “per poterlo ricordare” … e lei si ritrovò tra le sue braccia quasi senza accorgersene.
Impossibile negare che stare così vicini fu per entrambi un’emozione molto forte. Ballarono in silenzio, sempre più stretti l’uno all’altro fino a quando le loro guance si sfiorarono. Quando la musica terminò si fermarono ma senza sciogliere l’abbraccio. Nessuno dei due aveva il coraggio di guardarsi in faccia per la paura di rivelare cosa nascondesse in fondo al proprio cuore.
Candy avrebbe voluto fargli mille domande, ma in quel momento sentiva di non averne la forza. Desiderava solo restare così per sempre, stretta a lui al chiaro di luna, il rumore delle onde in sottofondo.
Fu Terence a rompere il silenzio che era calato tra loro.
- Se fosse uscito il tuo nome avresti ballato con me, davanti a tutti?
- Non lo so … - mormorò Candy, immobile tra le sue braccia, come una statua.
- Io sapevo che saresti stata tu a consegnare il premio al vincitore ed è per questo che ho rischiato di rompermi l’osso del collo pur di arrivare primo.
Detto questo Terence allentò leggermente l’abbraccio per guardarla in viso. Candy sentì gli occhi scaldarsi e dovette lottare con tutta se stessa per non scoppiare in lacrime. Che cosa significava ciò che Terence aveva appena detto? Aveva fatto di tutto per vincere la corsa, perché? Per incontrare lei? Dopo tutti quegli anni … aveva un senso?
Improvvisamente Candy si sentì mancare la terra sotto i piedi e quel burrone che per tutta la sera le era apparso minaccioso si aprì improvvisamente, rendendo impossibile non scivolarci dentro.
Non era pronta ad affrontare quel tipo di discorso, non aveva idea di cosa dire anche se non poteva negare ciò che provava. Da quando lo aveva rivisto quello scrigno in cui aveva rinchiuso tutto ciò che lo riguardava sembrava essersi riaperto e pian piano ogni ricordo stava riaffiorando. Ebbe paura perché ogni ricordo si portava dietro inevitabilmente quella ferita lacerante della loro separazione e tutto quello che era seguito, mesi e mesi di dolore inimmaginabile. E adesso? Sarebbe stato sufficiente gettarsi l’uno nella braccia dell’altro per cancellare tutto?
- Credo sia meglio che io vada, si è fatto tardi.
- Perché? – le chiese stupito.
- Ti prego … potresti chiamarmi un taxi?
- Ti accompagno io.
- No! – gli rispose staccandosi da lui.
- Lascia che ti accompagni, per favore.
Candy acconsentì e salirono in auto, ma per tutto il tragitto nessuno dei due disse una sola parola. Terence continuava a darsi dell’idiota pensando di aver esagerato, di aver preteso troppo da quel primo incontro, di non aver saputo aspettare, mentre Candy era sicura di esserci finita davvero dentro a quel burrone, rischiando di farsi molto, molto male.
Giunti davanti a Villa Ardlay, Terence spense il motore. Candy tentò invano di aprire lo sportello, allora fu lui a scendere per aiutarla. Una volta fuori dall’auto gli disse buonanotte e quasi correndo entrò in casa, senza dargli neanche il tempo di rispondere.
Nei due giorni che seguirono, Terence provò più volte a contattarla telefonando alla Fondazione, l’unico numero di telefono che era riuscito a reperire. Ma la segretaria gli aveva risposto ogni volta che Miss Ardlay era impegnata. La mattina del terzo giorno Terence, furioso ed impaziente, si decise ad andare di persona a parlare con lei.
Candy era arrivata davanti al cancello di Villa Graham in preda ad una grande agitazione. Non sapeva cosa aspettarsi da quell’incontro. Dopo anni sarebbe stata da sola con lui e non poteva negare di sentirsi molto emozionata. Per un attimo fu addirittura sul punto di tornare indietro, poi cercò di farsi coraggio.
- Andiamo Candy, siamo due adulti ormai, non c’è niente di male a rivedere un vecchio amico.
Proprio questo aveva scritto Terence nel biglietto che le aveva lasciato dopo la gara all’ippodromo… “fare due chiacchiere con un vecchio amico”. Da quando aveva letto quelle parole tuttavia, Candy non aveva smesso neanche per un istante di pensare a lui e soprattutto di chiedersi se davvero poteva considerarlo solo un “vecchio amico”.
- Prego Miss Ardlay, il signor Graham la sta aspettando nel salone – la informò il maggiordomo.
Quando Candy entrò, con le mani gelide e lo stomaco in subbuglio, Terence la accolse con un gran sorriso che magicamente la fece subito sentire meglio.
- Sono felice che tu sia qui – le disse andandole incontro e sfiorandole leggermente la mano con le labbra – Posso offrirti qualcosa da bere?
Candy annuì sorridendo e lui si diresse verso l’angolo bar.
- Ti ho preparato il mio cocktail preferito, spero ti piaccia. Non ho alcolici, mi dispiace – le disse porgendole il bicchiere.
- Non bevo alcolici, anche lo champagne mi dà subito alla testa!
- A saperlo … - mormorò Terence.
- Come?
- Niente. Andiamo in terrazza?
Uscirono all’aperto dove era stato apparecchiato un tavolo per due.
- Che meraviglia! – esclamò Candy ammirando la grande terrazza che si affacciava sull’oceano, mentre un sole rosso fuoco declinava pian piano all’orizzonte tingendo d’oro ogni cosa intorno – Hai davvero una casa bellissima.
- Ti ringrazio ma … da quando l’ho acquistata è praticamente la prima volta che ci abito. È stata mia madre ad insistere perché la comprassi, lei abita a pochi chilometri da qui. Di solito quando sono a New York sto nel mio vecchio appartamento, ma ultimamente è diventato difficile perché la stampa non mi dà tregua.
Nel ricordare l’ultima volta che era stata in quell’appartamento Candy ebbe un sussulto, fece due passi per allontanarsi da lui temendo che se ne sarebbe accorto. Terence che aveva nominato quel luogo proprio per vedere la sua reazione capì ugualmente che anche Candy non aveva dimenticato ed iniziò a sperare che quella serata avrebbe rivelato molto di più di quello che si aspettava.
- Hai fame?
- Direi di sì.
- Ci sediamo? – la invitò Terence aiutandola a prendere posto a tavola.
- Noto con piacere che i tuoi modi sono molto migliorati, non ti ricordavo così cavaliere – tentò di scherzare Candy.
- Ah no! E come mi ricordavi? – le chiese invece serio Terence, accomodandosi davanti a lei e guardandola negli occhi.
Candy abbassò lo sguardo, imbarazzata al ricordo di Terence che immediatamente la fece tornare col pensiero ai giorni trascorsi insieme a Londra e in Scozia.
- Diciamo un po’ più rude – trovò il coraggio di rispondere.
- Davvero?
- Beh … non sempre.
Dopodiché per fortuna un cameriere iniziò a servire la cena, interrompendo momentaneamente quel dialogo che stava diventando per Candy difficile da sostenere. Eh già, perché trovarsi di fronte quegli occhi blu come l’oceano non era affatto semplice ed ogni volta che Terence faceva in qualche modo riferimento al passato Candy si sentiva come sull’orlo di un burrone, col rischio di scivolare da un momento all’altro.
Durante la cena parlarono dei rispettivi impegni di lavoro: del grande successo di Terence in Inghilterra e della fondazione di cui Candy si occupava ormai a tempo pieno.
- Quindi adesso abiti a New York? – le chiese.
- Sì da circa un anno. E tu come mai sei qui?
- In vacanza. Il mio contratto di lavoro con l’Old Vic Theatre è terminato, anche se molto probabilmente mi chiederanno di rinnovarlo.
- Tornerai a Londra allora?
- Se accetto, tra un paio di settimane dovrò ripartire.
Ecco ancora quella sensazione di essere sul punto di sprofondare. Lui sarebbe ripartito tra pochi giorni e tutto sarebbe tornato come prima. Dunque per Terence era veramente un incontro tra amici questo? Si chiedeva Candy.
A Terence non sfuggì neanche questa volta il turbamento di Candy quando lui aveva accennato alla sua partenza e così trovò il coraggio di chiederle se c’era qualcosa che non andava, alzandole il mento con una mano, in un gesto che le aveva fatto spesso in passato. Lei rispose che era tutto a posto, rabbrividendo in realtà a quel piccolo contatto. Per un attimo i loro occhi si incontrarono e avrebbero voluto dire tante cose, ma nessuno dei due trovò la forza di farlo.
- Anch’io ho scommesso su Tristan – disse Candy cercando un argomento di conversazione meno complicato. Tuttavia Terence era deciso a scoprire cosa nascondesse il suo cuore e non aveva la minima intenzione di perdere quell’occasione.
- Hai scommesso su Tristan o su di me? – le chiese fissandola di nuovo negli occhi.
- Non sapevo che fossi tu, nemmeno io conoscevo l’identità dei cavalieri. Tristan mi è sembrato un ottimo cavallo, tutto qui.
- Eppure quando sono salito sul palco per la premiazione, ho avuto la netta impressione che tu mi avessi già riconosciuto! – esclamò Terence deciso.
- Che cosa te lo ha fatto pensare?
- Semplice, il tempo che hai impiegato a sciogliere il nodo della mia maschera.
Candy trasalì e si portò il bicchiere alle labbra, cercando di nascondere l’imbarazzo che quella frase le aveva provocato. Lui si era accorto dunque che le tremavano le mani.
- Non sono mai stata brava con le maschere! – tentò di nuovo di scherzare.
- L’attore infatti sono io … tu eri più portata per le acrobazie se non sbaglio, vero Tarzan?
- Non cominciare con i soprannomi!
- Non dirmi che ti arrabbi ancora … Tuttelentiggini!
- Certo … smettila subito o …
- Mi picchierai lo so! Come sempre …
Non poteva continuare così, lo faceva apposta! Tutti i suoi continui riferimenti al passato erano per Candy un riaprire vecchie ferite che credeva rimarginate. Che cosa stava tentando di fare Terence? Riconquistarla dopo tutti quegli anni in cui non si era fatto più sentire? Oppure la considerava un piacevole passatempo fino a quando non sarebbe ripartito? Come tutte quelle ragazze con cui veniva fotografato spesso ultimamente! Anche all’ippodromo … quella ballerina sempre appiccicata, sembravano essere così in confidenza …
Terence si rese conto di averla messa ancora in difficoltà e pensò che fosse il momento giusto per affondare il colpo e non lasciarle più scampo. Così le prese la mano che Candy teneva poggiata sul tavolo e le chiese se avesse voglia di ballare. Ma senza aspettare che rispondesse si alzò per mettere della musica. Poi tornò verso di lei, invitandola. Candy esitò, poi lui pronunciò quelle parole … “per poterlo ricordare” … e lei si ritrovò tra le sue braccia quasi senza accorgersene.
Impossibile negare che stare così vicini fu per entrambi un’emozione molto forte. Ballarono in silenzio, sempre più stretti l’uno all’altro fino a quando le loro guance si sfiorarono. Quando la musica terminò si fermarono ma senza sciogliere l’abbraccio. Nessuno dei due aveva il coraggio di guardarsi in faccia per la paura di rivelare cosa nascondesse in fondo al proprio cuore.
Candy avrebbe voluto fargli mille domande, ma in quel momento sentiva di non averne la forza. Desiderava solo restare così per sempre, stretta a lui al chiaro di luna, il rumore delle onde in sottofondo.
Fu Terence a rompere il silenzio che era calato tra loro.
- Se fosse uscito il tuo nome avresti ballato con me, davanti a tutti?
- Non lo so … - mormorò Candy, immobile tra le sue braccia, come una statua.
- Io sapevo che saresti stata tu a consegnare il premio al vincitore ed è per questo che ho rischiato di rompermi l’osso del collo pur di arrivare primo.
Detto questo Terence allentò leggermente l’abbraccio per guardarla in viso. Candy sentì gli occhi scaldarsi e dovette lottare con tutta se stessa per non scoppiare in lacrime. Che cosa significava ciò che Terence aveva appena detto? Aveva fatto di tutto per vincere la corsa, perché? Per incontrare lei? Dopo tutti quegli anni … aveva un senso?
Improvvisamente Candy si sentì mancare la terra sotto i piedi e quel burrone che per tutta la sera le era apparso minaccioso si aprì improvvisamente, rendendo impossibile non scivolarci dentro.
Non era pronta ad affrontare quel tipo di discorso, non aveva idea di cosa dire anche se non poteva negare ciò che provava. Da quando lo aveva rivisto quello scrigno in cui aveva rinchiuso tutto ciò che lo riguardava sembrava essersi riaperto e pian piano ogni ricordo stava riaffiorando. Ebbe paura perché ogni ricordo si portava dietro inevitabilmente quella ferita lacerante della loro separazione e tutto quello che era seguito, mesi e mesi di dolore inimmaginabile. E adesso? Sarebbe stato sufficiente gettarsi l’uno nella braccia dell’altro per cancellare tutto?
- Credo sia meglio che io vada, si è fatto tardi.
- Perché? – le chiese stupito.
- Ti prego … potresti chiamarmi un taxi?
- Ti accompagno io.
- No! – gli rispose staccandosi da lui.
- Lascia che ti accompagni, per favore.
Candy acconsentì e salirono in auto, ma per tutto il tragitto nessuno dei due disse una sola parola. Terence continuava a darsi dell’idiota pensando di aver esagerato, di aver preteso troppo da quel primo incontro, di non aver saputo aspettare, mentre Candy era sicura di esserci finita davvero dentro a quel burrone, rischiando di farsi molto, molto male.
Giunti davanti a Villa Ardlay, Terence spense il motore. Candy tentò invano di aprire lo sportello, allora fu lui a scendere per aiutarla. Una volta fuori dall’auto gli disse buonanotte e quasi correndo entrò in casa, senza dargli neanche il tempo di rispondere.
Nei due giorni che seguirono, Terence provò più volte a contattarla telefonando alla Fondazione, l’unico numero di telefono che era riuscito a reperire. Ma la segretaria gli aveva risposto ogni volta che Miss Ardlay era impegnata. La mattina del terzo giorno Terence, furioso ed impaziente, si decise ad andare di persona a parlare con lei.
Capitolo 4
New York, Ardlay for children Foundation
giugno 1923
- Mi dispiace molto Mr. Graham, ma Miss Ardlay è impegnata in una riunione e in questo momento non può riceverla. Se vuole posso fissarle un appuntamento … vediamo … la prossima settimana potrebbe andarle bene?
- No! La prossima settimana mi è assolutamente impossibile, ho bisogno di vederla adesso.
- Le ripeto che al momento …
- Mi ascolti Miss …?
- Barkley, Linda Barkley.
- Ascolta Linda – proseguì Terence con un tono di voce molto convincente - io ho un’estrema urgenza di parlare con Miss Ardlay, potrei tranquillamente aspettarla nel suo ufficio se tu, che sei una ragazza molto carina e gentile, mi dicessi dove si trova.
Linda rimase per qualche istante senza fiato, stordita dal fascino di Graham, poi recuperata un po’ di calma gli disse che non era autorizzata a farlo.
- Nessuno saprà che me lo hai detto tu. Ti prego … - la implorò Terence con lo sguardo più accattivante che possedeva.
- Forse … se mi facesse un autografo … - osò chiedere Miss Barkley porgendo al bell’attore una rivista dove si parlava appunto della corsa di beneficenza di cui era stato indiscusso protagonista.
- Secondo piano, ultima porta in fondo al corridoio – mormorò Linda dopo che Terence, sorridendole, ebbe terminato di firmare alcune sue foto.
Dopodiché lui si allontanò, pensando che aveva proprio ragione Jacqueline, a volte gli occhi dolci funzionano!
- Finalmente anche questa riunione è terminata, non ne potevo più! – esclamò Candy davanti a Linda, chiedendole se ci fossero messaggi per lei.
- Nessun messaggio ma … ci sarebbe una persona che la sta aspettando nel suo ufficio – rispose Linda esitante.
- Non mi risulta di avere altri appuntamenti per oggi.
- Lo so ma … questa persona ha molto insistito – continuò Linda, nascondendo la rivista con l’autografo di Terence.
- E di chi si tratta? – chiese Candy sospettosa.
- Non saprei … non mi ha detto il suo nome – rispose Linda ricordandosi che Graham l’aveva pregata di non dire a Candy chi fosse ad aspettarla.
Candy la scrutò pensando che ci fosse sotto qualcosa, ma l’unico modo per scoprirlo era andare nel suo ufficio.
Aprì la porta e notò subito una persona seduta sulla sua poltrona, dietro la scrivania, voltata verso la finestra. Non poteva vederne la faccia, ma in un istante ebbe la certezza che fosse Terence.
- Credo che lei abbia sbagliato ufficio! – disse risoluta.
- Invece sono proprio in quello giusto! – esclamò Terence facendo girare la poltrona e fissando Candy.
- Che cosa ci fai qui?
- Se tu mi avessi risposto al telefono almeno una volta, forse non sarei qui – disse alzandosi.
- Sono stata molto impegnata … - tentò di giustificarsi Candy.
- Certo, immagino. E adesso ce li hai cinque minuti per me o chiedo troppo?
- Stavo per andare a pranzo.
- Perfetto, anch’io! Andiamo insieme? – le chiese avvicinandosi.
- Terence ti prego … non posso …
- Insomma Candy, la vuoi smettere di scappare! – esclamò alzando la voce.
- Io non sto scappando! – gli rispose alterata anche lei.
- Sì invece! E non capisco perché, potresti dirmelo accidenti!
- Ma chi ti credi di essere per piombare qui, dopo sette anni, e pretendere che io faccia e dica quello che vuoi tu! Che diritto hai, si può sapere? – gli chiese Candy furiosa.
- Lo so bene che non ho alcun diritto, ma questo non vuol dire che non sia giusto quello che sta succedendo tra noi e tu non puoi negarlo, non puoi farci niente Candy, è così e basta!
- Non capisco che cosa tu voglia dire, tra noi non sta succedendo proprio niente e adesso è meglio che io me ne vada!
Candy si voltò decisa ad uscire. Aprì la porta e le apparve all’improvviso Larry che, allarmato dalle grida che aveva udito provenire dall’ufficio di Miss Ardlay, stava per bussare.
- Candy tutto bene? – le chiese, lanciando uno sguardo dritto a Graham.
- Sì Larry non ti preoccupare.
- Mi è sembrato di sentire gridare e allora …
- Ha detto che va tutto bene, cosa non ti è chiaro? – intervenne Terence avvicinandosi.
Mentre i due si guardavano in cagnesco, Candy ne approfittò per dirigersi verso l’ascensore, ma prima che le porte si chiudessero, Terence fece in tempo ad intrufolarsi e a premere il pulsante per bloccarne la discesa.
- Fallo ripartire immediatamente! – gli intimò Candy.
- No – rispose lui, bloccandole la mano con cui tentava di premere il bottone.
- Lasciami!
- Ti lascio se mi ascolti – le sussurrò Terence cercando i suoi occhi, mentre allentava la presa.
Candy non rispose ma abbassò le spalle, arrendendosi a quella voce che si era fatta improvvisamente gentile, come solo lui era capace di fare, quando abbandonava le difese.
Ci fu qualche istante di silenzio, come se cercasse di raccogliere le idee o il coraggio, poi …
- Sono stato uno stupido e forse anche un vigliacco, per ben due volte. La prima quando ti ho lasciata andare, sette anni fa. Ma a questo ormai non posso più rimediare. È successo ed io me ne assumo la colpa, ma più di questo non posso fare, non potrei tornare indietro neanche se lo volessi. Posso solo chiederti di perdonarmi. La seconda volta che ho sbagliato è quando ho creduto … di poterti dimenticare!
Terence fece una pausa e guardò Candy in viso, sperando di capire che cosa lei stesse pensando. Candy in realtà non pensava a niente, avrebbe solo voluto abbracciarlo.
- Quando tre anni fa sono partito per l’Inghilterra, Susanna se ne era andata da poco più di un anno, e durante tutto quel periodo non ho fatto altro che pensare che forse il destino ci avrebbe dato un’altra possibilità, forse se ti avessi cercata tu … ma poi mi sono chiesto che diritto avevo, dopo il male che ti avevo fatto, di voler tornare nella tua vita, proprio come mi hai detto tu poco fa. Così quando è arrivata la proposta di lavorare a Londra, mi sono illuso! Che idiota sono stato! Andare a Londra pensando di dimenticarti, in quella città dove tutto mi parla di te. Il mio contratto di lavoro non si è concluso, sono io che l’ho interrotto per tornare in America, per tornare da te!
- Hai detto che tre anni fa non ti sei sentito in diritto di tornare nella mia vita, adesso pensi di poterlo fare? Che cosa è cambiato? – gli chiese Candy scossa da quanto aveva appena udito, ma decisa a capire che cosa ora lo avesse riportato indietro.
- Non lo capisci? È proprio questo il motivo … per me non è cambiato niente, non è mai cambiato niente! E l’altra sera, quando sei venuta a cena da me e abbiamo ballato, quando per un attimo ti ho sentita tremare tra le mie braccia ho osato sperare che anche per te fosse lo stesso … che anche per te non fosse cambiato niente. Poi però … ho capito che forse stavo sbagliando ancora, quando ho visto che non volevi parlarmi né tantomeno vedermi, ho pensato che tu fossi andata avanti con la tua vita … di cui io non faccio più parte. Ecco … questo era quello che volevo dirti. Adesso sai tutto, grazie di avermi ascoltato.
Candy rimase in silenzio, Terence dopo qualche istante fece ripartire l’ascensore e si appoggiò alla parete alle sue spalle, fissando il pavimento. Ma l’ascensore si bloccò di nuovo, era stata Candy a fermarlo questa volta.
- Cosa vuol dire che per te non è cambiato niente? – gli chiese in un sospiro, come se avesse paura che le sue parole potessero far svanire la magia di quel momento. Perché era così che Candy si sentiva adesso, vittima del più dolce degli incantesimi.
Terence alzò il viso guardandola stupito: perché voleva saperlo se per lei non significava più niente? Tuttavia non gli importava, lui voleva dirglielo lo stesso.
- Ti ricordi quando ti baciai?
- Certo che me lo ricordo – rispose Candy sorridendo leggermente.
- Quello per me non era solo un bacio, era l’unico modo che conoscevo per farti capire che ti amavo.
Detto questo le si avvicinò, circondandola con le braccia, le mani appoggiate alla parete dell’ascensore. Lei rimase immobile, fissandolo. Non ci fu bisogno di dire altro perché attraverso gli occhi erano i loro cuori a parlare. Terence lentamente si piegò su di lei e la baciò, impossessandosi delle sue labbra. Si sentì scoppiare il cuore quando si rese conto che lei non faceva resistenza, anzi, si abbandonava a lui con incredibile dolcezza. Le loro bocche divennero una sola e in pochi istanti tutto il dolore di quegli anni fu spazzato via.
- Ecco cosa significa che per me non è cambiato niente. Ti amo oggi, come allora e anche se tu non me lo permetterai io ti amerò per sempre.
Gli occhi di Candy si riempirono di lacrime.
– Anche per me non è cambiato niente … ti amo da sempre e per sempre – disse, poi gli passò le braccia attorno al collo per attirarlo di nuovo verso le sue labbra. Si baciarono ancora per interminabili minuti, profondamente, come non avevano mai potuto fare.
D’un tratto vennero interrotti da un rumore metallico, le porte dell’ascensore si aprirono e una piccola folla in attesa li sorprese ancora abbracciati.
- Credo sia il caso di andare via da qui – le sussurrò Terence all’orecchio.
Uscirono di corsa, Candy rossa in volto come un papavero. Quando passarono abbracciati davanti a Miss Barkley che li guardava con la più buffa delle espressioni, Terence le strizzò l’occhio ringraziandola e lei quasi svenne.
Salirono sull’auto di Terence e si diressero verso Villa Ardlay, dove Candy abitava. Pranzarono insieme anche se non mangiarono molto perché troppo occupati a coccolarsi. L’emozione di cui erano preda entrambi non gli consentiva nemmeno di parlare, volevano solo guardarsi e stare vicini, abbracciarsi e baciarsi. Nel pomeriggio uscirono in giardino, continuando a credere di vivere un sogno fino a quando Candy non si ricordò che lui sarebbe dovuto ripartire presto. Avrebbe potuto sopportare di allontanarsi da lui di nuovo?
Passeggiavano mano nella mano quando all’improvviso lei gli chiese:
- Davvero hai interrotto il tuo contratto per tornare in America?
- Per tornare da te! – precisò Terence facendola sorridere.
- E adesso cosa intendi fare?
- Vuoi sapere se tornerò a Londra? – le chiese senza troppi giri di parole.
Candy annuì un po’ imbarazzata ma era quello che voleva sapere.
- No … non tornerò a Londra!
- Ma se il tuo contratto non è chiuso …
- Beh … posso farlo lo stesso, mi costerà un po’ ma non importa.
- Ma a te piacerebbe continuare a lavorare lì?
- Non sarebbe male anche perché mi hanno proposto di occuparmi della direzione artistica, ma …
- Intendi dire che tu saresti il direttore del teatro? – chiese Candy stupita.
- Sì, attore e direttore.
- Sarebbe una grande opportunità giusto?
- Direi di sì.
- Allora devi assolutamente andare! – esclamò Candy decisa.
- Cosa? Vuoi già liberarti di me Lentiggini?
Si erano seduti su una panchina, Terence l’aveva attirata sulle sue gambe, incapace ormai di starle lontano. E proprio questo pensò nel momento in cui lei le consigliava di partire.
- Non ho nessuna intenzione di allontanarmi da te neanche di un centimetro, figurati se vado oltreoceano, lasciandoti qui.
- Non è detto che io rimanga qui – gli disse con un sorrisetto malizioso.
- Lentiggini … cosa intendi dire?
- Semplicemente che potrei venire con te … se vuoi.
- Se voglio? Certo che voglio ma … tu lasceresti tutto questo, il tuo lavoro, la tua famiglia?
- Per il tempo necessario, perché no? Larry se la caverà benissimo anche senza di me.
- Chi, il maggiordomo?
- Terence!!!
- Stai parlando sul serio?
- Sono serissima!
Terence si strinse a lei, pensando ancora una volta di essere immerso in un sogno, per questo la baciò di nuovo, per essere sicuro che non scomparisse all’improvviso.
- Forse prima dovremmo sposarci?
- È una proposta Graham?
- Dipende.
- Da cosa?
- Dalla sua risposta Miss Ardlay.
- La mia risposta è sì!
- Allora è una proposta!
giugno 1923
- Mi dispiace molto Mr. Graham, ma Miss Ardlay è impegnata in una riunione e in questo momento non può riceverla. Se vuole posso fissarle un appuntamento … vediamo … la prossima settimana potrebbe andarle bene?
- No! La prossima settimana mi è assolutamente impossibile, ho bisogno di vederla adesso.
- Le ripeto che al momento …
- Mi ascolti Miss …?
- Barkley, Linda Barkley.
- Ascolta Linda – proseguì Terence con un tono di voce molto convincente - io ho un’estrema urgenza di parlare con Miss Ardlay, potrei tranquillamente aspettarla nel suo ufficio se tu, che sei una ragazza molto carina e gentile, mi dicessi dove si trova.
Linda rimase per qualche istante senza fiato, stordita dal fascino di Graham, poi recuperata un po’ di calma gli disse che non era autorizzata a farlo.
- Nessuno saprà che me lo hai detto tu. Ti prego … - la implorò Terence con lo sguardo più accattivante che possedeva.
- Forse … se mi facesse un autografo … - osò chiedere Miss Barkley porgendo al bell’attore una rivista dove si parlava appunto della corsa di beneficenza di cui era stato indiscusso protagonista.
- Secondo piano, ultima porta in fondo al corridoio – mormorò Linda dopo che Terence, sorridendole, ebbe terminato di firmare alcune sue foto.
Dopodiché lui si allontanò, pensando che aveva proprio ragione Jacqueline, a volte gli occhi dolci funzionano!
- Finalmente anche questa riunione è terminata, non ne potevo più! – esclamò Candy davanti a Linda, chiedendole se ci fossero messaggi per lei.
- Nessun messaggio ma … ci sarebbe una persona che la sta aspettando nel suo ufficio – rispose Linda esitante.
- Non mi risulta di avere altri appuntamenti per oggi.
- Lo so ma … questa persona ha molto insistito – continuò Linda, nascondendo la rivista con l’autografo di Terence.
- E di chi si tratta? – chiese Candy sospettosa.
- Non saprei … non mi ha detto il suo nome – rispose Linda ricordandosi che Graham l’aveva pregata di non dire a Candy chi fosse ad aspettarla.
Candy la scrutò pensando che ci fosse sotto qualcosa, ma l’unico modo per scoprirlo era andare nel suo ufficio.
Aprì la porta e notò subito una persona seduta sulla sua poltrona, dietro la scrivania, voltata verso la finestra. Non poteva vederne la faccia, ma in un istante ebbe la certezza che fosse Terence.
- Credo che lei abbia sbagliato ufficio! – disse risoluta.
- Invece sono proprio in quello giusto! – esclamò Terence facendo girare la poltrona e fissando Candy.
- Che cosa ci fai qui?
- Se tu mi avessi risposto al telefono almeno una volta, forse non sarei qui – disse alzandosi.
- Sono stata molto impegnata … - tentò di giustificarsi Candy.
- Certo, immagino. E adesso ce li hai cinque minuti per me o chiedo troppo?
- Stavo per andare a pranzo.
- Perfetto, anch’io! Andiamo insieme? – le chiese avvicinandosi.
- Terence ti prego … non posso …
- Insomma Candy, la vuoi smettere di scappare! – esclamò alzando la voce.
- Io non sto scappando! – gli rispose alterata anche lei.
- Sì invece! E non capisco perché, potresti dirmelo accidenti!
- Ma chi ti credi di essere per piombare qui, dopo sette anni, e pretendere che io faccia e dica quello che vuoi tu! Che diritto hai, si può sapere? – gli chiese Candy furiosa.
- Lo so bene che non ho alcun diritto, ma questo non vuol dire che non sia giusto quello che sta succedendo tra noi e tu non puoi negarlo, non puoi farci niente Candy, è così e basta!
- Non capisco che cosa tu voglia dire, tra noi non sta succedendo proprio niente e adesso è meglio che io me ne vada!
Candy si voltò decisa ad uscire. Aprì la porta e le apparve all’improvviso Larry che, allarmato dalle grida che aveva udito provenire dall’ufficio di Miss Ardlay, stava per bussare.
- Candy tutto bene? – le chiese, lanciando uno sguardo dritto a Graham.
- Sì Larry non ti preoccupare.
- Mi è sembrato di sentire gridare e allora …
- Ha detto che va tutto bene, cosa non ti è chiaro? – intervenne Terence avvicinandosi.
Mentre i due si guardavano in cagnesco, Candy ne approfittò per dirigersi verso l’ascensore, ma prima che le porte si chiudessero, Terence fece in tempo ad intrufolarsi e a premere il pulsante per bloccarne la discesa.
- Fallo ripartire immediatamente! – gli intimò Candy.
- No – rispose lui, bloccandole la mano con cui tentava di premere il bottone.
- Lasciami!
- Ti lascio se mi ascolti – le sussurrò Terence cercando i suoi occhi, mentre allentava la presa.
Candy non rispose ma abbassò le spalle, arrendendosi a quella voce che si era fatta improvvisamente gentile, come solo lui era capace di fare, quando abbandonava le difese.
Ci fu qualche istante di silenzio, come se cercasse di raccogliere le idee o il coraggio, poi …
- Sono stato uno stupido e forse anche un vigliacco, per ben due volte. La prima quando ti ho lasciata andare, sette anni fa. Ma a questo ormai non posso più rimediare. È successo ed io me ne assumo la colpa, ma più di questo non posso fare, non potrei tornare indietro neanche se lo volessi. Posso solo chiederti di perdonarmi. La seconda volta che ho sbagliato è quando ho creduto … di poterti dimenticare!
Terence fece una pausa e guardò Candy in viso, sperando di capire che cosa lei stesse pensando. Candy in realtà non pensava a niente, avrebbe solo voluto abbracciarlo.
- Quando tre anni fa sono partito per l’Inghilterra, Susanna se ne era andata da poco più di un anno, e durante tutto quel periodo non ho fatto altro che pensare che forse il destino ci avrebbe dato un’altra possibilità, forse se ti avessi cercata tu … ma poi mi sono chiesto che diritto avevo, dopo il male che ti avevo fatto, di voler tornare nella tua vita, proprio come mi hai detto tu poco fa. Così quando è arrivata la proposta di lavorare a Londra, mi sono illuso! Che idiota sono stato! Andare a Londra pensando di dimenticarti, in quella città dove tutto mi parla di te. Il mio contratto di lavoro non si è concluso, sono io che l’ho interrotto per tornare in America, per tornare da te!
- Hai detto che tre anni fa non ti sei sentito in diritto di tornare nella mia vita, adesso pensi di poterlo fare? Che cosa è cambiato? – gli chiese Candy scossa da quanto aveva appena udito, ma decisa a capire che cosa ora lo avesse riportato indietro.
- Non lo capisci? È proprio questo il motivo … per me non è cambiato niente, non è mai cambiato niente! E l’altra sera, quando sei venuta a cena da me e abbiamo ballato, quando per un attimo ti ho sentita tremare tra le mie braccia ho osato sperare che anche per te fosse lo stesso … che anche per te non fosse cambiato niente. Poi però … ho capito che forse stavo sbagliando ancora, quando ho visto che non volevi parlarmi né tantomeno vedermi, ho pensato che tu fossi andata avanti con la tua vita … di cui io non faccio più parte. Ecco … questo era quello che volevo dirti. Adesso sai tutto, grazie di avermi ascoltato.
Candy rimase in silenzio, Terence dopo qualche istante fece ripartire l’ascensore e si appoggiò alla parete alle sue spalle, fissando il pavimento. Ma l’ascensore si bloccò di nuovo, era stata Candy a fermarlo questa volta.
- Cosa vuol dire che per te non è cambiato niente? – gli chiese in un sospiro, come se avesse paura che le sue parole potessero far svanire la magia di quel momento. Perché era così che Candy si sentiva adesso, vittima del più dolce degli incantesimi.
Terence alzò il viso guardandola stupito: perché voleva saperlo se per lei non significava più niente? Tuttavia non gli importava, lui voleva dirglielo lo stesso.
- Ti ricordi quando ti baciai?
- Certo che me lo ricordo – rispose Candy sorridendo leggermente.
- Quello per me non era solo un bacio, era l’unico modo che conoscevo per farti capire che ti amavo.
Detto questo le si avvicinò, circondandola con le braccia, le mani appoggiate alla parete dell’ascensore. Lei rimase immobile, fissandolo. Non ci fu bisogno di dire altro perché attraverso gli occhi erano i loro cuori a parlare. Terence lentamente si piegò su di lei e la baciò, impossessandosi delle sue labbra. Si sentì scoppiare il cuore quando si rese conto che lei non faceva resistenza, anzi, si abbandonava a lui con incredibile dolcezza. Le loro bocche divennero una sola e in pochi istanti tutto il dolore di quegli anni fu spazzato via.
- Ecco cosa significa che per me non è cambiato niente. Ti amo oggi, come allora e anche se tu non me lo permetterai io ti amerò per sempre.
Gli occhi di Candy si riempirono di lacrime.
– Anche per me non è cambiato niente … ti amo da sempre e per sempre – disse, poi gli passò le braccia attorno al collo per attirarlo di nuovo verso le sue labbra. Si baciarono ancora per interminabili minuti, profondamente, come non avevano mai potuto fare.
D’un tratto vennero interrotti da un rumore metallico, le porte dell’ascensore si aprirono e una piccola folla in attesa li sorprese ancora abbracciati.
- Credo sia il caso di andare via da qui – le sussurrò Terence all’orecchio.
Uscirono di corsa, Candy rossa in volto come un papavero. Quando passarono abbracciati davanti a Miss Barkley che li guardava con la più buffa delle espressioni, Terence le strizzò l’occhio ringraziandola e lei quasi svenne.
Salirono sull’auto di Terence e si diressero verso Villa Ardlay, dove Candy abitava. Pranzarono insieme anche se non mangiarono molto perché troppo occupati a coccolarsi. L’emozione di cui erano preda entrambi non gli consentiva nemmeno di parlare, volevano solo guardarsi e stare vicini, abbracciarsi e baciarsi. Nel pomeriggio uscirono in giardino, continuando a credere di vivere un sogno fino a quando Candy non si ricordò che lui sarebbe dovuto ripartire presto. Avrebbe potuto sopportare di allontanarsi da lui di nuovo?
Passeggiavano mano nella mano quando all’improvviso lei gli chiese:
- Davvero hai interrotto il tuo contratto per tornare in America?
- Per tornare da te! – precisò Terence facendola sorridere.
- E adesso cosa intendi fare?
- Vuoi sapere se tornerò a Londra? – le chiese senza troppi giri di parole.
Candy annuì un po’ imbarazzata ma era quello che voleva sapere.
- No … non tornerò a Londra!
- Ma se il tuo contratto non è chiuso …
- Beh … posso farlo lo stesso, mi costerà un po’ ma non importa.
- Ma a te piacerebbe continuare a lavorare lì?
- Non sarebbe male anche perché mi hanno proposto di occuparmi della direzione artistica, ma …
- Intendi dire che tu saresti il direttore del teatro? – chiese Candy stupita.
- Sì, attore e direttore.
- Sarebbe una grande opportunità giusto?
- Direi di sì.
- Allora devi assolutamente andare! – esclamò Candy decisa.
- Cosa? Vuoi già liberarti di me Lentiggini?
Si erano seduti su una panchina, Terence l’aveva attirata sulle sue gambe, incapace ormai di starle lontano. E proprio questo pensò nel momento in cui lei le consigliava di partire.
- Non ho nessuna intenzione di allontanarmi da te neanche di un centimetro, figurati se vado oltreoceano, lasciandoti qui.
- Non è detto che io rimanga qui – gli disse con un sorrisetto malizioso.
- Lentiggini … cosa intendi dire?
- Semplicemente che potrei venire con te … se vuoi.
- Se voglio? Certo che voglio ma … tu lasceresti tutto questo, il tuo lavoro, la tua famiglia?
- Per il tempo necessario, perché no? Larry se la caverà benissimo anche senza di me.
- Chi, il maggiordomo?
- Terence!!!
- Stai parlando sul serio?
- Sono serissima!
Terence si strinse a lei, pensando ancora una volta di essere immerso in un sogno, per questo la baciò di nuovo, per essere sicuro che non scomparisse all’improvviso.
- Forse prima dovremmo sposarci?
- È una proposta Graham?
- Dipende.
- Da cosa?
- Dalla sua risposta Miss Ardlay.
- La mia risposta è sì!
- Allora è una proposta!
FINE
Ho adorato il momento nell'ascensore!magica Ary
RispondiEliminaIl momento migliore! Grazie
EliminaBella bella bella,un'emozione dietro l'altra. Annarita
RispondiEliminaUna piccola storia, grazie per l'apprezzamento 🥰😘
Elimina