Un'altra cosa

 


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Capitolo uno

Rivedersi

 


Odéon Théâtre, Paris

 

Parigi, venerdì 9 aprile 1920

L’aveva vista davvero o era stata solo un’illusione?

Tornato in camerino dopo aver salutato il resto della compagnia iniziò a spogliarsi per togliere gli abiti di scena. Era stato un fantastico Amleto, nelle sue orecchie risuonavano le ovazioni del pubblico rivolte in particolare a lui. Ormai era un attore affermato, all’apice della sua carriera, nonostante la giovane età, e si sentiva molto fiero ed orgoglioso di quello che aveva raggiunto, anche se gli ultimi anni erano stati così difficili.

- Non mi sono sbagliato, non è possibile … era lei seduta in prima fila.

Dopo aver finito di cambiarsi si sdraiò esausto su un piccolo divano, in un angolo del camerino dove a malapena arrivavano le luci dello specchio. Nonostante la stanchezza non riusciva a rilassarsi, era sempre così dopo uno spettacolo, ci voleva un po’ di tempo per smaltire l’adrenalina accumulata durante la recitazione. Ma ora c’era qualcos’altro, una strana sensazione che avvertiva in maniera sempre più forte attraversargli il corpo e salire fino al cervello, facendogli pulsare le tempie tanto che dovette sedersi e premere le mani intorno alla fronte.

- Devi calmarti o finirai per impazzire! - intimò a se stesso.

Dopo un attimo bussarono alla porta.

L’attore diresse di colpo lo sguardo verso la porta, osservandola intensamente come a volerla quasi oltrepassare per capire chi ci fosse dall’altra parte. La porta si aprì e si affacciò Mike, avvisandolo che la sua auto era pronta.

- Grazie Mike - balbettò.

Da tempo ormai utilizzava questo stratagemma, ossia lasciare il teatro da un’uscita secondaria per evitare di essere assalito dalle ammiratrici. Avrebbe fatto così anche quella sera, ma non riusciva a decidersi ad abbandonare il camerino. La voce di Mike lo aveva per un attimo riportato alla realtà e ora si sentiva un po’ stupido per aver pensato di averla vista. Eppure.

D’un tratto si guardò allo specchio e sul suo viso sentì svanire ogni illusione. Possibile che dopo tutti quegli anni … la lettera che aveva spedito ormai più di un mese fa non aveva ottenuto risposta, che cosa poteva mai aspettarsi? Perché il suo cuore si ostinava a credere che ci fosse ancora una piccola possibilità?

Prese la giacca e uscì. Attraversò a passo svelto il corridoio che lo portava verso il retro del teatro dove trovò solo la sua auto ad aspettarlo. Salì e dopo essersi girato un’ultima volta indietro, mise in moto. Il rombo del motore ferì le sue orecchie e lo fece quasi sobbalzare, dovette appoggiarsi allo schienale e prendere fiato, colpì con forza il volante con entrambe le mani, sentendo salire dentro di sé una gran rabbia.

- Sei un pazzo, ma come puoi credere che lei …

- Terence - gli parve ad un tratto sentir gridare alle sue spalle.

- Ora ho anche le allucinazioni – disse tra sé, sorridendo amaramente e scuotendo la testa.

Tuttavia, spense il motore.

- Terence – di nuovo, questa volta chiaramente. Non c’erano dubbi, qualcuno lo stava chiamando, ma dall’interno dell’auto non riusciva a riconoscerne la voce.

Aprì lo sportello e scese, voltandosi verso la porta da cui era appena uscito. La porta era aperta e la luce dell’interno definiva il profilo di una figura femminile, in piedi, senza rivelarne altri particolari.

Passò un tempo infinito prima che riuscisse a fare un passo verso di lei. Appena la riconobbe si fermò, impietrito, in fondo alle scale che ancora li separavano.

Dopo più di cinque anni, per la prima volta, i loro occhi si incontravano, ma il loro sguardo in quel momento non era in grado di dire niente perché troppo ci sarebbe stato da dire.

Nel silenzio che li avvolgeva Terence sentiva risuonare ancora il suo nome gridato poco fa, come aveva potuto non riconoscere la sua voce, era diversa forse? Era cambiata?

Sentendo le gambe tremare, la ragazza raccolse tutto il suo coraggio per scendere quei dieci scalini che la separavano da lui, fermandosi ancora a qualche metro di distanza. Fu lui allora ad avvicinarsi, quasi senza accorgersene, come se una calamita lo facesse muovere senza che fosse lui a deciderlo.

Uscita dalla luce del teatro, poté vedere più nitidamente il suo viso, adesso illuminato solamente dal chiarore della luna.

- E’ stato uno spettacolo meraviglioso! Non avevo mai provato un’emozione così forte ad uno spettacolo teatrale … sei diventato un grande attore, anche se non avevo dubbi.

Parlò lei per prima quasi trattenendo il respiro, pronunciando le ultime parole con un filo di voce.

Lui riuscì solo a ringraziarla per i suoi complimenti e poi di nuovo silenzio. Nessuno dei due osava andare avanti, come aspettando che qualcuno o qualcosa venisse in loro soccorso.

D’improvviso avvertirono un brusio provenire dall’interno del teatro, si faceva man mano più intenso, sembrava avvicinarsi. Voltandosi verso l’ingresso, richiamato da quel vociare, Terence si rese conto che sarebbe stato meglio andare via da lì, probabilmente le sua ammiratrici questa volta lo avevano scovato.

- Tu hai cenato? – chiese timidamente.

- Beh … non ancora – rispose lei un po’ stupita.

- Nemmeno io … vieni con me? – osò.

- Sì.

Salirono in auto velocemente, appena in tempo per lasciarsi alle spalle una folla urlante.

 

 

Capitolo due

Come due vecchi amici

 


Ford V8 Deluxe Roadster

 

Terence diresse l’auto fuori città. Conosceva un piccolo ristorante italiano dove aveva cenato negli ultimi giorni, da solo, senza essere disturbato, grazie alla cortesia del proprietario che gli riservava sempre un tavolo piuttosto in disparte. Carlo aveva evidentemente preso in simpatia quel giovane attore americano la cui malinconia gli ricordava la propria quando da ragazzo era dovuto emigrare in cerca di lavoro. Non sapeva quanto le pene del bell’attore fossero diverse dalle sue: non era certo la nostalgia di casa a rendere il giovane taciturno e solitario.

Trovarsi così vicini dopo tanto tempo non fu semplice per i due ragazzi.

Se in un primo momento, quando l’aveva vista fuori dal teatro, Terence aveva creduto ad un sogno o ad un’allucinazione dovuta alla stanchezza che sempre lo coglieva dopo una rappresentazione, adesso si rendeva bene conto che Candy era lì seduta al suo fianco in carne ed ossa e questo lo turbava in maniera non indifferente. Dando fondo a tutte le sue doti di attore, cercava di mantenersi lucido ed apparentemente tranquillo, comportandosi come un vecchio amico che ritrova per caso una compagna di collegio, conosciuta quando ancora erano due adolescenti. Dover prestare attenzione alla guida gli stava dando di sicuro una grossa mano perché, con lo sguardo forzatamente rivolto verso la strada davanti a sé, poteva evitare di guardare Candy, anche se risultava impossibile comunque ignorarne la presenza.  Con la coda dell’occhio Terence intravedeva i riccioli biondi della ragazza che brillavano anche nel buio della notte, illuminati a tratti dalla luce dei lampioni, ma la cosa che più lo rendeva inquieto era quel profumo che ormai aveva invaso l’abitacolo e che lui conosceva fin troppo bene. No, quel profumo non poteva di certo ignorarlo!

Da quando erano partiti uno strano silenzio era caduto tra loro, nessuno dei due sapeva bene come rompere il ghiaccio che sembrava separarli. Dovendo cambiare marcia, lo sguardo di Terence cadde per una frazione di secondo sulla mano che Candy teneva adagiata su una gamba. Le loro mani erano così vicine che Terence avvertì fortemente l’impulso di stringerla ma, temendo di spaventarla o ancor peggio di sentirsi rifiutato, dette voce ad un altro pensiero per distogliere la mente:

- Come mai ti trovi a Parigi, Candy? – chiese, cercando di nascondere il tremolio che sentiva nella gola.

La voce di Terence la fece sussultare e per un attimo si voltò verso di lui, balbettando:

- Eh … per Annie.

Terence rimase in silenzio, in attesa che Candy spiegasse cosa intendeva. Dopo alcuni secondi lei riprese non senza difficoltà, ma sforzandosi di rendere chiara la propria voce:

- Ti ricordi di Archie ed Annie vero?

Risentire quei nomi rappresentò per Terence come un’ancora di salvezza perché, anche se lo riportavano indietro ai tempi della St. Paul School e quindi al periodo più felice della sua vita che sapeva di aver perso per sempre, attraverso di loro poteva ritrovare quel modo pungente di parlare, o meglio di battibeccare  con Candy che forse li avrebbe aiutati a stemperare l’emozione del momento.

- Certo … il damerino e la tua amica triste! – disse, con voce finalmente squillante, facendo alzare gli occhi al cielo alla ragazza che continuò senza commentare l’ormai assodata abitudine di Terence a dare soprannomi a tutti. Chi meglio di lei poteva saperlo!

- Si sono sposati un anno fa e Archie, dopo la laurea in economia, ha iniziato a lavorare per la Ardlay Company e ne cura gli interessi qui a Parigi da pochi mesi.

Candy fece una pausa, non essendo sicura di riuscire ad affrontare il resto della questione, ma non poteva certo chiudere così il discorso, Terence infatti si stava chiedendo che cosa c’entrasse lei con il damerino e  la Ardlay Company.

- Annie è in dolce attesa – disse tutto d’un fiato, abbassando il tono della voce – e mi ha chiesto di starle vicino almeno fino a quando i suoi genitori, i signori Brighton, non potranno raggiungerli. Naturalmente sono stata ben lieta di poterla aiutare e sono partita da Chicago non appena me l’ha chiesto. Sono loro ospite.

Terence accolse la notizia come non si sarebbe mai aspettato trattandosi di Archie, con il quale molte volte era finito per scontrarsi non solo verbalmente, ai tempi del collegio, consapevole del fatto che il damerino nutriva per Candy sentimenti ben lontani da quelli consentiti ad un cugino.

In quel momento però il giovane Cornwell gli appariva come il più fortunato degli uomini e non poté fare a meno di riconoscerlo:

- Un ottimo lavoro, una moglie amorevole, un bambino in arrivo … a Parigi … non saprei trovare niente di più romantico e invidiabile – si sorprese a dire con una nota malinconica nella voce che Candy tuttavia non colse, non essendo ancora del tutto padrona delle proprie sensazioni, vide invece chiaramente la mano di Terence stringere il volante con una forza tale da far sbiancare le sue nocche.

Dopo quest’attimo di smarrimento Terence tentò di riprendere il controllo della situazione indirizzando il dialogo su ciò che più lo interessava:

- Per quanto tempo ti fermerai?

- Non saprei con certezza. Non sto lavorando in questo momento e quindi ho un po’ di tempo libero da poter dedicare ad Annie. E tu?

Il ragazzo non osò indagare a proposito del motivo per cui Candy non stesse lavorando, temeva in cuor suo una risposta che non sarebbe riuscito a sostenere e oltretutto non voleva metterla in imbarazzo.

- Sono in tournée con la compagnia da circa un mese. Dopo Parigi, tra una settimana partiremo per Londra. Quella di stasera è stata l’ultima replica dell’Amleto qui in Francia, adesso avrò qualche giorno di riposo prima di andare in Inghilterra. Terence comunicò a Candy con estrema cura i dettagli dei suoi prossimi impegni, sperando che lei li memorizzasse.

- State avendo un grandissimo successo ed è innegabile che il merito sia principalmente tuo. Ti faccio davvero i miei complimenti per essere riuscito a realizzare tutti i tuoi sogni – disse Candy con una voce che l’orecchio di Terence avvertì dolce come miele, anche se non poté fare a meno di ribattere:

- Non tutti!

Essendo passata da un po’ l’ora di cena, quando i due ragazzi fecero il loro ingresso nel ristorante questo era ormai semivuoto. Accompagnati da una leggera musica in sottofondo presero posto ad un piccolo tavolo rotondo in un angolo, con vista sulla Senna.

Carlo, il proprietario, fu felice di vedere per un volta dipinto sul volto del suo giovane amico un sorriso, anche se appena accennato. Di sicuro, pensò, il merito doveva essere di quella deliziosa fanciulla che gli sedeva di fronte e ogni tanto lo guardava con malcelato imbarazzo.

- Benvenuto Terence, lieto di vederti in dolce compagnia questa sera!

- Grazie Carlo … ti presento Candy, una mia cara amica dei tempi della scuola.

Questo erano dunque adesso, cari amici, non poté fare a meno di pensare Candy mentre salutava il ristoratore.

Entrambi non avevano molta fame, forse perché l’emozione di rivedersi aveva completamente chiuso loro lo stomaco. Con gli occhi fissi sul piatto Candy giocherellava con le sue patate al forno, mentre Terence, abbandonato al suo destino l’arrosto di manzo, fissava il bicchiere vuoto davanti a sé.

D’un tratto alzarono insieme lo sguardo e si ritrovarono occhi negli occhi. Terence accennò un sorriso e lei lo corrispose quasi involontariamente, così lui trovò il coraggio di allungare la sua mano fino a sfiorare quella di lei adagiata sulla tovaglia. A quel minimo contatto Terence la vide sussultare e fece marcia indietro, chiedendole se voleva qualcos’altro.

- No. Terence io …

- Usciamo? – la interruppe lui di colpo.

Il ragazzo pagò il conto e abbandonarono il locale, risalendo in auto.

Terence accompagnò Candy a Villa Cornwell. Per tutto il tragitto di ritorno solo poche parole fra loro così come durante la cena. Terence le aveva raccontato degli ultimi successi teatrali e Candy aveva accennato all’idea di continuare a studiare con l’idea di diventare medico. Avevano parlato del loro caro amico Albert, del fatto incredibile che lui fosse in realtà il misterioso zio William che aveva adottato Candy facendola diventare una Ardlay. Si erano rattristati entrambi nel ricordare la tragica scomparsa del povero Stear, morto in guerra, che Terence aveva appreso dai giornali. Nessun commento invece sulla prematura scomparsa della sua fidanzata, l’attrice Susanna Marlowe.

 

 

 

Capitolo tre

Profumo di rose



 

Parigi, sabato 10 aprile 1920

Il mattino dopo Terence si svegliò con addosso una strana euforia che permase fino al momento in cui non mise chiaramente a fuoco quello che era successo la sera precedente: a quel punto avvertì come una specie di stretta allo stomaco che lo costrinse ad alzarsi dal letto, tentando così di rimandarla indietro da dove era arrivata, cioè dal suo cuore.

Pensò che dopo la doccia si sarebbe sentito meglio, probabilmente tutto sarebbe apparso più nitido perché al momento la confusione regnava nella sua mente, non essendo in grado di interpretare in maniera lucida quanto accaduto dal momento in cui era uscito da teatro. Eppure non c’era possibilità di sbagliare a proposito del fatto che fosse andato a cena con Candy: era lei … era proprio lei che aveva incontrato fuori dal teatro e che addirittura aveva accettato il suo invito a cenare insieme. Ma le domande che ora affollavano la mente di Terence erano talmente tante da impedirgli di dare un senso logico a quegli eventi.

Una volta uscito dalla doccia la situazione non era di certo migliorata, anzi, adesso perfettamente sveglio avvertiva ancora più forte quella stretta allo stomaco che aveva sentito dopo poco aver aperto gli occhi. Mentre si vestiva alcune punte di euforia tornarono a scuoterlo e lo fecero sorridere timidamente, soprattutto quando gli apparvero davanti quegli occhi verdi smeraldo che non vedeva da molti anni. Rimase come in estasi per qualche istante finché guardando l’orologio non si rese conto che stava facendo tardi, cosa che non sopportava, e si diresse in maniera spedita verso la sala ristorante dell’hotel dove qualcuno lo stava aspettando già da un po’.

- Buongiorno Karen, dormito bene?

- Buongiorno Terence … benissimo direi, ero talmente stanca. Non si può dire lo stesso di te … hai una faccia! - rispose l’attrice scrutando il collega mentre si sedeva al lato opposto del tavolo.

Terence non fece troppo caso alla sua osservazione e prese a bere il suo tè nero sperando, invano, che questo lo aiutasse a smorzare quella stretta che ancora tormentava il suo stomaco.

Dopo una silenziosa e veloce colazione i due attori si avviarono verso l’esterno dell’albergo, dove una volta saliti sull’auto che Terence aveva noleggiato per girare comodamente per Parigi, si diressero verso il teatro dove li attendeva una riunione a cui avrebbe preso parte tutta la compagnia, per pianificare la prossima tappa del loro tour europeo, ovvero Londra.

Appena salita in auto Karen, da attenta osservatrice qual era, non poté fare a meno di notare lo strano aroma presente nell’abitacolo: senza alcun dubbio non si trattava del profumo di Terence che ormai, dopo anni di frequentazione, conosceva perfettamente. Eh no, era chiaramente un profumo femminile. Ecco dunque spiegata la faccia assonnata di Terence di quella mattina. Una volta terminato lo spettacolo, il primo attore aveva fatto perdere le sue tracce, evidentemente una conquista parigina gli aveva rallegrato la serata. Questo pensava Karen Kleis mentre al fianco di Terence, a bordo di una scintillante Ford V8, percorreva le strade già in fermento della Ville Lumière.

A dire il vero la cosa le apparve subito alquanto strana. Karen conosceva Terence ormai da molti anni, fin da quando era approdato appena sedicenne, alla compagnia Stratford. Ne aveva seguito l’incredibile ascesa ma anche il repentino tracollo dopo l’incidente avvenuto sul palcoscenico, durante le prove di Romeo e Giulietta, quando aveva scampato la morte grazie all’intervento disperato della collega Susanna Marlowe  che lo aveva salvato impedendo ad un riflettore staccatosi dal soffitto di travolgerlo. Nell’impatto Susanna era rimasta gravemente ferita, tanto da perdere definitivamente l’uso delle gambe. Karen si ricordava bene come la Marlowe, innamorata follemente del giovane attore, avesse fatto leva sul senso di colpa e sul profondo senso del dovere a cui Terence era stato educato fin da piccolo dal padre, il Duca di Granchester, per spingerlo a rimanere accanto a lei per il resto della vita. Per più di quattro anni Terence era rimasto accanto a Susanna, dicendo addio al suo grande amore e alla speranza di una vita felice. Il giovane aveva attraversato dei momenti davvero bui. Per un periodo se ne era addirittura andato, facendo perdere le tracce, tanto che anche Karen aveva temuto per la sua stessa vita. Poi, inspiegabilmente, era tornato da Susanna e aveva ripreso a recitare, ripartendo da zero ed arrivando in poco più di un anno a riprendersi il posto che gli spettava di diritto, quello di primo attore della compagnia Stratford, portando ad un eclatante successo il suo Amleto che lo aveva condotto oggi in tour per l’Europa. Dopo pochi mesi dal suo ritorno al successo però, la malattia e la repentina scomparsa della giovane fidanzata lo avevano rigettato nella più cupa malinconia e ogni tanto il richiamo dell’alcool era tornato a farsi sentire. Circa un mese dopo la morte di Susanna Karen lo aveva trovato decisamente alticcio nel suo camerino.

- Terence che ci fai ancora qui? Le prove sono finite da un pezzo, perché non vai a casa? – gli aveva chiesto alquanto preoccupata.

- Non sono fatti tuoi – aveva risposto Terence, molto infastidito dalla presenza della ragazza nel suo camerino, dove a nessuno era consentito entrare. Ma Karen non si era fatta intimorire proprio perché ormai lo conosceva bene e in maniera risoluta aveva replicato:

- Non puoi guidare in questo stato. Dammi le chiavi della tua auto, ti accompagno io.

Terence stupito dal tono deciso dell’attrice aveva acconsentito e si era lasciato accompagnare a casa. Karen l’aveva scortato fin nell’appartamento per assicurarsi che non si cacciasse nei guai: non era una novità infatti che quando il bell’attore era in quello stato, finisse immischiato in una scazzottata in qualche locale malfamato di New York dove fortunatamente nessuno lo conosceva, altrimenti oltre a qualche livido avrebbe probabilmente rimediato anche un bell’articolo scandalistico sulle prime pagine dei giornali.

Appena entrato nel salotto Terence si era diretto in bagno e dopo pochi minuti era riapparso con i capelli fradici, gettandosi a peso morto sul divano, ad occhi chiusi. Sentiva di aver fallito su tutta la linea: aveva fatto soffrire l’unica donna davvero importante per lui, l’unica che aveva amato davvero e per che cosa? Susanna era morta e nemmeno lei era riuscito a proteggere. Candy gli aveva fatto promettere di essere felice anche senza di lei … ma si può fare una promessa così assurda alla donna che si ama? Ormai era troppo tardi … era tutto perduto, niente aveva più senso!

- Per quale motivo continui a farti del male in questo modo? – gli aveva chiesto Karen con estrema dolcezza, senza ottenere alcuna risposta dal giovane attore che se ne stava immobile, disteso con le braccia incrociate sulla testa piegata da una parte.

Karen era rimasta in silenzio ad osservarlo per qualche istante, non potendo fare a meno di constatarne la straordinaria bellezza alla quale non era mai stata del tutto indifferente. Ad un tratto avvertì un calore fluido rapirne i sensi e senza accorgersene gli si avvicinò, sedendosi sul tappeto steso ai piedi del sofà, allungò una mano fino a sfiorare il petto del giovane che si poteva appena notare attraverso la camicia leggermente sbottonata. In una frazione di secondo Terence imprigionò con la sua la mano della ragazza e continuando a tenere gli occhi chiusi le disse:

- Non farlo Karen!

- Perché no? – gli sussurrò l’attrice mentre Terence a fatica, con la testa che girava vorticosamente, si era messo seduto, appoggiandosi al bracciolo del divano.

- Perché sei l’unica amica che ho.

- Credevo che tu avessi capito ormai che non è amicizia ciò che vorrei da te… - continuò Karen sapendo bene come modulare la sua voce nei toni più seducenti.

Ma Terence fece di tutto per mantenere un tono freddo e distaccato, cercando in ogni modo di non crollare di fronte ad una tentazione come quella che la splendida attrice rappresentava.

- E io pensavo che tu avessi capito che non posso amare nessun’altra donna! – sbottò Terence, alzando leggermente la voce.

Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Karen sapeva benissimo cosa intendesse l’amico e a quale donna si riferisse, per cui da quella notte non tentò più alcun approccio con lui.

Ma in quella fresca mattinata parigina, il dolce profumo di rosa che aleggiava all’interno della Ford guidata da Terence, suggeriva tutt’altro e cioè che nella vita del giovane attore fosse apparsa quasi dal nulla un’altra donna. Karen era certa che l’amico non fosse incline alle avventure di una notte, nonostante le innumerevoli possibilità che le ammiratrici gli offrivano continuamente. Ma allora chi poteva essere la misteriosa ragazza proprietaria di quel profumo così intenso e che aveva tenuto sveglio il bell’attore? Karen moriva dalla curiosità e tornò sull’argomento che Terence aveva ignorato appena si erano visti a colazione.

- Quindi non sei riuscito a chiudere occhio questa notte?

- Cosa te lo fa pensare?

- Beh … prima di tutto è stata la tua faccia a suggerirmi questa ipotesi, ipotesi che peraltro ha trovato la sua conferma appena sono salita su quest’auto.

- Che c’entra la mia auto? – chiese Terence, con un mezzo sorriso, iniziando ad essere incuriosito dalla teoria dell’attrice.

- Non vorrai negare caro amico mio che invece che in un’auto sembra di stare immersi in un giardino di rose! – se ne uscì Karen, sottolineando la sua frase con un sorrisetto malizioso e, rincarando la dose, aggiunse:

- Non avrai per caso fatto un giretto al Moulin Rouge questa notte?

- Non è come credi! – rispose Terence con un tono decisamente troppo serio per non colpire l’amica che con una nota di preoccupazione gli chiese:

- Che succede Terence?

- Succede che abbiamo una riunione importante per cui dovrai tenere a freno la tua curiosità!

- D’accordo … ma dopo la riunione mi racconti tutto!

Detto questo Terence parcheggiò l’auto sul retro del teatro, aiutò Karen a scendere e scomparvero attraversando l’ingresso degli artisti.



Capitolo quattro

Muri da abbattere


Candy si era svegliata del tutto scombussolata dall’incontro della sera precedente. Una volta aperti gli occhi rimase sdraiata a letto ripercorrendo nella propria mente ogni più piccolo dettaglio ed emozione che l’aveva accompagnato. Si trovava a Parigi da due giorni quando Annie le aveva rivelato la presenza in città della compagnia Stratford. Candy, nonostante ne fosse già a conoscenza, ne era rimasta alquanto turbata, avvertendo fin da subito uno strano tremolio nello stomaco. La sua agitazione aveva raggiunto poi livelli altissimi quando la cara amica le aveva detto di avere un regalo per lei, sventolando sotto il suo naso tre cartoncini colorati che avevano tutta l’aria di essere biglietti per il teatro. Non era stato semplice tuttavia convincere Candy a recarsi quella sera stessa a vedere l’Amleto all’Odéon, sapendo bene chi avrebbe interpretato il principe di Danimarca.

- Candy, non dovrai incontrarlo se non vuoi, ma credo sia ormai giunto il momento di superare il blocco che hai nei suoi confronti. Non lo credi anche tu? – l’aveva pregata la dolce signora Cornwell.

- D’accordo … penso che tenterò – aveva risposto Candy, non volendo proseguire oltre quella discussione. Aveva sigillato in un remoto angolo del suo cuore tutti i ricordi che riguardavano Terence e non aveva alcuna intenzione di farli uscire. Ma si rendeva conto che tenerli chiusi sotto chiave non le aveva ugualmente concesso di andare avanti tranquillamente con la propria vita, soprattutto con la propria vita sentimentale. Alla fine accettò di andare a teatro per mettersi alla prova e capire quanto ancora Terence tenesse strette le fibre del suo cuore.

Candy si era seduta nella platea dell’Odéon talmente tesa che Annie accanto a lei pensò per un attimo di rinunciare e tornare a casa. Non aveva mai visto la sua cara amica in quello stato, con il volto pallidissimo e le mani tremanti che stavano torturando il libretto con i nomi degli artisti che da lì a poco sarebbero saliti sul palco. Gli occhi di Candy sembravano incollati nella lettura della prima riga, dove a caratteri scuri su fondo azzurro si poteva leggere

HamletPrince du Danemark………Terence Graham

Candy sapeva che l’ingresso del principe era previsto all’inizio della seconda scena del primo atto e che, vestito completamente di nero, sarebbe rimasto appartato in un angolo del castello fino al momento di pronunciare la sua prima battuta:

- A little more than kin, and less than kind[1]

La voce di Terence tuonò nel teatro immerso nel più denso silenzio e Candy si sentì come rapita e trasportata in un altro mondo dove esistevano solo lei e lui. Ma non era un mondo tranquillo. Candy si sentiva sopraffatta dall’emozione, la sua mente offuscata da una fitta nebbia e il suo cuore sbattuto da una parte all’altra, come in un vortice. Osservava con la vista annebbiata i movimenti di Terence sul palco, affascinata dalla sua bravura, soprattutto nei momenti in cui si trovava da solo sulla scena e tutto il pubblico rimaneva senza fiato, lasciandosi guidare per le strade dell’anima torturata del suo Amleto.

Durante le pause tra un atto e l’altro Annie tentava di sostenerla, sorridendole e stringendole la mano, anche se Candy non riusciva a spiccicare parola, mentre era evidente che per Archie portare la cugina a teatro fosse stato un grande sbaglio.

“The rest is silence[2]furono le ultime parole che uscirono dalle labbra di Amleto morente, dopodiché per un attimo infinito tutto si fermò e il teatro rimase come sospeso, quasi senza respirare, fino al termine dello spettacolo quando esplose in scroscianti applausi. Gli attori, insieme al regista Robert Hathaway, apparvero sul palco per ricevere il meritato abbraccio del pubblico che reclamava a gran voce il protagonista. Quando Terence Graham si fece avanti, spinto da Robert, tutti i presenti si alzarono in piedi, osannando letteralmente la sua interpretazione. Vedendolo da solo al centro del palco raccogliere il successo che davvero meritava, Candy si sentì profondamente commossa e liberò le lacrime che a stento aveva trattenuto per tutta la durata dello spettacolo. Erano lacrime di gioia, accompagnate da un timido sorriso che le era magicamente sbocciato sulle labbra osservando il viso di Terence illuminato dalla luce dei riflettori. I suoi occhi blu oceano erano sempre gli stessi. Alla fine anche Terence abbandonò il palco, dando un ultimo saluto al pubblico con la mano e fu in quel preciso istante cha Candy ebbe la netta sensazione che lui l’avesse vista perché si soffermò un attimo, rivolgendo lo sguardo proprio verso di lei.

Una donna invece l’aveva non solo vista, ma anche riconosciuta ed era molto determinata a farla incontrare dopo tanto tempo con il suo amico attore.

- Candy sei sveglia? - chiese Annie bussando alla porta della sua camera.

Candy si riscosse.

- Entra è aperto.

- Ma non sei ancora vestita? E’ tardissimo … avevi promesso di accompagnarmi a fare spese - la rimproverò Annie.

- Hai ragione Annie … un attimo solo e sono pronta - rispose Candy, saltando giù dal letto come un gatto.

Dopo una veloce colazione le due giovani uscirono di casa e l’autista alla guida di una Ford T blu cobalto le accompagnò nei pressi della più chic boutique per bambini dove Annie aveva intensione di acquistare tutto il necessario per accogliere i piccoli eredi Cornwell, dal momento che era in attesa di due gemelli.

Dall’altra parte della città intanto si stava per concludere l’ultima riunione della compagnia Stratford prima della imminente partenza per la prossima tappa della tournée: durante le tre settimane di permanenza a Londra avrebbero messo in scena quattro repliche dell’Amleto all’Old Vic Theatre, sede delle più prestigiose rappresentazioni shakespeariane sulle rive del Tamigi. Tutti, dai tecnici agli attori, erano elettrizzati all’idea e non vedevano l’ora di partire, tranne uno che aveva preso parte alla riunione quasi del tutto in silenzio tantoché, una volta congedati gli artisti, il signor Hathaway chiesa a Terence di poter parlare un attimo da soli. Terence si trattenne, facendo un cenno di assenso a Karen Kleis la quale gli aveva sussurrato che lo avrebbe aspettato per tornare insieme in albergo.

- Tutto bene Terence? Mi sei sembrato molto distratto questa mattina, non è da te – iniziò Hathaway che era un uomo molto diretto ed anche per questo andava d’accordo con il suo primo attore.

- Sono solo un po’ stanco Robert, adesso vado in albergo a riposare e sarò fresco come una rosa per Londra, non ti preoccupare – rispose Terence tentando di assumere un tono rilassato e terminando la frase con un sorriso.

Ma il sorriso del giovane apparve poco convincente agli occhi del regista. Era evidente che Terence nascondesse qualcosa ma Hathaway sapeva bene, conoscendo la laconicità del suo pupillo in merito alla sua vita privata, che non avrebbe ottenuto da lui niente di più e, pur avendo avuto notizia che il giovane attore, la sera precedente, si era allontanato da teatro con una misteriosa bionda, lasciò cadere l’argomento. In fondo, prima di Londra, li attendeva una settimana di pausa che Terence giustamente si era meritato lavorando senza tregua negli ultimi mesi e dando il meglio di sé.

Fuori dall’ufficio del regista il giovane attore trovò Karen che come promesso lo stava aspettando e senza dire una parola si diressero insieme verso l’auto del ragazzo. Mentre guidava i pensieri di Terence vagavano da Parigi a Londra e da Londra a Parigi. La capitale inglese significava molto per lui: oltre ad essere la patria del suo amato Shakespeare, quella terra custodiva come in uno scrigno i suoi ricordi più dolci, quando aveva conosciuto Tuttelentiggini, ma anche alcuni dei momenti più dolorosi di tutta la sua vita, come quando aveva deciso di partire per l’America, senza dimenticare il difficile rapporto con il padre, il Duca di Granchester, con il quale non aveva più alcun tipo di contatto da più di sei anni ormai. E adesso Parigi? La città più romantica del mondo gli aveva riportato la sua Candy! “Sua”, poteva davvero definirla così ora? Certo che no, ma la sola idea che lei si trovasse lì, nella sua stessa città, gli riempiva il cuore di gioia e di una nuova speranza. Dopo tanti anni trascorsi nel buio, il suo cuore stava tornando pian piano a palpitare, facendolo sentire più leggero.

- Parigi è una città magnifica! – disse con un profondo sospiro.

Karen che aveva rispettato il suo silenzio fino a quel momento sorrise debolmente, non potendo fare a meno di pensare quale fosse il reale motivo per cui l’amico solo ora trovasse tanto bella la capitale francese.

- Senza il minimo dubbio. Ed è anche la più romantica! – suggerì maliziosamente la bella attrice, cogliendo subito l’occasione per ricordare a Terence la promessa fattale prima della riunione.

- A proposito di romanticismo, adesso vuoti il sacco mio caro – gli intimò eccitata.

- Di quale sacco stai parlando? – chiese Terence fingendo di non aver capito.

- Andiamo Terence, hai trascorso la serata con una donna, voglio sapere cos’è successo, anche perché ho l’impressione di sapere chi è – disse Karen senza mezzi termini.

- Sono semplicemente andato a cena con … Candy – si limitò a rivelare il bell’attore.

- “Semplicemente andato a cena con Candy” e quindi?

- E quindi niente – sbottò Terence, alzando leggermente la voce.

- Dai non voglio sapere i dettagli, dimmi solo se vi siete chiariti, insomma … avrete parlato dei vostri sentimenti!

- No … non è così semplice – disse lui, questa volta quasi sussurrando.

Karen credeva di comprendere molto bene che cosa frenasse i due ragazzi che secondo lei erano ancora follemente innamorati l’uno dell’altra, ma temeva la reazione di Terence se glielo avesse rivelato. Esitò per un attimo e poi si decise, spinta da tutto il dolore che aveva visto nella vita dell’amico dopo la separazione dal suo unico amore.

- Tu e Candy dovete parlare Terence … anche se avete probabilmente entrambi una tremenda paura di farlo!

Terence, fattosi molto serio, guardava fisso la strada senza rispondere, con gli occhi stretti e alcune ciocche dei capelli che portava ancora lunghi, scompigliate sulla fronte tesa.

Karen sapeva ciò che stava rischiando, Terence non tollerava intromissioni nella sua vita privata anche se con lei a volte era riuscito ad aprirsi per cui l’attrice conosceva molti particolari della sua storia con Candy ed anche con Susanna. Forte di questo legame decise di continuare a parlare.

- E’ quasi un miracolo che vi siate incontrati di nuovo, avete il dovere di cogliere questa opportunità, lo dovete al vostro amore.

Terence persisteva a restare in silenzio.

- Tutto il dolore che avete dovuto sopportare però sarà sempre tra di voi se non riuscirete a superarlo, parlandone e soprattutto ... perdonandovi! – disse Karen quasi implorando.

- Hai finito? – le chiese Terence con voce dura.

- No … lo sai come finirà se continui ad essere così cocciuto ed orgoglioso? Finirà che presto partiremo per Londra e non la rivedrai mai più!

- E che cosa dovrei fare secondo te? Andare sotto casa sua ed aspettare che esca? Beh non intendo farlo, se vuole sa dove trovarmi! – esplose Terence ormai più che infastidito dalle accuse dell’amica.

- E Candy non potrebbe pensare la stessa cosa? Non potrebbe anche lei aspettare che sia tu a fare il primo passo?

- No!

- Perché no? – insistette Karen.

- Perché io l’ho già fatto! Le ho scritto, prima di partire per l’Europa, e non sai quanto mi sia costato accidenti! – gridò Terence furioso.

Karen rimase per un momento senza parole, poi tentò di proseguire cercando un tono più pacato.

- La tua rabbia mi induce a pensare che tu non abbia ricevuto risposta o che la vostra cena non sia andata come speravi – disse con un filo di voce, pentendosi di aver quasi costretto l’amico a quella confessione. Ma non si perse d’animo e con un sorriso incoraggiante si rivolse a Terence dicendogli che probabilmente anche Candy era bloccata dalla paura di soffrire ancora e che bisognava insistere e trovare l’occasione giusta.

Terence scosse il capo in silenzio, abbattuto come non mai. Il suo stato d’animo infatti passava in un attimo dalla più entusiasmante euforia per averla rivista al più profondo sconforto per il comportamento di lei così freddo. Perso nei suoi pensieri non si accorse che l’attrice al suo fianco aveva diretto improvvisamente lo sguardo verso Place de la Concorde.

- Eccola! – esclamò raggiante la giovane attrice.

- Che cosa? – chiese stupito l’amico al volante.

- L’occasione giusta! Non è Candy quella che sta passeggiando insieme alla signora Cornwell? – chiese l’attrice e dopo una breve pausa – Ferma, ferma la macchina Terence … ho detto fermati! – gridò verso l’attore che non poté far altro che obbedire.

- E’ lei … aspettami qua – gli ordinò mentre usciva fuori dall’auto dirigendosi verso le due donne.

- Karen che cosa vuoi fare? Non ti azzardare … - tentò di dissuaderla Terence senza successo perché lei neanche lo sentì.

 

 

Capitolo cinque

Un intraprendente Cupido


 

 

Era una tarda mattina di inizio aprile. L’aria tiepida e piena di sole preannunciava una giornata tipicamente primaverile quando le temperature ancora non troppo calde invitano a concedersi piacevoli passeggiate. Per questo motivo Candy ed Annie, dopo aver svaligiato alcuni negozi delle Galieries Lafayette, si erano fatte accompagnare dall’autista al Jardin des Tuileries che in quel periodo dell’anno offriva uno spettacolo davvero imperdibile con la rigogliosa e ben curata vegetazione.

- Mi chiedo Annie dove trovi tutta questa energia, nelle tue condizioni, non sei stanca? Sono quasi due ore che siamo in giro – chiese Candy davvero stupita di aver trovato la cara amica d’infanzia in un vero stato di grazia.

- Oh Candy … a dir la verità credo sia la tua presenza. Il tuo carattere così allegro e positivo ha sempre avuto una grande influenza su di me, dovresti ricordarlo – ammise Annie con affetto.

- Forse una volta, ma ora … - Candy non terminò la frase, colta da un improvviso nodo alla gola.

- Candy cosa c’è? Sei pallida e non mi hai ancora detto niente riguardo a ieri sera. E’ successo qualcosa? – chiese Annie preoccupata, invitando l’amica a sedersi su una panchina.

Dopo qualche attimo di silenzio, con gli occhi bassi a guardare le mani strette in grembo, Candy trovò la forza di confidare all’amica ciò che dalla sera precedente le stringeva il cuore come in una morsa e che le aveva impedito di prendere sonno durante la notte, se non all’alba quando ormai esausta anche il suo cuore si era arreso.

- Credevo che gli avrebbe fatto piacere rivedermi – disse con un filo di voce tremante che faceva intuire la presenza di lacrime trattenute a stento.

Annie decise di non interromperla, volendo capire quello che era successo e che sembrava angustiare tanto l’amica, prima di poter esprimere la sua opinione. Candy continuò non senza difficoltà raccontando quanto fosse stato faticoso trascorrere quelle due ore con Terence: dopo lo shock iniziale che l’aveva colta mentre lui le era sembrato così tranquillo, ciò che più ora la faceva soffrire era il fatto che per tutto il tempo che avevano trascorso insieme aveva avuto l’impressione che lui si aspettasse qualcosa da lei, ma non era riuscita a capire che cosa. Probabilmente si trattava di quella lettera, ma lei aveva esitato. Inoltre le era apparso molto freddo e distante, eccetto per un attimo quando voltandosi all’improvviso lo avevo sorpreso a guardarla intensamente con i suoi occhi blu oceano che le avevano ricordato immediatamente il loro ballo alla festa di Maggio della St. Paul School, o quando le aveva sfiorato la mano con la sua.

Candy sapeva bene quanto Terence fosse imperscrutabile a volte e per questo ora non capiva cosa fare. Quando dopo la cena l’aveva riaccompagnata a casa Cornwell, le aveva offerto di farle da guida per visitare la città, chiedendole di fargli sapere quando sarebbe stata libera. Ma ora Candy temeva un nuovo incontro, temeva di avvertire ancora quella sensazione di lontananza, come se tra loro ci fosse un muro impossibile da superare.

Terminato il suo racconto, calde lacrime solcavano le sue guance. Annie tentò di confortarla, dicendole che ci sarebbe voluto probabilmente un po’ di tempo per recuperare la confidenza di una volta.

- Siete stati lontani per molti anni …

- Oh Annie cara … vorrei tanto sapere cosa c’è nel suo cuore – disse Candy tra le lacrime.

- Dovete solo trovare il momento giusto per parlare con calma e capisco che l’emozione di rivedervi non abbia giocato a vostro favore, ma vedrai che ci sarà modo di sciogliere i nodi che ancora vi separano. Abbi fiducia Candy – disse Annie stringendo le mani gelide dell’amica.

- Spero tu abbia ragione! Rientriamo adesso, si sta facendo tardi, se non sbaglio tra poco Archie sarà a casa.

- Va bene Candy andiamo.

Uscendo dal Jardin des Tuileries le due giovani si affacciarono in Place de la Concorde dove le attendeva il loro autista. Stavano per salire sull’auto quando sentirono una voce femminile gridare.

- Miss Ardlay … Candice Ardlay …

Annie si chiese chi poteva conoscere Candy a Parigi oltre a lei e la sua domanda trovò risposta non appena riconobbe la ragazza bruna che gridava a gran voce nella loro direzione: si trattava senza ombra di dubbio dell’attrice Karen Kleis, la quale le raggiunse trafelata, salutandole con un sorriso smagliante.

- Che piacere vedervi ragazze!

- Ciao Karen – risposero in coro le due amiche decisamente sorprese.

Dall’altra parte della piazza, all’interno della sua Ford, un giovane bruno in avanzato stato di agitazione, per non dire furioso, seguiva la scena che vedeva protagonista la sua amica attrice: la osservava parlottare con Candy ed Annie che, a dir poco sbalordite, sembravano acconsentire alle richieste avanzate da Karen.

Ad un tratto la vide voltarsi e tornare a passo spedito verso l’auto. Una volta salita a bordo si rivolse a Terence dicendo:

- Andiamo, loro ci seguiranno con la propria auto.

- Andiamo dove e loro chi? – ribatté l’attore esasperato.

- Scusami … andiamo alla Patisserie Gloppe e Miss Ardlay e la sua cara amica ci raggiungeranno tra pochi minuti per prendere un tè insieme.

- Cosaaaaa? Karen ma sei impazzita! – gridò Terence con gli occhi fuori dalle orbite.

- Calmati un attimo, non c’è bisogno di scaldarsi tanto … lo so benissimo che non è l’ora del tè! – ammise Karen con finta ingenuità e poi, facendo l’occhiolino all’amico, aggiunse – Fidati di me!

La Patisserie Gloppe si trovava poco distante, in avenue Champs-Élysées. Una volta arrivati Karen dovette dar fondo a tutte le sue capacità di persuasione per placare la furia del giovane collega e farlo scendere dall’auto.

- Ti prego Terence, solo cinque minuti e ce ne andiamo, ormai non possiamo tirarci indietro.

- Entriamo – acconsentì il giovane messo alle strette, cosa che odiava, sforzandosi di assumere un aspetto rilassato.

Presero posto, comunicando al cameriere che stavano aspettando altre due persone che nel giro di pochi minuti, anche se a Terence sembrarono un’eternità, si sedettero al loro stesso tavolo per gustare insieme i pasticcini che Karen aveva assolutamente preteso di offrire.

Dal momento che non vedeva l’ormai Mrs. Cornwell da molti anni Terence si sentì in dovere di salutarla per primo.

- Sono molto felice di rivederti Annie, ti trovo molto bene e ti faccio i miei migliori auguri per la tua gravidanza.

- Grazie Terence, anch’io sono felice di rivederti, è passato molto tempo – disse Annie non più intimorita come ai tempi della St. Paul School – Ti faccio i miei più sinceri complimenti per lo spettacolo a cui abbiamo avuto l’onore di assistere ieri sera, è stato qualcosa di straordinario … non è vero Candy?

Annie tentò così di chiamare in causa l’amica che sembrava totalmente imbambolata, mentre rigirava un pasticcino tra le dita, ma ottenne solo un laconico “sì certo” come risposta.

La conversazione stentava a decollare per cui Karen pensò di ravvivarla … a modo suo.

- Dopo questa tournée in Europa il successo di Terence Graham non ha più confini. Non potete neanche immaginare lo stuolo di ammiratrici che insegue questo giovanotto alla fine di ogni spettacolo. Persino qui a Parigi ogni sera è costretto ad uscire dal teatro da una parte diversa, non ci credereste se vi dicessi che una volta è dovuto letteralmente fuggire da una finestra!

Terence la ascoltava attonito, temendo il proseguire di quell’argomento ma non sapendo come frenare l’attrice che sembrava un fiume in piena.

Candy ed Annie sorrisero divertite all’immagine di Terence che fuggiva da una finestra, così Karen si sentì come autorizzata a continuare, puntando diretta al suo obiettivo.

- Tuttavia Terence non ha mai inteso sfruttare le infinite opportunità che derivano dall’essere così popolare … non immaginate quante fanciulle ho visto andarsene dal suo camerino sconsolate dopo essere state respinte, non sempre educatamente, dal nostro caro amico qui presente – disse Karen usando il plurale, ma rivolgendo il suo sguardo unicamente alla giovane bionda seduta davanti a lei.

Candy imbarazzatissima sentì le guance avvampare mentre Terence rischiò quasi di soffocare sorseggiando il suo tè nero.

- Ehi Terence … stai attento con quel tè, se ci giochiamo il primo attore chi lo sente Robert! – proseguì Karen decisa a non abbandonare il ruolo di Cupido che stava interpretando a suo dire magnificamente, anche se ebbe qualche dubbio avvertendo la leggera gomitata che Terence le aveva inferto stando ben attento a non farsi vedere dalle altre due giovani donne presenti al tavolo.

Annie tuttavia si era resa conto dell’imbarazzo del giovane e pensò di andare in suo aiuto ponendo fine a quella che rischiava di diventare una tortura. Tuttavia avendo ben compreso le intenzioni di Karen ritenne opportuno sostenere la sua “missione d’amore”, facendo in modo che Candy e Terence avessero ben presto un’altra opportunità per incontrarsi.

- Vi ringrazio molto per la piacevole compagnia, ma adesso temo di dovervi lasciare perché è tutta la mattina che siamo in giro ed inizio a sentirmi un po’ stanca. Ti dispiace se rientriamo Candy? – chiese Annie rivolgendosi all’amica.

- Certo Annie andiamo.

Tutti si alzarono in piedi, ma prima di salutarsi Annie decise che poteva dare una mano al destino e soprattutto alla sua cara amica Candy come tante volte lei aveva fatto da quando erano state abbandonate insieme sotto il grande albero sulla collina, alla Casa di Pony. Rivolgendosi ai due attori disse:

- Karen, Terence, so che prima di ripartire per Londra avete qualche giorno libero, mi farebbe un immenso piacere potervi ospitare a casa mia, magari domani sera a cena. Che ne dite?

- Annie ti ringrazio molto e non vorrei apparire scortese, ma non so se sia il caso … non vorrei pretendere troppo da tuo marito – rispose Terence titubante.

- Non ti preoccupare Terence, sono sicura che Archie sarà molto lieto di rivederti. Sono passati molti anni e ho buon motivo di ritenere superate le vostre “divergenze”! – lo rassicurò Annie con un dolcissimo sorriso.

- Se mi assicuri che Archie ha sotterrato l’ascia di guerra allora sono ben lieto di accettare il tuo invito.

- Ne sono felice … e poi non ammetterei duelli nel mio salotto.

A questa battuta di Annie tutti risero, persino Candy che, non ricordando l’amica così combattiva, finì col  pensare che l’istinto materno stesse risvegliando in lei una forza che prima non aveva.

Anche Karen Kleis fu molto contenta di accettare quell’invito a cena e soprattutto di scoprire in Annie una insospettabile alleata.

 


Capitolo sei

Per me non è cambiato niente



 

Si avviarono verso l’auto in religioso silenzio, senza scambiarsi neanche uno sguardo. Una volta saliti Terence si rivolse all’amica bruscamente e deciso ad avere delle risposte:

- Dimmi una cosa Karen: da quanto tempo conosci la signora Cornwell?

- Beh in realtà è solo la seconda volta che la vedo, ci siamo incrociate dietro le quinte ieri sera, dopo lo spettacolo e Candy ci ha presentate, c’era anche suo marito – rispose candidamente l’attrice.

- Quindi ieri sera hai incontrato anche Candy?

- Certo, non te l’ho detto? Che sbadata che sono!

-No, non me l’hai detto! – la rimproverò Terence – Ma avrei dovuto capirlo da solo dal momento che Candy non poteva di sicuro sapere da quale uscita avrei abbandonato il teatro dopo lo spettacolo, evidentemente qualcuno deve averglielo suggerito – concluse l’attore nervosamente mentre accendeva il motore facendolo rombare più del necessario.

- Non capisco questo tuo atteggiamento così aggressivo, invece di ringraziarmi … qual è il tuo problema Granchester? – ribatté Karen che a sua volta stava iniziando ad agitarsi non riuscendo a comprendere perché Terence le rimproverasse il suo appoggio per recuperare il rapporto con Candy.

Terence frenò di colpo, inchiodando l’auto e voltandosi verso Karen per guardarla dritta in viso:

- Ascoltami bene Karen, non so che cosa abbiate in mente tu e la moglie del damerino, ma pretendo che la finiate all’istante di interferire nella mia vita privata, non ho assolutamente bisogno del vostro aiuto per risolvere i miei problemi e soprattutto l’ultima cosa che voglio è fare pressioni su Candy. Sono stato abbastanza chiaro?

- Non ho capito una cosa: chi sarebbe “il damerino”? – chiese Karen in tono ironico cercando di smorzare la tensione.

- Il marito di Annie, nonché cugino di Candy – rispose Terence con un mezzo grugnito.

- Deduco che non goda della tua simpatia e probabilmente la cosa è reciproca, giusto?

- Per farti capire meglio la qualità del nostro rapporto posso dirti che ai tempi del collegio stavo quasi per ucciderlo in duello!

- Oh mio Dio … che cosa aveva fatto di tanto grave?

- Beh … apparentemente le nostre divergenze riguardavano i più svariati argomenti, in realtà il motivo principale era uno solo, una donna.

- Vorresti dire che Mr. Cornwell nutriva dei sentimenti verso Candy? – chiese Karen sapendo bene che quando Terence nominava “una donna” poteva trattarsi solo di Candy.

- Sentimenti che andavano ben oltre l’affetto di un cugino, anche se Candy essendo stata adottata dalla famiglia Ardlay non ha con lui legami di sangue – precisò Terence rimettendosi alla guida.

- Credo proprio che dopo tanti anni ormai la questione sia stata superata.  Oltretutto il damerino è sposato con una deliziosa fanciulla e in procinto di diventare padre – cercò di tranquillizzarlo Karen.

- Lo spero proprio, ma allo stesso tempo sono sicuro che il suo istinto di protezione nei confronti di Candy sia ancora molto forte per cui, se ne avrà l’opportunità, credo che non si lascerà sfuggire l’occasione di mettermi in difficoltà o addirittura screditarmi ai suoi occhi.

Dopo una brave pausa Terence proseguì:

- Motivo per cui, quando andremo a cena a casa Cornwell, ti vieto categoricamente di uscirtene con battute tipo quella di poco fa, riguardo la schiera di ammiratrici che mi perseguiterebbe o altre cose del genere. Stavo per morire soffocato, accidenti!

- Giuro che sarò un’accompagnatrice più che discreta, mi limiterò ad annuire e sorridere – concluse Karen stampandosi sulle labbra un sorriso forzato.

Dopo aver alzato gli occhi al cielo, Terence proseguì sul lungo Senna per tornare in albergo.

- Annie vuoi spiegarmi che cosa ti è saltato in mente? Come hai potuto invitarlo qui e senza chiedermi niente oltretutto? – chiese Candy all’amica appena rientrate a casa, mentre aiutava l’autista a scaricare gli acquisti fatti per i gemelli.

- Candy perdonami, so di aver agito senza consultarti, ma in quel momento non avrei potuto fare diversamente. Ci stavamo per salutare e ho pensato che fosse l’unico modo per farvi incontrare di nuovo – rispose Annie con infinita dolcezza e comprensione.

Ma Candy non si fece incantare e proseguì insistendo sul fatto che sarebbe spettato a lei decidere quando e come vederlo. La giovane sentiva una grande confusione nella testa e si rendeva conto che rivedere Terence in quello stato non sarebbe servito a niente se non a complicare ancora di più le cose. Le allusioni di Karen Kleis allo “stuolo di ammiratrici” invece di farla tranquillizzare come l’attrice aveva sperato precisando che l’amico sembrava immune al fascino femminile, avevano reso agli occhi di Candy l’immagine di Terence ancora più lontana: come se lui adesso vivesse in un mondo tutto suo dal quale lei si sentiva esclusa.

Si era sentita così impacciata durante il loro incontro alla Patisserie Gloppe, aveva detto si e no quattro parole senza nemmeno riuscire a guardarlo negli occhi, come poteva pensare di sostenere una cena intera!

- Ascolta Candy perché adesso non vai a riposarti un po’? Più tardi ne riparliamo con calma, vedrai che tutto andrà per il meglio – suggerì Annie cercando di calmare in questo modo l’amica che le appariva in quel momento molto provata.

Candy acconsentì perché effettivamente si sentiva stanca e come svuotata: desiderava solamente dormire per un giorno intero. Purtroppo una volta ritiratasi nella sua stanza a niente valsero i suoi buoni propositi di rilassarsi e provare a dormire almeno qualche ora. Sdraiatasi sul letto dopo essersi cambiata d’abito, appena chiudeva gli occhi una sola immagine veniva a turbare imperterrita la sua mente: Terence sorridente circondato da centinaia di ragazze che invocavano il suo nome, mentre lei non riusciva a farsi sentire, come durante quella notte a Chicago quando, dopo aver interpretato magnificamente il re di Francia in Re Lear, lui se ne era andato con Susanna Marlowe.

Ed ecco che finalmente quel nome era uscito fuori. Susanna era venuta a mancare ormai da più di un anno, ma era come se Candy avvertisse ancora pesantemente la sua presenza. Non sapeva quasi niente di come lei e Terence avessero vissuto in quegli anni, soprattutto da quando lui era tornato a New York dopo essere scomparso per mesi, dopo che Candy lo aveva visto a Rockstown. Terence si era ripreso dopo aver toccato il fondo in quell’assurdo teatrino di provincia, dove più che da Melpomene si era lasciato guidare dall’alcool.

Quando finalmente si era deciso a riprendersi la sua dignità, Terence era tornato da Susanna: sebbene Candy si sforzasse di ammettere che quella era la cosa giusta da fare, ciò che si erano promessi e cioè che si prendesse cura di colei che gli aveva salvato la vita, nel profondo del suo cuore aveva desiderato per un attimo che Terence fosse invece tornato da lei per non lasciarla mai più. Questo pensiero la faceva sentire tremendamente in colpa, non aveva il diritto di desiderare un uomo che non le apparteneva e scegliendo di nuovo Susanna Terence glielo aveva fatto capire chiaramente. O almeno questo era ciò che Candy credeva.

Nella sua mente si affollava una miriade di domande a cui non trovava risposta, o piuttosto non la risposta che avrebbe sperato. Da mesi ormai si tormentava chiedendosi se Terence provasse ancora qualcosa per lei. Da quando Susanna era morta non aveva potuto far a meno di pensare, pur vergognandosene, che adesso lui era libero. Ma poi i mesi erano passati e non aveva saputo più niente, a parte il fatto che non si erano mai sposati, ma che comunque abitavano sotto lo stesso tetto, cosa del resto piuttosto comune tra le coppie di artisti. Come poteva pensare che Terence si ricordasse di quella ragazzina con le lentiggini che non aveva niente a che vedere con le donne meravigliose e piene di fascino che adesso lo circondavano, a cominciare dalla conturbante Karen Kleis. Non erano forse insieme in auto quando si erano incontrati a Place de la Concorde?

Più di una volta nell’ultimo periodo si era detta che doveva farsi forza ed andare avanti, dimenticare quello che era stato e che non sarebbe tornato mai più. Si era presa una pausa dal lavoro per riprendere a studiare medicina, si era messa in testa di diventare medico, il primo medico donna della famiglia Ardlay … tanto per scandalizzare la zia Elroy! Per fortuna l’appoggio di Albert non gli era mancato neanche in questa occasione e la zia aveva ceduto, non sapendo mai dire di no all’amatissimo nipote nonché ormai da tempo capo indiscusso della famiglia. Quanto avrebbe voluto averlo vicino anche ora. Albert aveva lo strano potere di tranquillizzarla anche solo con la sua presenza, con lui accanto avrebbe di sicuro fatto la scelta giusta. Ma in quel momento si trovava in Africa e chissà quando sarebbe rientrato negli Stati Uniti.

Immersa in questi pensieri Candy ad un tratto si alzò e si diresse verso il comodino accanto al suo letto. Aprì un cassetto che rivelò la presenza di una lettera: una piccola busta color avorio che aveva messo in quel cassetto la settimana prima, appena arrivata a Parigi. Non l’aveva più aperta, ma ora ne avvertiva potente il richiamo. La aprì e la lesse di nuovo, per la centesima volta:

 

New York, 17 marzo 1920

Cara Candy,
come stai?

E’ passato un anno da allora… Trascorso quest’arco di tempo, mi ero ripromesso di scriverti, ma poi, preso dai dubbi, ho lasciato che passassero altri sei mesi.

Ora, però, mi sono fatto coraggio e ho deciso di inviarti questa lettera.

Per me non è cambiato niente.

Non so se leggerai mai queste mie parole, ma volevo che tu sapessi almeno questo.

 T.G.

 

Candy aveva ricevuto quella lettera mentre si trovava a La Porte, all’orfanotrofio dov’era cresciuta, e ne era rimasta sconvolta. Come nel suo stile la lettera di Terence era molto breve, ma quelle poche righe erano state sufficienti perché il cuore di Candy venisse come travolto da un mare impetuoso, blu come gli occhi del mittente. D’istinto sarebbe partita subito per andare da lui. Sulla busta c’era il suo indirizzo, non avrebbe avuto problemi a trovarlo. Invece lasciò passare qualche giorno e fu un grave errore perché i dubbi iniziarono ad insinuarsi nella sua mente, per non abbandonarla più.

Nei giorni successivi aveva ricevuto una lettera da parte di Annie, che si era trasferita da qualche mese a Parigi a causa del lavoro di Archie, in cui le chiedeva di andare da lei per aiutarla negli ultimi mesi di gravidanza, dal momento che i suoi genitori, i signori Brighton, erano impossibilitati a partire. Annie essendo in attesa di due gemelli, si sentiva sempre più in ansia man mano che la gravidanza giungeva al termine e desiderava avere vicino Candy che considerava come una sorella.

Nella stessa lettera Annie ebbe l’accortezza di far sapere a Candy che la compagnia Stratford, di cui faceva parte Terence, si trovava in quei giorni proprio a Parigi per rappresentare l’Amleto. Spettacolo che aveva riscosso in America un tale successo di pubblico da essere richiesto anche in Europa.

Rendendosi conto che Terence non si trovava più a New York, Candy si era sentita persa. Improvvisamente aveva recuperato tutto il suo coraggio e si era imbarcata per l’Europa, motivando il viaggio con la gravidanza di Annie ormai giunta quasi al termine. Non aveva rivelato a nessuno l’esistenza di quella lettera, tranne ad Annie.

 

 

Capitolo sette

A Villa Cornwell




 

Parigi, domenica 11 aprile 1920

- Non ce lo voglio quello in casa mia! Non se ne parla nemmeno Annie e mi stupisco molto di te, credevo fossi amica di Candy!

- Ti prego Archie, ragiona … è proprio per Candy che lo sto facendo.

- Possibile che ti sia dimenticata quello che le ha fatto quel bastardo? Quando Candy è tornata da New York, distrutta dal dolore, in preda alla febbre, ha rischiato di morire, accidenti!

- Come potrei averlo dimenticato con te che me lo ricordi ogni volta che salta fuori il nome di Terence! – ribatté Annie decisa a non mollare.

- Ho accettato di accompagnarvi a teatro perché non volevo che andassi da sola, ma se avessi saputo che sarebbe andata a finire così giuro che …

- Terence le ha scritto, Candy è a Parigi per lui.

Archie rimase impietrito a quelle parole, poi sentì salire una rabbia violenta che solo Terence riusciva a suscitargli.

- Non ci credo, non è possibile … una lettera dopo cinque anni di silenzio e lei dovrebbe cadere ai suoi piedi! Che razza di farabutto … dopo che lui se l’è spassata con chissà chi in quel di Broadway e in giro per il mondo, mentre era ancora fidanzato con la Marlowe …

- Mi dispiace Archie ma ormai è deciso, Terence e Karen Kleis saranno qui a cena tra poco e sarei lieta se ti comportassi da buon padrone di casa – disse Annie con un tono di voce più calmo possibile.

- Guarda che ti ho sentito discutere con Candy, anche lei è contraria a quest’invito assurdo!

Annie si avvicinò a quel punto al marito e, stringendolo per la vita, lo guardò intensamente negli occhi e gli disse:

- Ascoltami, Candy non lo ha dimenticato, questo è innegabile e fino a quando ci sarà Terence nel suo cuore non ci sarà spazio per nessun altro. Diamole la possibilità di capire quanto ancora lui sia importante o meno, altrimenti non riuscirà mai ad andare avanti. Ti prego, è solo una cena.

Archie fece un gran sospiro e si sforzò di sorriderle, annuendò.

Quando Terence e Karen attraversarono la hall dell’albergo per recarsi a cena dai Cornwell, esclamazioni di pura ammirazione si diffusero tra i presenti. Erano a dir poco una visione: Terence impeccabile nel suo smoking nero offriva il braccio ad una splendida Karen Kleis fasciata in un abito al ginocchio nero e avorio, riccamente decorato di perline distribuite con un motivo a righe e l’immancabile balza di frange caratteristiche della moda del momento. Mentre si avviavano verso l’auto che i Cornwell avevano gentilmente messo a loro disposizione, Karen si rivolse all’amico con un tono particolarmente squillante:

- Che intenzioni hai stasera Granchester? Vuoi forse farla svenire tra le tue braccia? Sei da togliere il fiato!

- Karen anche tu non scherzi, sei incantevole – rispose Terence da vero gentiluomo, ma un attimo dopo non mancò di tornare al suo solito tono beffardo facendole notare che quella sera non ci sarebbero stati uomini disponibili a cadere ai suoi piedi, visto che Cornwell era già sposato!

- Questa idea che quando una donna sceglie cosa indossare o come pettinare i capelli lo faccia esclusivamente per far colpo su un uomo è ormai superata, caro il mio presuntuoso! – ribatté Karen seccata, aggiungendo - Quindi se stasera Candy si sarà preparata in maniera tale da essere bellissima ed irresistibile, non credere che lo abbia fatto per te!

- Ne sei proprio sicura? – esclamò Terence sforzandosi di sorridere, anche se dentro di sé era teso come una corda di violino.

L’autista mise l’auto in movimento e in pochi minuti furono davanti al cancello di villa Cornwell. Terence ripensò a due sere prima quando aveva riaccompagnato Candy: com’era stata strana quella sera, così distante e sfuggente, molto diversa dalla ragazza che conosceva. Negli ultimi giorni si era torturato con il pensiero che ormai fosse troppo tardi e che sarebbe stato impossibile recuperare il rapporto con lei. Ciò che più lo tormentava era il fatto che non avesse risposto alla sua lettera e che nemmeno vi avesse fatto cenno. Karen gli aveva fatto notare che poteva anche non averla ricevuta, magari si era smarrita, ma Terence, essendo ormai prossimo a perdere ogni speranza, non credeva a questa eventualità.

Da parte sua invece Karen si sentiva estremamente allegra, convinta com’era del fatto che quella sera Terence e Candy avrebbero messo fine alle loro pene d’amore.

Con questi sentimenti salirono la scala che conduceva al salotto dove trovarono ad attenderli Archibald Cornwell e signora. Mentre le due donne iniziarono da subito una conversazione piuttosto animata, Archie e Terence si guardarono in faccia per qualche istante prima di salutarsi cordialmente ma senza troppo entusiasmo. Cornwell non poté fare a meno di notare quanto il suo vecchio rivale fosse cambiato d’aspetto, era infatti decisamente più alto di lui e più muscoloso, anche se sempre piuttosto magro; fu costretto ad ammettere che il giovane attore era quello che si dice un uomo affascinante e comprese bene quale attrattiva fosse in grado di esercitare sulle donne. Tuttavia notò anche che non sembrava essere particolarmente a suo agio, dal momento che continuava a far scorrere il suo sguardo da una parte all’altra del salone probabilmente per capire da dove sarebbe apparsa la persona che più di tutte stava aspettando. Annie stessa si accorse dell’impazienza di Terence, anche perché Candy effettivamente si stava facendo attendere un po’ troppo, ma mentre era sul punto di andarla a cercare la ragazza entrò.

Pochi minuti prima, mentre finiva di prepararsi seduta alla toilette nella sua stanza, Candy si era ripromessa di apparire il più possibile tranquilla e rilassata, di conversare amabilmente con tutti durante la cena e, nel caso si fosse resa conto di non riuscire più a sostenere la situazione avrebbe trovato una scusa e se ne sarebbe semplicemente andata. Il suo principale obiettivo era quello di uscire indenne da quella serata, non era in grado di pretendere di più da se stessa, almeno per ora.

Così era uscita dalla sua camera e con passo più che sicuro si era diretta verso il salone dove sapeva che gli ospiti la stavano già aspettando. Aveva aperto la porta e fatto il suo ingresso salutando i presenti con un cordiale ma deciso

- Buonasera a tutti, lieta di rivedervi!

Terence si trovava in quel momento dalla parte opposta della stanza, in piedi, con il gomito sinistro appoggiato al camino e la mano destra occupata da un drink. Davanti a lui Archie ed Annie e di fianco Karen che voltava le spalle alla porta da dove era entrata Candy. Appena Terence udì la sua voce si voltò verso di lei ma subito i due ragazzi non si videro perché Karen si trovava proprio in mezzo ostruendone la vista. Il ragazzo fece allora un leggero movimento all’indietro e Candy apparve ai suoi occhi in tutto il suo splendore. Inutile dire che ne rimase folgorato: la giovane aveva scelto di indossare per la serata un abito lungo color pesca, che donava molto al suo incarnato, finemente ricamato con perline platino che la facevano brillare ad ogni più piccolo movimento. Aveva raccolto i lunghi capelli biondi in un chignon basso fissato con un fermaglio abbinato all’abito. Le sue spalle apparivano quasi completamente scoperte anche se la scollatura del vestito non era particolarmente profonda.

Quando Karen le andò incontro per salutarla Candy poté godere della vista di Terence e lo trovò talmente irresistibile che nella sua testa si fece immediatamente strada un unico pensiero:

- Sono perduta!

Era bastato che lui l’avesse guardata un solo istante per far crollare immediatamente tutti i suoi buoni propositi tantoché, se Annie e Karen non si fossero avvicinate per salutarla, Candy quasi sicuramente sarebbe tornata indietro, chiudendo la porta alle sue spalle.

Dopo essersi spostati nella sala dove sarebbe stata servita la cena, presero posto: Candy per un attimo esitò ma poi facendo il giro del tavolo, fece in modo di sedersi tra Annie e Karen mentre Terence si mise vicino ad Archie. Fortunatamente la conversazione si mantenne per tutta la durata della cena piuttosto vivace, soprattutto grazie ad Annie e Karen dal momento che la prima non smetteva di fare domande riguardo alla vita degli artisti e la seconda era ben disposta a raccontare tutta una serie di episodi molto divertenti che facevano spesso ridere di cuore tutti i presenti, compreso Terence che da parte sua interveniva nei racconti della collega, avendo ritrovato un po’ della sua ben nota spavalderia. Candy che si trovava seduta quasi davanti a lui, ogni volta che lo vedeva sorridere si sentiva attraversare il cuore da un raggio di sole, ma quando ogni tanto distrattamente lui la guardava, la giovane non riuscendo a sostenere il suo sguardo finiva sempre per abbassare gli occhi sul piatto che aveva davanti.

Terminata la cena Archie propose di spostarsi nella sala della musica, invitando la moglie a deliziarli con qualche brano al pianoforte, strumento che Annie suonava in maniera magistrale. In mezzo alla stanza un magnifico pianoforte a coda bianco, dono del marito alla giovane non appena trasferiti a Parigi, faceva bella mostra di sé in attesa di soddisfare l’udito dei presenti. Dopo aver dato una rapida occhiata agli spartiti Annie scelse il primo brano che intendeva eseguire, mentre il resto della compagnia si accomodò sui divani in velluto verde disposti ai lati, Terence vicino a Karen su uno, Archie e Candy sull’altro.

Appena Annie iniziò a suonare un sorriso leggero apparve sul volto del marito perché la moglie aveva scelto di omaggiarlo eseguendo una delle sue melodie preferite ovvero la Serenade di Schubert. Candy con la coda dell’occhio cercava di osservare Terence che sembrava del tutto rilassato appoggiato con la schiena al divano. Ad un tratto vide Karen sussurrare qualcosa all’orecchio del collega e lui voltarsi di scatto, sgranando gli occhi come turbato, ma prima che potesse intervenire, Karen si era avvicinata ad Annie, che aveva appena terminato la Serenade, facendole una richiesta. Dopodiché si voltò e …

- Che ne dite di ballare? Sarebbe un peccato sprecare una così superba esecuzione – esclamò dirigendosi verso Terence che già le faceva cenno di no fulminandola con lo sguardo. Ma non ci fu niente da fare e quasi lo costrinse ad alzarsi, invitando con un gesto della mano Archie e Candy a fare lo stesso. In pochi istanti le due coppie si ritrovarono immerse nel delizioso Valzer in La minore di Chopin.

https://www.youtube.com/watch?v=X-ts8opO91k

Terminato questo brano Annie ne propose un secondo sempre adatto alla danza e Karen non si fece sfuggire l’occasione.

- Adesso però scambiamo i cavalieri, non sei d’accordo Candy? – e prima di ottenere la risposta si rivolse alla pianista dicendole – Annie non me ne vorrai se rubo tuo marito solo per un ballo!

- Certo che no – rispose Mrs. Cornwell, precisando che nelle sue condizioni ballare non sarebbe stato molto semplice.

Karen si diresse allora verso Archie, rivolgendo un ultimo sguardo d’incoraggiamento a Terence che sembrava incapace di muovere anche solo un passo, figuriamoci ballare. Udite le prime note finalmente si decise ad avvicinarsi a Candy rimasta perfettamente immobile in mezzo alla stanza e offrendole la mano le chiese con un filo di voce:

- Vuoi ballare con me?

Lei annuì pur non avendo ben capito cosa lui le avesse chiesto, facendo poi mezzo passo in avanti per consentirgli di passare il braccio destro intorno alla sua vita. Nonostante il tocco di Terence fosse così leggero, come se avesse paura di farle male o di farla svanire come un sogno, la sensazione che Candy ne ricevette fu talmente forte che per un attimo le mancò il respiro e di nuovo abbassò lo sguardo. Iniziarono a ballare e Candy si rese conto che non avrebbe potuto continuare a guardarsi i piedi per cui cercò di smorzare la tensione con una battuta.

- Non ti ricordavo così alto! – disse finalmente alzando il viso.

Lui sorrise, ringraziandola dentro di sé per quel tono scherzoso e proseguendo sulla stessa linea.

- E tu non cresci Lentiggini?

Quante volte durante quegli anni di separazione quel soprannome le era risuonato nella testa ed ora, sentirlo pronunciare di nuovo dalla sua voce di velluto, la fece sobbalzare e Terence se ne accorse dalla scintilla che attraversò i suoi occhi verdi.

- Dimmi una cosa … ti arrampichi ancora? – le chiese cercando di punzecchiarla come faceva spesso e sperando di ritrovare la solita Candy battagliera che gli avrebbe risposto per le rime, tenendogli testa.

- Certo, quando sono alla casa di Pony, a Parigi non ho ancora trovato l’albero giusto!

- Perfetto, questo vuol dire che posso ancora chiamarti Tarzan – le disse Terence con uno dei suoi sorrisi beffardi.

- Sappi che se tu lo facessi, non mi vergognerei di picchiarti qui davanti a tutti – lo minacciò con una mezza linguaccia.

- Prima dovresti prendermi e, considerando quanto sono più alto di te, non ci riusciresti, mia cara Tarzan!

- Oh Terry, quanto sai essere odioso quando ti ci metti! – lo rimproverò con un finto broncio.

Ma ciò che il ragazzo notò fu il modo in cui lo aveva chiamato, solo lei e sua madre avevano accesso a quel nomignolo, le donne più importanti di tutta la sua vita.

La musica terminò, le coppie si separarono ed applaudirono la splendida esecuzione di Annie che alzandosi dal pianoforte si diresse verso Terence dicendogli:

- Adesso tocca a te, so che oltre ad essere un bravissimo attore sei anche un ottimo pianista, vuoi concederci l’onore di ascoltarti suonare?

Terence che ancora si stava riprendendo dall’aver danzato con Candy, fu colto di sorpresa e tentò di rifiutare il lusinghiero invito di Annie, la quale non volle sentire ragioni e gli indicò lo sgabello. Terence si sedette e dopo aver riflettuto pochi secondi, senza prendere alcuno spartito, disse:

- Se davvero vi fa piacere ascoltarmi, vorrei omaggiare questa città che mi ha ospitato in questi giorni e che si è dimostrata con me così generosa e … sorprendente, come mai mi sarei aspettato.

Dopo un leggero sospiro iniziò ad eseguire a memoria il Claire de lune di Debussy.

https://www.youtube.com/watch?v=CvFH_6DNRCY

Nel vederlo al pianoforte, di spalle, Candy si sentì profondamente commossa e fu inevitabile per lei ricordare le lezioni di musica, materia in cui era decisamente negata, che Terence aveva provato a darle ai tempi della scuola e soprattutto durante le vacanze estive in Scozia, al castello dei Granchester. Mille immagini di loro due seduti al pianoforte le attraversarono la mente e in quel preciso istante comprese che non ce l’avrebbe fatta. Sentiva il cuore a mille e il respiro sempre più corto, così, prima che la musica terminasse, facendo un cenno ad Annie come a dire che aveva bisogno di un po’ d’aria, si diresse verso la terrazza e abbandonò la sala.

Quando al termine dell’esecuzione, Terence si voltò e non la vide, scattò in piedi e chiese:

- Dov’è Candy? – con voce agitata, come se fosse appena successo qualcosa di grave.

Annie gli si avvicinò, facendo in modo che solo lui udisse le sue parole.

- Mentre suonavi è uscita in terrazza … credo che faresti meglio ad andare da lei.

Terence la guardò per un attimo, facendosi serio in volto e poi uscì, quasi correndo.

 

 

Capitolo otto

Incomprensioni

 

 

Parigi quella sera era prodiga di doni ed offriva a chi volesse goderne un’aria tiepida e senza vento, in un silenzio quasi irreale, trovandosi nel pieno centro della città, dovuto al fatto che la terrazza di casa Cornwell si apriva sul retro del palazzo e permetteva di ammirare il giardino costellato di azalee, tulipani ed orchidee.

La terrazza a forma di semicerchio, non particolarmente ampia, percorreva l’intera facciata della casa ed era delimitata da una balaustra in ferro scuro riccamente decorata in perfetto stile liberty. Al centro si trovava un piccolo salotto anch’esso in ferro, composto da un tavolino rotondo, due poltroncine ed un divanetto, ornati con cuscini in seta a fantasia giapponese.

Candy se ne stava seduta sul divanetto immersa nei propri pensieri, nel vano tentativo di ritrovare un po’ di calma, anche se la melodia che Terence stava eseguendo al pianoforte le giungeva lo stesso, leggermente attutita dalla porta a vetri rimasta socchiusa. Quando la musica terminò sentì un immediato battito di mani rivolto al pianista e poi silenzio.

- Il mio Debussy era così tremendo da spingerti ad uscire fuori pur di non ascoltarlo? – le chiese Terence facendo il suo ingresso in terrazza, ma restando alle spalle di Candy.

- Oh no … tutt’altro … sei stato bravissimo, come sempre! – rispose Candy senza voltarsi, avendo subito individuato senza alcun dubbio a chi appartenesse quella voce.

- Del resto come puoi pensare di non aver suonato bene: hai omaggiato Parigi invocando un claire de lune e ti è stato immediatamente concesso. Guarda che luna meravigliosa splende nel cielo questa notte – aggiunse la ragazza rivolgendo il suo sguardo verso la candida sfera.

- Fosse sufficiente una sonata per ottenere ciò che si vuole, potrei essere l’uomo più felice della terra.

- Io invece sarei spacciata viste le miei scarse doti in fatto di musica – proseguì Candy azzardando un timido sorriso.

Intanto Terence si era avvicinato al divano rimanendo in piedi e continuando a guardare dritto davanti a sé, così come Candy che ancora non si era decisa a voltarsi verso di lui, anche adesso che con la coda dell’occhio poteva scorgerne la figura slanciata, con la mano sinistra in tasca e l’altra posata sullo schienale del divano.

- Ti dispiace se mi siedo? – osò chiedere Terence d’un tratto.

Candy, colta di sorpresa, fece solo un cenno con la testa in segno di assenso, contraendo leggermente le labbra. Terence le sedette accanto sul divano, ignorando le poltrone, mantenendo comunque una certa distanza.

I due ancora non si guardavano.

Il ragazzo non riusciva a comprendere l’atteggiamento ostinato di Candy, quel tenerlo così a distanza lo feriva e pian piano si fece largo dentro di lui un sentimento di rabbia che sapeva non sarebbe riuscito a controllare ancora per molto.

- Allora se non è stata la musica … potrei pensare che la colpa sia del pianista – insinuò il giovane già temendo la risposta affermativa di Candy che invece gli chiese che cosa potesse indurlo a credere una cosa del genere.

- Vorresti dire che mi sbaglio se l’impressione che ho avuto da quando ci siamo rivisti è che tu stia cercando in tutti i modi di evitarmi? – chiesa alla fine Terence senza più indugiare.

- Ti sbagli, infatti.

- Mi dispiace doverti ricordare che mi ero offerto di farti da guida per visitare la città, ma a quanto pare hai decisamente ignorato la mia proposta. Potrei sapere perché? – insisté Terence che pronunciando quel “perché” si era voltato verso Candy che ora avvertiva il suo sguardo fisso su di lei.

- Sono stata molto impegnata con Annie, mi dispiace – si scusò Candy, ma in maniera non molto convincente, tanto che Terence scosse la testa, ben consapevole del fatto che la ragazza gli stesse mentendo.

- Pensavo di meritare almeno il tuo rispetto! – sbottò alla fine in tono rabbioso, sforzandosi di restare seduto.

A quelle parole Candy finalmente si voltò verso di lui e mentre si domandava dove fosse finito il ragazzo che poco prima aveva ballato e scherzato con lei, disse cercando per la prima volta i suoi occhi blu:

- Lo hai sempre avuto e sempre lo avrai, Terry.

- Allora dimmi la verità! – esclamò il giovane girandosi di scatto in modo tale che i loro occhi per la prima volta si incontrarono.

Candy travolta da quello sguardo che in quel momento le appariva pieno di rabbia e tormento, si alzò e si diresse verso la balaustra, appoggiandovi entrambe le mani. Terence rimase al suo posto, in attesa. Trascorsero pochi minuti, che al ragazzo sembrarono un’eternità, prima che Candy parlasse di nuovo e ciò che rivelò colpì Terence in pieno petto, come un colpo di cannone durante l’assalto alla Bastiglia.

- Ho ricevuto la tua lettera … circa un mese fa – dichiarò la ragazza.

Udite quelle parole, Terence rimase come incollato al divano, incapace di muoversi e di pronunciare anche la più piccola sillaba. Avvertì una rabbia furibonda salire dal petto alle tempie e quando finalmente si sentì in grado di alzarsi e di parlare, si avvicinò a Candy e piegando leggermente il busto verso di lei in modo che i loro volti fossero alla stessa altezza, le chiese, trattenendosi a stento dal gridare:

- E in un mese non hai trovato il tempo per rispondermi?

Candy si rese conto dello stato di agitazione di Terence e lo capiva benissimo, sapeva quanto sarebbe stato difficile continuare quella conversazione, ma in cuor suo sapeva anche di doverlo fare, ormai non poteva tirarsi indietro. Doveva cercare di mantenere la calma e far capire a Terence quali fossero le ragioni del suo comportamento, sempre che lui glielo avesse permesso. Ma lui non lo fece.

- Ma certo, che idiota che sono, se non mi hai risposto è semplicemente perché non volevi farlo. Perché non hai più niente da dirmi – continuò il ragazzo con la voce più fredda che Candy avesse mai potuto udire.

Intuendo quale pericolosa direzione stesse prendendo il loro dialogo, Candy trovò la forza di dire solamente:

- No Terry, non hai capito …

- Ho capito benissimo invece – la interruppe lui, impedendole di andare avanti – e ora mi chiedo che cosa ci sto facendo qui se non la figura dello stupido!

Dopodiché si voltò e si diresse rapidamente verso la sala dove poco prima aveva ballato con lei che non poté far altro che gridargli

- Terry aspetta!

Ma lui non la sentì.

- Signori Cornwell è arrivato per me il momento di andare. Vi ringrazio per la bella serata e vi faccio i miei migliori auguri. Karen tu puoi restare ancora un po’ se vuoi, ti lascio la macchina, io faccio due passi – disse tutto d’un fiato, stringendo la mano ad Archie e omaggiando Annie con un inchino.

- Ma che succede? – mormorò la signora Cornwell.

- Terence aspetta, dove ti credi di andare – gridò Archie piuttosto alterato, seguendolo, ma il giovane attore si era già incamminato verso la scala che l’avrebbe condotto fuori da quella casa e, di spalle, alzando la mano destra per fermarlo, rispose senza voltarsi:

- Non ora Cornwell!

Candy appena entrata nella stanza si rese subito conto che Terence non c’era più e non riuscendo a trattenere le lacrime ancora per molto, dopo essersi scusata, si rifugiò nella sua stanza.

- Lo sapevo, lo sapevo che andava a finire così. Non avrei mai dovuto permettergli di entrare in casa mia né tantomeno di fare di nuovo del male a Candy – sbottò Archie in preda alla collera.

- Archie non sappiamo cosa sia accaduto tra loro, non trarre conclusione affrettate – cercò di calmarlo Annie.

- L’ho vista solo io Candy fuggire via in lacrime?

Karen, memore di quanto le aveva confidato Terence a proposito di Cornwell, ritenne opportuno non intervenire nella discussione, anche se moriva dalla voglia di prendere le difese dell’amico. Salutò cordialmente Annie, promettendosi che avrebbero fatto di tutto per capire quello che era successo tra i due giovani.

Rientrata in albergo, Karen chiese al portiere se Terence Graham si trovasse nella sua stanza, ricevendo però una risposta negativa

- Mr. Graham non è ancora rientrato, la chiave della sua camera è qui appesa, Miss Kleis.

Karen era molto preoccupata: Terence se ne era andato via furioso e sapeva che quando si trovava in quelle condizioni poteva accadere di tutto.

Il ragazzo camminò a lungo quella notte, senza una direzione precisa, e senza trovare le risposte che cercava all’unica domanda che continuava a rimbalzargli nella testa.

- Candy perché, perché … ?

Avrebbe voluto odiarla ma non ci riusciva, in realtà odiava solo se stesso perché l’aveva fatta soffrire troppo e ora era tardi per recuperare il suo amore. Come aveva potuto anche solo pensarlo? Come aveva osato scriverle quella lettera, credeva forse che lei in tutti questi anni lo avesse aspettato? Lui che era fidanzato con un’altra con cui condivideva persino la stessa casa. Per tutta la notte continuò a commiserarsi, a darsi dell’idiota, con la certezza di averla persa irrimediabilmente.

All’alba tornò in albergo, si gettò sul letto ancora vestito e provò a dormire senza successo. Decise allora di farsi una doccia e di uscire di nuovo, in quella stanza gli sembrava di soffocare.

In corridoio incrociò Karen che lo guardava con aria assai preoccupata.

- Buongiorno Karen, che cos’hai, non ti senti bene? Hai una faccia! – la salutò il giovane ostentando sicurezza.

Karen lo guardò sbigottita.

- Dove vai? – gli chiese.

- A fare un giro – rispose.

L’attrice continuava a scrutarlo come se volesse leggergli nella mente.

- Sta’ tranquilla Karen, la Senna non mi avrà … preferisco il Tamigi – e dopo averle strizzato l’occhio, si allontanò.

 

 


Capitolo nove

Troppo tardi


Hippodrome de Longchamp


Parigi, lunedì 12 aprile 1920

Salito in auto, Terence si diresse verso l’Ippodromo di Longchamp, situato appena fuori dal Bois De Boulogne, pensando che una bella cavalcata gli avrebbe concesso una piccola tregua. Giunto sul posto, si cambiò indossando la sua tenuta da equitazione e si fece dare un cavallo, chiedendo il più veloce che avessero. Dopodiché si gettò in pista, spronando con rabbia l’animale ad andare sempre più forte.

La sua folle corsa non passò certo inosservata e molti tra i presenti quella mattina all’ippodromo iniziavano a chiedersi chi fosse quel pazzo che stava letteralmente mangiando la pista del Longchamp. Seduti al tavolino del bar che costeggiava il percorso, un gruppo di amici stava facendo colazione, cercando di decidere a quale festa avrebbero partecipato la domenica successiva. Ad un tratto il cavallo di Terence lanciato al galoppo passò proprio vicino a loro e l’impatto degli zoccoli sul terreno fu talmente violento che le signore sedute al tavolo sussultarono per lo spavento. Una di loro, particolarmente interessata al cavaliere in questione, chiese al cameriere che li stava servendo se sapeva chi fosse. Il cameriere soddisfò lo sua curiosità dicendo:

- Si tratta di quell’attore americano, Terence Graham, un tipo strano a quel che si dice in giro.

- Che incredibile colpo del destino, Terence Graham, la stella di Broadway, a Parigi. Chi l’avrebbe detto! – commentò la dama a mezza voce.

- Charlotte non mi dirai che lo conosci … del resto quando mai ti sei fatta scappare un tipo strano! – disse con un risolino l’amico che le sedeva di fianco.

- Beh abbiamo recitato insieme molti anni fa, quando lui era ancora una comparsa. Ma ora … ne ha fatta di strada il ragazzo.

Terence nel frattempo aveva terminato la sua corsa e, visibilmente accaldato, sceso dal cavallo lo stava riportando alla scuderia, seguito da un paio di occhi neri che ne stavano ammirando l’indiscutibile fascino. Dopo essersi rinfrescato e cambiato d’abito, il giovane attore si recò al bar, si sedette ad un tavolino, ordinò un tè nero con limone e si accese una sigaretta, cosa che non faceva ormai da anni. Mentre leggeva con non troppa cura una copia del Le Figaro, una sensuale voce femminile ne richiamò l’attenzione.

- Terence Graham, che piacere rivederti.

- Mi scusi, ci conosciamo? – chiese il ragazzo, sollevando appena il viso dal giornale.

- Charlotte Dubois non ti dice niente? – chiese la donna con un finto broncio.

- Ma certo … il fatto è che è passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti – tentò di scusarsi Terence imbarazzato.

- Effettivamente tu eri appena un ragazzino mentre adesso … sei un uomo – commentò Miss Dubois, pensando tra sé “e che uomo!”.

- Sei da solo, posso farti compagnia? – e senza aspettare risposta si sedette.

La donna prese posto al tavolo e al cameriere che subito si era avvicinato ordinò un Kir Royal, un aperitivo alcolico molto in voga nella Francia di quegli anni. Terence pagò il conto e il cameriere se ne andò.

Charlotte era una donna decisamente appariscente, non solo perché molto bella, anche se aveva ormai superato i trent’anni, ma soprattutto per il suo modo sicuro di atteggiarsi. Occhi e capelli scuri, labbra carnose con denti bianchissimi come la sua pelle, era piuttosto conosciuta nell’alta società parigina, avendo fama di frequentare preferibilmente uomini più giovani e … particolari, i quali restavano incantati dal suo potere di seduzione. Terence invece aveva un vago ricordo di lei, probabilmente avevano recitato insieme in Re Lear, quando lui aveva ottenuto il suo primo ruolo interpretando il re di Francia. Gli tornò subito in mente lo spettacolo di beneficenza che la compagnia tenne a Chicago, l’inutile attesa davanti all’ospedale per rivedere Candy e lei, bellissima nella sua uniforme bianca da infermiera, che correva dietro al treno gridando il suo nome. Avvertì una stretta in fondo alla gola e per liberarsene diede un colpo di tosse, accusando il fumo.

Sorseggiando il suo drink, senza togliere gli occhi di dosso dal giovane attore, Charlotte esclamò:

- Mi sono persa il tuo Amleto, purtroppo sono a Parigi soltanto da ieri, ma ho sentito dire che sei davvero eccezionale su quel palco. E se reciti come cavalchi, non ne dubito!

- Me la cavo – rispose Terence distrattamente, non essendo molto in vena di complimenti. Si sforzò comunque di continuare la conversazione

- E tu che fai a Parigi, reciti ancora?

- Al momento sono in vacanza, ospite di amici. Per il teatro non lavoro più, troppo noioso per i miei gusti. Ho varie proposte per il cinema, sto valutando quale scegliere – rispose Charlotte vantandosi del suo successo – E tu, quanto ti fermi a Parigi?

- Fino a giovedì, poi ripartiamo per Londra.

- Allora posso avere l’onore di invitarti a cena una di queste sere, conosco ottimi ristoranti a Parigi e anche molto discreti, non ci disturberà nessuno.

- Sono lusingato dalla tua offerta ma ho molti impegni in questi giorni, abbiamo diversi incontri con i giornalisti e come potrai immaginare il primo attore non può sottrarsi. I miei omaggi, Charlotte – la salutò Terence allontanandosi, dopo un galante baciamano.

Mentre se ne andava, lo sguardo di Charlotte Dubois lo seguì fino a quando lo vide salire in auto e scomparire in una nuvola di polvere. Chiuse gli occhi e ripensò alla sua figura tesa in groppa al cavallo, lanciato a tutta velocità e un brivido le percorse la schiena, intanto le sue labbra sussurravano:

- Non finisce qui, mio bell’Amleto!

Tornato in albergo Terence fu di nuovo assalito da una profonda agitazione, evidentemente l’idea dell’ippodromo non aveva sortito gli effetti sperati. Pranzò con Karen e il resto della compagnia chiuso in un glaciale mutismo, mangiando pochissimo e ritirandosi subito dopo nella sua stanza, senza farsi più vedere per il resto della giornata. Karen prima di cena provò a bussare alla sua porta per sapere come stava e se avesse bisogno di qualcosa, il giovane rispose che stava da dio e che non aveva bisogno della balia.

Candy aveva trascorso quel lunedì in uno stato di grande frustrazione e dolore. Come Terence anche lei non aveva chiuso occhio quella notte e non faceva che ripercorrere con la mente tutto quello che si erano detti, ma soprattutto la angustiava il pensiero di quello che non si erano detti. Da una parte era arrabbiata con lui perché non le aveva permesso di spiegarsi. Tuttavia, anche se avrebbe voluto dirgli tante cose, non c’era comunque riuscita e la colpa era anche sua, perché doveva ammettere che averlo così vicino la mandava in confusione, ancora dopo tutti quegli anni, anzi forse adesso molto di più.

Durante quei pochi minuti in cui avevano ballato insieme, erano riusciti per la prima volta a scherzare ricordando i soprannomi con cui amava chiamarla e per un attimo Candy aveva creduto davvero che non fosse cambiato niente, come lui le aveva scritto.

“Tuttelentiggini” … come si era arrabbiata la prima volta che l’aveva chiamata così, sul ponte di quella nave dove l’aveva visto piangere (per sua madre, avrebbe saputo molto tempo dopo) e poi improvvisamente scoppiare a ridere e prenderla in giro. Perché Terry era così, un attimo prima triste e subito dopo allegro, a volte freddo e distante e altre dolcissimo e comprensivo, a volte chiuso nel suo mondo imperscrutabile, altre generoso e pieno di vita. Soprattutto quando parlava del suo amato teatro Terry si trasformava: quante volte, durante le vacanze estive in Scozia, Candy era rimasta incantata ad ascoltarlo declamare Shakespeare contagiata dalla sua passione. Sapeva che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe diventato un grande attore… era così orgogliosa di lui.

Tantissimi ricordi pian piano si affacciarono alla sua mente e chiudendo gli occhi poteva vedere centinaia di immagini legate a quei ricordi. Si soffermò in particolare a pensare quante volte Terry fosse andato in suo soccorso quando alla St. Paul School era spesso costretta a subire le angherie dei fratelli Lagan: non sapeva bene come, ma lui riusciva sempre ad aiutarla, anche se subito dopo negava di averlo fatto per lei e andava a finire che la prendeva in giro per qualcosa e lei lo rincorreva senza mai riuscire ad acchiapparlo. Già … quante volte lo aveva rincorso, ma era arrivata troppo tardi. Quando Terry lasciò la St. Paul School al suo posto, per non farla espellere dopo il tranello di Eliza, Candy cercò in tutti i modi di raggiungerlo al porto di Southampton prima che partisse, ma la sua corsa disperata fu inutile e lì su quel molo sentì per la prima volta quanto possa far male separarsi dalla persona che si ama. Lo stesso atroce dolore che provò quando, giunta finalmente alla Casa di Pony, seppe che lui era passato di lì poco prima e che era andato sulla collina. Quel suo gesto, nonostante la tristezza per non averlo incontrato, le aveva riempito il cuore di calore in mezzo a tutta quella neve, quel calore familiare che sentiva sempre quando era vicino a lui, il calore di quella tazza di cioccolata, offertagli da Miss Pony, dove Terry aveva poggiato le sue labbra.

Possibile che anche adesso fosse arrivata troppo tardi?

Sapeva di aver sbagliato a non rispondere subito alla lettera che Terry gli aveva mandato, per scrivere la quale lui aveva raccolto probabilmente tutto il suo coraggio. Avrebbe preferito parlarci di persona, ma ora…

D’un tratto, senza quasi rendersene conto, prese carta e penna e iniziò a scrivere.

Parigi, 12 aprile 1920

Caro Terry …

 

Quando Annie, verso l’ora del pranzo, si decise a bussare alla porta della camera di Candy, la trovò stranamente calma e abbastanza allegra. L’amica pensò subito che tutta quella serenità non fosse del tutto veritiera e che nascondesse ben altri sentimenti infatti, conoscendo bene Candy, sapeva che quasi sempre preferiva tenere per sé i propri dolori, per cui decise di non assillarla con troppe domande, almeno per il momento.

Si trattenne dall’indagare oltre anche quando Candy le consegnò una lettera, chiedendole se poteva farla recapitare all’indirizzo che vi era indicato. Annie prese la busta tra le mani e guardò cosa c’era scritto, sorpresa, gettò immediatamente uno sguardo interrogativo verso l’amica.

Candy si fece seria in volto e, con gli occhi che brillavano di un verde intensissimo, disse:

- Spero che non sia troppo tardi.

 

 

Capitolo dieci

In fuga

 


 

Parigi, martedì 13 aprile 1920

Non avendolo visto a colazione, Karen si decise a salire di nuovo da Terence per cercare di farlo uscire dalla sua stanza dove si era rinchiuso dal pomeriggio del giorno precedente. Temeva che l’amico potesse ricadere in quel buio profondo che lo aveva quasi del tutto annientato dopo la separazione da Candy, nel gelido inverno newyorkese di qualche anno prima.

Bussò alla sua porta ripetutamente senza ottenere risposta, allora lo chiamò e lui rispose con una voce così bassa che sembrava provenire da una caverna:

- Cosa vuoi?

- Posso entrare? – chiese dolcemente l’attrice.

Poco dopo udì girare la chiave, la porta si aprì e vide Terence gettarsi sul letto ed immergersi nella lettura di un libro che gli copriva il viso.

- Non ti ho visto a colazione e così ho pensato … - Karen interruppe la frase perché Terence non la guardava e probabilmente neanche la ascoltava.

Provò a cambiare discorso, cercando di attirare la sua attenzione.

- Che cosa stai leggendo? Non è un copione … è un romanzo, giusto?

Terence alzò semplicemente il libro in maniera tale che l’attrice potesse leggerne il titolo.

- Persuasion … di Jane Austen. Ottima scelta, nessun titolo sarebbe più appropriato in questo momento.

- Se a qualcuno venisse l’idea di farne una sceneggiatura, potrei candidarmi al ruolo del capitano Wentworth … sarei perfetto, non trovi?

- Solo perché il capitano è stato respinto dalla donna che amava? Ti sei fermato a metà della storia Terence, dovresti prima vedere come finisce il romanzo – replicò Karen.

- E’ solo un romanzo! – sentenziò lui chiudendo con decisione il libro.

- Hai intenzione di startene chiuso qui fino al giorno della partenza, oppure … che cosa sono quelle? – chiese Karen, troncando di colpo il discorso, attirata da alcune valigie raggruppate in un angolo della stanza.

- Non lo vedi?

- Che significa?

- Significa che parto per Londra questa sera, dopo la conferenza stampa.

- Per quale assurdo motivo vuoi anticipare la partenza? – chiese l’attrice sconcertata.

- Vado a trovare il duca, ho già parlato con Robert e mi ha detto che per lui non ci sono problemi.

- Potevi trovarne un’altra di scusa Terence, sono anni che non parli con tuo padre e ora, improvvisamente, hai ritrovato l’amore filiale!

Karen conosceva i rapporti di Terence con il padre, il Duca di Granchester. Sapeva benissimo quanto lo aveva fatto soffrire l’essere separato ancora piccolo dalla madre, l’attrice americana Eleanor Baker, per la quale il duca aveva perso la testa in gioventù. Ma Richard Granchester era di sangue blu e non gli era concesso amare né tantomeno sposare un’attrice. Per cui, quando nacque Terence, il giovane duca venne richiamato all’ordine dalla nobile famiglia d’origine, dovette sottostare alle leggi che gli imponeva la sua posizione sociale e sposare una donna di pari rango. Non riuscendo tuttavia a rinunciare a quel figlio nelle cui vene scorreva anche il sangue dei Granchester, fece in modo di portarlo via alla madre, convincendola che legittimandolo e facendone il suo erede, avrebbe assicurato al piccolo Terence un futuro decisamente migliore rispetto a quello che gli avrebbe potuto offrire lei, una ragazza madre, un’attrice.

Ma la vita in seno alla famiglia Granchester fu per il bambino un vero e proprio inferno: respinto se non addirittura odiato dalla moglie del duca poiché, in quanto primogenito, avrebbe ereditato il titolo privandone gli altri suoi figli, Terence iniziò ad assumere un atteggiamento ribelle e di sfida per conquistarsi l’affetto del padre che invece appariva sempre freddo nei suoi confronti, non essendo stato educato a seguire l’amore ma piuttosto il senso del dovere. All’età di dodici anni Terence venne spedito in collegio, alla Royal St. Paul School di Londra, dove trascorreva i suoi giorni nel suo passatempo preferito, ovvero infrangere le regole, privato dell’affetto di entrambi i genitori.

- Parti da solo? Oppure hai un’accompagnatrice … ad esempio Miss Dubois? – chiese ad un tratto Karen con un tono di rimprovero nella voce.

- Di cosa stai parlando? – domandò Terence alquanto infastidito da quell’insinuazione.

- Non hai visto quella fantastica fotografia che vi ritrae insieme all’ippodromo? E’ su tutti i giornali. Che stai combinando Terence? Dovresti conoscerla, sai che è una sciocca arrivista. Non mi stupirei se avesse avvisato proprio lei i fotografi, figurati se si faceva scappare l’occasione di farsi immortalare con la stella di Broadway!

Terence restò in silenzio, si era seduto in una poltrona, con un gomito appoggiato al bracciolo, premendo pollice e indice sugli occhi chiusi. Karen ebbe l’impressione che stesse per scoppiare, ma decise ugualmente di affondare il colpo pur di vederlo reagire, invece di fuggire come stava facendo.

- Che cosa penserà Candy quando vedrà questa foto dove saluti così affettuosamente quell’attricetta!

Sentire pronunciare quel nome gli fece salire una tale collera per nascondere la quale dovette ricorrere a tutte le sue doti di attore. Ma se il suo volto continuava ad apparire una maschera indecifrabile, quando parlò la sua voce questa volta lo tradì.

- Quello che penserà non è affar mio, non lo è più – tentò di pronunciare queste parole con voce ferma e ci riuscì quasi, solo pronunciando quel più la sua voce si abbassò di un tono e si incrinò appena. Molti non lo avrebbero notato, ma a un orecchio abituato a fare attenzione alle sfumature come quello dell’amica attrice, non sfuggì quell’esitazione e Karen si sentì invadere da un profondo senso di sconforto e di pietà per il giovane. Con tutta la dolcezza di cui era capace gli chiese:

- Perché ti fai questo Terence?

Ma lui non riusciva più a parlare, così si alzò e si diresse verso l’ampia finestra da cui si godeva una magnifica vista della parte ovest della città, dove nella luce del mattino la Tour Eiffel svettava sopra i tetti delle case. Quando sentì di aver recuperato un po’ di calma intimò a Karen di smetterla, ormai aveva deciso e non sarebbe tornato indietro. Ma l’amica non intendeva ancora cedere.

- Adesso mi ascolti per un minuto e poi ti giuro che me ne vado e ti lascio in pace. Ma prima devi rispondere alla mia domanda. Ho visto con i miei occhi quanto hai sofferto in questi ultimi anni, nonostante tu abbia provato in tutti i modi a nasconderlo, come stai facendo anche in questo momento. Voglio sapere perché ora che avresti la possibilità di godere finalmente della felicità che meriti, tu ti ostini a privartene.

- Semplicemente perché non vedo davanti a me la felicità che tu dici, è evidente che non la merito e non ne ho più il diritto, l’ho perduto tanti anni fa quando l’ho lasciata andare via. E con questo considero chiuso l’argomento.

Dalle sue parole Karen non riuscì bene a comprendere se lui stesse parlando della felicità o di Candy, ma riflettendoci pensò che non fosse importante, perché per Terence erano la stessa cosa.

Si salutarono dandosi appuntamento al pomeriggio, quando si sarebbe svolta la conferenza stampa, non prima che Terence rivolgesse a Karen una richiesta che lei non avrebbe assolutamente potuto ignorare.

- Promettimi che non le dirai che lascio Parigi questa sera!

- D’accordo – acconsentì l’amica abbassando le spalle.

Quando i più agguerriti giornalisti di Parigi si riunirono nella Sala Conferenze dell’albergo, un unico argomento occupava i loro discorsi, mentre attendevano l’ingresso degli artisti ed in particolare di quell’attore, per metà americano e per metà inglese, che aveva stregato il pubblico francese con la sua magistrale interpretazione del Principe di Danimarca. Ma se da una parte le sue capacità artistiche non erano certo da mettere in discussione, ciò che in quei giorni di permanenza parigina aveva suscitato particolare interesse nei confronti della stella di Broadway, era stato il suo atteggiamento schivo e riservato, tanto da non aver ancora rilasciato nessuna intervista e non essersi mai concesso alle sue ammiratrici.

Durante le feste dell’alta società che si erano tenute dopo ogni rappresentazione dell’Amleto, il giovane attore non si era mai presentato, motivo per cui sulla sua persona si erano diffuse varie dicerie: si parlava di lui come di un uomo molto colto, avendo studiato nelle migliori scuole inglesi, anche se del suo passato si sapeva ben poco, eccetto il fatto che avesse addirittura origini nobili. Inoltre la sua evidente bellezza suscitava sempre una grande attrattiva nel genere femminile, ma nonostante questo, dopo la prematura scomparsa della fidanzata, l’attore non si era legato a nessuna donna in particolare ed era stato fotografato solo con alcune colleghe in rari eventi pubblici. Solo nelle ultime ore si era diffusa la notizia che potesse esserci una frequentazione con una signorina, di cui però non si sapeva assolutamente niente.

Terence Graham fu l’ultimo ad entrare nella sala e il suo ingresso venne salutato con una vera e propria ovazione alla quale l’attore rispose solo alzando una mano, prima di mettersi seduto. Per la maggior parte le domande che gli vennero rivolte riguardarono la sua stupefacente carriera che lo aveva visto giungere al culmine del successo in un tempo molto breve. Terence rispose in maniera professionale e cordiale, nonostante una malcelata insofferenza che non gli concedeva di stare fermo sulla sedia.

Le cose cambiarono decisamente quando venne il turno di un giornalista particolarmente curioso ed evidentemente più informato degli altri, un certo Pierre Durand, che pose a Terence la seguente domanda:

- Mr. Graham sappiamo molto poco della sua vita privata e tutto il suo pubblico, in verità soprattutto quello di genere femminile, si chiede come un uomo di successo e decisamente avvenente come lei, non si faccia mai vedere in giro accompagnato da qualche bella dama. Anche qui a Parigi sembra aver fatto la vita di un monaco, forse le donne francesi non sono di suo gradimento?

Terence che aveva la netta sensazione che monsieur Durand stesse solo tastando il terreno e che quindi la domanda che voleva fare fosse un’altra, ben più esplicita, rispose scherzando con una battuta:

- Le donne francesi sono senza dubbio tra le più belle al mondo, magari sono io a non suscitare in loro particolare interesse. Come di sicuro saprà, ho un pessimo carattere.

Durand a quel punto si sentì pronto a sferrare il colpo finale e, dopo essersi alzato in piedi, cosa che a Terence non fece presagire nulla di buono, il giornalista gli rivolse l’ultima domanda:

- Viste le sue origini, Mr. Graham, forse semplicemente preferisce le donne inglesi o americane come la signorina Candice White Ardlay, ho indovinato?

Terence si sentì gelare il sangue e dopo un attimo di profondo smarrimento, stava per alzarsi in piedi, quando Karen Kleis seduta vicino a lui lo trattenne per un braccio sotto il tavolo, cercando di non farsi notare.

Robert Hathaway che si rese subito conto di quanto il suo pupillo fosse in difficoltà decise di intervenire semplicemente dichiarando chiusa la conferenza stampa. Tra le proteste, tutti i giornalisti abbandonarono la sala, tranne monsieur Durand il quale trovò sulla propria strada niente meno che Terence Graham che, furioso, gli si rivolse con voce alquanto alterata dalla rabbia:

- Ora mi dice chi le ha fatto quel nome!

- Allora è vero che conosce Miss Ardlay?

- Mi ascolti bene Pierre, Miss Ardlay ed io abbiamo frequentato la stessa scuola e tra noi non c’è niente di più che un rapporto di semplice amicizia. Se lei si azzarda a pubblicare qualcosa di diverso da quello che gli ho appena detto dovrà vedersela con il mio avvocato, spero di essere stato abbastanza chiaro!

A quel punto Terence si sentì afferrare le spalle da Robert che, conoscendo bene le incandescenze a cui andava soggetto il ragazzo quando qualcuno osava intrufolarsi nella sua vita privata, gli consigliò a bassa voce di lasciar perdere e di allontanarsi.

 

 


Capitolo undici

Verso Londra

 


Gare du Nord, Paris

 

Annie e Candy trascorsero gran parte di quel martedì pomeriggio nel giardino di casa Cornwell, tra chiacchiere e confidenze. Annie cominciava a sentire sempre più la stanchezza causata dalla gravidanza ormai avanzata e ringraziava il cielo di poter godere della compagnia e dell’aiuto della sua più cara amica.

Anche Candy era sollevata dal fatto di poter condividere con la sua “sorellina” quei momenti così difficili. Già da diverse ore infatti aveva fatto recapitare la sua lettera a Terence ma ancora non aveva ricevuto nessuna risposta. A giudicare da come se ne era andato via dopo la cena della domenica precedente, Candy immaginava quanto Terry dovesse essere ancora in collera con lei, ma sperava con tutto il cuore che accettasse la sua richiesta di poter parlare di nuovo, da soli. Sapeva che nel pomeriggio lui sarebbe stato impegnato in una conferenza stampa, per cui riteneva probabile che non avesse potuto ancora leggere le sue parole, ma l’attesa faceva salire tremendamente la sua ansia e ora si rendeva conto pienamente di quanto Terry dovesse aver sofferto aspettando la risposta alla sua lettera, risposta che non era mai arrivata.

Quest’ultimo pensiero la tormentava particolarmente e cercava in ogni modo di evitarlo, consolandosi con l’idea che appena avesse potuto parlargli tutto si sarebbe risolto. Come Annie le aveva suggerito, cercava di essere ottimista e di confidare nella forza dei suoi sentimenti.

Quando però quella mattina aveva visto la foto che ritraeva Terence insieme a quell’attrice all’ippodromo, per un attimo si era sentita persa e tutti i suoi peggiori incubi erano tornati prepotentemente a farsi avanti.

Durante la loro conversazione Annie poteva cogliere ogni tanto un bagliore di tormento negli occhi di Candy, così le prendeva la mano, stringendola e sorridendole dolcemente per darle forza, incoraggiandola a non mollare, dicendole che tutto si sarebbe risolto per il meglio.

Ma Annie non conosceva molto bene Terence, non sapeva quanto smisurato fosse il suo orgoglio e quanto profonda fosse la ferita che Candy gli avevo inferto con il suo silenzio.

Mentre le due giovani donne passeggiavano in giardino commentando le magnifiche varietà di rose che lo decoravano, insieme a iris, peonie e dalie dai mille colori, Archibald le raggiunse portando una splendida notizia: infatti aveva appena concluso una telefonata proveniente dall’Italia con la quale gli era stato comunicato che non più tardi di dopodomani William Albert Ardlay sarebbe arrivato nella capitale francese.

La gioia delle due ragazze fu talmente grande che si sarebbero messe a saltellare se le condizioni di Annie lo avessero consentito. Per Candy in particolare avere il quel momento Albert vicino significava moltissimo: lui rappresentava per lei la persona che meglio di tutti riusciva a comprenderla e nei momenti di difficoltà, come quello in cui si trovava ora, Albert riusciva sempre a sostenerla, non facendole mai mancare i suoi preziosi consigli, mostrandole le cose da un altro punto di vista che si rivelava spesso il più corretto.

Anche quando Albert era passato da essere il semplice amico a suo tutore adottivo, rivelandole la sua vera identità ovvero di capostipite della famiglia Ardlay, il loro rapporto non era mutato; la sua nuova posizione aveva solo contribuito a spiegare come egli riuscisse ad essere presente in ogni luogo dove si trovava Candy ed immancabilmente facesse la sua apparizione nelle circostanze più impensate nelle quali la sua figlia adottiva ne aveva bisogno. Motivo per cui a Candy non sembrò affatto una coincidenza che Albert avesse deciso di fermarsi a Parigi in quei giorni, prima di rientrare negli Stati Uniti. Albert infatti aveva contattato telefonicamente Archie per parlare di alcune questioni finanziare che riguardavano le attività economiche della famiglia Ardlay, in quell’occasione il nipote lo aveva informato della presenza di Candy a Parigi e soprattutto dell’incontro con Terence, aggiungendo che dopo aver rivisto l’attore la cara cugina non sembrava più lei perché sicuramente tra loro era successo qualcosa che l’aveva molto turbata, di cui tuttavia Archie non conosceva i dettagli. Il nipote aveva dunque insistito, non molto in verità, affinché lo zio  venisse in suo soccorso: Albert aveva così deciso di partire immediatamente.

Mentre si trovava sul treno che dall’Italia lo avrebbe condotto al di là delle Alpi, Albert non poteva fare a meno di pensare a quello che gli aveva riferito Archie: cosa poteva significare adesso quell’incontro? Aveva saputo della scomparsa di Susanna Marlowe e, in verità, si aspettava che Terence avrebbe cercato di contattare Candy, ma poi i mesi erano passati e lui non si era fatto vivo, per cui era arrivato a credere che per quel grande amore spezzatosi anni prima non ci fosse ormai alcuna speranza. Così era partito per uno dei suoi viaggi alla scoperta del mondo, dopo aver messo nella mani del nipote gli affari di famiglia e soprattutto aver spinto Candy ad uscire dal suo rifugio alla Casa di Pony, sostenendola nella decisione di riprendere gli studi in medicina.

Ma ora? Che cosa era successo tra Candy e Terence? Se davvero si erano rivisti a Parigi perché le cose non erano andate bene, tanto da indurre Archie a chiedere il suo aiuto?

Conclusa la conferenza stampa in maniera tanto turbolenta, Terence Graham si sentì sicuro del fatto che andarsene sarebbe stata la decisione migliore: ora che, non sapeva spiegarsi come, era saltato fuori il nome di Candice White Ardlay, la sua permanenza in città avrebbe potuto incoraggiare le voci di una loro possibile relazione, relazione che ormai considerava irrecuperabile. Doveva partire subito.

Karen Kleis si offrì di accompagnarlo alla Gare du Nord da dove sarebbe partito con il treno delle 7 p.m. per Calais, ma lui le rispose che non importava, preferiva prendere un taxi. Così si salutarono alla reception dell’albergo dove Terence, dopo aver consegnato la chiave della sua stanza, ritirò i suoi documenti e la posta che aveva ricevuto negli ultimi giorni. In quel momento venne trattenuto dal direttore dell’Hotel Ritz che con estrema cortesia salutò l’attore, ritenendo un onore averlo potuto ospitare e invitandolo ad usufruire ancora del suo albergo qualora fosse tornato a Parigi in futuro. Terence ricambiò il saluto mentre distrattamente riponeva le lettere che gli erano appena state consegnate nella tasca interna della giacca.

Giunto in stazione si diresse velocemente verso il binario n. 2, mentre un fattorino si occupava dei suoi bagagli, e salì sul treno cercando lo scompartimento che aveva prenotato. Il suo unico desiderio in quel momento era quello di chiudersi lì dentro e dimenticare il mondo almeno fino a Calais, ma i suoi propositi vennero ben presto disillusi quando si sentì chiamare da una voce che non riconobbe subito.

- Terence Graham … ancora tu … che incredibile coincidenza o piuttosto un segno del destino – esclamò la brunetta che aveva raggiunto l’attore proprio nel momento in cui stava per chiudere la porta scorrevole del suo scompartimento.

- Charlotte … che cosa ci fai qui? – chiese Terence sorpreso.

- Sto andando a trovare degli amici ad Arras. Posso farti compagnia visto che viaggi da solo … - disse la brunetta allungando il collo per sbirciare se alle spalle di Terence ci fosse qualcuno.

- Ti ringrazio per la tua offerta ma preferirei stare solo, ho del lavoro da sbrigare – ribatté il giovane cercando di dissuaderla.

Ma Charlotte Dubois non era il tipo di donna che si arrende facilmente per cui, dopo avergli assicurato che non l’avrebbe assolutamente disturbato, si fece strada passando a malapena tra la porta scorrevole e Terence, prendendo posto vicino al finestrino. L’attore, per pura cortesia, dovette cedere, non essendo in possesso in quel momento di un grande spirito combattivo.

Dal momento che lo attendevano diverse ore di viaggio, Terence aveva pensato di impiegarle rileggendo il testo teatrale con cui la compagnia Stratford avrebbe aperto la prossima stagionale autunnale, ovvero Romeo e Giulietta. Estrasse il copione dalla sua borsa da viaggio e cominciò a sfogliarlo, ignorando la presenza di madame Dubois. Ben presto si rese conto che la sua non era stata una grande idea: da allora, cioè da quando aveva invitato Candy allo spettacolo dove lui avrebbe recitato per la prima volta nel ruolo del protagonista, quello di Romeo Montecchi, la tragedia di Shakespeare non era più stata messa in scena dalla Stratford. Riprendere in mano Romeo e Giulietta lo riportò di colpo a quel periodo, quando tutti i suoi sogni sembravano potersi realizzare, diventare un attore affermato e soprattutto poter finalmente avere vicino la donna che amava. Poi il mondo era crollato, sepolto sotto una coltre di neve e per lui era stata la fine. Il buio totale.

Chiuse di colpo il copione e lo rimise con rabbia nella borsa, portando il suo sguardo cupo oltre il finestrino.

Madame Dubois che osservava l’attore già da un po’, cercando di non farsi notare, colse immediatamente il turbamento sul suo volto e pensò bene di non farsi scappare l’occasione di portare il suo “conforto” a quell’anima inquieta.

- Dal momento che non leggi più, potremo fare un po’ di conversazione – disse la brunetta, dopo essersi alzata per andare a sedersi vicino a lui.

Terence si voltò appena, con la testa sul pugno del braccio destro appoggiato al finestrino, e non disse niente. Charlotte continuò:

- Dicono che tu sia un tale perfezionista nel lavoro, che non ti stanchi mai di provare e provare finché non raggiungi la perfezione. Anch’io sono della tua idea, quando lavoro non penso ad altro, sono una vera e propria stacanovista!

Terence la ascoltava ancora in silenzio, fissandola, curioso di vedere dove Charlotte volesse condurre quel discorso.

- Ne converrai che ogni tanto però sia giusto prendersi una pausa, una vacanza insomma, per poter godere di qualche distrazione. Tu non ti concedi mai una distrazione? – chiese la brunetta con sguardo ammiccante, mentre con un dito della mano destra sfiorava ripetutamente la coscia del suo compagno di viaggio.

L’attore restò immobile, portando lo sguardo a quella mano che continuava ad accarezzare la sua gamba, rispondendo a Charlotte con il più sensuale dei sorrisi:

- Sono un perfezionista, è vero, ma non disdegno affatto le distrazioni e proprio adesso mi è venuta una gran voglia di concedermene una.

A quel punto, sotto lo sguardo piacevolmente stupito di Charlotte che già pregustava di godere della sua “distrazione”, Terence si alzò in piedi, si accese una sigaretta e uscì.

Camminò lungo il corridoio, diverse persone lo riconobbero e dovette fermarsi a firmare qualche autografo, sforzandosi di sorridere. Finalmente arrivò in una parte del treno dove sembrava non esserci nessuno, si sentiva molto stanco, negli ultimi giorni aveva dormito davvero poco. Si appoggiò con la schiena al finestrino, sentiva freddo e gli faceva male la testa. Nella mente ricomparve la stessa domanda che non gli dava tregua “Candy perché, perché non hai risposto alla mia lettera?”, anche se credeva ormai di conoscerne il motivo, nel profondo del suo cuore non riusciva a crederci. La verità era che lei gli mancava terribilmente! Ripensava alla sera in cui avevano ballato insieme, a casa Cornwell, lei era così vicina e così bella. Talmente forte era stato il desiderio di stringerla a sé e di baciarla lì davanti a tutti che ricordarlo adesso gli provocava quasi un dolore fisico, reale, al petto. Aveva voglia di urlare. Gli venne in mente che a lei non piaceva che fumasse e gettò via la sigaretta prima di finirla, come se lo stesse guardando. Con un gesto istintivo che aveva fatto tante volte, cercò l’armonica che teneva sempre nella giacca quando viaggiava, ma si accorse di averla tolta e lasciata nello scompartimento, all’appendiabiti. Come se ne avvertisse forte il richiamo, tornò indietro.

Charlotte Dubois era rimasta profondamente ferita nell’orgoglio dal rifiuto di Terence che non solo l’aveva respinta ma addirittura si era preso gioco di lei, per questo era più che decisa a fargliela pagare. Doveva solo aspettare il momento giusto e avrebbe di sicuro trovato il modo per farlo. Ad un tratto notò che l’attore aveva lasciato lì la sua giacca e pensò che forse avrebbe potuto scoprire qualcosa di interessante dando una sbirciatina innocente. Allungandosi per raggiungerla senza spostarsi dal posto dove era seduta, nel caso lui fosse tornato all’improvviso, esplorò con un mano le tasche esterne trovando solo un pacchetto di sigarette e un’armonica.

 - Che se ne farà di questa? – pensò tra sé.

Per proseguire nella sua ricerca Charlotte si decise ad alzarsi in piedi ed infilando la mano nella tasca interna ne estrasse una serie di buste che si rivelarono essere lettere indirizzate a Terence Graham. Si trattava di quattro buste ancora perfettamente sigillate per cui, non potendo vederne il contenuto, Charlotte si accontentò di leggere chi gliele mandava: una proveniva da New York e gli era stata inviata dalla famosa attrice Eleonor Baker; due lettere arrivavano da Londra e probabilmente avevano a che fare con la prossima tappa della tournée teatrale; la quarta lettera non recava il francobollo, il che faceva pensare che fosse stata consegnata a mano, e nella parte destinata al mittente non era stato scritto alcun indirizzo ma solo il nome. Charlotte lesse ad alta voce:

- Candice W. Ardlay … allora è vero che tra i due c’è del tenero! – aspirando il dolce profumo di rose che emanava quella busta.

In quell’istante udì scorrere la porta dello scompartimento e istintivamente portò le mani dietro la schiena. Terence entrò e notando lo strano atteggiamento di Charlotte le chiese con tono deciso:

- Che stai combinando? Cosa nascondi lì dietro?

- Niente – rispose la brunetta con aria colpevole.

Terence allora le si avvicinò e con un gesto fulmineo la afferrò per un braccio, costringendola a mostrargli le mani.

- Ma queste sono le mie lettere, come ti sei permessa? – le disse quasi gridando.

- Scusami Terence … è che cercavo una sigaretta e … - tentò invano di giustificarsi Charlotte.

- Esci fuori di qui … immediatamente!

Dopo che madame Dubois se ne fu andata senza dire più nemmeno una parola, Terence si sedette con le lettere tra le mani e fu solo in quel momento che i suoi occhi si posarono su una busta rosa. La riconobbe subito, perché anni fa ne aveva ricevute altre, e il suo cuore per un istante si fermò.

Si alzò, chiuse la porta a chiave e si rimise seduto. Iniziava a sentire caldo, uno strano calore improvviso al volto, liberò i primi bottoni della camicia candida e appoggiò per qualche istante la nuca alla poltrona facendo ricadere indietro i lunghi capelli bruni. Dopo un profondo respiro, aprì la busta e lesse:

Parigi, 12 aprile 1920

Caro Terry,

Immagino che tu sia molto in collera con me e non posso certo biasimarti per questo.

So di aver sbagliato nei tuoi confronti e di averti ferito. Questo mi fa soffrire molto, perché non avrei mai voluto farlo. Vorrei tanto che tu mi dessi la possibilità di spiegare quello che è successo, dopo che ho ricevuto la tua lettera.

Il mio unico desiderio in questo momento è di poterti parlare personalmente, ti prego, se me lo concederai te ne sarò grata.

Con affetto
Candy

 

Terence aveva letto le parole di Candy quasi senza respirare, al termine della lettera avvertì un brivido percorrergli tutto il corpo, mentre gli occhi si facevano caldi.

- Che cosa vuoi ancora Candy, che cosa c’è rimasto da spiegare? A me sembra tutto così chiaro … - pensava mentre stringeva tra le mani quella carta rosa.

Ma anche se non voleva ammetterlo, erano ben altri i sentimenti che riempivano il suo cuore e non era capace di ignorarli.

Cosa doveva fare adesso? Si chiedeva il giovane. Lei lo stava pregando, poteva far finta di niente? Oppure risponderle dicendo che ormai era troppo tardi?

Rilesse la lettera più volte, notando alla fine un particolare a cui subito non aveva fatto caso: la data si riferiva al giorno precedente, quando lui non aveva ancora ritirato la posta. Candy stava dunque aspettando la sua risposta dal giorno prima, quando si trovava ancora a Parigi.

 

 

 

Capitolo dodici

William Albert Ardlay

 

 

Parigi, giovedì 15 aprile 1920

La sera precedente William Albert Ardlay era arrivato a Parigi e quella mattina si trovava nello studio di casa Cornwell insieme al nipote Archibald per discutere di affari. Ad un certo punto squillò il telefono e dopo pochi minuti, dopo aver bussato alla porta, si presentò Gaston, il maggiordomo, annunciando che c’era una chiamata per Miss Candice, pensando che la ragazza fosse in quella stanza dal momento che non l’aveva trovata nel resto della villa.

Mr. Ardlay rispose che la giovane al momento non era in casa, chiedendo chi fosse a cercarla. Gaston comunicò che la telefonata proveniva da Londra ed era da parte di Mr. Terence Graham. Albert ed Archie per un attimo si guardarono negli occhi, dopodiché il primo ordinò al maggiordomo di passare a lui la chiamata in quello stesso studio dove si trovava l’altro telefono presente nella casa. Così fu fatto.

Terence rimase molto sorpreso di udire una voce maschile che subito non riconobbe e, temendo che ci fosse un errore e che quella non fosse casa Cornwell, precisò che stava cercando Miss Ardlay.

- Mi dispiace per te amico ma dovrai accontentarti di Mr. Ardlay – disse Albert scherzando.

- Albert? Ma che ci fai a Parigi? – chiese Terence stupito, dopo aver riconosciuto il vecchio amico.

- Niente di speciale, sono qui per affari.

- Accidenti stavo per dimenticarmi che ora sei a capo di un impero finanziario, ti vedo spesso sui giornali.

- Posso dire altrettanto di te. Ormai sei famoso anche in Europa, dovrò chiederti un autografo la prossima volta che ci incontriamo! A proposito … se mi dici dove alloggi a Parigi possiamo anche vederci, invece che parlarci per telefono.

- Peccato perché ero a Parigi fino a due giorni fa. In questo momento mi trovo a Londra.

- Ma come? Sapevo che saresti partito venerdì.

- Lo so … ma ho anticipato la partenza. Lei non c’è? – tagliò corto Terence, confidando nell’intuito di Albert.

- No è uscita a fare una passeggiata con Annie. Che succede Terence? Candy mi ha detto che vi siete incontrati.

- E’ proprio per questo che ho chiamato. Non so che cosa lei ti abbia raccontato, ma … potresti riferirle un messaggio da parte mia?

- Certo, dimmi pure.

Albert lo sentì sospirare profondamente prima di proseguire.

- Dovresti dirle che ho potuto leggere la sua lettera solo ieri sera, quando ero già in viaggio per Londra, e che … - qui fece una pausa, non poteva farle dire da Albert quello che pensava – le risponderò appena posso.

- D’accordo, le dirò che hai chiamato, che hai ricevuto la sua lettera e presto le scriverai.

Albert come suo solito aveva parlato mantenendo un tono calmo ma deciso, cosicché Terence si sentì più tranquillo e dopo averlo ringraziato chiuse la chiamata, sperando di poterlo rivedere presto.

Archie lanciò uno sguardo allo zio che la diceva lunga su quanto disapprovasse tutta quella situazione, poi esclamò:

- Prevedo che non ne uscirà niente di buono!

In quel momento fecero il loro ingresso nella studio Annie e Candy, di ritorno dalla loro passeggiata. Archie andò subito incontro alla moglie suggerendole di riposarsi un po’ e offrendosi di accompagnarla in modo che Albert e Candy restassero da soli.

- Com’è andata la vostra passeggiata? – chiese Albert.

- Benissimo, Parigi è una città fantastica nonostante porti ancora i segni della guerra, non ci si stancherebbe mai di camminare, ci sono così tante cose da vedere – rispose Candy con un sorriso, cercando di mostrare il suo solito entusiasmo. Ma la sua espressione mutò in un istante quando Albert le comunicò che aveva appena ricevuto una telefonata e che la persona con cui aveva parlato in realtà cercava lei.

- Terry? – disse immediatamente

- Sì – rispose Albert.

La sera precedente, quando Albert era arrivato a Villa Cornwell, Candy gli si era gettata letteralmente tra le braccia, talmente felice di rivederlo che lui ne rimase quasi sorpreso, pur conoscendo l’esuberanza della ragazza.

Dopo aver cenato tutti insieme, Albert e Candy si erano ritirati nello studio per parlare un po’ ed aggiornarsi sulle ultime novità, dal momento che non si vedevano da più di tre mesi.

- Allora com’è l’Italia? – gli chiese Candy.

- Un paese incredibile, pieno di arte e di storia, dovresti visitarlo, sono sicuro che ti piacerebbe molto – rispose Albert.

Candy pensò tra sé che le sarebbe piaciuto molto visitare Verona, la patria di Romeo e Giulietta, ma ad  Albert non lo disse.

- E tu che cosa mi racconti? Ti stai facendo una bella vacanza qui a Parigi, con la scusa di prenderti cura di Annie, è così? – chiese Albert con un leggero tono malizioso nella voce, come a sottendere ci fosse dell’altro dietro la presenza di Candy nella capitale francese.

Candy se ne accorse e – Per te sono sempre stata un libro aperto! – esclamò.

- In realtà tuo cugino mi ha già aggiornato in merito agli ultimi avvenimenti che ti riguardano, ma non so granché, a parte il fatto che tu e Terence vi siete incontrati.

A quelle parole Candy si sedette e abbassò la testa, con le braccia incrociate sul petto come se improvvisamente sentisse freddo. Albert le chiese se avesse voglia di parlarne e lei iniziò a raccontare tutto quello che era successo dal momento in cui aveva ricevuto la lettera di Terence. Senza rivelarne il contenuto gli fece capire che quella lettera l’aveva sconvolta e che, se in un primo momento aveva sentito l’impulso irrefrenabile di correre da lui, più passavano i giorni e più si sentiva insicura e piena di paure. Cosicché alla fine non era né partita né aveva risposto alla lettera di Terry e questo era stato di sicuro l’errore più grande che avesse potuto fare e che adesso si rimproverava, senza riuscire a capire come risolvere la situazione che si era venuta a creare, considerando il fatto che l’ultima volta che avevano parlato, proprio lì in casa Cornwell, avevano finito per litigare e lui se ne era andato furioso.

Albert l’aveva ascoltata in silenzio e poi, ponderando bene le parole, le aveva detto:

- Quanti anni sono che tu e Terence non avete più contatti? Almeno cinque se non ricordo male. Mi sembra del tutto normale che tu ti sia sentita quantomeno spaesata al momento che hai ricevuto una sua lettera, dopo tutto questo tempo. Non so cosa Terence ti abbia scritto, ma credo che tu abbia fatto bene a prenderti del tempo per riflettere.

- Purtroppo lui non la pensa come te ed io lo posso comprendere perché … dopo quello che mi ha scritto sicuramente si sarebbe aspettato una risposta immediata da parte mia.

Dopo aver detto queste parole Candy estrasse da una tasca della giacca che indossava una busta e la porse ad Albert affinché la leggesse. Lui la prese con esitazione, ma vedendo negli occhi di Candy la conferma a quello che il suo gesto lasciava intendere, la aprì e lesse. Al termine della lettura disse solamente:

- Capisco – e dopo una breve pausa riprese – Lui si è sbilanciato molto in questa lettera e, conoscendolo, credo che non gli sia costato poco scriverla, deve averci pensato per diverso tempo. Sicuramente il fatto che tu non gli abbia risposto lo ha ferito profondamente, questo è indubbio, però … non credo sia suo diritto essere arrabbiato con te.

- Che vuoi dire Albert? Non capisco. Hai appena detto che è normale che Terry si sia sentito ferito, perché ora mi dici che non dovrebbe essere arrabbiato? – chiese Candy che non riusciva davvero a comprendere dove volesse arrivare.

- Intendo dire semplicemente che, come lui si è preso tutto il tempo necessario prima di scriverti questa lettera, così anche tu hai il diritto di scegliere quando rispondergli. Io credo che lui sia arrabbiato non perché tu non gli hai risposto, ma perché non ne conosce il motivo. E’ questo che lo ferisce e se tu non sei riuscita a chiarirti con lui, Terence si sarà dato da solo una spiegazione e molto probabilmente si tratta di una spiegazione sbagliata.

- Io ho provato a spiegargli come sono andate le cose, ma lui non me lo ha permesso. Che cosa posso fare ora? – chiese Candy molto turbata, terrorizzata all’idea di quello che Terry potesse pensare di lei e dei suoi sentimenti.

- Credo che tu non possa far altro che cercare di parlarci di nuovo – concluse Albert stringendosi nelle spalle.

Candy gli spiegò allora che il giorno prima aveva fatto recapitare a Terence una breve lettera, dove lo pregava di potersi incontrare, ma lui non gli aveva ancora risposto.

Dopo due giorni Candy comprese il motivo di quel silenzio: Terence non si trovava più a Parigi, quindi vedersi sarebbe stato impossibile. Fu presa dalla disperazione quando si rese conto che era lei il motivo della partenza anticipata di Terence: lui evidentemente non sopportava di stare nella sua stessa città, non solo non voleva vederla, ma non intendeva neanche correre il rischio di incontrarla.

- Oh Albert … come farò adesso! – si disperò Candy, presa dallo sconforto.

Albert cercò di consolarla facendole notare che comunque Terence si era fatto sentire e le avrebbe scritto al più presto.

- Non devi disperarti Candy e poi … Londra non è così lontana!

 

 

Capitolo tredici

 A Londra


Tower Bridge


Londra, mercoledì 14 aprile 1920

Terence era arrivato al porto di Dover la mattina del 14 aprile e da lì aveva proseguito in treno verso Londra. Arrivato alla stazione, prese un taxi e, prima di recarsi al Savoy Hotel dove avrebbe alloggiato la compagnia durante la permanenza in città, chiese all’autista di fare una piccola deviazione verso Lonsdale Road. Una volta sceso dall’auto, riconobbe immediatamente il grande cancello che gli si presentava davanti in tutta la sua imponenza. L’edificio doveva essere in quel momento in ristrutturazione, c’era infatti un gran viavai di operai sia lungo l’alto muro di cinta, sia all’interno del parco che circondava la struttura centrale.

Terence si avvicinò al cancello e vi poggiò sopra una mano, socchiuse gli occhi e fu come rivivere ogni cosa: un dolore acuto gli trafisse il petto e rivide se stesso, in quell’autunno di sette anni prima, lasciare la Royal St. Paul School e la sua signorina Tuttelentiggini. Chiese ad un operaio se fosse possibile entrare ma l’uomo rispose che era assolutamente vietato perché l’edificio era pericolante.

- Evidentemente il duca ha deciso di interrompere le sue donazioni – mormorò Terence, ricacciando indietro subito quel pensiero perché solo nominare Sua Grazia gli dava il voltastomaco. Ancora non lo aveva perdonato e il giorno in cui chiese il suo aiuto per non far espellere Candy dalla scuola, ricevendo un netto rifiuto, era una ferita ancora aperta.

Prima di andarsene, gettò ancora uno sguardo al di là della cancellata e vide i narcisi in piena fioritura che punteggiavano di giallo alcune zone del giardino, gli sembrò d’un tratto di udire la voce di Candy, la sua allegra risata e le sue proteste quando lui la chiamava “Tarzan”. I suoi pensieri rincorrevano i ricordi che affioravano contro la sua volontà, arrivando fino alla Festa di Maggio, a quel ballo sulla collina con la sua Giulietta e a quel primo e unico bacio che ancora gli bruciava sulle labbra.

- Si sposti, non vede che intralcia i lavori?! – gli gridò all’improvviso un operaio, facendolo tornare di colpo alla realtà.

Terence indietreggiò e risalito sul taxi si avviò verso l’albergo. Dopo aver fatto una doccia ed essersi fatto portare in camera qualcosa da mangiare, si sdraiò sul letto esausto e, con la mente affollata di ricordi e il cuore pesante, si addormentò. Il suo sonno fu però alquanto agitato dal momento che i suoi pensieri non volevano saperne di lasciarlo in pace: fece sogni molto confusi in cui Candy lo chiamava per nome, ma lui continuava a camminare voltandole le spalle, ad un certo punto si voltava e le correva incontro ma quando era sul punto di abbracciarla manco a dirlo lei svaniva nel nulla. Quando la mattina dopo si svegliò aveva ancora negli occhi l’immagine di Candy che scompariva e capì in quell’istante che non voleva perderla di nuovo. Se lei non lo amava più doveva dirglielo in faccia, solo al quel punto avrebbe potuto rinunciare definitivamente ad averla al suo fianco.


Londra, giovedì 15 aprile 1920

Si era vestito velocemente ed era andato alla reception chiedendo di poter chiamare Parigi. Anche se non aveva potuto parlare con Candy, sentire Albert e sapere che era lì con lei, lo aveva un po’ tranquillizzato. Aveva però promesso che avrebbe risposto alla sua lettera al più presto ed era quindi giunto il momento di farlo: cosa le avrebbe scritto? Si sentiva ancora molto ferito dal comportamento di Candy e non intendeva affatto abbassare la guardia. Da quando si erano rivisti tutto era andato storto, sarebbe stato sufficiente incontrarsi di nuovo per cancellare le sue paure? Si convinse che in ogni caso, se accettava di rivederla, avrebbe dovuto mettere da parte la sua rabbia e il suo orgoglio, cosa decisamente difficile per lui, per evitare che tutto finisse di nuovo con un litigio. Con questi pensieri, prese carta e penna e iniziò a scrivere.

Londra, Savoy Hotel

15 aprile 1920

Cara Candy,

come probabilmente già saprai ho lasciato Parigi due giorni fa e per il momento non sarà possibile vedersi.

Mi dispiace che il nostro ultimo incontro si sia concluso in malo modo e spero anch’io che avremo l’opportunità di chiarirci di persona.

Con affetto
Terry

PS. Resterò a Londra fino al 10 maggio.

 

Per il giorno seguente era previsto l’arrivo a Londra del resto della compagnia Stratford, così Terence avrebbe ripreso la sua routine lavorativa fatta di estenuanti prove in preparazione agli spettacoli teatrali con cui avrebbero allietato il pubblico londinese per le prossime settimane. L’attore era felice di poter riprendere a lavorare: da quando aveva iniziato a recitare, il teatro lo aveva sempre aiutato a superare i momenti di difficoltà e sentiva che sarebbe stato così anche questa volta. Recitare in Inghilterra poi, nella patria di Shakespeare, significava davvero molto per lui, era la grande occasione affinché Terence Graham venisse incoronato come il più importante attore shakespeariano del momento, non se la sarebbe fatta di certo sfuggire. Sapeva che la sua concentrazione doveva rasentare la perfezione ma … non sarebbe stato per niente facile.

Ormai non poteva più negare a se stesso che da quando era partito da Parigi un sentimento di nostalgia si era fatto strada pian piano nel suo cuore e ogni giorno diventava sempre più forte, soprattutto ora che si trovava a Londra dove tutto gli ricordava lei. Perché quel sentimento di nostalgia aveva un nome ben preciso che ormai aveva preso dimora stabile nella sua mente. Per questo era arrivato persino a maledire la sua impulsività che lo aveva spinto ad abbandonare anzitempo la capitale francese: se avesse aspettato, si diceva, adesso la situazione poteva essere diversa e non avrebbe dovuto attendere la fine della tournée per sapere che cosa stesse passando per la testa di Tuttelentiggini. E comunque, anche se il suo orgoglio gli impediva di ammettere apertamente quanto desiderasse vederla, ogni volta che nella mente gli risuonava quel nome non poteva fare a meno di sorridere.

 

Londra, venerdì 16 aprile 1920


Appena giunta al Savoy Hotel, Karen Kleis era andata subito a cercare l’amico attore per vedere come stava e per aggiornarlo sulle ultime novità da Parigi. Fu felice di trovare Terence in ottima forma e ansioso di riprendere gli spettacoli che si sarebbero tenuti all’Old Vic, il teatro che dal 1914 aveva messo in scena tutta una serie di produzioni di Shakespeare, a cui non poteva mancare l’Amleto di Terence Graham.

 

Karen voleva soprattutto sapere cosa fosse successo con Candy per questo cercò di tirare in ballo l’argomento.

- Sai chi ho incontrato a Parigi poco prima della mia partenza?

- Ho la vaga impressione che me lo dirai anche se ti dicessi che non voglio saperlo – rispose l’attore sarcastico.

- Infatti te lo dico: ho avuto il piacere di incontrare Archibald Cornwell, il quale raggiante di felicità mi ha comunicato che la moglie aveva da poche ore dato alla luce due gemelli, Alistair e Rose se non sbaglio, e che tutti e tre erano in ottima forma fortunatamente.

- Ne sono davvero felice, devo ricordarmi di fare loro le congratulazioni la prossima volta che li vedrò.

- Quindi pensi di rivederli?

- E’ probabile.

- C’era anche Candy con il cugino … rivedrai anche lei, non è vero? – chiese l’attrice con una nota di speranza nella voce

- Sei la solita impicciona …

- Dai Terence, non tenermi sulle spine! Mi ha chiesto di salutarti sai e di farti i suoi più cari auguri per questa tappa londinese della tournée. Io credo proprio che sia rimasta molto male per la tua partenza anticipata e penso anche, anzi ne sono proprio sicura, che … tu le manchi moltissimo.

- Che cosa te lo fa pensare? – le chiese Terence tentando di nascondere l’inevitabile piacere procuratogli dalle ultime parole di Karen.

- E’ talmente evidente … quando parla di te le brillano gli occhi e le sue guance non possono fare a meno di tingersi di rosso. Solo un cieco, o piuttosto uno reso cieco dall’orgoglio, non se ne accorgerebbe – rispose l’attrice rimproverando non troppo velatamente l’amico per la sua cocciutaggine.

- Dal momento che sono sicuro che non mi lascerai in pace fino a quando non avrai ottenuto quello che vuoi, e poi sarei io quello testardo, sappi che Miss Ardlay mi ha scritto e che “il cieco” le ha persino risposto! – tentò di discolparsi Terence con un sorriso compiaciuto.

- Questa si che è una bellissima notizia! – gioì Karen con un piccolo applauso.

Dopodiché i due si salutarono dandosi appuntamento al mattino seguente, all’angolo tra The Cut e Waterloo Road.

 

 

 

Capitolo quattordici

In partenza

 

Parigi, sabato 17 aprile 1920

Da quando erano nati i gemelli, Candy non faceva altro che andare e venire dal Charity Hospital per sostenere Annie ed assicurarsi che tutto andasse per il meglio: mentre Archie trascorreva accanto alla moglie gran parte del pomeriggio, Candy si era offerta di restare con lei durante la notte, per poi fare ritorno a casa Cornwell in tarda mattinata. Dopo essersi riposata per qualche ora Candy pranzava insieme ad Albert, che aveva deciso di trattenersi a Parigi ancora per qualche giorno, e poi uscivano a fare lunghe passeggiate per gli incantevoli parchi cittadini. Annie con i gemelli sarebbe dovuta restare in ospedale almeno per due settimane, quindi Candy aveva pensato di ripartire per gli Stati Uniti una volta trascorso quest’arco di tempo, anche se adesso … non ne era più così sicura.

Quel sabato mattina, appena rientrata a casa, Candy ricevette dalle mani di Gaston una lettera. La giovane riconobbe immediatamente l’elegante grafia con cui era stato scritto l’indirizzo e si sentì mancare il respiro al pensiero che quella busta era stata qualche giorno prima nelle mani di lui. Corse nella sua stanza, mentre Gaston la osservava esterrefatto salire i gradini due a due, si tuffò sul letto e restò immobile per alcuni minuti, stringendo sul petto quella reliquia. Quando finalmente si decise ad aprirla, si sedette sul letto con le gambe incrociate e lesse più volte quelle poche righe che Terry le aveva scritto. Di sicuro non si era sprecato, questo era vero, ma Terry sapeva dire con poche parole molto di più di ciò che sembrava e in quella breve frase

“Mi dispiace che il nostro ultimo incontro si sia concluso in malo modo e spero anch’io che avremo l’opportunità di chiarirci”

Candy trovò tutta la forza di cui aveva bisogno per sperare ancora.

Inoltre, un altro piccolo particolare non le era sfuggito, e sicuramente lui lo sapeva, ovvero il modo in cui aveva firmato la lettera, usando quel diminutivo, “Terry”, che il giovane attore concedeva solo a due persone: sua madre e Candy. Anche per questo lei volle credere che forse quel muro che sembrava dividerli stesse iniziando pian piano a crollare, un pezzo dopo l’altro.

Ancora con la busta tra le mani molte domande iniziavano ad affollare la sua mente: che cosa avrebbe dovuto fare adesso? Attendere che lui terminasse la tournée per poi incontrarlo a New York? Sarebbe trascorso molto probabilmente più di un mese prima di poterlo rivedere, ce l’avrebbe fatta ad aspettare tutto quel tempo?

Proprio ora che si erano ritrovati nella stessa città si erano lasciati sfuggire stupidamente la possibilità di riavvicinarsi e adesso dovevano affrontare di nuovo la lontananza. Candy temeva quella ulteriore separazione, voleva che finisse al più presto. Sapeva che Terence era in collera con lei e in cuor suo pensava, anche se non voleva crederci davvero, che magari lui avrebbe potuto cedere a una di quelle centinaia di ammiratrici che letteralmente lo inseguivano, come aveva scherzato Karen Kleis. E se accecato dalla rabbia avesse deciso che non ne valeva la pena, che in fondo poteva avere tutte le donne che voleva? Oddio … Candy aveva pensato molto a cosa fare dopo che aveva ricevuto la sua lettera dove Terry le confessava di nutrire per lei gli stessi sentimenti di un tempo (perché era questo che lui le aveva scritto, o no? … non aveva parlato proprio di sentimenti bensì di un qualcosa che non era cambiato!) e ora una vocina perfida le perforava la testa insistendo sul fatto che ormai era troppo tardi, il destino le aveva concesso una seconda occasione e lei l’aveva miseramente sprecata, lasciandosi frenare dai dubbi e da un passato doloroso che opprimeva ancora il suo cuore. In mezzo a quell’alternarsi di speranza e timore Candy sentiva come se il suo cuore fosse in balia di un mare in tempesta, un attimo sulla cresta di un’onda e l’attimo dopo dentro il più violento dei vortici, aveva i nervi a fior di pelle e in quella situazione pensò che solo una persona la potesse aiutare.

Da pochi minuti Albert era rientrato a casa Cornwell dopo essere andato a trovare Annie e i gemelli, quando Candy lo trovò immerso in una poltrona nello studio, intento a sorseggiare una tazza di tè. Il giovane si rallegrò nel vederla e si mise a raccontarle di come avesse trovato la puerpera in ottima forma e di quanto fossero meravigliosi quei piccoli angioletti: Alistear che sembrava il ritratto preciso del compianto zio e la dolcissima Rose che invece somigliava come una goccia d’acqua alla madre. Ad un tratto Albert si accorse che Candy non lo stava minimamente ascoltando, ma piuttosto sembrava assorta in pensieri non proprio piacevoli, poi notò che stringeva nella mani una lettera.

- Candy hai ricevuto buone notizie? – le chiese cercando di attirare la sua attenzione.

- Come? Beh … sì e no – rispose Candy esitante – Terence ha risposto alla mia lettera.

- E che cosa dice? … Se è lecito saperlo.

- Dice che gli dispiace di come ci siamo lasciati quando ci siamo visti qui a Parigi e che sarebbe felice di poterne parlare di persona.

- Mi sembrano delle ottime notizie … o sbaglio? Ho l’impressione invece che ci sia qualcosa che ti preoccupa.

- Effettivamente è così. Temo che dovrà passare diverso tempo prima di poterlo rivedere e ho paura che … - Candy non riusciva ad andare oltre, stranamente si sentiva imbarazzata per tutta quell’urgenza, per fortuna Albert che la conosceva bene aveva perfettamente compreso quali potessero essere i suoi timori e corse come sempre in suo aiuto.

- Non capisco quale sia il problema. Dunque vediamo … Parigi - Londra distano più o meno 300 miglia, per cui io direi che puoi raggiungere Terence quando vuoi – disse Albert sorridendo maliziosamente.

- Credi davvero che potrei farlo? Ma lui adesso è molto impegnato con il teatro, interpretare l’Amleto a Londra credo proprio che sia un sogno che si realizza, non vorrei risultare inopportuna e poi …

- Secondo me se tu vai a Londra da lui, i sogni che Terence realizzerà saranno due! – la interruppe Albert facendole l’occhiolino.

- Oh Albert, non prendermi in giro! Tu sei troppo ottimista … e se invece non volesse vedermi in questo momento? Nella sua lettera non mi ha certo scritto di raggiungerlo al più presto – ammise la ragazza sconsolata.

- Non ti ha scritto dove alloggia o fino a quando resterà a Londra?

- Beh … sì. Si trova al Savoy e dice che si fermerà a Londra fino al 10 maggio.

- Candy a volte la tua ingenuità mi stupisce! – esclamò Albert mettendosi a ridere – Secondo te per quale motivo Terence ti ha fornito queste precise indicazioni?

- Si aspetta che vada a Londra? Credi che accetterà di incontrarmi?

- Vorrà almeno incontrare un vecchio amico che non vede da anni e che più di una volta lo ha tirato fuori dai guai ed è per questo motivo … che ho intenzione di accompagnarti!

Candy lo guardò per un attimo sbigottita e poi il suo volto si illuminò con un sorriso pieno di riconoscenza.



Capitolo quindici

A teatro

 


Old Vic Theatre, London

 

Londra, domenica 18 aprile 1920

- Lo hai finito di leggere vedo. Che ne pensi? – chiese Karen gettando uno sguardo al libro che Terence aveva appena chiuso tra le mani.

- Mi è piaciuto molto. Una frase mi ha colpito in particolare, quando il capitano Wentworth comprende che il cuore di Anne, nonostante siano passati sei anni dalla loro separazione, è ancora suo dice: “Devo imparare a sopportare una felicità maggiore di quella che merito”. Anch’io non so se la merito …

- Chi più di te merita di essere felice, dopo tutto quello che hai passato? – disse Karen capendo subito a cosa facesse riferimento l’amico.

- Ho sbagliato Karen, ho fatto l’errore più grande di tutta la mia vita quando ho permesso che se ne  andasse, sono stato un vigliacco. E questo mio errore ha portato solo dolore a tutti coloro che erano coinvolti, ma soprattutto a lei che ora probabilmente ha talmente paura di soffrire di nuovo e di sicuro non si fida più di me. Quando per la prima volta mi sono reso conto che l’amavo, che era l’unica donna che avrei mai potuto amare, promisi a me stesso che non mi sarei mai comportato come mio padre, che non l’avrei mai delusa e che lei sarebbe venuta sempre prima di tutto. Ma non ci sono riuscito … e ora …

La voce di Terence si spezzò.

- Non è tropo tardi Terence, ne sono sicura! Dovete solo superare le vostre paure, ma potete farlo solo insieme – gli disse Karen con tutto l’affetto che nutriva per lui.

Dall’altra parte della Manica intanto si stava organizzando un viaggio a Londra, calcolando di arrivare nella capitale inglese la domenica successiva. Quella settimana a Candy sembrò durare un’eternità, contava le ore e i minuti, le sembrava che tutta la sua vita dovesse dipendere da quell’incontro. Già, ma lui neanche lo sapeva. Candy gli aveva scritto una lettera senza accennare minimamente alla sua visita, preferiva che Terence non lo sapesse, desiderava fargli una sorpresa, sperando che fosse una sorpresa gradita. Sapere che Albert l’avrebbe accompagnata la faceva sentire più sicura in un certo senso anche se nel profondo del cuore temeva ancora la reazione di Terence perché sapeva quanto il giovane poteva essere imprevedibile. Così gli aveva scritto solo poche righe.

Parigi, 20 aprile 1920

Caro Terry,

oggi ho ricevuto la tua lettera e ciò che hai scritto mi ha reso davvero felice. Spero con tutto il mio cuore che il comune desiderio che abbiamo di poterci parlare di nuovo di persona si possa realizzare al più presto.

Annie si sta rimettendo velocemente e anche i gemelli sono in gran forma per cui tra pochi giorni potrebbero essere dimessi dall’ospedale e fare finalmente ritorno a casa, dove già li attendono i signori Brigthon.

Penso quindi che tra non molto potrò lasciare Parigi.

Ti faccio i miei migliori auguri per i tuoi prossimi impegni teatrali, ma sono sicura che anche a Londra otterrai tutto il successo che meriti.

Ti abbraccio
Candy

 

Londra, sabato 24 aprile 1920

Quando Terence ricevette la lettera di Candy rimase profondamente deluso dal fatto che lei accennasse a lasciare Parigi: sarebbe dunque ripartita per gli Stati Uniti? L’oceano li avrebbe di nuovo separati? Avrebbe dovuto attendere la fine della tournée per rivederla, o addirittura di più? Si stava facendo prendere dall’impazienza e questo danneggiava pesantemente la sua concentrazione, tanto che Robert era stato costretto a riprenderlo più volte durante le ultime prove, lui si era molto innervosito e aveva finito per andarsene sbattendo la porta del camerino. I colleghi erano abituati a questi “capricci da star” come li chiamavano, a cui il primo attore incorreva spesso, ma sapevano anche che il giorno dopo Graham si sarebbe presentato alle prove sfoderando una prestazione impeccabile. Tuttavia questa volta Mr. Hathaway temeva che la questione fosse un po’ più complicata del solito e che le intemperanze del suo pupillo non fossero solamente capricci. Sapendo che avrebbe ricavato ben poco da lui e pensando anche di non stressarlo troppo visto il carico di responsabilità che già gravava sulle sue spalle, Robert pensò di parlare con Karen Kleis. Conosceva il legame di profonda amicizia e stima che legava i due ragazzi, per cui una sera dopo le prove, chiamata Karen nel suo ufficio, le chiese se era a conoscenza di cosa potesse affliggere Terence, perché era chiaro che qualcosa non andava.

Karen rimase incerta per un po’ su cosa rispondere al regista. Il giorno seguente ci sarebbe stata la prima rappresentazione dell’Amleto all’Old Vic e non voleva che Robert si facesse strane idee sulla professionalità di Terence. Anche perché già una volta Graham aveva mollato tutti ed era scomparso per mesi senza alcuna spiegazione; all’epoca si pensò che il suo crollo nervoso fosse dovuto al senso di colpa per il grave incidente di cui era stata vittima la giovane collega Susanna Marlowe. Tuttavia tra i giornalisti era girata la voce, mai pubblicata perché non confermata, che ci fosse di mezzo sì una donna, ma che questa non fosse affatto la Marlowe. Se ora Karen avesse rivelato che lo scarso rendimento del primo attore era dovuto per la seconda volta ad una donna, peraltro la stessa di allora, che cosa avrebbe pensato Mr. Hathaway? Ritenne quindi che fosse meglio tacere e liquidò la preoccupazione di Robert dicendo che Terence avrebbe recitato per la prima volta nella città in cui aveva trascorso gran parte della sua vita e questo sicuramente aumentava le aspettative che aveva verso se stesso. Robert non doveva preoccuparsi perché Terence Graham avrebbe ammaliato il pubblico come al solito. Il regista accettò con riluttanza questa spiegazione, pensando tra sé che avrebbe comunque dovuto fare molta attenzione.

Dopo essere uscita dall’ufficio di Robert, Karen si recò da Terence per informarlo su quanto era accaduto e per sincerarsi del fatto che non fosse successo qualcosa di cui lei non era a conoscenza, ma che sembrava agitare molto il futuro “principe di Danimarca”. Alle insistenti domande dell’attrice Terence reagì in malo modo, senza però rivelare niente di nuovo, assicurando che il giorno dopo la sua recitazione sarebbe stata come al solito perfetta. E così fu. Terence non era più un ragazzino, era cresciuto molto negli ultimi anni sia come uomo sia come attore e quando saliva sul palco ogni fibra del suo corpo unita alla sua anima veniva come rapita e trasportata in un altro mondo, trascinandosi dietro tutto il pubblico presente.

 

Londra, domenica 25 aprile 1920

Quella sera all’Old Vic, le persone presenti in teatro assistettero a uno spettacolo memorabile, di cui in seguito si sarebbe continuato a parlare per molti anni. Oltre alle imponenti scenografie che magicamente sembravano prendere vita e ai magnifici costumi di scena, ciò che più colpì il pubblico fu senza dubbio quel giovane attore che aveva magnificamente e tragicamente reso reale il personaggio di Amleto, dilaniato dal conflitto fra ragione e follia.

Quando durante la prima scena del terzo atto si giunse al celebre monologo del principe, in sala non si udiva il minimo rumore, solo la voce drammaticamente cupa di Graham:

- Essere o non essere, questo è il problema. E’ forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o imbracciar l’armi, invece, contro il mare delle afflizioni, e combattendo contro di esse metter loro una fine? Morire per dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest’è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire per dormire. Dormire, forse sognare…

Quante volte Terence aveva dovuto combattere per calmare i dolorosi battiti del suo cuore!

Al termine della rappresentazione il teatro esplose in un boato di urla ed applausi e quando Terence Graham si fece avanti rimanendo da solo al centro del palco, mentre si inchinava di fronte al suo pubblico, tutti in sala si alzarono in piedi per rendere il giusto omaggio a quel giovane attore che li aveva letteralmente estasiati.

Terence non sapeva che in uno dei palchi centrali, proprio di fronte al palcoscenico, in quel momento un cuore batteva in perfetta armonia con il suo.

Tornato in camerino, dopo aver ricevuto i complimenti dei colleghi, dovette cambiarsi in fretta perché quella sera lo attendeva un evento a dir poco lusinghiero per una compagnia teatrale: era previsto infatti un grande ricevimento niente meno che a Buckingham Palace, alla corte di re Giorgio V che proprio nel 1920 festeggiava i dieci anni di regno. Conoscendo l’allergia di Terence alle feste Robert Hathaway aveva insistito molto perché partecipasse almeno a questa, non ammetteva scuse, la compagnia non poteva presentarsi al re senza il suo attore protagonista. Terence era stato costretto a cedere ed indossato il suo immancabile smoking, bello come il sole, si apprestava ad illuminare l’alta nobiltà inglese. Era sul punto di uscire quando sentì bussare alla porta, credendo che fosse di nuovo Robert gridò un po’ scocciato che stava arrivando e aprì trovandosi invece davanti un uomo alto, biondo, con gli occhi azzurro cielo, elegantissimo che gli disse con voce pacata:

- Ciao Terence, quanto tempo!

- Albert, sei davvero tu? – chiese l’attore con gli occhi spalancati e un attimo dopo i due giovani si salutavano con un caloroso abbraccio fraterno.

- Non ci posso credere, come stai Albert? O forse devo chiamarti William? – chiese Terence con un sorriso malizioso – Ormai sei un importante uomo d’affari.

- Ti concedo di chiamarmi ancora solo Albert – disse il biondo scoppiando a ridere, seguito a ruota dall’amico.

- Ma cosa ci fai a Londra?

- Sono venuto ad ammirare la stella di Broadway, a proposito sei incredibile su quel palco, stentavo a riconoscerti. Sono ancora scosso da ciò che ho visto! – esclamò Albert sinceramente ammirato.

Dopo averlo invitato ad entrare nel camerino, i due uomini continuarono per un po’ a complimentarsi l’un l’altro per i successi raggiunti, con Terence ancora incredulo davanti a quell’amico che più volte nel passato lo aveva tirato fuori dai guai e con Albert che da parte sua notava con ammirazione quanto quel ragazzino che aveva conosciuto a Londra anni prima fosse cresciuto, non solo nel fisico, ma anche nell’atteggiamento che era diventato molto più sicuro ed aperto. Non impiegarono molto tempo per ritrovare quell’intesa che li aveva fatti subito legare in una forte amicizia e quando Albert se ne rese conto trovò il coraggio di dirgli che non era da solo, ma che qualcun altro aveva assistito allo spettacolo insieme a lui e desiderava salutarlo. Terence non comprese subito (o piuttosto non volle illudersi) e chiese se per caso Albert si fosse deciso al grande passo, considerando che la sua posizione attuale glielo permetteva e non potendo aspettare ancora troppi anni, vista l’età, concludendo la frase con una risata delle sue. Albert sorrise a quella battuta, precisando che la donna che gli avrebbe fatto perdere la testa doveva ancora nascere, ma dopo il suo volto si fece serio mentre guardava Terence dritto negli occhi. E Terence capì.

- Dov’è? – chiese abbassando la voce, dopo un attimo di incertezza.

- Ci sta aspettando in una saletta privata, al primo piano.

- Andiamo! – esclamò Terence già sulla porta.

I due giovani uscirono e appena fuori dal camerino incrociarono Karen Kleis che stava appunto andando a chiamare il primo attore.

- Terence ti stavo cercando, dobbiamo andare …

- Karen mi faresti un favore? Diresti a Robert che vi raggiungo … fra poco? – chiese Terence con l’impazienza di chi sta per perdere il treno.

- Ma dove stai andando? Robert andrà su tutte le furie se non ti fai vedere nemmeno stasera, è troppo importante, lo sai!

- Ho detto che vi raggiungo più tardi … ti prego Karen – disse con uno sguardo implorante che l’amica non gli aveva mai visto.

L’attrice lanciò poi un’occhiata all’uomo biondo che si trovava con Terence, non lo conosceva, ma le venne in mente una foto vista qualche mese prima su un giornale dove appariva accanto a … possibile che lei fosse qui?

- D’accordo, ci penso io a dirlo a Robert, stai tranquillo – lo rassicurò l’attrice, stringendogli il braccio con una mano, poi lo vide scomparire nel buio del dietro le quinte.

Albert cercava di fargli strada, ma in realtà Terence lo aveva superato perché su quelle scale sembrava volare, tanto forte era la voglia di vederla. Arrivato in cima si fermò. Albert lo raggiunse e prima di indicargli la direzione da prendere, gli mise una mano sulla spalla e guardandolo fisso negli occhi impazienti gli disse:

- Vacci piano, lei ha bisogno di parlare con te.

Terence serio in volto, sospirò e fece cenno con la testa di aver capito.

Entrarono e la vide, in piedi, di spalle, con i suoi lunghi riccioli biondi, avvolta in un abito di seta verde acqua. Lei avvertì la sua presenza e si voltò, li vide avvicinarsi e non poteva credere ai suoi occhi. Le sembrò di colpo di essere tornata alla zoo di Londra, quando aveva trovato Terence insieme ad Albert che chiacchieravano e ridevano come vecchi amici, scoprendo poco dopo che ridevano di lei e dei soprannomi che Terence le dava!

- Benvenuta a Londra Candy – la salutò Terence, sorridendo prima con gli occhi e poi con le labbra.

- Grazie Terry, come stai? – le chiese lei non riuscendo a nascondere l’emozione che la stava facendo tremare.

- Molto bene e, da quel che vedo, anche tu.

Ci fu un attimo di imbarazzante silenzio ed Albert andò in loro soccorso proponendo di brindare al grande successo che l’amico attore aveva ottenuto quella sera, stregando tutti con il suo Amleto. Quando arrivarono i loro drink, Terence propose un secondo brindisi dedicato agli amici che si ritrovano dopo tanti anni e si rendono conto che la loro amicizia non è svanita, anzi è sempre lì dove l’avevano lasciata. Fu un momento magico, pieno di affetto e di speranza, come quando si torna a casa dopo un lungo viaggio che forzatamente ci ha tenuto lontano dai nostri cari.

Dopodiché i tre amici, avvolti dal piacere di stare insieme, iniziarono a scherzare e a prendersi in giro e naturalmente era soprattutto Candy a subirne le conseguenze. Terence raccontò di quando in Scozia, durante le vacanze estive, aveva sorpreso Candy che faceva la “scimmietta” in mezzo al bosco, mentre Albert si divertì ad enumerare le grandi doti culinarie della ragazza che in cucina era un vero disastro. Candy fece finta di risentirsi delle loro prese in giro, affermando che quando sarebbe diventata medico gliel’avrebbe fatta pagare se disgraziatamente i due si fossero trovati nel suo ospedale. Scoppiarono tutti e tre a ridere e Candy osservava estasiata i due uomini che più amava che apparivano così in sintonia, in particolare si meravigliò nel vedere Terence così sereno e felice, pensò che fosse dovuto al grande successo riscosso quella sera.

Purtroppo la mezzora a disposizione di Terence passò velocemente ed egli si ricordò che aveva un impegno molto importante a cui non poteva assolutamente mancare e a malincuore dovette comunicare ad Albert e Candy che doveva andar via.

- Non sai Candy questo ragazzaccio dov’è atteso questa sera! – disse Albert avvicinandosi all’orecchio della ragazza che guardò Terence con aria interrogativa.

- Oh Albert per favore, abbi pietà di me, preferirei di gran lunga restare qui con voi, lo sai!

- Mi dispiace amico, Buckingham Palace ti attende!

- Cosa? – chiese Candy assai stupita.

Terence le fece cenno di lasciar perdere e subito li invitò a cena per il giorno dopo, sarebbero stati suoi ospiti. Si alzarono e Terence salutò Albert abbracciandolo e ringraziandolo di cuore per la bellissima sorpresa, poi si voltò verso Candy dicendole “A domani”, stringendole forte la mano prima di allontanarsi.

Albert e Candy presero un taxi per tornare al Savoy Hotel dove alloggiavano, lo stesso in cui si trovava la compagnia Stratford e dunque anche Terence. I due erano stranamente in silenzio quando Albert improvvisamente esclamò:

- Avresti dovuto vederlo salire le scale!

- Come? – chiese Candy.

- Quando gli ho detto che non ero da solo, mi ha chiesto dov’eri e poi si è lanciato su per le scale, non vedeva l’ora di arrivare da te. Domani sera andrai da sola, io non verrò a cena con voi.

- Albert ti prego vieni anche tu! – implorò Candy pur sapendo che l’amico aveva ragione.

- Candy quanto ancora vuoi aspettare prima di parlare con lui? Dov’è finito tutto il tuo coraggio? Siamo venuti fino a Londra perché non riuscivi più a stargli lontano e ora, non ci avrai ripensato? – disse Albert in modo molto diretto per cercare di far reagire la ragazza.

- Certo che no! – quasi gridò Candy.

- Allora devi parlare con lui e devi dirgli tutto quello che hai nel cuore, devi chiedergli tutto quello che vuoi sapere e sono sicuro che Terence ti ascolterà questa volta!

 

 


Capitolo sedici

Romeo e Giulietta

 

Romeo e Giulietta (F. Zeffirelli, 1968)

 

Tornata nella sua stanza al Savoy Hotel, Candy aveva fatto una doccia e dopo aver indossato la sua camicia da notte si era sdraiata sul letto, ripensando a tutto quello che era successo. Si era separata da lui da poche ore, ma adesso si rendeva conto che faceva una gran fatica a stargli lontano, sapendo che si trovava a così poca distanza da lei. Provò a spengere la luce e a infilarsi sotto le coperte. Chiuse gli occhi, ma l’oscurità non l’aiutò a distogliere i pensieri, anzi: nella sua mente scorrevano mille immagini, ogni espressione apparsa sul suo volto, ogni più piccolo gesto che lui aveva compiuto, ogni cosa che lo riguardava le sembrava poesia. Continuava a rigirarsi nel letto senza trovare pace, come se ogni movimento potesse scacciare la visione di lui che le sorrideva e quella sensazione della mano di Terry che stringeva forte la sua mentre le diceva “A domani”. Mise la testa sotto il cuscino e d’un tratto le sembrò di udire una melodia … un’armonica … possibile? Si mise seduta per ascoltare meglio … ma la musica era come svanita.

Saltò fuori dal letto e cominciò a camminare avanti e indietro, dal letto alla porta e dalla porta al letto. Improvvisamente infilò la vestaglia e uscì dalla stanza, dirigendosi verso la n. 32. Bussò. Niente. Forse dorme, pensò. Bussò di nuovo.

- Chi è? – chiese una voce cupa dall’interno.

Candy rabbrividì ed esitò chiedendosi cosa le fosse saltato in mente. Si voltò e stava quasi per andarsene quando sentì la porta aprirsi.

- Candy … cosa ci fai qui?

Lei si voltò ma teneva gli occhi bassi e non sapeva cosa dire.

- Stai bene? – le chiese lui quasi sussurrando, con una voce molto diversa da quella con cui aveva risposto prima di aprire la porta.

- Sì … solo che non riesco a dormire e ho pensato che … - disse Candy balbettando.

- Entra … accomodati pure – suggerì Terence indicando il divano, mentre si dirigeva verso lo scrittoio e Candy richiudeva la porta alle sue spalle.

- Ti dispiace se finisco di scrivere una cosa? C’è del tè caldo sul tavolino, se ti va – continuò lui, voltandole le spalle ed esibendo una grande tranquillità e sicurezza, mentre dentro il petto il suo cuore faceva le capriole.

Candy in silenzio si sedette sul divano davanti al camino dove il fuoco era ormai quasi spento e si servì del tè. La stanza di Terence era molto grande: c’erano un divano e due poltrone in velluto blu come la tenda dell’ampia finestra alla destra del camino, davanti la finestra era posizionato un tavolo ad uso di scrivania con una lampada accesa, unica luce in quel momento ad illuminare l’ambiente; lungo la parete c’erano un mobile bar, un altro tavolino rotondo con due poltrone e un grammofono con molti dischi. Una porta leggermente aperta rivelava la presenza di un’altra stanza, la camera da letto, fornita probabilmente di bagno privato.

Candy si sentiva estremamente imbarazzata. Non riusciva a fare a meno di guardare Terence ma temeva che lui se ne sarebbe accorto, anche se appariva completamente concentrato sul foglio che aveva davanti. Si era seduto allo scrittoio in maniera rilassata, con una gamba piegata e l’altra distesa. Non si era cambiato d’abito, aveva però tolto la giacca e la cravatta, liberando i primi bottoni della camicia candida e arrotolando le maniche fino al gomito. Con la mano sinistra sfogliava le pagine di un libro, posato sopra ad altri aperti sul tavolo, mentre con la destra teneva una penna e scriveva ogni tanto qualcosa. Aveva i capelli leggermente scompigliati sulla fronte e lo sguardo intenso come se si trovasse in un altro mondo, lontanissimo da lì.

Con un gesto lento e delicato come una carezza chiuse il libro e continuò a scrivere per qualche istante, poi ripose carta e penna in un cassetto e si alzò, dirigendosi verso il camino. Dopo aver aggiunto della legna per far riprendere la fiamma, si sedette sul divano, dalla parte opposta a quella dove si trovava Candy che in quel momento pensò “E adesso?”.

Terence con una mezza torsione del busto si voltò verso di lei, appoggiando il braccio sinistro sullo schienale e le sorrise, rivolgendosi a lei con un tono insolente che Candy ben conosceva, essendone stata vittima più volte negli anni passati.

- Allora Lentiggini, vedo che non hai perso l’abitudine di intrufolarti nella camere dei ragazzi!

- Come? – chiese la ragazza sgranando gli occhi.

- Devo forse ricordarti le tue scorribande notturne alla St. Paul School, quando saltellavi di ramo in ramo per andare dalle stanze delle ragazze a quelle dei ragazzi, mia piccola Tarzan?

- Beh questa volta non ho saltellato di ramo in ramo, ma ho bussato, non ho più queste cattive abitudini al contrario di te che ancora non hai abbandonato quel tuo viziaccio di dare soprannomi – lo rimproverò Candy risentita - E poi anche tu ti intrufolavi nelle stanze delle ragazze se non ricordo male!

- Non è stata colpa mia, Albert ha sbagliato dormitorio – si difese Terence alzando le mani, poiché aveva capito bene a cosa Candy facesse riferimento.

- Si certo, siete proprio una bella coppia voi due! Non avete fatto altro che prendervi gioco di me a teatro.

Terence scoppiò a ridere e subito dopo anche Candy non riuscì a trattenersi. Tornati seri Candy gli chiese che cosa stesse scrivendo prima e lui rispose che, non riuscendo a dormire, aveva iniziato a studiare il copione per il nuovo spettacolo che la compagnia Stratford aveva in programma per la prossima stagione autunnale a Broadway. Anche se in realtà non si trattava proprio di qualcosa di nuovo.

- Vuoi che te lo legga? – le chiese e Candy acconsentì, dicendo – Magari mi viene sonno!

Terence sorrise senza rispondere, si alzò e dopo aver preso il copione tornò a sedersi sul divano questa volta più vicino a Candy affinché lei potesse ascoltarlo meglio. Sfogliò le pagine fino a quando non trovò la parte che gli interessava, si schiarì la voce e cominciò a leggere:

- Ho superate quelle mura con l’ali leggere dell’amore, poiché non v’è ostacolo di pietra che possa arrestare il passo dell’amore, e tutto quel che amore può fare, subito trova il coraggio di tentarlo: son queste le ragioni per cui i tuoi familiari non possono fermarmi.

A questo puntò passò il copione a Candy indicandole con il dito dove leggere. Candy gli rivolse uno sguardo stupito, ma lui la incoraggiò con un sorriso e lei lesse:

- Se ti vedranno, ti uccideranno.

Terence continuò recitando a memoria, lasciando il copione nelle mani di Candy, rivolto verso di lei che teneva lo sguardo basso sulle parole che doveva leggere, mentre sentiva gli occhi di lui accarezzarle la guancia.

- Ahimé, che s’ascondono più pericoli nel tuo occhio che non in venti delle loro spade. Sarà sufficiente che tu mi guardi con dolcezza ed eccomi difeso a tutta prova contro la loro inimicizia.

- Non vorrei, per tutt’il mondo, che ti sorprendessero in questo luogo.

- Ho il mantello della notte per celarmi agli occhi loro. Se tu m’ami, non m’importa ch’essi mi scoprano. Sarebbe meglio che la mia vita fosse troncata dal loro odio, anziché la mia morte prorogata, ma senza che potessi guardar l’amor tuo.

- E chi ha saputo guidarti fin qui?

- E’ stato Amore, che per primo ha guidato i miei passi. M’ha prestato il suo consiglio ed io gli ho prestato gli occhi. Non sono un buon pilota: e nondimeno, se tu fossi lontana da me quanto la riva abbandonata cui lavorano i marosi del più remoto fra gli oceani, non esiterei a mettermi in mare, per un carico così prezioso.[3]

Candy voltò la pagina ma non proseguì nella lettura e gli chiese con la poca voce che riuscì a produrre:

- Ma questo è Romeo e Giulietta! Quindi sarai Romeo … di nuovo?

- Sì.

Ci fu un momento di silenzio, a Terence sembrò che Candy si fosse rattristata, forse non avrebbe dovuto smuovere certi ricordi.

- Ti è venuto un po’ di sonno adesso? – chiese scherzando per alleggerire la tensione che avvertiva tra loro.

Infatti Candy sorrise rispondendo di no.

- Che il sonno elegga sua dimora nei tuoi occhi, e scenda la pace nel tuo cuore! Ah, potessi essere io il sonno e la pace per poter riposare tanto dolcemente![4]- le sussurrò Terence, ritrovando coraggio e prendendole la mano.

I due ragazzi erano in quel momento molto vicini e per Candy la voce di Terry era come una dolce melodia che mentre le scaldava il cuore le procurava anche una miriade di brividi lungo la schiena. Lui la fissava immobile, accarezzandole con il pollice il dorso della mano.

Terence sentì in quel preciso istante che tutta la sua rabbia era come svanita chissà dove e l’unica cosa che desiderava era averla vicina, molto vicina. Ma una punta d’orgoglio che ancora resisteva dentro di lui lo induceva a pensare che questa volta doveva essere Candy a fare il primo passo e così rimase fermo, in attesa.

Lei lo guardò negli occhi per un attimo, nel silenzio della stanza solo il loro respiro, quando all’improvviso un legno consumato in parte dal fuoco si spezzò e cadde fuori dal camino facendo rumore, in una nuvola di fumo. Candy si voltò abbassando gli occhi, Terence capì a malincuore che non era ancora il momento, che evidentemente c’erano ancora molte cose da chiarire, che la loro distanza si era forse ridotta, ma non annullata. Si alzò per sistemare il fuoco.

Quando ebbe finito si voltò verso Candy e appoggiandosi al camino con le spalle le disse che forse era il momento di andare a dormire e lei fu d’accordo. Si offrì di accompagnarla fino alla sua camera che era distante solo qualche metro. Davanti alla porta si augurarono la buonanotte, dandosi appuntamento al giorno dopo.

Candy entrò nella sua stanza e stava per chiudere la porta ma all’ultimo momento la riaprì un poco e …

- Terry …

Lui era ancora lì e la guardava, con la chiave della camera in mano e un leggero sorriso sulle labbra.

- Dimmi – le sussurrò.

- Volevo dirti che … mi sei mancato molto – gli confessò con un filo di voce e un’ombra di timore sul viso, in compenso i suoi occhi parlavano per lei, verdissimi e splendenti, dicevano molto di più.

Il sorriso di Terence si fece più coraggioso.

- Sono felice che tu sia qui.

- Buonanotte – gli disse Candy sorridendo a sua volta.

- Sogni d’oro Lentiggini!

 

 

 

Capitolo diciassette

Confessioni

 


St. James’s Park, London

 

Londra, lunedì 26 aprile 1920

Il mattino seguente Terence si svegliò molto tardi e appena ebbe aperto gli occhi scorse attraverso la porta socchiusa della camera da letto il divano, dove la sera precedente aveva parlato con Candy. Solo poche ore prima lei era lì, era venuta a cercarlo nella sua stanza perché non riusciva a dormire … in vestaglia! Ricordando quel particolare il ragazzo si dette dello stupido, prendendo a pugni il cuscino, pensando per un attimo che era stato proprio da idioti non approfittare della situazione! Ma immediatamente ricacciò indietro quel pensiero. Il comportamento di Candy quando lui aveva osato carezzarle la mano era più che eloquente e poi c’era ancora aperta la questione della lettera a cui lei non aveva più fatto cenno. Mille dubbi tornarono a tormentarlo e anche se lei era venuta fino a Londra per lui, questo era evidente, il suo comportamento restava per molti aspetti ancora indecifrabile.

Pensò che non doveva assolutamente farsi scappare l’occasione della cena di quella sera per chiarire le cose una volta per tutte, a qualunque costo. Albert infatti gli aveva fatto sapere che per motivi di lavoro si sarebbe dovuto recare a Bristol nel pomeriggio e sicuramente non avrebbe fatto in tempo a tornare per cena: Candy e Terence sarebbero stati da soli.

Dopo aver fatto colazione in camera, Terence pensò a quale ristorante prenotare e la sua scelta ricadde sul Wiltons, uno dei più antichi ristoranti londinesi, dove era possibile gustare dell’ottimo pesce. Si trovava in King Street, non molto distante dal Savoy Hotel, sarebbero potuti andare anche a piedi e godere di una breve passeggiata nella tiepida primavera inglese.

Anche Candy si era svegliata piuttosto tardi e, contrariamente alle sue normali abitudini, era rimasta a letto ancora un po’ tornando con la mente alle dolci emozioni della sera precedente. Le sembrava di risentire la voce di Terence mentre recitava la parte di Romeo e le carezzava la mano. Poi si ricordò che aveva osato andare nella sua stanza, addirittura in vestaglia, e si sentì arrossire violentemente per la vergogna.

- Mio Dio che cosa avrà pensato Terry? – si chiese tra sé, ma subito dopo la colse una strana sensazione perché in realtà non si vergognava affatto. Stare con Terry nella sua stanza, da soli, ora che ci pensava, le era sembrata la cosa più normale del mondo. Certo c’era stato un po’ di imbarazzo all’inizio, ma quando avevano cominciato a parlare e scherzare come facevano una volta, in quei pomeriggi trascorsi insieme sulla  “seconda collina di Pony” alla St. Paul School, tutto era apparso assolutamente naturale, quasi come se quegli anni non fossero passati e non avessero dovuto affrontare quella dolorosissima separazione.

Quella sera a cena sarebbe stata di nuovo da sola con lui e, se da una parte non vedeva l’ora, dall’altra sapeva che non sarebbe stato facile aprirgli il suo cuore totalmente e sinceramente, ma doveva trovare il modo di farlo, sperando che Terry avesse smaltito, come in effetti sembrava, un po’ della rabbia con cui se ne era andato da Parigi.

Il lunedì trascorse per entrambi nell’attesa di vedersi. Candy era molto agitata, non sapeva cosa indossare né come pettinare i capelli e già questa cosa la turbava notevolmente perché in vita sua non si era mai preoccupata troppo del suo abbigliamento o dei suoi capelli, perché proprio ora dovevano diventare un problema! Alla fine aveva optato per un abito chiaro in chiffon con un soprabito abbinato e aveva deciso di lasciare i capelli sciolti. Quando sentì bussare alla porta aveva appena finito di abbottonare il leggero soprabito e corse ad aprire. Anche Terence era nervoso, ma quando vide comparire Candy sfoderò il più bello dei suoi sorrisi e le porse il braccio, chiedendole se fosse pronta, lei annuì e si appoggiò a lui. Decisero di usare l’auto perché per Terence poteva essere un problema passeggiare a quell’ora per le strade di Londra senza essere riconosciuto, oltretutto con a fianco “questa bellissima bionda” come disse riferendosi a Candy facendola arrossire. Era forse la prima volta che Terence le rivolgeva un complimento così esplicito e lei ne rimase piacevolmente turbata.

Al Wiltons venne servita loro la cena in una saletta privata che Terence si era fatto riservare, trovando il proprietario ben lieto di soddisfare ogni esigenza del famoso attore. Mangiarono ostriche e dell’ottimo pesce, ma Candy nonostante fosse un gran golosa quella sera riuscì a mandare giù ben poco. Terence si rendeva conto del nervosismo della ragazza e avrebbe voluto far qualcosa per tranquillizzarla. Ad un certo punto fu lei a trovare un argomento di conversazione non troppo impegnativo chiedendogli come fosse andata la sua serata a Buckingham Palace. Lui rispose che era stata di una noia mortale, non aveva fatto altro che firmare autografi.

- Non hai trovato neanche una principessa con cui ballare?

- Non ho ballato e non ho trovato nessuna principessa, in compenso ho trovato un duca!

- Un duca? Non intenderai quel duca!

- Sua Grazia in persona!

- Da quanto tempo non lo vedevi?

- Da sei anni. Non ci crederai ma era a teatro ad assistere allo spettacolo, mi ha detto che l’ho stupito e che è orgoglioso di me, di quello che sono diventato.

- Lo rivedrai allora?

- Forse.

- Ne sono felice – disse Candy sorridendo soddisfatta per quella notizia.

- Che ne dici se facciamo due passi? Potremmo andare al St. James Park, è qui vicino e non dovrebbe essere troppo frequentato a quest’ora.

- Andiamo, ho proprio voglia di camminare un po’ – rispose Candy entusiasta all’idea di uscire all’aria aperta.

Dopo pochi metri a piedi si inoltrarono nel parco che era effettivamente deserto. Arrivati davanti ad un piccolo laghetto, decisero di sedersi su una panchina, in un angolo davvero delizioso: i rumori della città erano scomparsi e si udivano solo i primi grilli cantare. Non c’era vento e l’aria era tiepida ed immobile come l’acqua del lago dove ogni tanto si tuffava qualche piccola rana.

- Hai freddo Candy?

- No.

- Mi sembrava che tu stessi tremando.

- Non è il freddo che mi fa tremare …

- Che cos’è allora? – le chiese Terence a mezza voce.

- Ho bisogno di sapere alcune cose da te.

- Ti ascolto.

Candy sentì che era giunto il momento della verità, sarebbe riuscita a dirgli veramente ciò che aveva nel cuore? Lui le sedeva accanto e la stava guardando, sembrava tranquillo ma non lo era affatto, in attesa che lei parlasse.

La ragazza fece un gran respiro e si voltò anche lei per guardarlo, cercando di recuperare tutto il suo coraggio, ma esitando ancora. Vedendo che Candy non si decideva Terence pensò che toccasse a lui dire qualcosa, innanzitutto sentiva il dovere di scusarsi e questo forse l’avrebbe aiutata.

- Lo so che l’ultima volta che ci siamo parlati, a Parigi, le cose non sono andate bene e, dopo averci riflettuto, ho capito di avere le mie colpe per cui ti devo delle scuse. Avrei dovuto lasciarti spiegare e ascoltarti prima di giungere a delle conclusioni, mi dispiace molto non averlo fatto. Ma ora puoi chiedermi qualunque cosa e io ti risponderò.

Candy non credeva alle proprie orecchie: Terence che si scusava era la seconda piacevole novità della serata, dopo il complimento che le aveva fatto poco prima, mentre si recavano al ristorante. Così si decise a parlare e improvvisamente:

- Volevo chiederti se è vero che tu e Susanna non vi siete mai sposati – disse Candy tutto d’un fiato.

Terence non si aspettava quel tipo di domanda, rimase molto stupito del fatto che Candy gli chiedesse una cosa del genere, non capiva dove volesse arrivare, ma aveva promesso di rispondere a qualsiasi domanda per cui, mantenendo il più possibile la voce calma, rispose.

- Certo che è vero. Se ci fossimo sposati la signora Marlowe non avrebbe perso occasione per pubblicizzare l’evento, saremmo stati su tutti i giornali per settimane.

- Ma eravate fidanzati da tanto tempo e … abitavate insieme, perché non vi siete sposati? – chiese Candy con un filo di voce.

Terence conosceva perfettamente la risposta a quel perché e si chiese come Candy potesse non capirlo, pensò che evidentemente aveva una visione non del tutto reale del periodo in cui lui e Susanna erano stati “fidanzati” (come scrivevano i giornali!) e quindi, invece di darle una risposta diretta decise che forse sarebbe stato meglio fare qualche precisazione, anche se ricordare gli costava una gran fatica.

- Abitavamo sotto lo stesso tetto, è vero, ma non insieme, ci vedevamo di solito nel pomeriggio e a volte a cena, c’era anche sua madre. Nei periodi in cui ero molto impegnato con le prove spesso dormivo in teatro o nel mio vecchio appartamento che avevo tenuto e che ho ancora (qui Candy pensò che era l’appartamento dove era stata anche lei quando era andata a Broadway per la prima di Romeo e Giulietta). Dopo una breve pausa Terence aggiunse:

- So che giravano molte voci sul nostro tipo di rapporto, qualche giornale scandalistico aveva addirittura insinuato che ne avessi fatto la mia amante, ma … ti posso assicurare che non abbiamo mai neanche dormito insieme e che io non l’ho mai sfiorata.

Candy si sentì gelare il sangue per la schiettezza con cui Terence le aveva fatto quelle rivelazioni e rimase ammutolita. Lui invece riprese con voce ferma, pensando fosse necessario che Candy sapesse tutta la verità.

- Come avrei potuto sposarla … se non l’ho mai amata!

- Ma lei ti amava, mi aveva assicurato che avrebbe fatto di tutto per renderti felice …

- Non l’ha fatto!

- Mi ha scritto una lettera in cui mi diceva …

- Cosa! Quando ti ha scritto?

- Poche settimane dopo …

- Voglio leggerla!

- Non ce l’ho più, l’ho gettata via dopo averla letta una sola volta.

- Perché? Che cosa ha osato scriverti? – le chiese Terence sempre più agitato.

Candy ricordava benissimo le parole di Susanna, le aveva scolpite nella mente come uno scalpello può fare sulla pietra.

- Mi scrisse che perdere l’uso delle gambe non era niente in confronto alla possibilità di perdere te, mi assicurava che ti avrebbe amato … anche per me – disse Candy non riuscendo più ad andare avanti perché sentiva le lacrime premere dentro ai suoi occhi e un nodo stretto chiuderle la gola.

Terence si era messo una mano sulla bocca per evitare di urlare per la rabbia che gli avevano procurato quelle parole. Per qualche minuto restò in silenzio cercando di calmarsi, quando si sentì in grado di parlare più tranquillamente le disse:

- Ciò che Susanna provava per me non era amore. Se davvero mi avesse amato mi avrebbe lasciato andare, mi avrebbe liberato da quel senso di colpa che sentivo nei suoi confronti e che invece sia lei che sua madre continuavano ad alimentare in ogni modo, giorno dopo giorno. Io ho fatto di tutto per aiutarla a guarire, l’ho portata dai migliori medici, l’ho sempre incoraggiata a non mollare, a cercare di superare gli ostacoli che aveva davanti a sé ma che con la volontà sarebbe stato possibile abbattere. Ma la verità è che … lei non voleva guarire! Temeva che se fosse guarita non avrebbe avuto più scuse per trattenermi, temeva che me ne sarei andato, che sarei tornato da te … e forse in questo non aveva torto. Non avrei potuto resistere ancora a lungo … mi dispiace Candy ma non ho potuto mantenere la promessa che ti ho fatto, non sono riuscito ad essere felice. Susanna è stata felice perché ha deciso di accontentarsi di avermi legato a lei, ma si è ingannata e ha ingannato anche noi!

A queste ultime parole Terence si alzò in piedi di scatto e afferrato un sasso lo lanciò nel lago. Nell’aria risuonò il tonfo sordo dell’impatto con l’acqua e i grilli si quietarono per qualche istante. Un silenzio opprimente sembrò essersi concentrato tutto in quell’angolo del St. James Park.

Candy si sentiva estremamente confusa e cercava inutilmente di riordinare i pensieri: che cosa voleva dire che Susanna aveva ingannato anche loro?

Il gesto successivo di Terence la guidò chiaramente verso la risposta, anche se era qualcosa a cui lei non poteva credere, non era possibile che Susanna fosse arrivata a tanto. Il ragazzo si era voltato verso Candy ancora seduta sulla panchina, incapace di muoversi; portando la mano alla tasca interna della giacca ne estrasse un pacchetto avvolto da un nastro e glielo porse. Candy lo prese senza dire una parola, lo guardò e si rese conto che si trattava di lettere … le sue lettere, quelle che lei aveva scritto a Terry quando era allieva alla scuola infermiere e lui a Broadway, durante l’anno precedente alla prima di Romeo e Giulietta.

- Che significa Terry? Queste sono le mie lettere.

- Sì, sono le tue lettere. Lettere che ho trovato per caso e che ho potuto leggere solo pochi mesi dopo la morte di Susanna – disse Terence con la voce intrisa di rabbia – Non so come abbia fatto, ma evidentemente la cara Susanna aveva trovato il modo di intercettare la mia posta e così ha pensato bene di sottrarre buona parte delle lettere che allora mi mandavi.

- Questo è accaduto molto prima dell’incidente – constatò Candy.

- Una volta, forse pentita, me ne restituì una ed io come uno stupido ho creduto che non sarebbe più successo invece … sono una decina le lettere che hai fra le mani. Pochi giorni prima dell’incidente Susanna confessò di amarmi, addirittura mi chiese di non farti venire a New York per assistere a Romeo e Giulietta, il mio primo ruolo da protagonista, mentre io non aspettavo altro che renderti orgogliosa di me mostrandoti quanto ero diventato bravo. Cercai di farle capire che per me lei era solo un’amica, ma non volle ascoltarmi e in lacrime mi disse che avrebbe fatto di tutto, avrebbe lottato contro tutto e tutti, anche contro di te, pur di non perdermi. E così è stato!

Candy ascoltava Terence esterrefatta, continuando a guardare le sue lettere che teneva in grembo, con le lacrime che ormai le scendevano silenziose sulle guance. D’improvviso le balenò un pensiero.

- Le ha lette?

- Presumo di sì, quando le ho trovate nella sua camera erano aperte.

Candy alzò il viso e Terence si accorse solo in quel momento che lei stava piangendo, allora le andò vicino e si piegò sulle gambe davanti a lei, circondandola con le braccia, con le mani appoggiate sulla panchina. In questo modo poteva guardarla negli occhi e quello che vide gli spezzò il cuore: lo sguardo di Candy era completamente perso nel vuoto, come se il mondo che aveva immaginato fino a quel momento fosse scomparso dietro un sipario nero e pesante e lei avesse assistito ad una farsa.

- Mi dispiace, non piangere ti prego, ti prego, ti prego, ti prego … – le sussurrava Terence mentre con una mano le carezzava la guancia asciugandola con il pollice.

- Credevo che ti avrebbe reso felice, per questo ho rinunciato a te. Che cosa ho fatto! – Candy riuscì solo a dire questo perché Terence, coprendole le labbra con le dita, non le permise di continuare.

- Smettila subito, non è colpa tua, non potevi sapere. Vorrei tanto che potessimo dimenticare tutto.

- Anch’io lo vorrei, ma ora credo sia il mio turno di darti delle spiegazioni.

Prima di continuare Candy lo invitò a sedersi di nuovo vicino a lei, lui lo fece in silenzio.

- La sera che ci siamo rivisti dopo l’Amleto tu mi hai chiesto che cosa ci facessi a Parigi ed io … ti ho detto una bugia. Ti ho detto che ero venuta per Annie, per aiutarla negli ultimi giorni della sua gravidanza, ma non era vero. Io sono venuta a Parigi per te!

Terence aprì la bocca come per dire qualcosa, ma Candy gli fece cenno con la mano di farla finire e proseguì.

- Quando ho ricevuto la tua lettera, l’ho letta e riletta non so quante volte, mi ha travolta. Non credevo fosse possibile che mi stessi dicendo che non era cambiato niente per te, dopo tutti quegli anni. Anche se in un primo momento l’impulso è stato quello di salire su di un treno e correre a New York, più passavano le ore e più mi assalivano i dubbi e le paure. Non capivo perché tu avessi fatto passare più di un anno e mezzo prima di cercarmi e soprattutto avevo paura di affrontare di nuovo quel destino che era stato così crudele con noi. Oh Terry, il dolore che ho provato quando ci siamo separati, quando hai allentato la stretta delle tue mani intorno alla mia vita, quando ho sentito le tue lacrime scorrere sul mio collo e poi il calore del tuo petto allontanarsi dalla mia schiena … quel dolore atroce io lo sento ancora lacerare la mia anima come la lama affilata di una spada – Candy si fermò non riuscendo più a proseguire.

- Non avrei mai dovuto lasciarti andare, è stato l’errore più grande di tutta la mia vita, non mi perdonerò mai per questo – disse Terence con gli occhi pieni di lacrime – Se ho impiegato tanto tempo prima di scriverti è perché temevo di farti soffrire ancora e davvero non me lo sarei potuto perdonare!

- E invece dobbiamo fare proprio questo, dobbiamo riuscire a perdonare i nostri errori se vogliamo andare avanti – ritrovando un po’ di coraggio Candy riprese il suo racconto.

- Quando alla fine mi sono decisa a venirti a cercare, eri ormai partito per l’Europa e posso capire che tu fossi quantomeno deluso, anzi l’ho capito bene quando ci siamo visti a Parigi. Ti confesso che durante il nostro primo incontro ero così emozionata da non riuscire a connettere i miei pensieri - dopo queste parole entrambi sorrisero e lui le prese la mano, stringendola forte nella sua.

- A Parigi è stato molto difficile capirci, anzi direi che non ci siamo proprio riusciti e poi … tu te ne sei andato.

- Mi dispiace, ma ero furioso.

- Lo so! Ma più i giorni passavano e più sentivo che mi mancavi … disperatamente. Tuttavia non avrei mai trovato il coraggio di venire a Londra se non fosse stato per Albert. E’ stato lui a farmi capire che non dovevo più aspettare e che tu avevi il diritto di sapere.

- Che cosa devo sapere Candy? Dimmelo …

- Che anche per me non è cambiato niente – confessò Candy guardandolo nei suoi meravigliosi occhi blu che in quel momento brillavano come non mai.

L’anima di Terence sorrise, poi lui si alzò in piedi e invitò Candy a fare lo stesso, tenendola per la mano. Quando si trovarono l’uno davanti all’altra, la attirò a sé e la circondò con le sue braccia. Candy sprofondò il viso nel suo petto poggiandovi le mani con cui sentiva il violento battito del cuore di lui.

Rimasero legati stretti in quell’abbraccio per molto tempo, protetti dal buio della notte, in quell’angolo di parco che sembrava essersi trasformato in un piccolo paradiso, abitato solo da loro due.

- E quindi mi hai seguito fino a Parigi e poi anche qui a Londra! … se volevi venire in tournée con me potevi dirmelo Lentiggini! – disse Terence ad un certo punto, con il suo abituale tono beffardo che utilizzava sempre quando cercava di domare un’emozione troppo forte come quella che stava provando in quel momento.

Candy si staccò un poco da lui, ma questa volta non aveva intensione di assecondare il suo gioco e riprese a parlare con aria molto seria.

- Ti ho inseguito altre volte prima d’ora.

Terence la guardò con aria interrogativa.

- La prima volta è stata anche la più difficile perché non mi aspettavo di dovermi separare da te così presto. Sono corsa al porto di Southampton quando hai lasciato Londra, la carrozza correva veloce, ma quando sono arrivata la tua nave aveva già abbandonato il molo. Ho urlato il tuo nome con tutta la mia forza e ho promesso a me stessa che ti avrei rivisto.

Terence la ascoltava senza parole, si ricordava di aver avuto l’impressione di udire la voce di Candy dal ponte della nave, quindi era davvero lei!

- Quando sono tornata in America, alla casa di Pony, te ne eri appena andato, sono corsa sulla collina senza trovarti. Ancora una volta ero arrivata troppo tardi. Mi sono sempre chiesta perché sei andato a La Porte.

- Volevo vedere dov’eri cresciuta, com’era stata la tua vita prima che io ti conoscessi e poi tu mi avevi parlato così tante volte di quel posto, era chiaro quanto fosse importante per te. Quando sono arrivato Miss Pony e Suor Lane mi hanno accolto come un figlio, nonostante fosse la prima volta che mi vedevano. Credo che avessero già capito tutto, o almeno molto più di quello che raccontai.

Ci fu una breve pausa. I due ragazzi erano ancora in piedi, molto vicini, si tenevano le mani.

- Poi ti ho rincorso mentre il treno ti portava via da Chicago, dopo Re Lear. Sono stata così felice di vederti anche solo per pochi istanti.

- Eri molto bella con l’uniforme bianca – le disse Terence mentre intrecciava le sue dita con quelle di Candy e la attirava di nuovo a sé.

- Fin da quella volta in cui ti ho rincorso al porto di Southampton avrei voluto dirti una cosa, te l’ho scritto spesso anche in quelle lettere che tu non hai ricevuto, ma non ti ho mai scritto che cosa perché volevo dirtelo di persona, speravo un giorno di poterlo fare, anche se dopo New York ho creduto che …

Terence la interruppe – Adesso puoi farlo se vuoi, sono qui, ti ascolto – disse con un filo di voce, alzandole il mento con una mano per guardarla negli occhi. Anche Candy lo guardò e in quel momento le apparve più bello che mai, con il volto illuminato dal chiarore della luna e gli occhi che brillavano come due stelle nella notte. Si sentì mancare il respiro e le parole non si decidevano ad uscire.

- Non riesco se mi guardi così – balbettò, stringendosi a lui con le braccia intorno ai suoi fianchi, nascondendo di nuovo il viso contro la sua camicia.

- Allora non ti guardo, ma se non ti sbrighi dovrai rincorrermi di nuovo – le sussurrò Terence accostando il mento alla sua tempia dove un ricciolo biondo ricadeva dolcemente.

Sentendosi al sicuro in quell’abbraccio come se fosse a casa, Candy sospirò profondamente e poi liberò finalmente quelle parole che le erano rimaste nella gola per tanti anni fino a quel momento:

- Terry, io ti amo come non ho mai amato nessun altro.

Il cuore di Terence si fermò, perdendo un battito e un’onda di calore gli riempì il petto, raggiungendo le sue braccia che strinsero Candy così forte quasi da soffocarla. Si voltò leggermente e sfiorò con un bacio la sua tempia trattenendo le labbra tra i suoi riccioli biondi. Le parole di Candy gli risuonavano nella mente e nel cuore: aveva proprio detto “ti amo”? E poi aveva aggiunto “come nessun altro”?

- Come nessun altro – ripeté, senza allentare il suo abbraccio. Non era una domanda, ma un cercare la conferma di aver capito bene.

Candy comprese a cosa, o meglio a chi, si riferisse Terry sottolineando quelle parole.

- Mi è capitato in passato, prima di conoscerti, di provare dei sentimenti per un ragazzo: il mio Principe della Collina e soprattutto … Anthony mi hanno fatto conoscere i primi palpiti del cuore e ho creduto che quello fosse amore. Forse lo era ma era diverso, diverso da quello che sento per te.

Tu sei un’altra cosa Terry! Perdonami se non sono riuscita a dirtelo prima.

Lei lo amava, da sempre e come nessuno mai: la dolcezza di quelle rivelazioni e la vicinanza del corpo di Candy così stretto al suo fecero pian piano nascere in Terence il desiderio incontenibile di baciarla, ma il ricordo di quel primo bacio alla Festa di Maggio bruciava ancora sulla sua guancia e nel suo orgoglio. Non voleva rovinare tutto proprio adesso. Voleva che fosse lei a fare il primo passo e così fece ricorso ancora una volta alla sua inesauribile sfacciataggine.

- Ti perdono ma ad una condizione.

- Quale condizione? – chiese Candy staccandosi da lui e guardandolo con aria stupita, pensando un po’ arrabbiata che lei gli aveva appena detto che lo amava alla follia e lui aveva il coraggio di porre delle condizioni. Che ragazzo impossibile!

- Che cosa potrà mai volere un ragazzaccio come me? … un bacio!

- Terry! – gli gridò, ma lui non si scompose, continuando a guardarla intensamente con gli occhi pieni d’amore.

Candy capì che non si trattava di un gioco, lui stava parlando seriamente, aveva davvero bisogno che fosse lei a baciarlo. Così, quasi inconsapevolmente, posò lo sguardo sulla sua bocca e all’improvviso si sentì attratta dalle sue labbra come da una calamita. Intrecciò le mani dietro la sua nuca, sotto i capelli scuri, si alzò sulla punta dei piedi (accidenti com’era alto!) e aggrappandosi a lui che le cingeva la vita – Chiudi gli occhi – gli disse. Lui obbedì e lei lo baciò.

Sentire le labbra di Candy sulle sue, leggere come il tocco di una farfalla, ma potenti come un incantesimo, provocarono in Terence una scarica elettrica dalla testa ai piedi. Quando riaprì gli occhi vide il volto di Candy con le guance arrossate e gli occhi verdi splendenti di una luce nuova.

- E adesso, mi perdoni? – gli chiese lei.

- Sì … però adesso ti bacio io.

- Perché?

- Perché ti amo, da sempre e non ho mai smesso di farlo.

Terence le prese il volto tra le mani e lo riempì di piccoli baci, una pioggia di baci su quelle labbra tanto desiderate, fin da quel primo bacio alla St. Paul School, anzi ancora da prima, da quando la vide sul ponte della nave Mauretania, una nuvola di riccioli biondi e lentiggini in mezzo all’oceano.

Ad un certo punto si fermò e lei, come aveva fatto poco prima, gli gettò le braccia al collo per attirarlo a sé ancora di più. Lui la strinse più forte e quasi sollevandola da terra iniziò a baciarla con sempre maggiore intensità, divenendo infine il padrone assoluto della sua bocca.

I baci di Terence rappresentavano per Candy la realizzazione di ogni più intimo desiderio che nemmeno sapeva di avere, ma che ora trovava la più piena soddisfazione. Come se fosse nata per quello, per trovare le sue labbra, unica fonte che poteva dissetare la sua sete d’amore. Non era solo il piacere del contatto fisico, era l’unione di due anime destinate a stare insieme. Candy sapeva che non avrebbe mai provato per qualcun altro ciò che sentiva per Terence, anche se avesse voluto (come aveva tentato di fare a volte durante gli anni della loro lunga separazione). Lei era nata per lui, per quegli occhi, per quelle labbra, per quelle mani e niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questo.

Mentre la baciava con tutto l’amore e la passione di cui era capace, Terence si sentì finalmente completo, come se avesse trovato la sua parte mancante. Ogni nodo che aveva attanagliato il suo cuore fino a quel momento iniziò prepotentemente a sciogliersi, tutti i sigilli delle catene che lo avevano tenuto prigioniero trovarono la loro chiave e lui rinacque a vita nuova. Quella era la vita, lei era la sua vita.

Si baciarono finché non ebbero più fiato, quando alla fine si dovettero separare per ritrovare un ritmo normale di respirazione, Candy nascose il volto nel collo di Terence e lui la sentì piangere, singhiozzando.

- Candy – la chiamò preoccupato, ma lei tenendolo più stretto, tanto che lui dovette piegarsi per assecondare il suo abbraccio, gli fece capire di aspettare un attimo, di non dire niente. Terence allora in silenzio prese ad accarezzarle la schiena e a baciarla sui capelli, aspettando che si calmasse e riuscisse di nuovo a parlargli. Pian piano i singhiozzi si placarono e dopo un lungo sospiro Candy riuscì appena a balbettare qualcosa.

- Ti ho bagnato tutta la camicia …

- Inizio a pensare di essere proprio una frana! – disse Terence, alzando le spalle per la camicia.

- Che vuoi dire?

- La prima volta che ti ho baciato mi hai schiaffeggiato, adesso ti ho fatto piangere … sono davvero un pessimo amante!

Candy sorrise asciugandosi le lacrime con il fazzoletto che Terence le aveva offerto dopo essersi seduto e averla fatta accomodare sulle sue gambe.

- Le mie sono lacrime di gioia … sei tu la mia gioia Terry! – gli disse accarezzandogli la fronte per sistemargli i capelli, mentre la bocca di Terence le regalava uno dei suoi sorrisi più belli, poco prima di riprendere a baciarla.

Quando poi le labbra di Terence si spostarono leggere prima sulla sua guancia e poi sul collo, baciandolo come a volerla assaggiare e aspirandone il dolce profumo, Candy capì che avrebbe dovuto fermarlo prima di perdere completamente il controllo della situazione. Il fatto era che non sapeva assolutamente come fare a fermarlo o forse semplicemente non voleva. Per fortuna fu lui a rendersi conto che stava andando troppo oltre, quando la sentì tremare sotto le sue labbra. Si fermò di colpo anche se non riuscì subito ad abbandonare la sua pelle.

- Scusami – le disse sospirando, con il viso ancora immerso tra i suoi capelli.

- Non scusarti … anch’io sento il bisogno di starti vicino … però, forse ora … dovremmo andare – suggerì Candy anche se poco convinta.

Terence alzò la testa e poggiò la fronte su quella di lei.

– Andiamo – sussurrò.

Si incamminarono abbracciati verso l’uscita del parco. L’alba non era lontana.

Tornarono all’auto e Terence dovette guidare fino all’albergo con una sola mano perché con l’altra non smise mai di stringere la mano di Candy, portandosela ogni tanto alle labbra per baciarla o anche solo per aspirarne il profumo. Ma il tragitto da percorrere fu troppo breve e giunse ben presto inesorabile il momento di separarsi. Terence accompagnò Candy fino alla sua stanza, ma davanti alla porta nessuno dei due riusciva a trovare le parole per darsi la buonanotte. Vecchi timori sembravano tornare.

- Temo sia solo un bel sogno e domattina, quando mi sveglierò, non ci sarai più – disse Candy dando finalmente voce alle sue paure.

- Dovrai inseguirmi un’altra volta – disse Terence sorridendo per smorzare la tensione del momento, mentre faceva scorrere le mani lungo le braccia un po’ infreddolite di Candy.

Ma lei non aveva voglia di scherzare, abbassò lo sguardo, il volto serio. Poi non resistette e si slanciò ad abbracciarlo, cingendolo per la vita. Terence pensò ancora una volta a quanto lei dovesse aver sofferto in quegli anni di lontananza e dopo averla baciata sulla testa più volte le disse:

- Quando ti sveglierai domattina ordina la colazione in camera e sarai sicura che non si tratta di un sogno che svanisce con la luce del sole. Te lo prometto.

Candy annuì e con quella promessa recuperarono la forza di andare a dormire ognuno nella propria stanza. Ma trovare il sonno non fu semplice. Rientrata nella sua camera Candy sentì di essere una persona diversa da quella che ne era uscita solo poche ore prima. Ripensava a tutto quello che era successo con Terence e non poteva credere di aver vissuto senza di lui fino a quel momento. Le vennero in mente le sue stesse urla al porto di Southampton, dietro la nave che lo portava via da lei, aveva giurato a se stessa che lo avrebbe rivisto perché doveva dirgli che era innamorata di lui. Finalmente c’era riuscita. Alla fine si addormentò con il profumo di lui nei capelli e il suo sapore sulle labbra.

Terence si gettò sul suo letto e rimase immobile, con gli occhi aperti a guardare il soffitto invaso da una sola meravigliosa immagine: lei! I suoi occhi, le sue guance, il suo naso inondato di lentiggini, il suo sorriso, le sue labbra. Che tesoro immenso! Un tesoro che aveva ritrovato e che era adesso tutto suo. Chiuse gli occhi per assaporare di nuovo l’ondata di emozioni che lo aveva travolto quando lei gli aveva dichiarato il suo amore e lui l’aveva stretta a sé. Gli sembrava di risentire il tocco delle sue mani dietro il collo, quando le loro labbra si erano unite: come lo aveva accolto, abbandonandosi a lui, anzi addirittura attirandolo con forza perché non si staccasse da lei. Era questa la felicità? Si chiese. Sì era questa, ne era sicuro perché sentiva di non aver bisogno d’altro, anche se non poteva credere che anche a lui, per la prima volta in tutta la sua vita, venisse concessa la grazia di poterne assaporare l’essenza.

 

 

Capitolo diciotto

Resta con me

 

Londra, martedì 27 aprile 1920

- Servizio in camera Miss Ardlay – annunciò il cameriere bussando alla porta della stanza di Candy.

Una voce assonnata rispose dall’interno – Avanti, è aperto.

Il cameriere aveva appena socchiuso la porta quando un ragazzo bruno gli si avvicinò correndo e gesticolando, per fargli capire di non parlare e di consegnargli il carrello della colazione, cosa che il cameriere accettò di buon grado dopo aver ricevuto una lauta mancia. Il ragazzo così entrò, appoggiò la colazione sul tavolino in fondo al letto e chiuse la porta alle sue spalle. Candy pensò che il cameriere se ne  fosse andato e rimase ancora avvolta nelle coperte, con la testa sotto il cuscino, fino a quando avvertì la presenza di qualcuno che si era seduto sul suo letto, vicino a lei.

- Buongiorno Lentiggini!

- Terry che ci fai qui? – gridò Candy senza uscire dal cuscino, avendo riconosciuto quella voce inconfondibile.

- Ti avevo promesso che stamattina ti saresti resa conto che non è un sogno quello che sta succedendo e io sono qui per questo. Se tu ti decidessi ad uscire da là sotto! – disse Terence piegandosi e tentando di sbirciare.

- Non posso.

- E perché mai?

- Beh perché … appena sveglia sono un mostro, i miei capelli sono sempre un disastro e … non voglio che mi vedi così – rispose Candy respirando ormai a fatica sotto il cuscino.

- Guarda che se non esci da lì sarò costretto a farti il solletico – la minacciò Terence appoggiando le sue mani sul letto intorno ai fianchi di Candy, pronto a mettere in atto quel proposito.

Allora Candy (che soffriva tremendamente il solletico!) si voltò lentamente e mise solo gli occhi fuori, ma non appena lo vide si dimenticò dei capelli arruffati, dello sguardo assonnato e pure del fatto che fosse in camicia da notte. Gettò via il cuscino e si mise seduta sul letto prima di abbracciarlo, mentre lui le sussurrava all’orecchio – Sei bellissima appena sveglia – e le dava un bacio sulla guancia (pensando che sarebbe stato troppo rischioso baciarla sulle labbra, lì sul suo letto!).

- Tu piuttosto dove te ne vai così elegante di prima mattina? – chiese Candy osservando che Terence era già vestito di tutto punto. Lui le rispose che aveva una conferenza stampa quella mattina, doveva andare in teatro e sarebbe rientrato in albergo probabilmente nel primo pomeriggio.

- Ho incontrato Albert a colazione, mi ha detto di riferirti che ti aspetta per pranzo. Ora scappo perché sono già in ritardo – le disse prendendole le mani e baciandole.

Candy lo vide avviarsi verso la porta e già sentiva quanto le sarebbe mancato durante quelle poche ore che avrebbe dovuto aspettare prima di rivederlo. Non resistette e cercò qualcosa da dire per farlo voltare.

- Terry?

- Sì – rispose lui, voltandosi.

- Grazie per la colazione – balbettò lei ancora seduta sul letto.

Terence sfoderò uno dei suoi sorrisi beffardi e camminando all’indietro le disse, sollevando l’indice:

- Però non ti ci abituare, quando saremo sposati sarai tu a portare la colazione a me!

E dopo averle strizzato l’occhio uscì, non prima di aver ammirato la faccia sbigottita di Candy mentre ripeteva con un filo di voce – Quando saremo sposati … ha detto proprio così?

Terence che quella mattina era in vena di stupire il mondo intero, arrivò a teatro, nella sala della conferenza stampa, pronunciando un sonoro “Buongiorno a tutti” accompagnato da un sorriso smagliante. I giornalisti presenti e i colleghi restarono senza parole osservando l’attore, famoso oltre che per la sua bravura anche per il suo carattere difficile, spesso scontroso al limite dell’antipatia, mentre si sedeva al suo posto in mezzo a Karen Kleis e a Robert Hathaway, il quale cercando di non farsi notare lo rimproverò per il ritardo.

- Lo so, perdonami Robert – si scusò Terence continuando a parlare con un’aria di chi ha appena vinto la lotteria di Capodanno.

Da quel momento le domande dei giornalisti furono tutte per la stella di Broadway di cui ormai si conoscevano le origini legate ad una nobile famiglia inglese. Così dopo una serie di interventi riguardanti lo spettacolo teatrale e la sua magistrale interpretazione del Principe di Danimarca, alle quali Terence rispose con la consueta calma e professionalità, uno dei giornalisti più anziani presenti in sala osò rivolgere al giovane attore la seguente domanda:

- Buongiorno Mr Graham, sono Steve Walker del Daily Mail volevo chiederle se può dirci qualcosa di più in merito alle sue origini che se non sbaglio la vedono legato ad una nobile famiglia inglese di antichissima generazione, suo padre sarebbe addirittura un duca, il duca di Granchester.

- Buongiorno a lei Mr. Walker … vede non credo proprio che chi segue il mio lavoro, chi si appassiona a ciò che porto sul palco, possa essere interessato a dettagli di questo tipo. E poi non ho rapporti con la mia famiglia d’origine da molti anni per cui non ritengo assolutamente necessario parlarne – rispose Terence iniziando ad irritarsi.

- Non ha più rapporti neanche con sua madre? – incalzò Mr. Walker

Terence ripeté che non aveva rapporti con tutta la sua famiglia da tempo, ma Walker non sembrò soddisfatto di quella risposta perché il suo obiettivo era un altro.

- Ma io non mi riferivo alla duchessa attuale moglie del duca, bensì all’attrice americana Eleanor Baker. Mi risulta che vi frequentiate spesso, più di quello che richiederebbe un rapporto tra colleghi – insinuò il giornalista.

Terence impallidì e si voltò di scatto verso Robert come a chiedergli, solo con gli occhi, come poteva essere filtrata un’indiscrezione del genere, ma anche lui non aveva risposta così si limitò a far chiudere la conferenza stampa, asserendo che il tempo per le domande a Mr. Graham era terminato. Terence uscì dalla stanza come una furia gridando verso Robert.

- Come è potuto succedere? Chi ha messo in giro queste voci?

- Calmati Terence, in fondo non c’è niente di certo, sono solo insinuazioni a cui i giornalisti ricorrono spesso, ormai dovresti saperlo.

- Questo Walker mi è sembrato invece piuttosto sicuro di quello che diceva, maledizione!

Mentre Terence era impegnato a teatro, Candy si era alzata finalmente dal letto per gustare la sua colazione che le appariva così speciale perché in ogni cosa presente su quel vassoio rivedeva il sorriso che quel bel cameriere improvvisato le aveva rivolto appena lei aveva aperto gli occhi. Immersa in questi dolcissimi pensieri prese la tazza per versarvi del tè e solo allora si accorse del biglietto nascosto sotto al piattino

“Always on my mind[5]. T.G.”

- Amore mio, non vedo l’ora che torni! – sussurrò Candy tra sé.

 

- Buongiorno Candy, sei splendida questa mattina!

- Buongiorno a te Albert, ti ringrazio.

Candy ed Albert si erano ritrovati nella hall dell’albergo e lui le aveva proposto di fare una breve gita in battello sul Tamigi, dove avrebbero anche potuto pranzare e parlare un po’ degli ultimi avvenimenti senza essere disturbati.

Era una magnifica mattina piena di sole e le acque del Tamigi risplendevano di tante piccole stelle e riflessi dai mille colori. Anche gli occhi di Candy brillavano come il fiume, cosa che ad Albert non sfuggì, anche perché quella stessa mattina aveva incrociato un altro paio di occhi che scintillavano in egual modo.

Candy da parte sua non riusciva proprio a nascondere il suo stato d’animo, si sentiva come in un altro mondo, le sembrava di camminare sulle nuvole e questo la imbarazzava un po’ di fronte ad Albert, così cercò un argomento di conversazione non troppo compromettente.

- Com’è andato il tuo viaggio a Bristol? – gli chiese appoggiata al parapetto del battello.

- Bene, come mi aspettavo del resto. Archie sta facendo davvero un ottimo lavoro, anche se ora credo di dovergli concedere un po’ di vacanza visto la nascita dei gemelli. A proposito, ieri sera l’ho sentito per telefono, mi ha chiesto di salutarti e di dirti che Annie e i bambini stanno benissimo.

- Ne sono felice. Archie ed Annie si meritano tutto quello che hanno raggiunto, sono una bellissima coppia.

- Anche tu ti meriti tutta la felicità possibile e a giudicare dai tuoi occhi credo proprio che tu non sia molto lontana dall’ottenerla, mi sbaglio? – chiese Albert cercando il viso di Candy.

- Forse hai ragione.

Candy raccontò ad Albert più o meno tutto quello che era successo la sera precedente, di quanto fosse stato difficile all’inizio parlare con Terence, cercare di capirsi e perdonarsi, ma anche di quanto fosse stato meraviglioso alla fine ritrovarsi e recuperare quell’amore che sembrava destinato a morire in una gelida sera d’inverno, a New York.

Albert abbracciò teneramente Candy dimostrandole tutto il suo affetto e condividendo pienamente la sua gioia.

- E adesso cosa intendi fare? – le chiese.

- Beh non saprei … non abbiamo ancora parlato del futuro.

- Ma tu che cosa vorresti?

- Io … non vorrei separarmi da lui mai più! – rispose Candy con un leggero tremolio nella voce perché il solo pensiero di una nuova separazione le faceva ripiombare addosso tutto il dolore sofferto lontano da Terry.

- Non devi fare altro che dirglielo e qualcosa mi fa pensare che Terence sarà d’accordo – le suggerì Albert sorridendo maliziosamente.

- Però lui adesso sarà molto impegnato con la tournée, non so se …

- Vedrai che troverete una soluzione, insieme questa volta!

Terence rientrò in albergo a pomeriggio inoltrato ancora furioso per quello che era successo durante la conferenza stampa.

- Quel maledetto Steve Walker se pensa di farla franca si sbaglia di grosso … se si azzarda a pubblicare qualcosa su Eleanor e me giuro che gliela faccio pagare! – borbottava tra sé sotto la doccia.

Mentre si vestiva però gli vennero in mente due occhi verde smeraldo e d’improvviso il suo malumore svanì. Dov’era la sua Lentiggini? Non vedeva l’ora di abbracciarla. Tanta era l’impazienza che dovette chiudere e riaprire almeno tre volte la camicia perché continuava a saltare i bottoni. Quando finalmente fu pronto si diresse verso la stanza di Candy sperando di trovarla. Per sua fortuna appena bussò alla porta lei aprì, come se fosse stata lì ad aspettarlo.

- Terry – esclamò con sorpresa.

- Candy – sussurrò lui rimanendo impalato davanti all’ingresso.

Lo fece entrare e continuarono a guardarsi, ancora increduli di potersi vedere quando volevano, di poter stare insieme senza nessun impedimento, di essere liberi di amarsi.

- Anche tu sei sempre nei miei pensieri – gli disse Candy come rispondendo al biglietto che lui le aveva lasciato insieme alla colazione.

Allora Terence le si avvicinò lentamente prendendole la mano e attirandola a sé per abbracciarla, dopo averla baciata sulla guancia le sussurrò:

- Ho fatto tardi, perdonami.

- Com’è andata la conferenza stampa?

- Bene - rispose secco, continuando a tenerla stretta tra le sue braccia.

Candy avvertì però qualcosa di strano nella sua voce e si staccò da lui per guardarlo negli occhi con aria sospettosa. Terry sorrise vedendo che lei aveva già capito che invece non era andata bene.

- Un giornalista simpatico ha pensato di tirare in ballo Eleanor Baker, insinuando non troppo velatamente che possa trattarsi di mia madre. Non so come sia potuto succedere, ma come puoi immaginare la cosa non mi ha fatto piacere per niente. Però non parliamone adesso, ti prego.

Uscirono dalla stanza e si diressero nel giardino che si trovava nel cortile interno dell’albergo, si sedettero ad un tavolino per prendere un tè accompagnato da pasticcini per quella golosona di Candy. Terence non riuscendo a starle lontano aveva avvicinato la sedia alla sua e le teneva la mano accarezzandone il dorso con il pollice, inconsapevole di quanto quel gesto apparentemente ingenuo, provocasse in lei sensazioni sempre più difficili da controllare. Cercando di mantenere la calma gli raccontò quello che aveva fatto, del pranzo con Albert e della gita sul Tamigi. Infine accennò al fatto che il loro amico aveva intenzione di ripartire per gli Stati Uniti probabilmente sabato mattina.

- Così presto? – chiese Terry evidentemente turbato da quella notizia.

- Mi ha detto che volendo concedere ad Archie un periodo di vacanza a causa della nascita dei gemelli, sarà costretto per un po’ ad occuparsi lui degli affari di famiglia, per cui deve rientrare a Chicago.

Ci fu un momento di silenzio, ma Terry non era tipo da trattenere a lungo un pensiero così …

- E anche tu devi ripartire? – le chiese serio in volto, quasi trattenendo il respiro.

- No, non devo ma … - Candy si fermò non sapendo bene come continuare. Doveva dirgli chiaramente che il solo pensiero di lasciarlo la terrorizzava oppure aspettare che fosse lui a dire quello che pensava?

Lui si sporse in avanti prendendole anche l’altra mano e fissando i suoi intensi occhi blu in quelli verdissimi di lei, le disse:

- Resta con me.

- Ma Terry tu hai la tournée, non voglio crearti problemi.

- E’ esattamente il contrario, i miei problemi scompaiono quando ci sei tu con me. Se non hai impegni per cui devi tornare a Chicago, vorrei che tu rimanessi a Londra e poi ripartiremo insieme. Tra meno di due settimane chiuderemo la stagione teatrale e sarò libero per un po’ ... e poi … vorrei tanto portarti in un posto prima di tornare negli Stati Uniti.

- Dove? – chiese Candy curiosa.

- Se rimani lo saprai – rispose Terry con il suo solito sorriso impertinente, sollevando il sopracciglio.

- Così non vale però! – esclamò lei fingendo un piccolo broncio.

- E’ un si? – le sussurrò Terry avvicinandosi ancora di più alle sue labbra, tanto che dopo la conferma di Candy, la baciò.

La sera si ritrovarono a cena insieme ad Albert e quando Candy comunicò il suo desiderio di restare a Londra lui comprese che la sua missione era conclusa con il migliore dei risultati sperabili. Vedere quei due ragazzi insieme, così felici, era per Albert una grande emozione. Conosceva quasi ogni dettaglio della loro travagliata storia e sapeva che le loro anime erano destinate l’una all’altra, anche se il destino aveva fatto di tutto per separarli. Terence era cresciuto molto in quegli anni, nel modo in cui inevitabilmente ti fa maturare il dolore, e l’amore che nutriva per Candy traspariva da ogni sguardo, ogni gesto, ogni parola che lui le rivolgeva. E Candy … beh lei era un fiore che finalmente sbocciava, solo per lui. Non faceva altro che guardarlo ed arrossire, il sorriso non scompariva mai dalla sua bocca e dai suoi occhi, perché anche quelli sorridevano, in mille sfumature di verde sempre nuove.

Erano l’essenza stessa dell’amore.

Terminata la cena si salutarono e Terence li invitò ad assistere alle prove in teatro la mattina successiva, avrebbero potuto scoprire alcuni trucchi del mestiere.

Prima di separarsi da Candy, mentre le dava il bacio della buonanotte davanti alla porta della sua stanza, le mise nella mano un biglietto dicendole di leggerlo dopo che se ne era andato.

A mezzanotte ti vengo a prendere, abbiamo un appuntamento. Non ti sei dimenticata come ci si arrampica vero?

PS. Non è un tranello questa volta.

Tuo T.G.”


- Che cosa si sarà inventato? - pensò Candy incuriosita ed eccitata da quell’appuntamento misterioso.



Capitolo diciannove

In mezzo ai narcisi

 

Royal St. Paul School, London

 

Come promesso a mezzanotte in punto Terence bussò alla sua porta.

- Sei pronta?

- Credo di sì, anche se non so per cosa.

- Vedrai – le disse lui prendendola per mano e conducendola fino alla sua auto.

Dopo un breve tragitto, durato pochi minuti, Terence si fermò e spense il motore. Era buio pesto e Candy non riusciva a distinguere granché se non un enorme cancello.

- Il primo giorno che sono arrivato a Londra, sono subito venuto qui. Purtroppo l’edificio è in fase di ristrutturazione e gli operai mi hanno impedito di entrare, ma a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno. Andiamo!

- Terry ma io non riesco a vedere niente …

Le ultime parole le morirono nella bocca quando Terence illuminò con una torcia ciò che si trovava al di là del cancello.

- Oh mio Dio! Ma siamo alla Royal St. Paul School.

- Finalmente l’hai riconosciuta! Dobbiamo scavalcare perché il cancello è chiuso con una catena.

- Non sarà la prima volta che lo faccio – rispose Candy facendo la linguaccia.

In un attimo furono dall’altra parte. C’era molto disordine, ma con un po’ di fatica riuscirono ad orientarsi, riconoscendo a mano a mano i dormitori dei ragazzi e delle ragazze, il boschetto che Candy era solita attraversare con la corda meritandosi così il soprannome di “Tarzan”, la chiesa dove Terence spesso dormiva perché secondo lui era l’unico posto tranquillo, la sala della musica dove Terence aveva tentato di dare lezioni a Candy con scarsi risultati. Ad un certo punto si fermarono davanti ad un edificio che appariva piuttosto malconcio: il legno di cui era composto era sfondato in più punti e anche il tetto era quasi del tutto crollato.

- Le scuderie – mormorò Candy – Non voglio entrare, mi sembra di sentire ancora le nostre grida la notte in cui Eliza … Andiamo via Terry, andiamo sulla collina – disse poi decisa, prendendolo per mano.

Si misero a correre sicuri della strada che dovevano seguire anche al buio e finalmente arrivarono in cima alla collina da dove si poteva ammirare Londra illuminata dalle luci della notte. Si fermarono ai piedi del grande albero che come loro aveva resistito fiero al passaggio delle stagioni.

- Quante volte mi hai fatto arrabbiare su questa collina, se ci penso, eri davvero insopportabile!

- Ero talmente insopportabile che venivi a cercarmi in continuazione!

- Questo non è affatto vero, era solo una coincidenza il fatto che tu fossi qui ogni volta che arrivavo.

- Non era una coincidenza … ti ho aspettato tante di quelle volte senza vederti!

Lei sorrise – Lo sapevo che mi aspettavi.

- Vieni qui – le disse Terence attirandola a sé. Si era messo seduto ai piedi dell’albero e aveva chiesto a Candy di mettersi davanti a lui, in mezzo alle sue gambe piegate, con la schiena appoggiata al suo petto. L’aveva circondata con le braccia intorno alle spalle, con la guancia vicino alla sua.

- Adesso chiudi gli occhi – le sussurrò all’orecchio.

Candy obbedì ma non resistette a dare una sbirciatina sentendo che Terence prendeva qualcosa dalla tasca della sua giacca; non riuscì a vedere bene, solo un leggero bagliore argenteo che rifletteva la luce della luna.

- Non sbirciare! – la rimproverò Terence e poi d’un tratto … quella melodia.

- Terry …

Lui le mise un dito sulle labbra facendole capire di non dire niente. Continuò a suonare l’armonica per alcuni minuti. Mentre la musica si dissolveva leggera nell’aria, Terence sentiva Candy abbandonarsi sempre di più a lui, stringendo la mano che lui le teneva sulla spalla.


Le colline di Maxwelton sono belle

Dove di mattina cade la rugiada

E fu lì che Annie Laurie mi fece una promessa

Mi fece una promessa che non sarà mai dimenticata

E per la bella Annie Laurie sono pronto a morire

La sua fronte è come un mucchio di neve

Il collo di cigno, il viso è il più bello

Sul quale mai il sole risplenda

E i suoi occhi sono di un blu scuro

E per la bella Annie Laurie

Sono pronto a morire.

Come rugiada sulle margherite si posa

Così cade il suo piede di fata

E come i venti in estate sospirano

Così la sua voce è bassa e dolce

La sua voce è bassa e dolce

E tutto il mondo mi donò

E per la bella Annie Laurie

Sono pronto a morire. [6]

 

Quando la melodia terminò Candy alzò il viso verso quello di Terence, guardandolo con gli occhi lucidi. Anche Terence abbassò lo sguardo su di lei.

- E’ la mia armonica? -  gli chiese.

- Sì. Non sai quante volte l’ho suonata pensando a te. E’ stata il mio rifugio quando tutto intorno a me sembrava insopportabile. Andavo nel mio appartamento, a volte suonavo a volte no, perché quando ricordare faceva troppo male non ci riuscivo. Ma anche quando il dolore di non poterti amare quasi mi uccideva, non ho mai smesso di pensarti, non è passato neanche un giorno in cui tu non sia stata vicino a me, nella mia vita. Lo so che avrei dovuto scriverti molto prima, probabilmente ti saresti aspettata questo da me e non una breve lettera dopo un anno e mezzo. Ma se non l’ho fatto non è certo perché non lo volessi, ma perché non potevo essere sicuro di quello che ancora potevi provare per me. Non sapevo quasi niente della tua vita, non volevo assolutamente turbare la tua tranquillità e soprattutto non volevo farti soffrire di nuovo. So di averti fatto del male Candy e se in questo momento tu nutrissi ancora il più piccolo dubbio riguardo a me e al mio comportamento nei tuoi confronti devi dirmelo, ti prego, con la massima sincerità.

Candy aveva ascoltato in silenzio il lungo discorso di Terence e aveva capito che probabilmente lui aveva bisogno di essere ancora rassicurato, non tanto riguardo all’amore che lei provava, quanto al fatto che lei si fidasse di lui, che non avesse più paura di soffrire ancora a causa sua. Si voltò e si mise in ginocchio davanti a lui. Il viso di Terence era illuminato dalla luna ma sembrava brillare di luce propria tanto appariva bello agli occhi di Candy in quel momento.

- Come potrei avere ancora dei dubbi su di te quando è sufficiente un tuo sguardo a farmi capire quanto mi ami! – gli disse con la voce carica di dolcezza.

- Ma in passato non ho saputo lottare per questo amore e difenderlo … ora tu credi che sarei capace di fare qualsiasi cosa per questo nostro sentimento? Mi credi Candy? – le chiese Terence disperatamente.

- Ti credo Terry! Ma …

Terence trattenne il respiro in attesa di quello che sarebbe seguito dopo quel “ma”. Candy continuò facendosi coraggio, sperando di non ferirlo.

- Mi è capitato in questi giorni di pensare che magari qualcuno potrebbe mettersi di nuovo tra noi.

- Niente e nessuno ci separerà più, te lo giuro! – le disse Terence prendendole il viso tra le mani e sfiorandole le labbra con un bacio.

- Finché morte non ci separi … si dice così giusto? – le chiese.

- Sì, quando un uomo e una donna si sposano si scambiano la promessa di “amarsi e rispettarsi finché morte non ci separi” – confermò Candy non sapendo cosa Terence intendesse dire.

- Allora se vuoi essere sicura che niente e nessuno ci possa più separare, sarai costretta a sposarmi Lentiggini!

Candy lo guardò sbigottita.

- E’ la seconda volta in due giorni che fai riferimento a quando saremo sposati … non hai ancora perso questo viziaccio di prendermi in giro?

Terence non rispose. Continuava a guardarla fisso, con un leggero sorriso sulle labbra, come se stesse già immaginando la loro vita insieme.  Poi riprese in tono scherzoso:

- E’ troppo bello vedere la tua faccia arrabbiata con tutte le lentiggini sul piede di guerra … non smetterò mai di prenderti in giro! – e scoppiò in una risata fragorosa.

- Vediamo se ti faccio smettere di ridere – esplose Candy, ma nel tentativo di dare a Terence uno spintone per allontanarlo, ottenne solamente di farlo cadere all’indietro e lei, perdendo l’equilibrio, finì lunga e distesa sopra di lui.

- Anche tu non hai perso il brutto vizio di cadere tra le mie braccia. Anche allora ogni scusa era buona … fingevi addirittura di inciampare pur di starmi addosso, dì la verità.

- Che razza di presuntuoso e insolente, ora ti faccio vedere io – dicendo così Candy afferrò la torcia che era caduta per terra e l’accese puntandola direttamente sul viso del ragazzo.

- Adesso è sotto interrogatorio Mr. Graham, le conviene confessare!

Dopo queste parole ci fu un attimo di silenzio e Terence vide Candy restare a bocca aperta, ancora a cavalcioni sulle sue gambe.

- Che meraviglia! – esclamò la ragazza.

- In effetti me lo dicono spesso! – sogghignò Terence.

- Non sto parlando di te – precisò Candy con una linguaccia, poi portò lo sguardo dietro Terence e con la  torcia illuminò un’immensa distesa dorata.

Terence allora alzò leggermente il busto, facendo leva su un gomito, si voltò e si trovò immerso in una nuvola di narcisi. E fu come se su quella collina fosse spuntato il sole, come in un lontano pomeriggio di maggio, quando Romeo e la sua Giulietta ballarono il loro primo valzer e lui la baciò per la prima volta. Candy era immersa tra questi pensieri, come in un sogno, non si era resa conto di essere ancora sopra le gambe di Terence. Il ragazzo si accorse che lei era come in un altro mondo e ne approfittò per voltarsi all’improvviso e ribaltare la situazione, cosicché Candy si ritrovò sdraiata sul prato, sotto di lui.

- Chi è che voleva farmela pagare! – esclamò Terence che intanto aveva intrappolato le mani di Candy afferrandone i polsi.

- Lasciami subito … guarda che potrei anche morderti! – gridò Candy provando a divincolarsi.

- Oh oh lo so bene che potresti, ma non lo farai – disse lui spavaldo, avvicinandosi pericolosamente al suo viso.

- Si invece.

- No.

Andarono avanti così, tra i “no” perentori di Terence e i “si” sempre meno decisi di Candy, il tempo sufficiente perché le loro labbra si unissero, finalmente tacendo entrambi. Appena la bocca di Terence sfiorò quella di Candy lui le liberò le mani, ma lei non si mosse e accolse il suo bacio come la terra accoglie la pioggia d’agosto. Quando quasi senza respiro Terence alzò il viso e la guardò lei gli sussurrò ancora un debole “lasciami”.

- E’ già da un po’ che ti ho lasciato le mani Lentiggini – sorrise Terence con aria soddisfatta.

Candy si voltò a destra e a sinistra e vide le sue mani libere ma ancora nella stessa posizione in cui le teneva Terence che era piegato su di lei, appoggiato sulle proprie braccia, senza pesare sul corpo della ragazza.

- Non me ne sono accorta – disse Candy un po’ stupita.

Terence sorrise di nuovo e non si mosse. La fissava con i suoi meravigliosi occhi blu splendenti come un faro nella notte, Candy si sentì come ipnotizzata e lasciandosi guidare da quella luce, sollevò le mani accarezzandogli il viso, intrecciandole poi dietro al suo collo e attirandolo a sé.

- Ti amo Terry – e lo baciò.

- Vorrei che questo momento potesse cancellare i brutti ricordi che abbiamo di questo luogo. Quando sono venuto qui la prima sera che sono arrivato a Londra ho appoggiato la mano sul cancello e ho come rivissuto il giorno in cui me ne sono andato, lasciandoti qui. E’ stata la prima volta in tutta la mia vita che ho scelto di fare qualcosa per qualcun altro e non per me. Mi è capitato di ripensarci spesso nei mesi successivi, quando non sapevo più niente di te e provavo una rabbia tale nei confronti di quella vipera di Eliza Lagan che se me la trovassi davanti anche adesso non so cosa le farei!

- E’ vero che prima di andartene le hai … sputato in faccia?

- Sì è vero e non me ne pento, non guardarmi così, avrei dovuto fare molto peggio, ma poi ho pensato che se la poteva di nuovo prendere con te, con l’aiuto di quell’idiota del fratello.

Candy capì quanta rabbia aveva ancora Terence nei confronti dei fratelli Lagan per cui pensò fosse meglio non dirgli niente riguardo a quello che era successo dopo, soprattutto in merito al tranello che le aveva teso Neal per fare in modo che accettasse di sposarlo.

- Sai quante volte ho pensato che avrei dovuto portarti via con me? Se fossi stato più grande lo avrei fatto – le disse infine Terence guardandola intensamente, accarezzandole con le dita un ricciolo ribelle vicino alla tempia. Poi trovò il coraggio di chiederle:

- Saresti venuta in America con me?

- Senza alcuna esitazione.

Erano tornati seduti l’uno accanto all’altra, spalla contro spalla. Dopo aver udito le ultime parole di Candy, Terence le posò un braccio dietro la schiena per avvicinarla ancora di più, lei poggiò la testa sul suo petto, circondandogli la vita.

- Però qui abbiamo anche tanti bei ricordi – disse Candy andando con la mente ai mesi trascorsi alla St. Paul School.

- E qual è la prima cosa bella che ti viene in mente? – chiese Terence incuriosito.

- Beh forse ti sembrerà strano ma … la tua irruzione in chiesa durante la preghiera.

- Ah ah ah … e perché? -  le domandò dopo una sonora risata delle sue.

- Se ti ricordi c’è stato un attimo in cui mi hai guardata, mentre stavi uscendo dalla chiesa, dopo aver fatto infuriare suor Gray – rispose Candy sorridendo ripensando alla faccia della Madre Superiora.

- Non avevo mai visto nessuno comportarsi in un modo tanto insolente e irrispettoso, nonostante questo, quando i nostri occhi si sono incontrati, ho sentito nel profondo del cuore un impercettibile sussulto di felicità. Il motivo di quella piccola felicità non l’ho capito subito, anzi in quel momento lo respingevo con tutta me stessa e tu sai bene perché, ma alla fine il mio cuore ha ceduto e ha smesso di ribellarsi quando mi sono resa conto che ero semplicemente felice di sapere che anche tu eri in questa scuola, anche se facevi finta di non conoscermi!

- Del resto sono un attore nato! – esclamò Terence prendendola un po’ in giro, mentre la faceva voltare verso di lui accogliendola nell’incavo del suo braccio sinistro, per poter ammirare il suo viso.

- E poi che cosa ti ricordi?

- Vediamo … quando mi hai salvato da Neal e i suoi amici, se non fossi intervenuto non voglio neanche immaginare dove sarebbero potuti arrivare. Però dopo sei stato così presuntuoso e spudorato che mi hai subito fatto infuriare … e non sarebbe stata la prima volta accidenti! – Candy si stava arrabbiando di nuovo al solo pensiero di quanto Terence a volte si prendesse gioco di lei, mentre lui anche in quel momento non la smetteva più di ridere.

- Oh Terry, possibile che anche adesso la cosa ti faccia tanto divertire!

- A te fa ancora arrabbiare! – disse Terence cercando invano di tornare serio.

- Allora per punizione tocca a te confessare uno dei tuoi ricordi più belli qui alla St. Paul School. Forza, voglio proprio vedere se riesci ad essere onesto o intendi continuare a prenderti gioco di me – lo sfidò Candy.

- D’accordo, fammi pensare un attimo … ce l’ho! Quando dopo l’ennesima rissa sono capitato per sbaglio nella tua stanza e tu ti sei presa cura di me, addirittura uscendo dalla scuola per trovare il medicinale necessario. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me – disse Terence guardandola con tenerezza – Sono stato abbastanza onesto, Lentiggini?

- Credo di sì – rispose Candy con un sorrisetto soddisfatto - Ma anche tu hai sempre fatto molte cose per me.

- Per esempio?

- A parte avermi tirato spesso fuori dai guai, ricordo con infinita dolcezza le tue lezioni di pianoforte, anche se con scarsi risultati purtroppo. Tu non lo sai, ma è proprio a causa di questi ricordi che sono corsa via a casa Cornwell, mentre suonavi. Ho provato un’emozione così forte che avevo paura che tutti i presenti se ne sarebbero accorti, te compreso.

- Ed io che credevo che tu non sopportassi la mia presenza! – esclamò Terence dandosi dello sciocco e baciandola sulla punta del naso. Poi, mantenendo il suo viso vicino a quello di Candy, le chiese sottovoce:

- E quello che è successo su questa collina non te lo ricordi più?

- Come potrei dimenticare il nostro primo bacio!

- Allora dal momento che ciò che ha seguito quel bacio non è degno di essere ricordato, adesso io ti bacio di nuovo come se fosse la prima volta, però niente schiaffi, prometti?

Candy sorrise ed annuì. Terence colmò facilmente la breve distanza che ancora separava le loro labbra e quando si staccò da lei Candy gli accarezzò la guancia con la sua mano e questa volta rispose al bacio con un altro bacio.



Capitolo venti

Fantasmi dal passato

 

Londra, mercoledì 28 aprile 1920

In teatro c’era un po’ di agitazione quella mattina. L’attrice protagonista che interpretava Ofelia, Karen Kleis, era stata poco bene durante la notte e non si era presentata alle prove. Si temeva non potesse partecipare allo spettacolo conclusivo previsto per la domenica successiva. L’attrice di riserva era entrata da poco tempo a far parte della compagnia Stratford e, seppur molto giovane, si era dimostrata fin da subito capace e talentuosa per cui Robert aveva deciso di portarla in tournée in Europa. Hathaway non si aspettava tuttavia di doverla impiegare così presto e in un ruolo tanto importante, nella patria di Shakespeare oltretutto. Il primo attore era stato informato quella mattina stessa ed era stato proprio Robert a comunicargli la notizia, confidando non poco nel suo aiuto.

- Terence purtroppo non è sicuro che Karen possa riprendersi per domenica. Si tratta solo di un malessere ma non rischierei se non fosse in perfetta forma, questo spettacolo è troppo importante! Forse è il caso di far subentrare Elizabeth. Che ne pensi? – gli chiese Robert piuttosto preoccupato.

- Non credo che abbiamo altra scelta. Vediamo come vanno le prove stamattina e poi deciderai, magari non dirle subito che potrebbe sostituire Karen anche domenica, le metteresti troppa pressione.

- Allora adesso proviamo soprattutto le parti in cui siete insieme sulla scena, dopo il monologo di Amleto, sono sicuro che la tua vicinanza potrà aiutare molto Elizabeth a sentirsi a suo agio, ho l’impressione che sia una tua grande ammiratrice, può imparare molto da te – disse Robert facendo capire a Terence quanto contasse su di lui per uscire fuori da quella situazione che lo preoccupava molto.

- Andrà tutto bene vedrai, Elizabeth se la caverà alla grande. Del resto tu hai sempre avuto una particolare attitudine nello scoprire nuovi talenti, o sbaglio? – chiese Terence sorridendo, lanciando uno sguardo d’intesa al suo mentore.

Giusto! – confermò Robert con aria soddisfatta.

Dopodiché si avviarono verso il palcoscenico. Prima di salire Terence si soffermò in platea dove quella mattina era presente un pubblico speciale per lui: Albert, il suo migliore amico, e Candy, l’amore della sua vita. Comunicò loro che le prove si sarebbero probabilmente allungate più del previsto a causa dell’indisponibilità di Karen e della conseguente sostituzione.

- Se faremo troppo tardi andate pure a pranzo, io vi raggiungo dopo – dopodiché si diresse verso un gruppo di colleghi che lo aspettavano.

Candy non li conosceva personalmente, li aveva visti solo recitare. L’unica collega di Terry con cui aveva avuto modo di creare un rapporto di amicizia era Karen Kleis che purtroppo era rimasta in albergo. Chissà chi l’avrebbe sostituita? Iniziò a guardarsi intorno cercando una figura femminile che avrebbe potuto impersonare la bella Ofelia. Avvertiva una certa ansia, non sapendo bene il perché. Terry era di spalle, rivolto verso il palco dove tra poco sarebbe sicuramente salito, stava parlando con qualcuno davanti a lui. Le piaceva molto osservarlo nel suo mondo: si muoveva con sicurezza ed appariva molto concentrato, lo sguardo pieno di passione, sembrava più grande della sua età. Era così orgogliosa di lui!

D’un tratto Terence si spostò rivelando la persona che aveva davanti: si trattava di una bellissima ragazza, molto giovane, con lunghi capelli castani leggermente mossi e gli occhi verdissimi, non troppo alta ma ben proporzionata. Con uno sguardo serio e concentrato stava parlando con il primo attore, o meglio stava ascoltando ciò che lui le diceva, annuendo ogni tanto, senza perdere nemmeno una parola. Al termine del suo discorso Terence le sorrise e le strinse la mano con un gesto d’intesa e di incoraggiamento, lei rispose a sua volta con un sorriso e quando si voltarono per salire sul palco intrecciò il suo braccio con quello di lui.

Candy sentì una stretta al cuore e distolse lo sguardo, vergognandosi di quella sciocca reazione, ma non potendo farne a meno. Per tutta la durata delle prove Terence ed Elizabeth furono insieme sul palcoscenico, ripetendo alcune scene decine di volte. Era chiaro come lui stesse cercando di aiutarla a trovare i tempi giusti e la migliore intonazione della voce. Ogni tanto si arrabbiava con lei e la faceva ricominciare da capo ed Elizabeth seguiva attentamente le sue indicazioni senza ribellarsi.

- Non vorrei essere nei panni di quella giovane attrice! Sostituire la Kleis non sarà facile, ma lavorare con Terence sembra una prova ben più difficile da superare! – esclamò Albert sorridendo, rivolgendosi a Candy.

- Beh lei non mi sembra molto dispiaciuta di lavorare con Terence, pende letteralmente dalle sue labbra – ribatté Candy piuttosto seria, tanto che Albert fu sorpreso da quella reazione e stava per dirle qualcosa quando si sentì gridare:

- Pausa!

Gli attori si dileguarono dietro le quinte. Era già quasi l’ora di pranzo e Candy propose ad Albert di uscire, dopo aver avvisato Terence. Si diressero così verso il suo camerino. Si salutarono dandosi appuntamento per cena, ma quando Terence le si avvicinò sfiorandole la guancia con un bacio sentì Candy ritrarsi da lui velocemente, senza guardarlo. Alzando il viso Terence incrociò gli occhi di Albert che però alzò le spalle non sapendo cosa dire, pur avendo notato la freddezza della ragazza.

Albert e Candy rientrarono in albergo e pranzarono al ristorante all’aperto. La primavera ormai inoltrata aveva riscaldato anche la gelida aria londinese per cui sempre più spesso si poteva godere di un tiepido sole, anche se brevi temporali erano sempre in agguato. I due chiacchierarono molto e scherzarono ricordando le avventure di Candy alla St. Paul School, in particolare le sue fughe per andare a trovare Albert che allora lavorava allo zoo di Londra.

- Non eri l’unica ad uscire dal collegio di nascosto, anche Terence veniva spesso a trovarmi e finiva sempre per parlarmi di te.

- Mi ricordo benissimo quando vi sorpresi a ridere di me per i soprannomi che Terry si divertiva a darmi! – disse Candy imbronciata.

- Quel giorno se non sbaglio facesti anche una bella litigata tu e Terence, e non per i soprannomi vero?

- Fu quando gli parlai di Anthony. Terence finiva sempre per arrabbiarsi quando gli parlavo di lui, poi ho capito perché … credo che fosse un po’ geloso.

- Io non credo che fosse solo gelosia, penso piuttosto che temesse che il ricordo di Anthony ti avrebbe impedito di andare avanti con la tua vita. Terence aveva di sicuro capito quanto Anthony fosse stato importante per te e quanto dolore ti avesse provocato la sua scomparsa, aveva paura che il suo fantasma sarebbe stato sempre tra voi e non ti avrebbe permesso di lasciarti andare ad un nuovo amore.

- Forse hai ragione Albert, infatti Terence fece di tutto per farmi superare il trauma della sua morte – disse Candy ripensando a quella folle cavalcata, quando per la prima volta si rese conto che finché si è vivi c’è sempre la speranza di essere felici e che la sua felicità era proprio lì, tra le braccia di Terence.

Mentre era dolcemente immersa in questi ricordi le venne davanti agli occhi l’immagine di quella nuova attrice, Elizabeth, mentre si dirigeva verso il palco appoggiata al braccio di Terence e percepì la stessa stretta al cuore che aveva avvertito in teatro. Strinse le labbra e il suo sguardo si fece d’improvviso cupo. Albert si accorse del suo cambiamento d’umore e le chiese se c’era qualcosa che non andava, ma Candy rispose che era solo un po’ stanca per le troppe emozioni degli ultimi giorni. Tuttavia conoscendola fin troppo bene sapeva riconoscere la semplice stanchezza da quella che sembrava tutt’altro tipo di preoccupazione.

- Mmmmmm … non è che adesso sei tu la vittima dei fantasmi del passato? – le chiese scrutandone attentamente la reazione.

- Che intendi dire Albert?

- Forse mi sbaglio, ma ho avuto come l’impressione che tu sia fuggita dal teatro questa mattina e credo anche di conoscerne il motivo.

Candy gli diresse uno sguardo che gli fece capire quanto avesse colto nel segno ancora una volta, ma non era facile ammettere che Albert aveva ragione perché non era un comportamento da lei e se ne vergognava molto. La fuga non era di certo la soluzione che di solito Candy adottava davanti ai problemi. Anche con Terence, che non era di sicuro un carattere facile, aveva sempre affrontato le cose in maniera diretta, tenendogli testa senza indietreggiare, ma ora … Perché si sentiva così fragile?

- Anch’io sono sorpresa della reazione che ho avuto questa mattina, non me la spiego ma … non potevo restare lì, Terry se ne sarebbe accorto e non volevo creargli problemi.

- Non puoi pretendere che nessuna donna gli si avvicini – le disse Albert con dolcezza ma anche con estrema sincerità.

- Lo so … non è questo, infatti non riesco a spiegarmi che cosa mi succede.

- Posso dirti con franchezza quello che penso?

- Certo Albert …

- Tu hai semplicemente paura di perderlo di nuovo e in ogni donna che gli si avvicina rivedi … Susanna Marlowe.

A quelle parole Candy si gettò all’indietro, appoggiandosi pesantemente allo schienale della sedia e alzò il mento verso l’alto per impedire alle lacrime di inondarle le guance. Albert le prese la mano scusandosi, non era sua intenzione farla piangere.

- Oh Albert … perché anche adesso che Terry ed io ci siamo ritrovati deve essere tutto così difficile? – balbettò Candy sommessamente.

- Sono sicuro che tutto andrà a posto Candy, devi solo darti un po’ di tempo e sforzarti di non avere più paura del passato. Terence ti ama, non credo tu possa dubitare di questo, ha capito di aver sbagliato e non ripeterà gli stessi errori. Oltretutto non è più un ragazzino, devi avere più fiducia in lui.

- Lo so e ne abbiamo già parlato, ma finora non mi era capitato di vederlo con una donna vicino, a parte Karen Kleis … mi sto comportando da sciocca e se glielo dicessi sono sicura che mi prenderebbe in giro, magari trovandomi un altro soprannome per l’occasione.

- Invece devi assolutamente dirglielo perché lui se n’è già accorto e molto probabilmente ti chiederà una spiegazione – la mise in guardia Albert, consigliandole di parlare con Terence di ogni sua preoccupazione.

- Adesso vado nella mia stanza a riposare un po’, magari dopo avrò le idee più chiare. Grazie Albert.

- Anch’io ho del lavoro da sbrigare. A più tardi Candy.

I due amici si congedarono e Candy, una volta in camera sua, provò a riflettere su quanto le aveva detto Albert: aveva proprio ragione come sempre, il fantasma di Susanna era ancora lì, riusciva a vederla su quella terrazza gelida piena di neve, in braccio a Terence. Non riuscì più a trattenere le lacrime e si gettò sul letto nascondendo il viso nel cuscino.

Terence rientrò molto tardi quella sera. Fece il suo ingresso in albergo quasi correndo per la disperata voglia di vederla e di capire cosa era successo quando si erano salutati in teatro. Incrociò Albert nel corridoio il quale gli disse che Candy era nella sua stanza perché voleva riposare un po’. Dopo pochi istanti era davanti alla sua porta. Bussò e udì la sua dolce voce chiedere chi era.

- Sono io, posso entrare?

- Entra pure.

Terence aprì la porta e trovò Candy distesa sul letto.

- Candy cos’hai, stai bene? – le chiese preoccupato.

- Sì … solo un po’ di mal di testa – rispose, mentre lui le si avvicinava e si sedeva sul letto.

- Sei rientrato adesso?

- Purtroppo sì … ti ho lasciata sola tutto il giorno, perdonami.

- Non preoccuparti, deve essere stata una giornata piuttosto impegnativa. Karen come sta?

- Non l’ho ancora vista, spero di incontrarla a cena e che si sia rimessa. Elizabeth è brava ma non credo potrà essere pronta per domenica – disse Terence osservando la reazione di Candy nel sentire quel nome.

Lei si sforzò di rimanere impassibile e quando Terence le prese la mano per baciarla il calore delle sue labbra le fece capire quanto fossero infondati i suoi timori, perché quando lui le stava vicino ogni paura svaniva come per magia ed esistevano solo loro due. Quando invece erano in mezzo ad altre persone, Candy si sentiva mancare il terreno sotto ai piedi.

- Io sono decisamente affamato, Albert mi ha chiesto se ceniamo insieme, che ne dici?

- Non ho molta fame stasera, preferirei restare in camera.

Quella sera non se la sentiva proprio di condividerlo con il mondo, avrebbe voluto trattenerlo lì con lei e non pensare ad altro se non al loro amore. Terence non accettò subito di lasciarla lì da sola, ma lei lo convinse ad andare a mangiare qualcosa per fare almeno compagnia ad Albert.

- Posso tornare dopo per darti la buonanotte? – le chiese avvicinandosi al suo viso.

- Devi!

Nonostante il dispiacere per l’assenza di Candy, i due ragazzi furono felici di quella cena tra soli uomini. Terence avrebbe voluto chiedere molte cose ad Albert con il quale Candy si confidava spesso e con cui aveva vissuto per molto tempo. Dopo aver parlato in generale degli avvenimenti del giorno, come sua abitudine, andò dritto al punto chiedendogli perché avessero lasciato il teatro così presto.

- Candy ha preferito andare via – rispose Albert senza mezzi termini.

- Me ne sono accorto, qualcosa deve averla infastidita, o meglio qualcuno.

- Non fraintendere Terence. Candy è sicuramente un po’ gelosa di te, come darle torto con tutte le donne che ti girano intorno! – lo rimproverò Albert bonariamente – Ma credo ci sia dell’altro ed è questo che dovrebbe preoccuparti.

- Credo di aver capito a cosa ti riferisci. Forse non avrei dovuto invitarla alle prove, proprio durante le prove di Romeo e Giulietta accade quell’incidente … - Terence si interruppe, chiuse gli occhi, una mano sulla fronte – Riusciremo mai a superarlo Albert … oppure il passato ci perseguiterà sempre? – la voce gli tremava.

- Ce la farete, ma devi avere pazienza con lei in questo momento, non correre e non lasciarti abbattere dalle difficoltà. Candy ha bisogno del tuo aiuto, devi farle capire che può fidarsi di te ciecamente.

- Sai bene che la pazienza non è mai stata il mio forte … ma per lei farei di tutto. Pensi che rendere pubblica la nostra relazione potrebbe rassicurarla in qualche modo?

- Penso di sì, anche se dovresti evitare che i giornalisti la infastidissero troppo come già fanno con te.

Ci fu una pausa. Terence sembrava immerso nei sui pensieri, gli occhi blu oceano fissi sul piatto, non aveva mangiato quasi niente. D’un tratto si alzò in piedi.

- Vado da lei.

- Non finisci di mangiare?

- Non ho più fame. A domani Albert.

Mentre si allontanava Albert lo chiamò e lo raggiunse parlandogli guardandolo dritto negli occhi e poggiandogli una mano sulla spalla:

- Terence … cerca di stare tranquillo e ricordati una cosa: solo tu puoi renderla felice!

- Grazie Albert, lo farò!

Appena Candy aprì la porta della sua stanza si sentì stretta in un abbraccio dolce e appassionato. Terence le chiese come stava e se avesse bisogno di qualcosa o se volesse uscire a fare una passeggiata.

- Vorrei solo che tu restassi un po’ qui con me – gli rispose lei prendendogli la mano.

Si sedettero sul divanetto posizionato davanti ad una finestra socchiusa che lasciava filtrare appena i rumori della strada e lo sciabordio delle acque del Tamigi. Fuori la notte londinese era rischiarata da molte luci. Candy era nervosa. Avrebbe voluto confidare a Terence le sue paure che a momenti tornavano violente, cogliendola di sorpresa, ma lui avrebbe capito? Si sentiva sciocca come una ragazzina alla prima cotta e non sapeva cosa fare. Terence si accorse della sua agitazione, ma pensò che farle domande troppo dirette avrebbe solo contribuito ad ingigantire il problema e optò per un’altra strategia.

- Tra pochi giorni la tournée sarà terminata, vuoi rientrare subito in America oppure accetterai la mia proposta?

- Quale proposta?

- Non ti ricordi? Ti ho detto che vorrei andassimo insieme in un posto.

- E dovrei accettare senza sapere dove?

- Sì! Ti dovrai fidare di me … ti assicuro che non te ne pentirai! – le disse sorridendole dolcemente.

- Quanto tempo ci fermeremo in questo luogo misterioso?

- Almeno qualche giorno, una settimana se vuoi.

- E dove alloggeremo? – chiese infine Candy leggermente in ansia.

- Alloggeremo in un edificio che ha molte camere … se è questo che ti preoccupa – rispose Terence con un sorrisetto malizioso.

Il rossore sulle guance di Candy infatti rivelava più di quello che le sue parole osavano confessare: il pensiero di trascorrere una vacanza con Terence, da soli, per di più in un luogo sconosciuto non la faceva essere del tutto tranquilla.

- Le tue lentiggini stanno cambiando colore – le disse Terence avvicinando il viso a quello della ragazza, burlandosi di lei.

- Se continui a prendermi in giro … non verrò!

- Ma io adoro le tue lentiggini, soprattutto quando cambiano colore – le sussurrò avvicinandosi al suo naso -  E sappi che non accetterò un no! Dimmi di sì e me ne vado, così potrai dormire.

- Ci devo pensare! – esclamò Candy giocando a tenerlo ancora un po’ sulle spine.

- D’accordo … vorrà dire che per convincerti dovrò sfoderare tutte le mie armi migliori, sei curiosa di scoprirle? – le disse provocante ad un millimetro dalle sue labbra, alzandole il mento con la mano.

- Terence! – gridò lei, alzandosi in piedi – Sei sempre il solito sfacciato!

- Dai Lentiggini … non si può mai scherzare con te! – disse alzandosi anche lui e abbracciandola alle spalle. Affondò il viso nei suoi riccioli biondi aspirandone il profumo, rimasero così in silenzio per qualche istante, infine le sussurrò:

- Dimmi di sì, ti prego.

Candy si voltò e gli sorrise.

 

 

Capitolo ventuno

Eleanor Baker

 

Londra, sabato 1 maggio 1920

Gli ultimi due giorni erano stati molto impegnativi per la compagnia Stratford. Fortunatamente Karen Kleis aveva recuperato la sua forma migliore e sarebbe stata ancora una volta una splendida Ofelia. Terence con lei al suo fianco si sentiva più tranquillo ma come al solito non si era risparmiato e aveva messo tutto se stesso per fare in modo che il suo principe di Danimarca fosse memorabile. Questo aveva significato godere di pochissimo tempo libero per cui il tempo trascorso con Candy era stato davvero poco, riducendosi a qualche ora durante e dopo la cena.

Quel sabato mattina Albert si sarebbe imbarcato per fare ritorno in America. I tre amici si erano salutati la sera precedente. Candy si era commossa nel vedere l’abbraccio fraterno che si erano scambiati i due ragazzi, Terence aveva ringraziato l’amico con tutto il cuore per quello che aveva fatto per loro e lei non aveva potuto trattenere le lacrime al momento della separazione.

- E’ davvero una gioia per me vedervi finalmente insieme. Appena rientrate vi aspetto a Chicago, mi raccomando, fate i bravi! – aveva scherzato Albert prima di salutarli.

In quei giorni in cui Terence era poco presente Candy si era dedicata a scrivere qualche lettera. La prima alla dolce neomamma.


Londra, 29 aprile 1920

Carissima Annie,

Innanzitutto come stai? E i gemelli?

Ho avuto vostre notizie tramite Archie, spero che stia procedendo tutto bene.

Credo che tu sappia che Albert farà ritorno in America questo sabato, mentre io ho deciso di rimanere qui a Londra fino alla fine della tournée teatrale, dopodiché Terry mi ha proposto di andare con lui, senza dirmi però dove. Forse mi prenderai per pazza, ma ho accettato!

Non ho potuto fare altrimenti perché il solo pensiero di separarmi di nuovo da lui mi fa star male. Rimarremo in questo luogo misterioso per qualche giorno prima di tornare insieme a New York.

Ti confesso che ancora mi sento come stordita da tutte le emozioni vissute nelle ultime settimane. Non mi sono ancora abituata a poterlo vedere ogni giorno, anche se in questo momento il tempo è poco perché si avvicina la data dell’ultimo spettacolo.

Averlo vicino a volte mi mette una tale agitazione che mi sento una sciocca e forse mi comporto come tale. Mi sembra di vivere in un sogno e la paura di svegliarmi all’improvviso è sempre in agguato, soprattutto quando penso che stavo per perderlo di nuovo a causa della mia indecisione.

Non so quando potremo rivederci, forse a Natale? Sarebbe bellissimo poter trascorrere le feste insieme, magari alla Casa di Pony! Scrivimi mi raccomando, voglio sapere ogni più piccolo dettaglio su Alistear e Rose, da’ loro un bacio da parte della zia Candy.

 Un grande abbraccio a te e Archie

la tua affezionatissima Candy

 

La seconda lettera non poteva che prendere la strada verso La Porte.

 

Londra, 30 aprile 1920

Carissime Miss Pony e suor Lane,

spero con tutto il cuore che stiate bene così come tutti i bambini. Mi devo innanzitutto scusare per non avervi più scritto dopo il mio arrivo a Parigi ma gli avvenimenti che ora vi racconterò sono stati molto importanti e hanno assorbito tutte le mie energie. La nascita dei gemelli di Annie ed Archie ha rappresentato per me una gioia immensa. Ho potuto assistere Annie durante il parto, è stata bravissima e si è anche ripresa molto velocemente. Alistear e Rose sono bellissimi! Spero possiate fare al più presto la loro conoscenza. Sono rimasta con Annie fino all’arrivo dei signori Brighton, ma da qualche giorno non mi trovo più a Parigi. Adesso sono a Londra e con me c’è anche Albert, ma solo fino a domani perché per motivi di lavoro deve rientrare in America al più presto. Io invece resterò qui ancora per qualche giorno.

Vi starete di sicuro chiedendo che cosa sono venuta a fare qui e credo che a questo punto io non possa più nascondervelo, anche se ho l’impressione che qualcosa abbiate già intuito, soprattutto quando sono partita all’improvviso per Parigi. E’ vero che sono andata a Parigi per stare vicino ad Annie, ma l’ho fatto anche per un altro motivo. Circa un mese e mezzo fa, quando mi trovavo ancora a La Porte, ho ricevuto una lettera che mi ha sconvolta e sono sicura che avete capito chi poteva essere il mittente: si trattava di Terence, si proprio lui, il mio Terry!  A Parigi sono corsa per lui perché quando mi sono decisa a contattarlo era troppo tardi e la sua compagnia teatrale era già in tournèe in Europa.

Purtroppo rivedersi all’inizio non è stato semplice, dubbi e incomprensioni reciproche ci hanno fatto discutere e allontanarci di nuovo, ma quando lui è partito per Londra, la paura di perderlo questa volta per sempre mi ha terrorizzato e così eccomi qua.

Finalmente ci siamo riconciliati e ritrovati, scoprendo che i sentimenti che ci hanno legato anni fa non sono cambiati, anzi, forse sono ancora più forti di prima. Non riesco minimamente a descrivere la felicità che provo sapendo che ora possiamo stare insieme, ogni volta che lo vedo il mio cuore trabocca di gioia e ho motivo di credere che anche per lui sia la stessa cosa.

Non vedo l’ora di poter condividere con voi la mia ritrovata serenità, sono sicura che stenterete a riconoscermi ed il merito è solo di Terry!

 

Vi abbraccio con infinito affetto e tenerezza

la vostra Candy


Quando la sera Candy comunicò a Terence che aveva scritto alla Casa di Pony lui insisté per conoscere tutti i dettagli di quella lettera, volendo sapere soprattutto se avesse scritto di lui e che cosa. Terence sapeva quanto importanti fossero per Candy Miss Pony e suor Lane e ciò che confidava loro sarebbe stata sicuramente la verità. Possibile che si sentisse ancora insicuro dei sentimenti di Candy? In fondo si erano ritrovati solo da pochi giorni, avevano bisogno di passare più tempo insieme cosa che ora, con la tournée, non era possibile. Per questo Terence aspettava con impazienza la possibilità di portarla in “quel luogo misterioso” e aveva tanto insistito affinché lei accettasse.

- Dimmi che cosa hai scritto! – le disse mentre passeggiavano mano nella mano al St. James Park.

- Ma quanto sei curioso! Le lettere sono personali.

- Dimmi almeno se hai detto loro di me … di noi – insisté ancora, quasi vergognandosene.

Candy sorrise al suono di quella piccola parola, “noi”. Una parola tanto piccola ma così potente da contenere tutto l’amore di due persone, di un tu ed io allontanati dal destino che finalmente si ritrovano e si amano in un noi.

- Certo che ho parlato loro di noi, anche se probabilmente qualcosa avevano già intuito.

- Quindi non si stupirebbero se uscisse sui giornali qualcosa in proposito? – chiese Terence cercando di tastare il terreno con cautela in merito a quell’argomento.

- Sui giornali? – chiese Candy preoccupata.

- Domenica sera, dopo l’ultimo spettacolo, ci sarà un ricevimento a cui non posso mancare e … mi piacerebbe che tu venissi con me … se vuoi.

- Dici sul serio … vuoi che venga con te? – chiese Candy trattenendo a stento l’emozione.

Terence annuì guardandola e sorridendo nel vedere il rossore che di nuovo le ricopriva le guance.

- Ma sarà la tua serata Terry e io non vorrei …

- Proprio per questo ti voglio con me – la interruppe lui, prendendole il viso tra le sue mani.

- Ci saranno dei giornalisti, che cosa diremo?

- Non diremo niente. La stampa sarà fuori dalla villa dove si terrà il ricevimento, ma non all’interno, la partecipazione è solo su invito. Quando arriveremo ci faranno di sicuro qualche foto e il giorno dopo tutti i giornali parleranno di una misteriosa bionda che ha accompagnato Terence Graham ai festeggiamenti per la conclusione della tournée teatrale. Magari qualcuno potrebbe riconoscerti e aggiungere il tuo nome alle foto, ma Albert mi ha assicurato che per gli Ardlay non sarà un problema, parlerà lui con la famiglia appena rientrato a Chicago.

- Quindi vi siete già messi d’accordo alle mie spalle? – lo rimproverò Candy.

- L’altra sera a cena, quando tu non c’eri, abbiamo parlato un po’ – le disse Terence strizzandole l’occhio e sorridendo maliziosamente.

Candy continuò ancora un po’ a brontolare, fingendo di essere arrabbiata, in realtà il fatto che la loro ritrovata relazione diventasse pubblica la rassicurava, soprattutto poteva tenere a distanza tutte quelle donne che subivano l’indiscusso fascino di Terence Graham.

- Questa sera rientrerò molto tardi. Dopo lo spettacolo del sabato ci fermiamo sempre per correggere i dettagli che non sono andati … forse dormirai già – le disse Terence sconsolato.

- Ti aspetterò! – si affrettò a rassicurarlo Candy – Vieni a darmi la buonanotte quando arrivi … a qualsiasi ora … - gli sussurrò.

- A stasera allora – la salutò lui con il più bello dei sorrisi.

Candy si recò a teatro con largo anticipo per evitare, almeno per quella sera, l’assalto dei giornalisti. Terence le aveva fatto riservare un posto speciale dove non sarebbe stata disturbata da nessuno e anche se un po’ le dispiaceva essere lì da sola, sapeva che appena iniziato lo spettacolo si sarebbe immersa in quel mondo magico che era il teatro e soprattutto avrebbe goduto appieno di tutte le emozioni che sempre gli provocava vederlo recitare. C’era solo una scena che proprio non sopportava, pur sapendo trattarsi di pura finzione finiva sempre per coprirsi gli occhi di fronte alla morte di Amleto e tratteneva il respiro per quell’attimo in cui tutto sembrava così reale.

Nell’attesa che si alzasse il sipario, essendo le luci ancora accese, Candy poteva osservare dal suo palco l’ingresso degli altri spettatori. Ad un certo punto le sembrò di scorgere una figura femminile che le apparve immediatamente familiare. Dall’alto non riusciva a vedere bene, ma quando la donna alzò il viso rivolgendolo proprio nella direzione in cui si trovava Candy, riuscì a distinguere nitidamente la sfolgorante bellezza di Eleanor Baker. La madre di Terry era venuta ad assistere allo spettacolo, chissà se lui lo sapeva. Le sarebbe piaciuto molto poterla salutare. Le venne in mente quel giorno in Scozia, al castello dei Granchester, quando Terence non voleva neppure parlare con la madre e poi la gioia sul suo viso quando infine si erano riconciliati. Mentre era immersa in questi dolci ricordi la porta del suo palco si aprì e la donna che poco prima aveva riconosciuto in platea le apparve miracolosamente davanti agli occhi in tutto il suo splendore.

- Ciao Candy come stai? Non sai quale immenso piacere mi faccia vederti qui – le disse Eleanor al limite della commozione.

Candy si alzò in piedi, ma rimase immobile come paralizzata per l’emozione. Eleanor Baker le si fece incontro abbracciandola teneramente e Candy rispose a quell’abbraccio con grande affetto, sorpresa dal fatto che nonostante non si vedessero da tanti anni la loro intesa apparisse così naturale. Del resto ad unirle c’era qualcosa di molto prezioso per entrambe.

Quando Candy si riprese finalmente le disse euforica:

- Eleanor non credo ai miei occhi, ma Terry sa che lei è qui?

- Ci siamo visti ieri pomeriggio, Terry non ha voluto dirti niente per farti una sorpresa. Non l’ho mai visto così Candy, è al settimo cielo ed è solo merito tuo. Non sai quanto ho pregato perché questo potesse accadere. Ti devo ringraziare per avermi restituito mio figlio, per la seconda volta.

- Mi dispiace molto di non aver accettato il suo invito a vedere l’Amleto anni fa. Ora so che avrei dovuto farlo – le confessò Candy sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.

- Hai accettato l’invito di Terry, questo è ciò che conta adesso!

Le luci si abbassarono in quel preciso istante. Aveva inizio lo spettacolo. Candy ed Eleanor si sedettero vicine e quando Terence fece il suo ingresso sul palco per una frazione di secondo rivolse lo sguardo verso di loro e sorrise dentro di sé, tanto bastò per rendere memorabile il suo principe di Danimarca.

L’ovazione che accompagnò la fine dello spettacolo fu qualcosa di incredibile. L’Old Vic non era all’epoca un teatro molto grande, tuttavia era frequentato da un pubblico davvero appassionato di Shakespeare per cui il suo giudizio veniva tenuto in grande considerazione. Quella sera dunque l’interpretazione di Terence Graham venne definitivamente consacrata come la migliore degli ultimi anni e la compagnia Stratford come la più degna interprete delle opere del Bardo.

Candy osservava la madre di Terence commossa fino alle lacrime mentre applaudiva il figlio, da solo al centro del palco, che si inchinava osannato da un pubblico in delirio. Prima di lasciare il teatro si recarono nel suo camerino. Appena Candy entrò Terence le piombò letteralmente addosso, abbracciandola e baciandola come se non la vedesse da chissà quanto tempo, senza accorgersi che dietro di lei era entrata anche Eleanor.

- Terry c’è tua madre – gli disse Candy appena lui le liberò le labbra.

Terence si svoltò con l’intenzione di scusarsi, ma la madre lo interruppe.

- Non preoccupatevi per me, siete così belli – poi proseguì rivolgendosi al figlio con il cuore pieno d’orgoglio – E tu sei stato bravissimo, non ho mai assistito ad un’interpretazione così intensa. Candy ed io abbiamo pianto quasi tutto il tempo!

- Grazie mamma – le disse Terence abbracciandola.

In quel momento bussarono alla porta, Terence andò ad aprire e apparve Elizabeth Gordon, l’attrice che avrebbe dovuto sostituire Karen Kleis.

- Terence, Robert mi ha mandata a chiamarti, ti stiamo aspettando tutti – gli disse la giovane attrice come infastidita dalla presenza delle due bionde nel camerino del collega. Eleanor la scrutò dall’alto in basso fulminandola con uno sguardo.

- Di’ pure a Robert che sto arrivando – la liquidò Terence chiudendo la porta.

Terence e la madre si dettero appuntamento al giorno dopo, avrebbero fatto colazione insieme, mentre a Candy lui rivolse un semplice sguardo d’intesa a cui lei rispose con un sorriso e un impercettibile cenno di assenso con la testa. Le due donne fecero rientro in albergo con la stessa carrozza, dal momento che anche Eleanor Baker alloggiava al Savoy. Rimasero per un po’ a chiacchierare nella stanza dell’attrice, ancora molto emozionate per quanto condiviso quella sera.

- Sai Candy domani ho un appuntamento importante. Incontrerò Richard, il padre di Terence.

Candy la guardò sbigottita.

- Terry ancora non lo sa, ma è solo per lui che lo faccio. Vorrei che si sapesse che sono sua madre, ma ho paura che il Duca possa creargli dei problemi.

- E’ stato Terry a chiederle di rendere pubblico il vostro legame? – chiese Candy.

- No, ma so che la stampa continua a infastidirlo in proposito e sono stufa di questa situazione. Spero che Richard capisca.

- Io credo che lo farà, è sempre suo padre. Lo sa che il duca è andato a teatro a vederlo? E poi si sono parlati al ricevimento a Buckingham Palace.

- Non lo sapevo, ti ringrazio di avermelo detto. Spero che questo possa rendere le cose più semplici.

- Me lo auguro anch’io e spero con tutto il cuore che Terry si possa riconciliare anche con suo padre. Ne ha bisogno, anche se non lo ammetterà mai.

- Cercherò di fare il possibile perché questo accada, ma tu mi dovrai aiutare d’accordo? – le chiese Eleanor con uno sguardo d’intesa, aggiungendo – A te darà ascolto!

- Terry ha la testa dura, ma tenterò – rispose Candy con la sua risata contagiosa.

Dopodiché rientrò nella sua stanza, era già notte inoltrata e si sentiva davvero stanca per tutte le emozioni vissute quella sera. Accese la luce e davanti a lei apparve un magnifico mazzo di fiori poggiato sul tavolino davanti al suo letto. Si avvicinò, narcisi e nontiscordardimé riempirono di oro e azzurro i suoi occhi. C’era un biglietto, lo lesse

“La mia vita non durerà più del tuo amore poiché da questo amore essa dipende [7]

                                                                                           eternamente tuo
                         Terry

 

Dopo aver letto quelle parole si guardò intorno come se lui fosse lì. Così forte era infatti in quel momento il desiderio di averlo vicino. Rilesse il biglietto e le sembrò di udire la sua voce. Quanto le era mancata nei loro anni di separazione. Quella voce profonda ma allo stesso tempo così dolce, la travolgeva come una musica inebriante, non avrebbe più potuto farne a meno. Non vedeva l’ora che Terry arrivasse. Avvertiva come un peso al petto provocato dalla sua lontananza, un peso che puntualmente si scioglieva come neve al sole quando si incontravano e lo abbracciava.

Per ingannare l’attesa fece una doccia e decise comunque di prepararsi per la notte, pensando che non fosse un problema il fatto che Terry l’avrebbe trovata in vestaglia da camera. Aveva appena preso in mano un libro quando bussarono alla porta. Sentì un tuffo al cuore riconoscendo subito la voce di Terry che sussurrava “Sono io”. Andò di corsa ad aprire e lo fece entrare dicendogli che non aveva fatto poi così tardi. Lui rispose che quella sera non c’erano molte cose di cui discutere, lo spettacolo era andato molto bene.

- Sei stato meraviglioso e anche i fiori lo sono! – gli disse fermandosi davanti a lui e sentendosi improvvisamente preda dell’imbarazzo, pur non sapendo bene perché.

- Tu di più – le disse Terence guardandola come se avesse davanti agli occhi una visione celestiale perché così gli appariva Candy in quel momento, con i capelli sciolti che le ricadevano dolcemente sulle spalle, gli occhi splendenti pieni d’amore, le guance leggermente arrossate come al solito e le labbra su cui era come ricamato un tenerissimo sorriso. Le si avvicinò prendendole le mani, notando il suo respiro che si faceva più corto e le agitava il petto che si poteva intravedere attraverso la piccola scollatura della vestaglia.

Candy cercò un argomento di conversazione meno compromettente, mentre lui continuava ad avvicinarsi tanto che lei si ritrovò con le mani poggiate sulla sua camicia.

- Mi ha fatto molto piacere rivedere tua madre, potevi dirmelo che sarebbe venuta a teatro.

- Volevo farti una sorpresa. L’ho incontrata ieri pomeriggio e le ho chiesto se poteva farti compagnia, ne è stata subito entusiasta.

- Verrà anche domani? – chiese Candy cercando di tenere a freno l’agitazione che quella sera sembrava così difficile da controllare.

- Non credo – tagliò corto Terence poco incline al dialogo e più interessato ad altro, avendo già avvicinato pericolosamente la sua bocca alla tempia di Candy.

- Nemmeno al ricevimento? – balbettò a fatica Candy stordita dalla carezza che il respiro di Terence provocava sulla sua guancia.

- No … ma ora basta parlare – le disse poggiando la fronte sulla sua, prima di baciarla.

I loro corpi nel frattempo si erano avvicinati così tanto da sembrare ormai uno solo. Candy avvertiva la mano di Terence che accarezzava la sua schiena con un tocco diverso dal solito e ne poteva sentire il calore attraversare la vestaglia e la camicia da notte fino alla sua pelle. Le girava la testa e senza accorgersene emise un gemito leggero che fece improvvisamente fermare Terence. Il ragazzo la guardò e capì dall’espressione smarrita di Candy che aveva oltrepassato il limite consentito. Temette di averla spaventata.

- Perdonami … ma diventa sempre più difficile – le disse con la voce ancora tremante di desiderio.

- Che cosa? – gli chiese Candy tentando di riprendersi.

- Starti lontano … meglio che vado a dormire. Buonanotte Lentiggini.

La salutò con un ultimo bacio sulla fronte e uscì in fretta dalla stanza come se fosse il luogo più pericoloso al mondo. Poco dopo sdraiato nel letto il giovane attore rimproverava se stesso:

- Ma che cosa sto combinando, come posso pensare di trascorrere alcuni giorni da solo con lei se non riesco nemmeno a starle vicino senza … devo fare più attenzione e darmi una calmata, accidenti! Devo riuscire a mantenere una certa distanza tra noi altrimenti finirò per spaventarla.


Capitolo ventidue

Londra ai nostri piedi



Londra, domenica 2 maggio 1920

La domenica mattina Terence e sua madre si incontrarono in una saletta privata dell’hotel per fare colazione insieme.

- E così si sta per concludere la tournée. La tua fatica è stata ampiamente ricompensata, ti meriti la gloria che stai raccogliendo senza alcun dubbio.

- Ti ringrazio mamma. Se devo essere sincero non mi aspettavo un tale successo, soprattutto a Parigi, anche se ci speravo.

- Che cosa farai … farete da domani?

Terence sorrise udendo la madre parlare al plurale.

- Ho intenzione di rapirla per qualche giorno, dopodiché torneremo in America … insieme.

- Dovrai riprendere subito a lavorare?

- No, ci sarà una conferenza stampa a New York che chiuderà definitivamente la tournée e poi sarò libero per un po’, fino all’inizio della stagione autunnale. Sai che Robert vuole riproporre Romeo e Giulietta?

- Davvero … e chi interpreterà il ruolo della bella Capuleti? – chiese Miss Baker che sembrava particolarmente preoccupata da quella notizia.

- Non ci giurerei ma è molto probabile che Robert voglia affidare il ruolo ad Elizabeth Gordon. Ho l’impressione che punti molto su di lei, del resto ha del talento anche se è ancora molto giovane.

- A me non piace proprio! – sentenziò l’attrice suscitando nel figlio non poca sorpresa – Mi sembra fin troppo presuntuosa per essere l’ultima arrivata alla compagnia. Dovresti stare attento.

- Che intendi dire mamma? – chiese Terence avendo già intuito in realtà a cosa si riferisse la madre.

- Intendo dire che la Gordon si atteggia già a primadonna senza aver ancora ricoperto neanche un ruolo da protagonista e credo che anche nei tuoi riguardi abbia le stesse intensioni. Non dirmi che non hai notato lo sguardo inviperito che ha indirizzato a Candy quando ieri sera è venuta a chiamarti dopo lo spettacolo.

- E’ solo una ragazzina e poi anche dovesse avere un interesse nei miei confronti, questa sera non potrà far altro che arrendersi all’evidenza.

Terence fece una pausa scrutando lo sguardo interrogativo della madre per poi proseguire soddisfacendo appieno la sua curiosità.

- Ci sarà un ricevimento dopo lo spettacolo e Candy verrà con me.

- O mio Dio, quella ragazza avrà bisogno di una mano allora – esclamò l’attrice felice come una bambina.

- Mamma ti prego … Candy sa cavarsela benissimo da sola.

- Solo qualche piccolo consiglio. Candy non conosce questo ambiente e non sa di quanta cattiveria sia impregnato.

- Non ho intensione di esporla ad alcun tipo di cattiveria … ci sarò io con lei – le rispose Terence sicuro di sé.

- Lo so figliolo, ma credimi voi uomini a volte non riuscite a cogliere alcuni dettagli che per una donna possono essere fondamentali. Ma eccola che arriva.

In quel momento infatti Candy fece il suo ingresso nella saletta privata. Terence si alzò per salutarla, baciandole la guancia ed invitandola ad accomodarsi. Anche Miss Baker la salutò e con uno splendido sorriso le offrì il suo aiuto per prepararsi alla serata. Candy accettò entusiasta davanti a un Terence che alzava gli occhi al cielo piuttosto preoccupato da quella strana alleanza.

Appena rimaste da sole, dopo che Terence le aveva lasciate per recarsi in teatro, Eleanor si complimentò con Candy per aver accettato l’invito del figlio al ricevimento di quella sera.

- Ne sono proprio felice, è giusto che tutti sappiano della vostra relazione e che Terence Graham non è più sul mercato. Con tutte quelle attrici che gli girano intorno, non so come hai fatto a resistere fino ad ora.

Candy sorrise di fronte all’affetto materno che traspariva in maniera più che eloquente dalle parole dell’attrice, poi pensò che effettivamente non era stata così immune dai sentimenti di gelosia nei confronti di Terry, soprattutto quando a ronzargli intorno era stata quella giovane attrice, Elizabeth.

- Si riferisce a qualcuna in particolare per caso? – chiese la ragazza.

- Credo che tu sappia meglio di me a chi mi riferisco. Quella Elizabeth Gordon non mi piace per niente, ma stasera le farai capire chiaramente a chi appartiene Terence Graham. Senza dimenticare che mio figlio quando ti vedrà dovrà restare senza parole. Andiamo!

Candy sbigottita la seguì senza avanzare alcuna obiezione.

Quella sera il teatro era gremito di personalità dell’alta società londinese e addirittura si vociferava che alcuni membri della famiglia reale avrebbero assistito all’ultimo spettacolo. Prima di chiudersi nel suo camerino per trovare la concentrazione e trasformarsi in tutto e per tutto nel principe di Danimarca, Terence aveva fatto una richiesta a Robert lasciandolo di stucco.

- Robert avrei bisogno di chiederti un favore. Dovresti far aggiungere un posto vicino al mio al tavolo della cena di stasera perché non sarò da solo, ma avrò un’accompagnatrice.

Mr. Hathaway guardò il suo pupillo corrugando la fronte, pensando di non aver capito bene, dopodiché lo informò che lui sarebbe stato seduto tra la Gordon e la Kleis.

- Un posto in più tra Karen e me andrà benissimo. Grazie Robert – concluse l’attore tornando a truccarsi.

Hathaway non indagò oltre rimandando a dopo lo spettacolo la sua curiosità.

Candy non avrebbe assistito all’Amleto. In accordo con Terence lui sarebbe passato a prenderla dopo, per recarsi insieme al ricevimento.

Il grande successo dello spettacolo venne confermato anche quella sera con il pubblico tutto in piedi alla chiusura del sipario. Ma Terence, tolti gli abiti del principe di Danimarca, si preparava ad interpretare un ruolo che lo agitava molto di più. Le battute che avrebbe  pronunciato venivano direttamente dal suo cuore che da quel momento, ne era sicuro, sarebbe stato per sempre nelle mani di una sola donna. Era quasi pronto per uscire dal suo camerino quando sentì bussare alla porta, era Karen Kleis venuta per complimentarsi ancora una volta con lui e per chiedergli di andare insieme alla festa.

- Mi dispiace Karen ma vi raggiungerò più tardi – le rispose mentre con una mano infilava un piccolo oggetto nella tasca interna della giacca.

- Che cosa stai combinando Granchester? – gli chiese l’attrice sospettosa a cui non era sfuggito quel gesto della mano.

Lui la guardò sorridendo e lei capì.

- Non sarai da solo questa sera vero?

Lo scintillio dei suoi occhi blu fu sufficiente.

Appena giunto al Savoy Hotel Terence si diresse al primo piano dove Candy lo attendeva impaziente come non mai. Entrato nella stanza la vide di spalle, con i capelli raccolti, seduta al tavolo da trucco.

- Com’è andata stasera? – gli chiese alzandosi in piedi e voltandosi verso di lui.

 - Bene – riuscì solo a balbettare Terence che, come previsto dalla madre, era rimasto senza parole davanti alla bellezza di Candy.

- Perché te ne stai lì impalato? Vogliamo andare? – gli chiese prendendosi un po’ gioco di lui che sembrava così imbarazzato per la prima volta.

- No … cioè sì, ma prima … – continuò Terence senza staccarle gli occhi di dosso e pensando che comportarsi da gentiluomo quella sera sarebbe stato molto difficile.

- Ma che ti prende? L’attore più famoso di Broadway ha perso improvvisamente tutta la sua spavalderia o sbaglio?

Terence cercò di riprendersi facendo ricorso proprio alla sua impertinenza.

- Ho un regalo per te Lentiggini, ma devi venire a prenderlo – le disse aprendo una parte della giacca e indicandole la tasca interna.

- Lo sai che per un regalo non mi fermo davanti a niente.

Così Candy gli si avvicinò e allungando la mano estrasse dal fondo della tasca un piccolo astuccio di velluto blu. Di scatto alzò il volto verso Terence che senza dire una parola toccò con un dito l’astuccio che si aprì, rivelando uno splendido anello con al centro un grande zaffiro a goccia circondato da diamanti purissimi.

- Sta bene con l’abito che indossi stasera, ho scelto il colore giusto? – le sussurrò Terence.

- Non potrebbe essere più giusto, è il colore dei tuoi occhi – gli rispose Candy quasi senza fiato.

- Mi faresti l’onore di indossarlo?

Lei annuì mentre Terence faceva scorrere l’anello lungo il suo dito. Senza dire altro le offrì il braccio e si diressero verso la Rolls-Royce che li attendeva all’uscita per condurli a Spencer House in St. James’s Place, dove si sarebbe tenuto il ricevimento in onore del grande successo ottenuto dall’Amleto della compagnia Stratford.

Candy si sentiva terribilmente agitata e se prima aveva preso in giro Terence adesso era lei ad aver perso tutta il suo coraggio. Man mano che si avvicinavano al momento di scendere dall’auto sentiva aumentare l’agitazione e le gambe tremare, temendo di cadere a terra appena si sarebbe alzata in piedi. Per darsi forza ogni tanto gettava lo sguardo prima sull’anello che splendeva sulla mano sinistra appoggiata a quella di Terry che non la lasciava mai e poi agli occhi di lui.

- Sta’ tranquilla Lentiggini, sorridi e andrà tutto bene – cercava di rassicurarla Terence.

- Ci saranno principi e principesse?

- Non sarà molto diversa da una festa degli Ardlay, vedrai.

- Come se le feste della famiglia Ardlay fossero una passeggiata! – esclamò Candy per niente confortata da quel paragone.

- Ascolta, quando non ne potrai più di stare lì me lo dici e ce ne andiamo. Tutti sanno che non sopporto questo tipo di eventi, daranno la colpa a me! – esclamò Terence sorridendo, mentre l’auto si fermava. Erano arrivati.

Scese prima lui dall’auto e Candy udì dall’interno qualcosa molto simile ad un boato.

- Possibile che ci sia così tanta gente là fuori! – pensò terrorizzata.

Poco dopo sentì aprire il suo sportello e vide la mano di Terence che lui le offriva per aiutarla ad uscire. L’aveva avvisata che appena fuori dall’auto sarebbe stata accecata da una raffica di flash, ma avrebbe dovuto comunque proseguire dritta verso l’ingresso, senza lasciarsi intimorire.

- Facile a dirsi - pensò Candy quando si ritrovò in piedi al suo fianco. Tra urla e fotografie le sembrò di perdere l’orientamento, poi lui le strinse la mano nell’incavo del suo braccio e la guardò. Era bellissimo ed era suo. Da quel momento ogni altra cosa passò in secondo piano.

L’ingresso di Terence Graham nella sala del ricevimento venne salutato con un grande applauso, fino a quando i presenti notarono una splendida ragazza bionda che sembrava essere entrata proprio insieme al giovane attore. Non c’erano dubbi, lui la teneva per mano. Iniziarono così a farsi sempre più insistenti i mormorii dei curiosi, soprattutto da parte delle signore che si chiedevano da dove fosse uscita quella figura angelica che Graham stava accompagnando al suo tavolo. La prima ad andare loro incontro fu Karen Kleis, salutando Candy con sincero affetto.

- Benvenuta Candy, non puoi immaginare quanto io sia felice che tu sia qui!

- Ti ringrazio molto Karen, anch’io ne sono felice – le rispose Candy nonostante lo smarrimento nel vedere tutta quella gente.

Altri colleghi le si avvicinarono attratti da quella novità, costringendo Terence a fare le dovute presentazioni. Candy salutò tutti con cordialità e il suo splendido sorriso, ricevendo in cambio quelli che sembravano complimenti sinceri, fino a quando non udì una voce femminile alquanto irritata rivolgersi a Terence:

- E a me non la presenti?

- Certo Elizabeth. Ti presento Miss Candice White Ardlay, la mia fidanzata! – rispose Terence facendo rimanere senza fiato non solo Elizabeth ma anche Candy, poi proseguì – Candice lei è Elizabeth Gordon. È arrivata da poco alla Stratford.

- Molto lieta Miss Ardlay. Terence l’ha tenuta ben nascosta fino ad oggi, non ci siamo mai viste? – gli chiese Elizabeth appena si fu ripresa.

- Forse non mi ha visto lei Miss Gordon, ma Terence sì … glielo assicuro! – ribatté Candy sorridendo.

Dopodiché i due fidanzati si diressero verso il tavolo dove stavano iniziando a servire la cena. Chi osservava Terence quella sera stentava a riconoscerlo: non si era mai visto così sorridente e a proprio agio ad una festa, eventi a cui notoriamente si rifiutava di prendere parte. Non fu difficile comprendere che il merito di quel prodigioso cambiamento spettasse senza dubbio alla giovane Candice che, seduta alla sua destra, non aveva smesso neanche per un attimo di scherzare con lui. I due infatti si stavano divertendo come due bambini dal momento che Terence stava dando il meglio di sé in quella che era la sua attività preferita, ovvero dare buffi soprannomi a tutti i presenti.

Dopo che venne servita l’ultima portata, una gustosissima Victoria Sponge Cake con panna montata e confettura di lamponi di cui Candy avrebbe fatto volentieri il bis, Robert Hathaway si alzò in piedi per sottolineare l’ospitalità ricevuta dalla città di Londra, ringraziando il sindaco Sir James Roll che quella sera li onorava della sua presenza, inchinandosi di fronte al caloroso apprezzamento che il pubblico aveva riservato al suo Amleto, complimentandosi con tutti i suoi attori e attrici che avevano dato il meglio onorando l’opera di William Shakespeare il quale, dopo secoli, ancora illuminava i loro cuori e le loro menti con la sua arte. Le ultime parole di Mr Hathaway furono indirizzate a Terence Graham, il quale sedeva davanti a lui infinitamente grato per tutto quello che Robert aveva fatto fin dal primo giorno in cui era arrivato alla compagnia Stratford.

- Infine, vorrei dedicare un ringraziamento speciale a Terence, in cui se permettete mi prendo il merito di aver creduto fin da quando appena sedicenne si è presentato alla mia compagnia con la presunzione di essere un attore. E aveva ragione. Terence Graham è a tutti gli effetti un attore, un grandissimo attore e credo che lo abbia dimostrato pienamente interpretando l’Amleto.

Un roboante applauso si levò in tutta la sala, mentre un imbarazzatissimo Terence rivolgeva semplicemente un “grazie” al suo mentore, con tutta la gratitudine possibile.

Dopodiché Robert riprese dicendo:

- Sta’ tranquillo Terence non ti chiederò di tenere un discorso perché so che non lo farai, ma credo che tutti i presenti saranno d’accordo con me nell’invitare il principe di Danimarca a farci l’onore di aprire le danze.

Terence si alzò in piedi e decise di continuare a stupire tutti quella sera chiedendo un momento di attenzione, poi con la sua solita voce profonda ma che tradiva una certa emozione disse:

- Non sono bravo con le parole fuori dal palcoscenico, per cui vi ruberò solo un minuto perché ci tengo particolarmente a fare alcuni ringraziamenti. Innanzitutto a Mr. Hathaway perché se lui non avesse creduto in me anche quando farlo era molto difficile, io oggi non sarei qui. Quando sono arrivato alla Stratford ero solo un ragazzino, senza la minima esperienza, che aveva la presunzione di essere già in grado di interpretare ruoli importanti. Forse avevo del talento, ma di sicuro tutto quello che il mio maestro mi ha insegnato in questi anni ha fatto di me l’attore che sono diventato. Grazie di cuore Robert!

Terence venne interrotto dall’applauso che i presenti rivolsero spontaneamente al direttore della compagnia, poi proseguì.

- Non posso non ringraziare i miei colleghi e colleghe che lavorano con me ogni giorno, dando sempre il massimo e … sopportandomi, vi assicuro che non è semplice.

Altro applauso, condito da qualche sorriso.

- Infine sento il dovere di rendere omaggio a Londra, città dove ho trascorso gran parte della mia infanzia e della mia burrascosa adolescenza. Ringrazio Londra non solo per il successo di cui mi ha onorato in questi giorni, ma specialmente perché tutto ciò che di più bello possiedo oggi nella mia vita è iniziato qui. Qui ho scoperto fin da ragazzino la mia passione per il teatro e ho capito quanto fosse importante per me. Qui ho scoperto l’amore, non solo quello per William Shakespeare.

Dopo aver pronunciato queste ultime parole, Terence sorrise mentre già l’orchestra attaccava le prime note del Waltz of the flowers di Tchaikovsky e rivolgendosi a Candy le chiese se volesse ballare.

- Potrei mai dire di no al principe di Danimarca? – fu la sua risposta, commossa.

Guadagnarono il centro del salone ed iniziarono a ballare, ammirati ed invidiati dal resto dei commensali. Tra loro Elizabeth Gordon, rimasta seduta al tavolo ad osservare il bell’attore volteggiare con quella biondina tra le braccia.

- Da dove è saltata fuori questa Candice? – chiese d’un tratto a Karen Kleis che le era accanto.

- Lei e Terence si conoscono da molto tempo, frequentavano la stessa scuola qui a Londra – rispose Karen distrattamente.

- Da come si guardano si capisce benissimo che il tempo dei semplici compagni di scuola è passato ormai … e poi quell’anello parla chiaro! – proseguì Elizabeth evidentemente rosa dalla gelosia.

- Ti posso assicurare che Candy non ha bisogno di un anello per essere sicura che lui le appartenga. Fattene una ragione al più presto Elizabeth se vuoi continuare a lavorare con Terence Graham perché per lui esiste una sola donna al mondo e non sei tu.

Dopodiché Karen si alzò accettando l’invito di Robert a ballare, mentre altre coppie si lanciavano nella danza. Dopo i primi due valzer che Terence e Candy ballarono insieme con gli occhi incollati l’uno all’altra ci fu un cambio di cavalieri dal momento che Mr Hathaway chiese gentilmente al suo primo attore di cedergli almeno per un ballo la sua incantevole dama. Terence accettò con reticenza, proseguendo il ballo con Karen che divertita gli disse che si sarebbe dovuto accontentare di lei per un po’ visto che Robert sembrava molto interessato a fare la conoscenza della sua fidanzata.

- O preferisci ballare con Elizabeth? – gli chiese Karen.

- Perché mai dovrei voler ballare con lei?

- Lei non aspetta altro te lo assicuro, quindi sta’ attento!

- Non preoccuparti Karen, ci ha già pensato Candy a rimetterla al suo posto! E poi domani parto e per un po’ Terence Graham scomparirà dalle scene.

- Come sarebbe a dire che parti? La compagnia si ferma a Londra almeno fino a sabato, se non sbaglio venerdì prossimo ci sarà l’ultima conferenza stampa – obiettò Karen stupita.

- Beh secondo Robert mi sono meritato una piccola vacanza, ma rientrerò comunque in America con la compagnia la prossima settimana.

A quel punto Karen gli chiese incuriosita dove fosse diretto e soprattutto con chi, anche se aveva già intuito le intenzioni dell’amico. Terence infatti le rispose che non poteva rivelarle la meta del viaggio perché si trattava di una sorpresa per la persona che lo avrebbe accompagnato, indirizzando in quell’istante lo sguardo alla dama che Robert stava stringendo un po’ troppo a suo parere. Karen fu sinceramente felice di sapere che Terence e Candy potevano finalmente vivere il loro amore senza più alcun ostacolo e si mise a ridere constatando che l’attore più affascinante del momento era geloso persino di Mr. Hathaway!

- Miss Ardlay devo confessarle che ero veramente curioso di fare la sua conoscenza. Quando Terence mi ha detto che questa sera non sarebbe stato da solo stentavo a crederci. Forse saprà quanto sia difficile convincerlo a partecipare ad eventi di questo tipo, ma … ora che vi ho visti insieme … ho capito molte cose del suo carattere che prima sembravano così … strane.

- Mi chiami pure Candy la prego e … mi dispiace deluderla ma non credo proprio che Terry cambierà idea in merito alle feste, non gli sono mai piaciute. Riguardo alle stranezze del suo carattere, a cosa si riferisce di preciso Mr. Hathaway?

- Beh senza dubbio Terence è una persona molto schiva e riservata, troppo secondo me per un ragazzo della sua età e soprattutto della sua fama. Vede … dopo la prematura scomparsa di Miss Marlowe, mi sono sempre chiesto perché quel ragazzo continuasse a vivere quasi come un monaco e sorridesse sempre così poco, cosa che peraltro faceva raramente anche durante la loro relazione.

- Perché mi dice queste cose? – chiese a quel punto Candy che sentendo quel nome non poté fare a meno di innervosirsi.

- La prego Candy non mi fraintenda, forse non mi sono spiegato bene. Voglio dire semplicemente che da qualche giorno Terence è così diverso e ho motivo di credere che questo sia dovuto alla sua presenza, così come penso che il periodo più buio nella sua vita sia stato causato dalla vostra separazione. Mi sbaglio? Non eravate forse già molto innamorati quando Terence interpretò per la prima volta Romeo Montecchi?

- E’ stato un periodo molto doloroso per entrambi di cui non vorrei parlare se non le dispiace. Ma ora credo di capire che cosa la preoccupa Robert … teme che possa accadere di nuovo, non è così?

Mr Hathaway la guardò ammettendo con il suo silenzio che Candy aveva colto nel segno: temeva infatti che la relazione con quella ragazza potesse ancora una volta destabilizzare la vita del suo pupillo, ma la sua preoccupazione era sincera perché aveva visto con i propri occhi quanto Terence avesse sofferto e quanto gli fosse costato riprendersi il suo posto in teatro.

- Non accadrà! – sentenziò Candy.

In quel momento la musica terminò e prima che Candy potesse rendersene conto Terence era già vicino a lei pronto a reclamarla.

- Ehi Robert, non ti montare la testa, sono io il protagonista della storia qui! – esclamò divertito davanti a Robert che non esitò a restituirgli la fidanzata.

Terence stufo di ballare, ma soprattutto di dover condividere Candy con tutta quella gente, le propose di uscire in terrazza a prendere un po’ d’aria. I due ragazzi si ritrovarono da soli, immersi nel buio della notte, rischiarata dalla fioca luce di alcune candele sparse qua e là.

- Finalmente – sospirò Terence abbracciandola – Tutto bene Lentiggini?

- Tutto bene – rispose Candy perdendosi tra le sue braccia.

Rimasero stretti, in silenzio, per un po’ finché Terence notò un particolare che gli fece venire un’idea. Ai lati della terrazza infatti si distendevano due ampie scalinate che conducevano al piano terra.

- E se ce ne andassimo? – le chiese già pregustando la fuga.

- Terry ma la festa è appena iniziata – cercò di protestare Candy.

- Se passiamo da quella scala nessuno ci vedrà – disse indicando con il dito la direzione da prendere.

- Certo! Amleto se ne va e nessuno se ne accorge …

- Facciamo almeno un giro e poi … magari torniamo – propose Terence sapendo già di mentire – Ti prego, io qui non ci resisto più!

E senza aspettare la risposta prese Candy per mano e di corsa raggiunse la scala, dirigendosi poi verso la Rolls Royce che doveva trovarsi lì da qualche parte. Arrivati all’auto però si accorse di non avere le chiavi.

- Accidenti … dove sarà l’autista? – si chiese Terence guardandosi intorno mentre Candy non la smetteva di ridere.

- Ha forse bisogno di me Mr. Graham? – chiese d’improvviso una voce alle sue spalle.

 - No … vorrei solamente le chiavi dell’auto, più tardi gliela riporto, giuro – disse cercando di convincere l’autista dal momento che la Rolls era solo in prestito.

Dopo aver recuperato le chiavi nonostante la titubanza dello chauffeur, dileguatasi di fronte ad una cospicua mancia, Terence e Candy scomparvero nella notte londinese.

- Tu sei matto, dove stai andando? – gli chiese Candy comunque eccitata da quella fuga.

- Non lo so – le rispose Terence scoppiando a ridere.

- Mi sembra di essere appena scappata dalla St. Paul School – proseguì lei facendo eco alle sue risate.

- Dì la verità Lentiggini … quante volte sei scappata da scuola per venire a cercarmi?

- Cosa! Eri tu che pur di incontrami andavi sempre a trovare Albert allo zoo.

- Non barare, Albert mi diceva che andavi da lui e ogni volta chiedevi di me.

- Non è affatto vero, sei il solito presuntuoso!

- E tu una pessima bugiarda!

Continuarono a battibeccare fino a quando Terence fermò la macchina nei pressi del palazzo di Westminster.

- Ti piacerebbe salire? – le chiese.

- Dove?

- Sulla torre!

- Adesso? … ma sarà chiusa.

Terence scese dall’auto dicendole di aspettarlo un attimo. Dopo pochi minuti, durante i quali aveva cercato, riuscendoci, di corrompere il custode, tornò e le disse:

- Sono più di trecento scalini, pensi di farcela Lentiggini?

- Vediamo chi arriva per primo? – lo sfidò Candy all’ingresso della torre, togliendosi le scarpe che le erano d’impaccio.

Giocarono a rincorrersi per gran parte della salita, fermandosi ogni tanto storditi dal rintocco del Big Ben, fino a quando stremati arrivarono in cima.

- Oddio Terry … la vista è magnifica da quassù, sembra quasi di volare e tutto il resto del mondo appare così piccolo e distante – esclamò Candy estasiata e senza respiro, un po’ per la fatica e un po’ per la bellezza di ciò che aveva davanti.

Terence guardava lei invece e anche a lui sembrava di volare!

Continuarono a gironzolare per la città senza una meta, ridendo di niente e scherzando come due bambini. Stavano passeggiando lungo il Tamigi quando Candy si ricordò che dovevano riportare indietro la macchina e fare ritorno alla festa, ma Terence non ne voleva sapere. Finì per accettare solo ad una condizione.

Quando finalmente rientrarono in albergo, nonostante la stanchezza, nessuno dei due sembrava intenzionato ad andare a dormire, perché come ogni sera questo significava doversi separare, almeno fino alla mattina successiva. Impiegarono più di mezzora per darsi la buonanotte, davanti alla porta della stanza di Candy che non riusciva proprio a lasciarlo andare. In piedi l’uno davanti all’altra si tenevano le mani e trovavano sempre qualcosa di cui parlare pur di evitare di separarsi fino a quando qualcuno si affacciò alla porta di una stanza vicina disturbato dalle loro risa. A quel punto Candy rossa come un papavero per la vergogna aprì d’improvviso la sua stanza e lo tirò dentro, continuando a ridere all’ennesimo soprannome che Terence aveva affibbiato questa volta all’autista della Rolls.

Terence rimase talmente sorpreso da quel gesto apparentemente innocente che si fermò impalato davanti a lei senza dire più una parola, da parte sua Candy si rese conto che la situazione in cui si era messa poteva diventare molto pericolosa e gli lasciò subito le mani, restando anche lei immobile davanti a lui senza osare nemmeno guardarlo.

- E’ meglio che andiamo a dormire Lentiggini, o finiremo per svegliare tutto l’albergo – riuscì a fatica a dire Terence dopo qualche istante.

- Credo anch’io.

- Allora a domani … buonanotte.

- Buonanotte.

Terence uscì dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nel corridoio. Candy lo vide allontanarsi di spalle fino alla sua camera. Rimasta sola nella stanza impiegò un po’ di tempo prima di riprendersi da quel turbamento che per la prima volta aveva provato così nitidamente vicino a lui. In quei pochi istanti in cui si erano ritrovati da soli nella sua stanza aveva avvertito una straordinaria forza che improvvisamente li teneva stretti come se fossero una cosa sola e assai potente era stato il desiderio di assecondare quella forza, di diventare davvero una cosa sola. Non aveva mai provato niente di simile per nessuno e venne presa un po’ dall’agitazione quando si rese conto che nei giorni seguenti sarebbe stata spesso da sola con lui. Si chiedeva poi se anche Terence avesse avvertito la stessa sensazione e se come lei ne fosse spaventato. Si mise a letto cercando il sonno, sonno che arrivò quasi all’alba.


Capitolo ventitré

Nuovi ricordi



Londra, lunedì 3 maggio 1920

Terence e Candy salirono sul treno in partenza dal binario due alle undici in punto. Si accomodarono nello scompartimento che lui aveva prenotato ed iniziarono così la loro vacanza insieme.

- Non vuoi proprio dirmi dove stiamo andando? – chiese Candy ancora un po’ assonnata dal momento che non aveva quasi chiuso occhio la notte precedente.

- No.

- Neanche un piccolo indizio?

- Ti posso solo dire che il viaggio sarà un po’ lungo purtroppo, spero che non ti annoierai. E comunque penso proprio che tra poco capirai da sola dove siamo diretti.

- Quindi è un posto che conosco già?

- Intendi continuare a farmi domande per tutto il resto del viaggio? – le chiese Terence alzando gli occhi al cielo – In questo caso avrei una mezza idea su come potrei farti stare zitta – continuò avvicinandosi maliziosamente al viso di Candy.

- Terence! – protestò lei.

- Cos’hai capito Lentiggini? Guarda che io intendevo solo portarti a pranzo, golosa come sei dovrei assicurarmi il tuo silenzio per almeno un paio d’ore!

- Brutto sbruffone che non sei altro! – gli gridò dandogli una spinta per allontanarlo.

Dopo il pranzo nel vagone ristorante che durò molto meno di due ore, contrariamente alle previsioni di Terence, i due ragazzi tornarono al loro scompartimento con l’intenzione di riposare un po’. Prima di sedersi Candy udì chiudersi la serratura della porta dietro di lei e si voltò di scatto guardando Terence con aria interrogativa. Lui rispose semplicemente che se volevano riposare in quel modo nessuno li avrebbe disturbati, vedendo chiuso il controllore del treno avrebbe capito. Candy dette credito a quella spiegazione ma quando Terence si sedette vicino a lei, fu sufficiente che le loro ginocchia si sfiorassero per avvertire di nuovo quel turbamento provato la sera prima. Cercò con tutte le sue forze di chiudere gli occhi e dormire, ma anche con gli occhi chiusi continuava a sentire prepotentemente la presenza del ragazzo, anche se lui in quel momento non la stava minimamente toccando, e forte era la tentazione di guardarlo. Ad un certo punto udì il suo respiro farsi più pesante e pensò che si fosse addormentato, così aprì gli occhi e mai scelta fu più disastrosa per lei.

Terence se ne stava semidisteso con la testa reclinata leggermente da una parte, appoggiata sul palmo della mano sinistra, mentre l’altra mano era abbandonata pigramente sulla sua gamba destra. Si era tolto la giacca e allentato la cravatta slacciando i primi due bottoni della camicia candida. Ma il particolare su cui lo sguardo della ragazza indugiò con insistenza fu il bel volto del giovane che accarezzato da un timido raggio di sole sembrava appartenere ad un altro mondo, con i capelli scuri leggermente scompigliati sulla fronte, gli occhi chiusi perfettamente disegnati e quelle labbra … Candy si alzò di scatto mettendosi una mano sugli occhi per evitare di guardarlo, ma Terence si svegliò.

- Lentiggini tutto bene?

- Scusami ti ho svegliato, devo … andare alla toilette – disse Candy senza voltarsi.

- Ti senti bene? Vuoi che ti accompagni?

- No! Non ce n’è bisogno, ti ringrazio – e tentò di uscire ma quella porta sembrava proprio non volersi aprire.

- Aspetta, faccio io – disse lui andandole vicino cosa che fece aumentare non poco l’agitazione di Candy che, appena ebbe via libera, quasi si gettò fuori dallo scompartimento lasciando Terence senza parole.

Guardandosi allo specchio della toilette Candy si rese conto di quanto le sue guance fossero rosse.

- Oddio, speriamo che Terry non se ne sia accorto!

Tentò di attenuare il rossore con dell’acqua fresca ma ottenne solo l’effetto contrario. Non poteva tornare da lui in quello stato e soprattutto non poteva continuare il viaggio se non avesse trovato un modo per mantenere il controllo dei suoi pensieri e delle sue reazioni.

- Accidenti Candy ti stai comportando come un’adolescente, sembra che tu non abbia mai visto un uomo – pensò contrariata. Effettivamente a causa del suo lavoro di infermiera di uomini ne aveva visti molti, anche poco vestiti a dir la verità, ma con Terry non era certo la stessa cosa! Uscita dalla toilette si soffermò davanti ad un finestrino e lo abbassò sperando nell’aiuto di un po’ d’aria fresca. Con la mano appoggiata sul vetro il suo sguardo si posò sull’anello che Terry le aveva regalato la sera prima: era stato tutto molto veloce e, come nello stile di Terence del resto, non c’erano state parole romantiche o promesse d’amore eterno, tuttavia si ricordò che alla festa lui l’aveva presentata a quell’attrice, Elizabeth Gordon, come la sua fidanzata. Aveva usato proprio questa parola: fidanzata. Dunque lei e Terence erano fidanzati. Che strano! Perché se ne rendeva conto solo ora? Si chiese Candy incamminandosi verso lo scompartimento, rigirando l’anello intorno al dito.

- Terry vorrei farti una domanda – gli chiese appena fu seduta di nuovo vicino a lui.

- Ancora … non ti dirò dove stiamo andando!

- Non riguarda questo … volevo chiederti se tu ed io … si insomma … se siamo … fidanzati.

- Che razza di domanda è? Certo che lo siamo! – rispose Terence stupito.

- E da quando? – insistette Candy continuando a tormentare il suo anello.

Terence notò che c’era qualcosa che non andava in lei e forse dipendeva proprio da quell’anello, divenne serio e con quel tono di voce profondo e allo stesso tempo dolce che la faceva impazzire le rispose:

- Mi piacerebbe dirti che lo siamo da sempre, ma purtroppo non me lo posso permettere anche se dentro di me so che è così. So che ci apparteniamo fin dalla prima volta che ci siamo visti ed è per questo che siamo qui insieme ora. Non è di sicuro quell’anello ad unirci. Vuoi sapere perché te l’ho regalato? Perché volevo che tutti sapessero. Ma quell’anello non ha cambiato niente fra noi, eravamo fidanzati anche prima che te lo regalassi, non credi?

Candy sorrise perché quello che lui le aveva appena detto era esattamente ciò che pensava anche lei. La loro unione era iniziata molti anni fa. Quello che sentiva per lui non era nato ora, anche se forse solo ora comprendeva appieno la forza di ciò che provava e che un po’ la spaventava. Era sicura che Terence la amasse, da sempre, perché glielo aveva dimostrato tante volte e di sicuro non con un anello. Tuttavia, nelle ultime settimane erano accadute molte cose e a volte le sembrava di aver perso il controllo della situazione, forse avevano corso troppo. Per molti anni non avevano saputo più niente l’uno dell’altro eppure adesso erano lì insieme, da soli, come se fosse la cosa più naturale del mondo e lei aveva accettato di andare con lui senza sapere nemmeno dove, come se fossero già … sposati!

Terence la osservava e d’un tratto le chiese se per caso c’avesse ripensato e volesse tornare indietro. Il tono della sua voce adesso era cupo e gli occhi fissi su di lei furono attraversati per un attimo da un vento gelido. Candy conosceva bene quell’atteggiamento che lui assumeva ogni volta che si sentiva rifiutato ed ebbe paura che in quel momento Terry si sentisse così. Sapeva che un semplice “non ho cambiato idea” non sarebbe stato sufficiente a calmarlo e rassicurarlo, ma non sapeva bene cosa fare. Mentre scivolavano via attimi interminabili di silenzio anche Candy si sentiva scivolare via da lui, come se fosse sempre più lontano e lei come paralizzata, non osava quasi respirare. Poi lui si alzò in piedi e la invitò a fare lo stesso. Quando l’ebbe davanti le prese le mani e le disse:

- L’ultima cosa che voglio è che tu ti senta costretta a fare qualcosa, non voglio farti alcuna pressione. Dimmi solo cosa devo fare perché tu sia tranquilla e se decidi di tornare indietro, scendiamo alla prossima fermata.

La voce di Terence era incredibilmente calma e rassicurante. Anni fa si sarebbe sentito ferito e avrebbe reagito in malo modo. Era davvero cambiato? A Candy sembrava di sì, che avesse imparato a tenere a freno la sua impulsività. Questo la fece sentire più sicura e in grado di dirgli realmente ciò che pensava.

- Non voglio tornare indietro! Però ti confesso che a volte ho la sensazione che stiamo correndo troppo.

- Pensi che io abbia delle pretese nei tuoi confronti? Se pensi questo di me ti sbagli. Ogni cosa che faccio penso che possa piacere anche a te, altrimenti non la farei e non mi aspetto niente di più di quello che il tuo cuore è disposto a concedermi.

Detto questo si portò la sua mano alle bocca e la baciò, sussurrandole, con le labbra ancora poggiate sulla sua pelle – Non avere paura di me, ti prego …

Candy lo abbracciò, stringendo le braccia attorno alla sua vita. Continuarono il viaggio dormendo, vicini.

- Edinburgh Waverley, Edinburgh Waverley – il grido del capostazione li svegliò, dovevano scendere.

Quando finalmente si rese conto che la città in cui si trovavano era Edimburgo, Candy si sentì invasa da un’onda di dolcissimi ricordi, provenienti da una magnifica estate scozzese. Con uno splendido sorriso si voltò verso Terence che stava sistemando i bagagli nell’auto che li attendeva fuori dalla stazione. Quand’ebbe finito, anche lui le sorrise.

- Andiamo Lentiggini?

- Andiamo!

- Non è cambiato niente – fu la prima cosa che disse Candy avvicinandosi al castello dei Granchester.

- Il Duca lo ha fatto recentemente restaurare … me lo ha detto quando ci siamo incontrati  a  Buckingham Palace. Per fortuna ha lasciato più o meno tutto com’era allora. Hai fame?

- Sto morendo di fame! – le rispose vergognandosi del brontolio proveniente dal suo stomaco.

Terence non la smetteva di ridere mentre si dirigevano verso la cucina. Judith, la domestica, aveva provveduto a preparare loro un’ottima cena. Dopodiché Terence chiese a Judith di mostrare a Miss Ardlay la sua stanza, dicendole che l’avrebbe aspettata in salotto.

Judith era una donna di mezza età, piccola di statura e un po’ rotonda sui fianchi che ondeggiava a destra e sinistra come un’oca. Era anche piuttosto chiacchierona e mentre accompagnava Miss Ardlay alla stanza che le aveva personalmente preparato, come aveva tenuto a precisare, non la smise mai di parlottare.

- Sono così contenta che finalmente ci sia un po’ di vita in questo castello, sono anni che non viene nessuno sa signorina. Quando il Duca mi ha avvisato che sarebbe arrivato il figlio con addirittura un’altra persona stentavo a crederci. Per fortuna Sua Grazia ha provveduto a far dare una bella rinfrescata altrimenti non sarebbe stato abitabile, lo sa che ci sono più di quaranta camere da letto e circa una ventina di bagni? Che spreco non crede … se nessuno li usa. Mi perdoni signorina … forse la sto annoiando, ma non parlo mai con nessuno, per una volta che … Ecco la sua stanza, è la più bella sa!

Terminato il suo discorso la domestica aprì la porta su un’ampia camera arredata sui toni del verde e del rosa, con un letto a baldacchino, tappeti, quadri con paesaggi lacustri, un divano con due poltrone e un tavolino rotondo su cui faceva bella mostra di sé un vaso di cristallo colmo di fiori di campo. Candy fu colpita in particolare dall’ampia porta a vetri che dava sul balcone. Si affacciò e davanti ai suoi occhi, nonostante il buio della notte, riuscì ad intravedere lo scintillio dell’acqua del lago su cui dominava il castello.

- E’ davvero uno spettacolo incantevole – esclamò Candy estasiata.

- Allora ho scelto proprio bene, giusto Miss Ardlay? – chiese Judith soddisfatta.

- Come dice? Ha deciso lei che questa fosse la mia stanza?

- Sì … io in persona. Il signorino Terence mi ha solo raccomandato che non fosse vicino alla sala della  musica. Sa Miss Ardlay, lui ama suonare alle ore più impensate per cui temeva che lei potesse trarne disturbo. Ma non si preoccupi, questa è la camera da letto più distante, non sentirà nemmeno una nota!

- Grazie Judith, è stata davvero molto gentile – la ringraziò Candy, anche se la richiesta di Terry in merito alla sua stanza le sembrò un po’ strana.

Dopo essersi rinfrescata e cambiata d’abito Candy si diresse verso il salone dove sperava di trovare Terence, prima però doveva trovare il salone. Sbagliò un paio di volte e poi finalmente vide una luce filtrare da una porta socchiusa e scorse il ragazzo che armeggiava con la legna per il camino. Si avvicinò lentamente cercando di non fare rumore per poterlo osservare senza che lui se ne accorgesse. Si era cambiato, adesso indossava solo un paio di pantaloni blu e un maglioncino leggero color panna su cui risaltavano i lucidi capelli bruni. Lo vide inginocchiarsi davanti al fuoco e dopo averlo sistemato in modo che la fiamma prendesse più forza, si mise seduto per terra con le spalle appoggiate al divano, la testa reclinata all’indietro su un cuscino e gli occhi chiusi.

Candy allora entrò facendo cigolare la porta cosicché Terence alzò la testa, voltandosi nella sua direzione.

- Di’ la verità, ti eri persa Lentiggini?

- Forse – rispose lei ridendo.

- Ho chiesto a Judith di portarci del tè, oppure preferisci qualcos’altro?

- Il tè andrà benissimo, grazie Terry.

In quel momento entrò la domestica con un vassoio e Candy le disse che ci avrebbe pensato lei a servire il tè, così la donna si ritirò. Prese il vassoio e andò a sedersi sul tappeto vicino a Terence, poi versò la bevanda per entrambi, con zucchero e limone, mentre lui continuava a guardare il fuoco. Bevvero in silenzio finché Terence le chiese se la camera fosse di suo gusto.

- E’ davvero bella, soprattutto per la vista che si gode dal balcone. Ma tu lo saprai già, conosci di sicuro tutte le stanze del tuo castello?

- Sì le conosco, ma non so quale sia la tua camera.

- Non lo sai? – chiese Candy un po’ stupita.

- No. Però ti dirò dov’è la mia, nel caso tu avessi bisogno di qualcosa. Ti ricordi dove si trova la sala della musica?

- Credo di sì.

- Bene, la mia stanza è proprio di fronte – precisò Terence sorseggiando il suo tè e continuando ad osservare il fuoco.

Candy rifletté un momento e poi ebbe come un’illuminazione: Terry aveva detto alla domestica che la stanza di Miss Ardlay doveva trovarsi il più possibile lontana dalla stanza della musica, perché non venisse disturbata, ma in realtà voleva che la camera fosse il più possibile lontana dalla sua. Oltretutto lui non aveva neanche voluto sapere di preciso quale Judith avesse scelto! Candy pensò allora che probabilmente Terence quando sul treno le aveva detto che non voleva farle pressioni si riferiva anche a questo. Da una parte si sentì effettivamente rasserenata da questa speciale attenzione che lui le aveva riservato, ma allo stesso tempo un po’ le dispiaceva come le dispiaceva il fatto che Terry da qualche giorno sembrava stare molto attento a non ritrovarsi “troppo” vicino a lei, soprattutto quando erano da soli come ora o durante il viaggio in treno. Non aveva nemmeno provato a baciarla! Candy si vergognò un po’ di quello che le passava per la testa, tuttavia non poteva fare a meno di pensare a quanto le sarebbe piaciuto in quel momento stare tra le sue braccia.

Quando ebbero terminato di bere il tè Candy prese il vassoio che si trovava tra loro e lo mise sul tavolino vicino al divano, poi tornò a sedersi accanto a lui.

- Sei stanca Lentiggini, vuoi andare a dormire? – le chiese Terence mentre lei pensò che ancora una volta volesse tenerla a distanza.

- Perché l’aveva portata lì se poi non intendeva nemmeno passare del tempo con lei? Che tipo, a volte proprio non lo capisco – pensava Candy che dopo un po’ decise di dare voce ai suoi tormenti.

- Ti posso chiedere perché hai deciso di venire qui?

Terence non si aspettava una domanda così diretta, non era preparato ed esitò. In realtà conosceva bene la risposta, ma non era sicuro che quello fosse il momento giusto per dirglielo, così rimase in silenzio tentando di trovare un’altra spiegazione plausibile. Ma Candy se ne accorse.

- Accetterò solo la verità come risposta e se non me la dirai stai pur certo che lo capirò! – lo minacciò alzando l’indice verso di lui.

Terence la guardò e sorrise per quel suo atteggiamento così autoritario.

- D’accordo … se è la verità che vuoi, l’avrai.

Tornò serio e quando iniziò a parlare Candy capì dal tono basso della sua voce che ciò che stava per dirle era molto importante.

- Quando ero a New York, dopo che … ci eravamo lasciati, mi capitava spesso di ripensare all’estate che avevamo trascorso insieme, qui in Scozia. Abbiamo condiviso dei bellissimi momenti che non ho mai dimenticato, però … ogni volta che mi tornavano in mente sapevo anche che erano perduti per sempre, ero convinto che non avremmo più rivissuto giorni come quelli. Questa convinzione purtroppo mi veniva da tutto quello che era successo dopo … l’incidente. Io … tutto quello che è accaduto dopo la nostra separazione lo vorrei cancellare dalla mia mente e anche dalla tua. Vorrei poter tornare indietro Candy, ma so che non è possibile. Allora ho pensato che se creassimo dei nuovi ricordi nei luoghi in cui siamo già stati anni fa, potremmo fingere che in mezzo non ci sia stato niente. Così ogni volta che ripenseremo a quel pomeriggio con noi due qui seduti davanti al camino, tu con la vestaglia di mia madre, con la pioggia che sbatteva sulle finestre, potremmo immaginare che sia passato solo un giorno e che questa sera non sia arrivata dopo anni di dolore.

Terry aveva terminato con fatica il suo discorso. Ogni volta che aveva nominato la sofferenza della loro separazione aveva visto le mani di Candy tremare e i suoi occhi abbassarsi. Ma lui non voleva che quella sera si concludesse in maniera tanto triste per cui tentò di cambiare velocemente il suo atteggiamento e alzandosi in piedi disse a Candy che la mattina dopo era prevista una lunga cavalcata, per cui sarebbe stato meglio andare a dormire. La ragazza acconsentì di malavoglia, anche lei si alzò e gli dette la buonanotte, vedendo però che lui si rimetteva seduto sul divano.

- E tu non vai a dormire? – gli chiese da dietro il divano, alle sue spalle.

- Aspetto che il fuoco si spenga e poi vado – rispose lui senza voltarsi.

In quell’istante l’idea di dover attendere tutta la notte prima di rivederlo le provocò una fitta al petto e quasi senza accorgersene gli si avvicinò e mettendogli da dietro le braccia intorno al collo gli sussurrò “a domani”, dandogli un bacio sulla guancia. Terence fu piacevolmente sorpreso da quel gesto così tenero, ma ciò che più gli scaldò il cuore fu poter rispondere:

- A domani.


Capitolo ventiquattro

In vacanza




Calton Hill, Edinburgh


Aberfoyle, Scozia

martedì 4 maggio 1920

 

Rivedere dopo tanto tempo Terence nella sua tenuta da equitazione fu per Candy un tuffo nel passato. Come non ricordare quando la difese da Neal Lagan in uno dei loro primi incontri alla St. Paul School e poi, ogni volta che nel giardino della scuola trovava la sua giacca rossa appesa a qualche albero, sapeva che lui era lì intorno e non poteva evitare di cercarlo. Così rimase imbambolata quella mattina quando Terence entrò nella sala da pranzo per fare colazione, lui se ne accorse e andandole vicino le disse:

- Buongiorno Tuttelentiggini, stai forse per dichiararmi il tuo amore?

- Buongiorno grande antipatico, non ci penso nemmeno a dichiararti il mio amore… anche perché l’ho già fatto.

Lui sorrise e le chiese:

- Allora, sei pronta per conquistare la Scozia?

- Prontissima!

Si diressero verso la scuderia dove erano sistemati due meravigliosi esemplari di cavallo arabo.

- Ti presento Tristan, è molto buono e ti somiglia un po’ non trovi? Ha il mantello ricoperto di lentiggini! – disse Terence indicando uno splendido cavallo grigio, già sellato, consegnando le redini a Candy che lo rimproverò con una smorfia delle sue.

Poi si avviò verso la sua Teodora II, un purosangue bianco, discendente dalla cavalla che teneva alla St. Paul School.

Saltati entrambi in sella si volsero verso il lago, conducendo i cavalli al passo, lungo un sentiero che conoscevano bene entrambi.

Era una magnifica mattina di maggio, non faceva troppo caldo anche se il cielo era particolarmente limpido ed il sole filtrava dai rami degli alberi, senza vento. Candy e Terence scesero fino alla riva del lago, facendo andare i loro cavalli l’uno accanto all’altro, scambiandosi sorrisi e sguardi sereni. Si fermarono per farli bere mentre loro si riposavano, sull’erba.

Candy si sedette, Terence invece si sdraiò poco distante da lei dopo aver assicurato gli animali ad un albero. Evidentemente entrambi accaldati dopo la cavalcata, si erano tolti la giacca e arrotolato le maniche delle rispettive camicie, lasciando scoperta buona parte delle braccia. Candy aveva raccolto i capelli in una lunga coda, legata stretta con un nastro verde che riprendeva il colore della giacca, mentre la camicia era rosa pallido e i pantaloni chiari piuttosto aderenti, fasciati sotto il ginocchio da lucidi stivali di pelle marrone. Terence la trovava bellissima, con il volto dorato dal primo sole che aveva fatto aumentare notevolmente le sue lentiggini, ma la cosa che al momento più lo faceva impazzire era un ciuffetto di capelli sfuggito al nastro che accarezzava il collo della ragazza appena sotto l’orecchio. Mentre si chiedeva per quanto tempo ancora avrebbe potuto resistere alla forza del suo desiderio che diventava ogni giorno, per non dire ogni minuto, più prepotente, udì Candy dire qualcosa:

- Mi piacerebbe davvero tanto poter tornare qui insieme ad Annie, Patty, Archie e… Stear. Ti ricordi quando fece volare di nuovo l’aereo di tuo padre? Per fortuna ho il mio diario … ho scritto molto ai tempi della scuola, così il loro ricordo non mi abbandonerà mai.

- Tu scrivevi un diario? Chissà quante pagine parlano di me! – esclamò Terence cercando di farle tornare il sorriso, visto che il pensiero di Stear l’aveva resa improvvisamente malinconica.

- Non ti illudere … solo qualche riga è dedicata a te – gli rispose, sapendo di mentire, per non dargliela vinta.

- Non ci credo … avrei giurato di essere il protagonista assoluto dei tuoi pensieri alla St. Paul School!

- Figurati … un giorno mi ricordo benissimo di aver scritto che non avrei più pensato a te! – esclamò Candy sempre più inviperita per l’arroganza del ragazzo.

- Proposito che poi non hai mantenuto Lentiggini! – le disse lui con sguardo malizioso.

- E cosa te lo fa credere?

- Se sei così sicura … fammi leggere il diario!

- Non posso … perché non ce l’ho. L’ho dato ad Albert – disse Candy con tono serio e di nuovo malinconico.

- Ad Albert? E perché?

- Beh … quando ho abbandonato la St. Paul School ho spedito il diario allo zio William e poi non ho più voluto leggerlo perché … – Candy fece una pausa ripensando al dolore del momento in cui credeva di aver perduto Terence per sempre – Credo sia a Villa Ardlay, a Chicago, in un posto sicuro.

Terence si mise seduto, voltandosi verso di lei, colpito ancora una volta dalla sensazione di quanto fosse stato faticoso anche per Candy sopportare la loro separazione, nonostante il suo carattere forte e allegro. Albert gli aveva raccontato un po’ di cose riguardo a quel periodo, ma avvertiva che c’era stato qualcosa di cui l’amico non gli aveva parlato e anche se temeva che scoprirlo sarebbe stato doloroso era intenzionato a farlo. Ma non poteva certo chiedere a Candy e soprattutto non adesso, voleva che quei giorni in Scozia servissero a tutti e due per ritrovare un po’ di serenità e complicità. Pensò che forse Miss Pony e suor Lane avrebbero potuto aiutarlo, quando sarebbero andati a La Porte.

Candy si era messa un filo d’erba tra le labbra e osservava con sguardo divertito una coccinella che vorticava attorno al suo dito, sembrava una bambina. Terence le si avvicinò, togliendole il filo d’erba dalla bocca e sostituendolo con un bacio leggero. Lei spalancò i suoi occhi verdissimi, lui le posò una mano sulla guancia trattenendole delicatamente il volto affinché non si allontanasse e si impossessò delle sue labbra divorandole con baci sempre più profondi e appassionati. Non sapendo bene come, in pochi istanti Candy si ritrovò sdraiata sul prato, con il viso di Terence sopra il suo, con i suoi occhi blu che la ammiravano carichi di desiderio. Sentì la mano del ragazzo scorrere lungo la sua spalla, lungo il braccio, e fermarsi in una stretta all’altezza del suo fianco, rimanendo ferma lì senza osare andare oltre. Candy capì che non stava giocando come quella notte quando erano tornati alla St. Paul School e lui l’aveva bloccata a terra, lasciandole credere di essersi messa in una situazione molto pericolosa, ma senza tuttavia spingersi più in là di qualche bacio. Adesso sentiva che c’era qualcosa di diverso … in tutto: nello sguardo del ragazzo così fermo su di lei, nei suoi baci così travolgenti da farle mancare il respiro e soprattutto in quella mano che restava incollata alla curva del suo fianco, dove la camicia terminava nascosta dentro i pantaloni, ma che con un piccolo gesto avrebbe potuto raggiungere la sua pelle. Ma Terence non lo fece. Staccò la mano e la posò sull’erba, anche se non riuscì proprio a resistere all’invito di quel ciuffetto di capelli biondi e, prima di alzarsi, le sfiorò il collo con un piccolo bacio, aspirandone il profumo. Dopodiché le disse che si era fatto tardi e sarebbe stato meglio tornare al castello per il pranzo, aiutando la ragazza a rimettersi in piedi. Recuperarono le giacche che avevano lasciato appese ad un ramo e si incamminarono verso i cavalli.

A Candy sembrava di barcollare, sentiva le gambe molli e le girava un po’ la testa. Terence camminava vicino a lei, avanti mezzo passo. Ad un certo punto lei si fermò e lo chiamò:

- Terry!

Lui senza rispondere si voltò e la vide, immobile e rossa in volto. Sorridendo teneramente le si avvicinò togliendole alcuni fili d’erba che le erano rimasti impigliati tra i riccioli biondi e lei lo abbracciò, infilando le sue braccia sotto alla giacca che Terence aveva di nuovo indossato senza abbottonarla. Anche lui la strinse per le spalle e proseguirono abbracciati fino ai cavalli. Terence la sollevò aiutandola a salire su Tristan poi, dopo aver preso le briglie di Teodora II, salì anche lui sul cavallo grigio, dietro a Candy. Lei sorrise stringendosi di nuovo a lui che fece partire il cavallo al passo ancora più lento di quello dell’andata. Impiegarono molto tempo per tornare al castello. La strada che percorsero non era la stessa e probabilmente Terence l’aveva scelta, fingendo di aver sbagliato, perché molto più lunga della precedente. Per tutto il ritorno rimasero in silenzio, abbracciati, con Terence che ogni tanto depositava baci leggeri sulla fronte di Candy appoggiata al suo petto. Se i loro cuori si erano ormai ritrovati, adesso erano i loro corpi a cercarsi disperatamente e pian piano i due ragazzi avevano iniziato a capire che non riuscivano più a stare lontani. Ogni volta che erano insieme, non toccarsi significava avvertire come un dolore fisico che li costringeva ad avvicinarsi l’uno all’altra, anche solo per tenersi la mano.

- Signorino Terence, è arrivata della posta – disse la domestica con la sua solita voce squillante per poi borbottare tra sé – E’ davvero incredibile … questo posto sembra tornato a vivere, addirittura la posta!

- Grazie Judith – rispose Terence prendendo in mano le buste. Una era indirizzata a lui, una a Miss Ardlay.

Quando Candy entrò nel salone, dopo aver sostituito la sua tenuta da equitazione con un adorabile abito in mussola, bianco a fiorellini color ametista, Terence le consegnò la sua lettera.

- E’ di Annie, come sono felice! Chissà come stanno i gemelli? – esplose la ragazza in un impeto di gioia.

- Vado a cambiarmi – disse Terence bruscamente, uscendo dalla stanza.

Candy non ci fece troppo caso ma quando lui tornò ancora cupo in volto, gli chiese se avesse ricevuto brutte notizie. Terence esitò prima di comunicarle il contenuto della lettera, alla fine le disse che in realtà si trattava di un invito, rivolto ad entrambi. Era il Duca ad invitarli, presso la sua dimora estiva a Windermere.

Candy rimase senza parole nell’udire quella notizia. Adesso capiva perfettamente il turbamento del ragazzo che non aveva più avuto rapporti con il padre da anni, se si eccettua quel casuale incontro a Buckingham Palace di qualche settimana fa. Le venne in mente però che la madre di Terence le aveva detto che avrebbe avuto un incontro con il Duca, a Londra, e forse questo poteva aver cambiato qualcosa nel suo atteggiamento. Se fosse stato così quell’invito poteva essere un’ottima occasione per ricomporre i pezzi di un legame che si era inevitabilmente corrotto molti anni prima. Ma farlo capire a Terence non sarebbe stato facile, sapeva quanto lui fosse ostinatamente determinato a non considerare più il Duca come un padre.

Pranzarono senza affrontare l’argomento. Terence era evidentemente contrariato da quell’invito e fu intimamente grato a Candy di non parlarne almeno per il momento. Si trasferirono nella sala della musica perché lei gli aveva chiesto di suonarle qualcosa al piano, sperando in realtà che questo potesse aiutarlo a calmarsi un po’. Mentre Terence suonava Candy cercava disperatamente le parole giuste per capire quali fossero le sue intenzioni. Era in piedi con i gomiti sul pianoforte e il viso tra le mani, mentre con gli occhi verdi pieni di dolcezza osservava le mani del ragazzo scorrere sui tasti. Terminata la melodia Terence stese il braccio verso di lei, invitandola con quel gesto a sedersi accanto a lui. Sullo sgabello lo spazio era poco per cui si ritrovarono molto vicini, spalla contro spalla.

- Non sono pronto a perdonarlo – disse lui con lo sguardo rivolto al piano.

- Ti ha solo mandato un invito, non mi sembra ti stia chiedendo di perdonarlo.

- Tu non lo conosci Candy, Sua Grazia non chiede … impone! Non voglio che rovini i nostri giorni qui insieme.

- Sono sicura che non glielo permetterai. Ma se non accetti il suo invito chissà quando potrete vedervi di nuovo … vuoi tornare in America senza aver neanche tentato? – gli chiese Candy prendendogli la mano con cui lui stava torturando due tasti del pianoforte.

- Quando vi siete incontrati a Buckingham Palace mi sei sembrato piacevolmente colpito dalle sue parole e dal fatto che avesse assistito al tuo Amleto, è stato un piccolo primo passo, perché non proseguire? – continuò la ragazza.

- Ci penserò … ma per oggi abbiamo già parlato abbastanza del Duca. Che ne diresti di prendere l’auto e di fare un giro ad Edimburgo? – le propose Terence di nuovo sorridente, allungando un braccio intorno alla schiena di Candy.

- Ottima idea! – rispose entusiasta la ragazza.

Se ne andarono a spasso per la città tutto il pomeriggio, ridendo e scherzando come al solito. Candy comprò un sacco di regali per i bambini della Casa di Pony e Terence le regalò un cappello nuovo che lei aveva visto in una vetrina e che aveva trovato senza alcun dubbio adorabile. Prima di rientrare al castello, si fermarono ad ammirare il tramonto da Calton Hill, uno dei punti panoramici della città, situato su una collina che è ciò che rimane di un vulcano spento. Terence raccontò a Candy la leggenda legata a quel luogo, ovvero quella del bambino delle fate.

- Si narra che nel Seicento vivesse ad Edimburgo un bambino capace di parlare con le fate e che ogni giovedì, a mezzanotte, si recasse su questa collina per divertirle suonando il suo piccolo tamburo. Un giorno però arrivò in ritardo e le fate molto arrabbiate lo fecero sparire nel nulla per non aver mantenuto la promessa. Ancora oggi pare che camminando nei pressi di Calton Hill, i giovedì a mezzanotte, si possa udire il suono di un piccolo tamburo provenire dalla cima.

- Ti stai prendendo gioco di me, vuoi forse spaventarmi solo per farti abbracciare? Guarda che questa volta non ci casco! – gli rispose Candy divertita ma allo stesso tempo un po’ intimorita da quella storia.

- La leggenda non l’ho inventata io, ma se ti spaventa tanto puoi abbracciarmi – le suggerì lui maliziosamente.

- Mi dispiace per te ma non ho paura per niente! E poi non è giovedì né tantomeno mezzanotte.

- Questa leggenda ha anche un altro significato: chi fa una promessa su questa collina e poi non la mantiene rischia di essere rapito dalle fate e di sparire nel nulla.

- Non ho intenzione di promettere niente infatti … su andiamo – gli disse Candy tirandolo per un braccio.

- Aspetta … io invece si, voglio prometterti una cosa – la trattenne Terence afferrandole la mano e facendosi serio – Ti prometto che … non ti chiederò mai più di essere felice senza di me.

- Oh Terry … anche se tu me lo chiedessi sarebbe inutile, perché tanto io non ci riuscirei.

Si abbracciarono stretti sulla cima della collina.

Rientrarono al castello a notte fonda, dopo aver cenato in uno dei tipici pub scozzesi. Stranamente entrambi sembravano non avere affatto sonno e si trattennero nel salone del camino che per fortuna era ancora acceso, dal momento che la notte era ancora piuttosto fredda, nonostante fossimo già a maggio. Candy si era avvolta in uno scialle, sedendosi sul divano davanti al fuoco mentre aspettava Terence che era andato a prendere del tè caldo.

- Questa notte non riuscirò proprio a dormire dopo tutte le storie di fantasmi che mi hai raccontato – si lamentò Candy prendendo la tazzina dalle mani del ragazzo.

- Non è colpa mia se Edimburgo è famosa per i suoi spiriti – la prese in giro Terence accomodandosi sul divano e sorseggiando il suo tè.

- A parte i fantasmi ti devo confessare che è stata davvero una magnifica giornata – trovò il coraggio di dirgli nonostante sentisse il suo cuore assumere un ritmo sempre meno naturale.

- Anche per me – le rispose lui semplicemente.

Silenzio.

- Domani che cosa ti piacerebbe fare? Visto che oggi ho deciso io, domani scegli tu.

- Ho qualcosa in mente ma … sarà una sorpresa – gli rispose Candy.

- Ecco, hai trovato il modo di non far dormire neanche a me … passerò la notte a pensare a cosa mi combinerai! – disse Terence alzando gli occhi al cielo, fingendosi preoccupato.

- Uomo di poca fede … devi sempre rovinare tutto – lo rimproverò Candy mentre lui scoppiava a ridere.

Silenzio.

Candy pensava tra sé che darsi la buonanotte era sempre il momento più difficile della giornata e non ne capiva bene il motivo. Sapeva che il giorno dopo si sarebbero visti di nuovo e avrebbero avuto ancora molto tempo da trascorrere insieme. Allora perché non riusciva a trovare le parole né tantomeno i gesti per salutarlo e andare a dormire? Non sapeva cosa fare né dire, o forse lo sapeva ma non osava. Quest’ultimo pensiero la turbò e si sentì improvvisamente in balia delle sue emozioni, come un fiume i cui argini sorpresi dalla piena stessero di colpo cedendo. Sapeva che lui era seduto accanto a lei, ne avvertiva la presenza ma non si azzardava a guardarlo. Le vennero in mente i baci che si erano scambiati quella mattina davanti al lago e la mano di Terry sul suo fianco. Si sentì il viso prendere fuoco, ma non per il calore che proveniva dal camino, il calore che sentiva proveniva dal suo petto ed era Terry a farlo divampare. Si sentiva paralizzata, temeva che se solo avesse fatto il più piccolo movimento lui si sarebbe accorto di quanto fosse sconvolta in quel momento. Con una mano reggeva la tazzina vuota e con l’altra il piattino appoggiati sulle sue gambe. D’un tratto Terence si alzò, le prese con una mano la tazza con il piattino, mentre nell’altra teneva la sua, e le ripose nel vassoio, sul tavolino.

- Credo sia ora di andare a dormire – gli sentì dire, mentre cercava di trattenere la sensazione delle dita del ragazzo che avevano appena sfiorato le sue, risvegliandosi come da un sogno.

In silenzio si avviarono verso il corridoio che conduceva alle camere da letto. Quella di Terence era una della prime, per cui si fermò davanti alla porta della sua stanza augurando a Candy la buonanotte, lasciando che lei proseguisse da sola verso la sua. La ragazza aveva percorso pochi metri quando si sentì chiamare e si voltò.

- Se non vuoi avere incubi invasi dai fantasmi, sarà il caso che tu sogni me, Lentiggini – le disse Terence con quella sua solita aria strafottente.

- Non ci penso nemmeno! – fu la risposta che ottenne.


Capitolo venticinque

Promesse




Aberfoyle, Scozia

mercoledì 5 maggio 1920

 

Candy si era alzata presto quella mattina ed era molto indaffarata in cucina. Quando anche Terence si svegliò e si diresse in sala da pranzo la trovò in piedi vicino al tavolo al centro del quale troneggiava un grande cesto da picnic.

- Buongiorno Lentiggini, aspettavi me?

- Sì, stamattina colazione all’aperto – gli rispose con un gran sorriso soddisfatto.

Terence sembrò gradire la sorpresa e, offertosi di portare lui il cesto, si fece volentieri guidare da Candy in un luogo che lei aveva visto il giorno prima, durante il ritorno dalla loro passeggiata a cavallo.

- E come hai fatto a vederlo? Durante la nostra cavalcata mi sei sembrata decisamente più interessata ad altro piuttosto che al paesaggio – le disse Terence facendola come al solito arrossire, ricordando che per tutto il tempo che avevano impiegato per tornare al castello, la ragazza non aveva fatto altro che stringersi a lui.

- Avevo paura di cadere … - tentò goffamente di discolparsi Candy davanti all’espressione scettica di Terence.

Dopo circa dieci minuti di cammino giunsero ad un piccolo rilievo nascosto tra alberi di pino silvestre. Abbandonando il sentiero e facendosi largo tra le felci trovarono un angolo piuttosto nascosto dal quale era possibile godere la vista del lago nella sua interezza.

Candy stese una coperta sull’erba e sistemò il necessario per fare colazione, aiutata da Terence che era curioso di capire che cosa contenesse quel cesto enorme.

- Lentiggini hai cucinato per un reggimento!

- Beh non ho fatto tutto da sola, Judith mi ha dato una mano.

- Per fortuna!

- Che cosa vorresti insinuare?

- Niente … solo che Albert non mi ha decantato le tue doti culinarie e se non sbaglio a Chicago era lui a cucinare.

- Albert lo faceva volentieri, per tenersi occupato, mentre io ero molto impegnata in ospedale, per questo non mi occupavo granché della casa – gli rispose Candy risentita.

- Spero solo di tornare a casa sano e salvo!

- Oh Terry sei impossibile!

L’aria era fresca, ma il riflesso della luce del sole nell’acqua iniziava a riscaldare i loro volti. Mangiarono, continuando a scherzare e a prendersi in giro, soprattutto Terence che ad ogni morso impiegava tutte le sue doti di attore nel fingere di morire avvelenato, con Candy che, cascandoci ogni volta, finiva per spingerlo rischiando davvero di farlo soffocare dalle risate.

- Penso di non aver mai mangiato così tanto in tutta la mia vita! Mi devo ricredere Lentiggini, era tutto ottimo, anche se la tua cucina rischia seriamente di compromettere la mia linea – esclamò Terence mentre si sdraiava a pancia in giù sulla coperta liberata dai pochi avanzi di cibo.

- Il mio obiettivo è proprio questo, farti ingrassare, così le altre donne non ti guarderanno più! – confessò Candy in un improvviso impeto di sincera gelosia.

Terence sorrise senza dire niente, nascondendo il volto tra le braccia che teneva incrociate sotto la testa. Candy era seduta con le gambe distese e la schiena appoggiata ad un albero, intenta ad osservare le mille scintille che il sole provocava incontrando l’acqua. Provava una dolcissima sensazione di pace, le sembrava che tutto il suo mondo fosse lì, su quella coperta, e non fosse mai stato così bello.

D’un tratto avvertì come se qualcosa le avesse sfiorato la guancia e si voltò verso Terence. In realtà lui non si era spostato, aveva solo alzato leggermente il viso in maniera da far spuntare dalle braccia uno dei suoi incredibili occhi blu e proprio in quell’istante stava fissando Candy. Possibile che ne avesse avvertito lo sguardo sulla sua guancia? Ecco, quando lui la osservava con quella intensità, anche da lontano, lei si sentiva perduta: era perfettamente cosciente del fatto che qualunque cosa Terry avesse deciso di fare in quel momento lei non avrebbe potuto opporre la benché minima resistenza. E questa cosa la spaventava, molto, ma la riempiva anche di una piacevole agitazione. Il suo sguardo aveva avuto sempre un grande potere su di lei, sia quando le appariva freddo sia quando invece era dolce e gentile. Nei suoi occhi Candy leggeva un mondo intero, fatto di emozioni intense, dal quale era inesorabilmente attratta come quei luoghi sconosciuti che ci colpiscono all’improvviso con le loro meraviglie e li sentiamo nostri anche se non c’eravamo mai stati prima.

Candy tornò con gli occhi al lago cercando invano di riprendersi, ma la sensazione sulla sua guancia persisteva e non le lasciava scampo. Sentì che Terence si stava muovendo sulla coperta. Il ragazzo infatti si era voltato sul fianco destro, andando ad appoggiare la sua testa sulle gambe di Candy, rivolto anch’egli verso lo specchio d’acqua. Candy aveva trattenuto il respiro e riuscì a riprendere fiato solo quando lui le chiese:

- Ti dispiace se rimango un po’ così?

- No – rispose quasi senza voce.

Terence chiuse gli occhi mentre un soffio di vento gli scompigliava i capelli sulla fronte. Candy con un gesto istintivo, senza rendersene conto, sollevò la mano per sistemarglieli, ma nel farlo sfiorò la tempia del ragazzo che però non si mosse. Quel minimo contatto attrasse la sua mano come una calamita e continuò a percorrere il profilo di Terence con la punta delle dita, accarezzandogli la fronte liscia e la guancia fino al mento. Gli scostò una ciocca di capelli dal collo, appena sotto l’orecchio e si soffermò ad osservare la sottile linea della giugulare che sporgeva leggermente.

- Lo sai che questa vena arriva fino al cuore?

- Intende dire qui, infermiera? – le chiese Terence prendendole la mano e portandosela proprio dove lei aveva suggerito.

Candy percepì il violento battito del cuore di Terence, che sembrava voler saltar fuori dalla camicia color glicine che indossava quella mattina. Continuando a tenere stretta sul suo petto la mano della ragazza, Terence si voltò e aprì gli occhi su di lei.

- Hai deciso di farmi impazzire Lentiggini? – le chiese serio, restando sdraiato sulle sue gambe. Poi sollevò il busto, posando entrambe le mani sul tronco dell’albero a cui Candy era appoggiata. La ragazza si rese conto di essere praticamente in trappola e non perché lui la circondava con le braccia ma semplicemente perché ancora una volta i suoi occhi blu l’avevano ipnotizzata. Terence la baciò, a lungo, con tutta la passione e il desiderio che sentiva salirgli direttamente dal cuore fino alle labbra. Candy gli aveva messo le mani intorno al collo, accogliendolo nella sua bocca come un nettare divino, dolce e salvifico. Quando si separarono però Terence le fece una domanda che lei non si sarebbe mai aspettata, le chiese improvvisamente se volesse tornare a Londra.

- No, perché? – domandò Candy quasi intimorita da quell’idea, ancora stordita dai baci di lui.

- Non credi che sarebbe più semplice?

- Non capisco cosa vuoi dire Terry.

- Voglio che tu sappia che non ti ho portata in Scozia per questo, ma non credevo che tra noi le cose sarebbero andate così … velocemente – provò a spiegarsi Terence con molta fatica, ma lei sembrava continuare a non capire.

- Me lo hai già detto perché siamo qui … che ti succede Terry, hai cambiato idea? – gli chiese terrorizzata.

- No! Dio mio Lentiggini perché non capisci?

- Cosa devo capire?

- Che ti desidero da impazzire … ma l’ultima cosa che voglio è mancarti di rispetto – riuscì a confessare finalmente Terence, rivolgendole l’espressione più tenera che possedeva.

- Non lo faresti mai, mi fido di te – lo rassicurò Candy carezzandogli il viso mentre cercava di riprendersi dal forte imbarazzo di quella dichiarazione.

- Da quando siamo qui non ne sono più tanto sicuro …

- Io non voglio tornare a Londra, anzi se vuoi proprio saperlo vorrei restare qui con te … per sempre!

- Candy! – esclamò Terence molto colpito dalle sue parole.

- Una ragazza probabilmente non dovrebbe dire certe cose, lo so, ma è quello che sento e il solo pensiero che quando torneremo in America dovremo separarci ancora una volta … mi terrorizza.

Terence la fissava sbigottito.

- Oh Terry non fare quella faccia … adesso sei tu quello che non capisce! Io … voglio passare il resto della mia vita con te, senza lasciarti più neanche per un minuto. Non ti rendi conto che ogni sera, quando arriva il momento di andare a dormire, non riesco mai a trovare le parole né il momento giusto per farlo? La verità è che non vorrei farlo, non vorrei restare senza te nemmeno durante la notte. Razionalmente mi rendo conto che questo non è possibile ed ora che te l’ho detto chissà cosa penserai di me, ma credimi ti prego, gli anni trascorsi lontano da te sono stati così dolorosi che ora … - Candy fermò qui il suo fiume di parole perché le lacrime le bloccarono improvvisamente la gola, scoppiando poi in inconsolabili singhiozzi.

- Oh no, ti prego Candy non piangere … - riuscì a dirle Terence, nonostante fosse sconvolto dalle sue parole.

La tenne stretta cullandola tra le sue braccia finché non si fu sfogata e i singhiozzi si placarono. Intanto ripensava a quello che gli aveva detto: “voglio passare il resto della mia vita con te”. Erano state quelle le parole esatte che lei aveva usato, ma allora …

- Finisco sempre per farti piangere e questo non va bene.

- Non va bene per niente! – ribadì Candy accennando un sorriso.

- Anche le mie camicie disapprovano! Ma tanto le laverai tu quando saremo sposati, giusto?

- Solo se sarai tu a cucinare!

- Allora è vero!

- Che cosa?

- Che vuoi passare il resto della tua vita con me?

- Terence Graham mi stai per caso chiedendo di sposarti?

- No, l’hai appena fatto tu!

- Io cosa? Io non ti ho chiesto proprio un bel niente! Ho solo detto che non voglio tornare a Londra e che mi piacerebbe …

Ma Terence la interruppe, facendola tacere posandole le sue dita sulle labbra.

- Allora te lo chiedo io. Miss Candice White Ardlay sarebbe così gentile da concedere a quest’uomo follemente innamorato di lei l’onore di diventare sua moglie?

Candy lo fissava con gli occhi ancora arrossati dal pianto, le guance stropicciate e la bocca leggermente socchiusa per lo stupore di ciò che aveva appena udito. Sentiva lo stomaco sottosopra e le girava la testa, non era del tutto sicura di aver capito bene la domanda che Terry le aveva fatto. Davvero le aveva chiesto di sposarlo stavolta? O era ancora un gioco dei suoi, quando si divertiva a prenderla in giro e le faceva credere chissà cosa per poi dire che stava solo scherzando?

- Non credo di aver capito bene – sussurrò, trattenendo il respiro.

- Vuoi sposarmi Candy? – le chiese di nuovo Terence in maniera tale che lei non avesse più alcun dubbio.

- Sì – quasi gli gridò, senza attendere un istante di più, gli occhi incollati a quelli di lui.

Si strinsero in un abbraccio infinito che finalmente significava che non si sarebbero più lasciati, poi furono solo baci, carezze e promesse d’amore eterno.

“Il mio cuore è così stretto al tuo,

che del mio col tuo si può fare un solo cuore [8]

 

Capitolo ventisei

Paure

 

Mentre i due ragazzi si trovavano ancora immersi nel loro sogno d’amore, il cielo iniziò ad oscurarsi pian piano e un borbottio di tuoni faceva presagire l’arrivo di un tipico temporale scozzese. Nonostante avessero recuperato in fretta il cestino e tentassero di coprirsi correndo abbracciati sotto la coperta, Candy e Terence finirono per inzupparsi di pioggia mentre cercavano di tornare al castello più in fretta possibile.

Entrati nell’atrio si tolsero le scarpe ormai piene di fango e guardandosi scoppiarono a ridere.

- Ci siamo fatti proprio un bel bagno! – esclamò Candy con i capelli gocciolanti.

Terence all’improvviso smise di ridere e la osservò per un attimo, poi distogliendo lo sguardo le disse:

- E’ meglio che tu vada a cambiarti Lentiggini, prima che quel vestito bagnato mi sveli ciò che un promesso sposo non ha ancora il diritto di apprezzare!

Candy abbassò gli occhi verso il suo seno che il tessuto leggero dell’abito, reso aderente e quasi trasparente dalla pioggia, metteva esplicitamente in evidenza. Tirando un piccolo urlo, incrociò le braccia al petto tentando di coprirsi, ma allo stesso tempo non poté fare a meno di notare che anche la camicia di Terry, completamente bagnata, fasciava stretto il torace del ragazzo mostrandone i pettorali ben definiti. Manco a dirlo la ragazza diventò rossa come un papavero, prima di fuggire di corsa in direzione della sua stanza. Terence sogghignò divertito vedendola correre come un furetto e mentre andava anche lui a cambiarsi mormorò soddisfatto una frase a fior di labbra:

- Quanto ti amo Lentiggini!

Il temporale era in pochi minuti aumentato di intensità ed ora scrosci violenti d’acqua, sospinti da un vento freddo, si abbattevano impietosi sul castello dei Granchester. Ogni tanto un tuono faceva tremare i vetri delle finestre, nonostante tutte le imposte fossero state chiuse. La domestica aveva provveduto ad accendere le candele che i vari candelabri d’argento offrivano in mancanza della luce elettrica e ad alimentare il fuoco nel camino del salone, dal momento che la temperatura si era bruscamente abbassata.

Quando Terence entrò trovò Candy che cercava di asciugare i capelli ancora umidi seduta davanti al fuoco. Con il viso coperto in parte dalla sua chioma bionda, non si era accorta subito della presenza del ragazzo e lui si era fermato sulla porta ad osservarla. Candy indossava al posto del leggero abito a fiori della mattina, un paio di ampi pantaloni di color grigio chiaro e un maglioncino dolcevita scuro sul quale risplendeva l’oro dei suoi riccioli che lei continuava ad agitare con le mani per farli asciugare più velocemente. Una ragazza in pantaloni non era certo cosa comune in quegli anni per cui Terence la sorprese dicendo in tono canzonatorio:

- Vuoi subito mettere le cose in chiaro, dico bene Lentiggini?

Candy sentendo la sua voce alzò la testa, spingendola leggermente all’indietro e facendo ricadere i capelli lungo la schiena, chiedendogli poi che cosa volesse dire. Terence indicò con il dito le sue gambe e le chiese se per caso volesse sottintendere chi avrebbe portato i pantaloni in famiglia.

- Stavo solo morendo di freddo e poi trovo i pantaloni molto comodi. Alla Casa di Pony li indosso spesso, per la disperazione della mia cara Annie che li trova assolutamente inadeguati e assai poco femminili. Mi dispiace per te, ma non intendo proprio rinunciarci! – disse Candy decisa a difendere le sue abitudini in fatto di abbigliamento.

- Per me non c’è alcun problema, anzi, li trovo molto … sensuali – precisò Terence invitandola ad alzarsi in piedi e ammirandola mentre le faceva fare un giravolta, tenendola per la mano. Quel giro su se stessa terminò inevitabilmente tra le braccia del ragazzo che guardandola con quel suo piglio disinvolto, a metà tra il malizioso e il villano, le disse:

- Non ho alcuna difficoltà a sposare una donna che indossa i pantaloni, né tantomeno a toglierglieli!

Dopodiché, con un solo movimento del pollice, liberò l’unico bottone che stringeva i pantaloni alla vita di Candy, restando immobile davanti a lei.

- Terence! Come ti permetti! Adesso ti faccio vedere io, brutto screanzato! – gli gridò Candy rimettendo a posto il bottone e subito dopo iniziando a rincorrerlo per tutta la sala. Ma anche se con i pantaloni i suoi movimenti erano più agili, Terence era comunque più alto e non era facile per lei acciuffarlo.

Il ragazzo si diresse poi lungo il corridoio che portava alle camere da letto, in quel momento quasi completamente al buio a causa della pioggia, cosicché ad un certo punto Candy lo perse di vista e si ritrovò da sola di fronte alla porta della propria stanza. Provò a chiamarlo ma non ottenne risposta, allora decise di entrare.

- Terry sei qui? Dai esci fuori … se me lo chiedi in ginocchio ti perdono.

Una risata echeggiò nella stanza e la lampada a petrolio sul comodino si accese illuminando la figura di Terence che se ne stava appoggiato al muro con le gambe incrociate.

- Terry vuoi farmi morire di paura! – lo rimproverò Candy sentendo salire nello stomaco una strana agitazione.

- Non ho nessuna intenzione di inginocchiarmi né di chiederti perdono! – le disse lui spavaldo.

- Comunque adesso sei in trappola, perché sei finito dritto nella mia stanza! Non hai più scampo! – ribatté Candy fiera di sé.

- Ah … senti senti, quindi è questa la tua camera? – le chiese lui gironzolando per la stanza e pregustando le conseguenze di quella scoperta.

- Sì – rispose nervosamente Candy che pian piano iniziava a rendersi conto che forse non era lui ad essere finito in trappola.

- La cosa si fa interessante – affermò Terence passandosi una mano sul mento e avvicinandosi come una tigre che ha scovato la sua preda.

- Che cosa vorresti dire? Non oserai venire qui stanotte, sarebbe inutile tanto troveresti la porta chiusa a chiave!

- Cara Lentiggini, non lo sai che il padrone del castello possiede sempre una copia di ogni chiave? – detto questo uscì dalla stanza lasciando Candy per un attimo assai pensierosa. Poi anche lei venne fuori e insieme tornarono nel salone, mentre ancora infuriava il temporale.

Si sedettero sul divano e rimasero in silenzio per un po’.

- Guarda che non ti ho ancora perdonato! – disse Candy d’un tratto.

- Io non te l’ho chiesto!

- Accidenti Terry, riesci sempre a farmi perdere la pazienza! E poi non hai la copia di ogni chiave, ti stai prendendo gioco di me, non è vero?

Terence scoppiò a ridere e non la smetteva più, tanto la faccia preoccupata di Candy gli appariva così buffa in quel momento.

Alla fine riuscì a confermarle che non aveva nessuna copia ma che in ogni caso non ne avrebbe avuto bisogno perché sarebbe stata lei ad aprirgli se lui avesse bussato alla sua porta, quella notte.

- Non ti aprirò mai!

- Vedremo.

- Ma tutti quei discorsi di stamattina sul fatto che non mi hai portata in Scozia per… approfittarti di me … dove sono finiti?

- Beh diciamo che … ho bluffato un po’ questa mattina – le rispose alzando il sopracciglio.

- Terence!!!

- Andiamo Lentiggini non ti arrabbiare, credo sia pronta la cena - le disse con un sorriso beffardo, accompagnandola verso la sala da pranzo.

 

- Posso leggerti qualcosa se ti va – propose Terence dopo che avevano mangiato ed erano tornati davanti al camino.

Il tempo non si era ancora ristabilito, anche se aveva smesso di piovere, per cui era sconsigliabile uscire all’aperto. Candy accettò l’invito di Terence, tuttavia la sua mente continuava a rimuginare su quanto successo prima e ciò che più la turbava era il fatto che adesso lui conoscesse perfettamente quale fosse la sua stanza e avesse addirittura insinuato la possibilità di andarla a trovare.

Terence era andato nella biblioteca ed era tornato con un libro che conteneva una raccolta di versi di Shakespeare. Lo aprì ad una pagina precisa dove aveva messo un segno e lesse, con la sua inconfondibile voce baritonale, piena di passione:

“Non dir mai che il mio cuore ti fu infedele

 se anche sembrò che la lontananza affievolisse la fiamma del mio amore,

io potrei più facilmente divider me da me stesso,

che staccarmi dall’anima mia che nel tuo petto vive.

E’ quello il mio asilo d’amore,

se ho errato lungi da esso come chi viaggia,

ecco, io sono tornato al tempo giusto,

dal tempo non mutato,

così che io stesso porto acqua a lavar le mie colpe.

Non credere giammai, sebbene la mia natura

sia schiava di tutte le debolezze che assediano questa carne mortale,

ch’essa potesse macchiarsi a tal segno da voler abbandonare, per nulla,

tutto il bene che s’accoglie in te.

Poiché un nulla io chiamo quest’ampio mondo in cui tu solo esisti, o mia rosa;

in esso tu sei il mio tutto”[9].

 

Candy lo aveva ascoltato in silenzio, come al solito rapita dalla sua bravura, ma anche dal senso profondo delle parole che sembravano essere state scritte per lei. Se non fosse stata ancora arrabbiata con lui probabilmente si sarebbe gettata tra le sue braccia e lo avrebbe riempito di baci, ma non intendeva cedere e aspettava le sue scuse. E le scuse arrivarono.

Terence seduto vicino a lei, con il libro aperto sulle ginocchia, le prese la mano che lei teneva appoggiata sul cuscino e se la portò alla guancia dicendole:

- Perdonami, stavo solo giocando! A volte salta fuori di nuovo il ragazzaccio che è in me – le disse guardandola da sotto i capelli, con un’espressione che le sembrò quasi pentita.

- Non mi sembri poi così pentito a dire il vero! – lo rimproverò Candy tenendo il punto.

- E dai … domani pomeriggio non ci sarò, non voglio lasciarti con il broncio.

- Solo se me lo chiedi in ginocchio!

- Questo puoi scordartelo – e si sdraiò poggiando la testa sulle gambe della ragazza, come aveva fatto la mattina dopo il loro romantico pic-nic.

- Così non vale, alzati immediatamente! – tentò di sgridarlo, ma la sua reazione risultò assai poco convincente tantoché Terence non si mosse di un millimetro.

Sbuffando Candy si arrese, lasciando cadere la discussione e ripensando a quello che le aveva detto gli chiese se poi alla fine avesse deciso di accettare l’invito del Duca di Granchester.

- Ci vado solo per ringraziarlo di aver fatto ristrutturare questo castello!

- E’ già un inizio. Non vuoi che venga con te?

- Meglio di no, non voglio coinvolgerti in questa storia e poi non so quali siano le sue reali intensioni, non mi fido di lui – disse il ragazzo in tono preoccupato.

- Promettimi che almeno le tue intensioni saranno buone e che non andrai da lui per discutere, ma che proverai ad ascoltarlo.

- Io posso anche promettertelo, ma questo non significa che non discuteremo, non dipende solo da me e, conoscendo il Duca temo che se mi ha offerto un segno di pace vuol dire che in cambio pretenderà qualcosa che non sono sicuro di voler concedere.

- A cosa ti riferisci?

- Al cognome e di conseguenza al titolo.

Da quando aveva lasciato la St. Paul School Terence aveva rinnegato il cognome dei Granchester e ormai era conosciuto solo come Graham, in realtà suo secondo nome. Tuttavia era ancora registrato come appartenente ai Granchester ed essendo il primogenito spettava a lui ereditare il titolo nobiliare e gestire il patrimonio di famiglia, una volta che il padre fosse venuto a mancare.

- E così diventeresti Duca! – lo apostrofò Candy divertita.

- Si mia Duchessa! E vivremo felici e contenti tra castelli, balli di corte e sedute alla Camera dei Lord, non è elettrizzante tutto ciò?

- Beh … se devo essere sincera … non mi ci vedo proprio – rispose Candy pensierosa.

- Io ancora meno! – le fece eco Terence.

Dopodiché entrambi scoppiarono a ridere, fino a farsi venire le lacrime agli occhi, ipotizzando tutti i guai che avrebbero potuto combinare due tipi ribelli come loro in tali circostanze.

- Andiamo a dormire? – le chiese d’un tratto Terence, cosicché si diressero come ogni sera verso il corridoio delle camere, ma questa volta lui non si fermò alla sua stanza e proseguì accompagnando Candy fino alla sua porta senza che lei si opponesse.

- E così domani pomeriggio te ne vai … - disse Candy sospirando quando si ritrovarono fermi l’uno davanti all’altra.

- Mi dispiace molto lasciarti sola Lentiggini, ma sarà solo per poche ore, te lo prometto.

Nell’udire quelle parole, “lasciarti sola”, Candy avvertì di colpo un peso sul petto che la fece quasi soffocare e si portò involontariamente una mano davanti, tentando di liberarsi da quel senso di oppressione.

- Candy ti senti bene? – le chiese Terence vedendola sbiancare in volto.

- Non proprio … - ebbe appena la forza di dire prima di appoggiarsi alla porta per evitare una imbarazzante caduta a terra.

Terence la sorresse per le spalle e l’aiutò ad entrare in camera suggerendole di sdraiarsi, poi corse a prenderle dell’acqua. Seduto sul letto vicino a lei la fece bere ed in breve tempo la ragazza si riprese.

- Vuoi farmi prendere un colpo Lentiggini? Sei tu l’infermiera qui, non io!

- Non ti preoccupare, adesso sto bene.

- Sei sicura di non avere la febbre? Magari ti sei raffreddata stamattina con tutta quella pioggia che ci siamo beccati – le chiese mettendole premurosamente una mano sulla fronte per sentire se fosse calda.

Candy lo rassicurò di nuovo dicendogli che stava bene, era stato solo un momento e con una buona dormita sarebbe passato tutto.

- Va bene, allora vado nella mia stanza, a meno che tu non voglia che resti qui a vegliarti per tutta la notte, nel caso ti sentissi di nuovo male … - suggerì Terence maliziosamente.

- Va’ pure, buonanotte Terry!

Lui la guardò un po’ deluso poi:

- Posso almeno darti il bacio della buonanotte o rischi di svenire come poco fa?

Candy sorrise alzando gli occhi al cielo e Terence si piegò su di lei sdraiata nel letto baciandole le labbra più di una volta, con infinita dolcezza.

Appena Terence se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle, Candy avvertì i suoi occhi riempirsi di lacrime e, anche se si sentiva una perfetta idiota, non riusciva a smettere di piangere al pensiero che domani avrebbe dovuto separarsi da lui. Era consapevole del fatto che si trattasse di una paura del tutto immotivata, sarebbero stati lontani solo per poche ore, glielo aveva promesso, eppure prima era quasi svenuta. C’erano già state troppe separazioni tra loro e adesso anche poco tempo le sarebbe sembrato un’eternità. Fece fatica ad addormentarsi e trascorse una notte agitata piena di incubi che la fecero svegliare più di una volta con l’assurda sensazione che Terry fosse già andato via.

Alla fine si alzò. Albeggiava e una sottile striscia di luce filtrava dalle pesanti tende che ornavano la porta a vetri della terrazza. Indossò la vestaglia e scalza si avviò lungo il corridoio, fermandosi davanti alla stanza di Terence. Tutto era avvolto nel silenzio. Si decise a bussare. Niente. Premette la mano sulla maniglia e la porta si aprì cigolando leggermente. Si affacciò appena ma non riusciva a vedere quasi nulla. Entrò facendo qualche passo verso il letto e così lo vide. Non se n’era andato e questo pensiero la rassicurò. Prima di tornare sui suoi passi però fu sorpresa da un raggio di sole che prepotentemente illuminò il letto, facendo risaltare ai suoi occhi la figura addormentata del ragazzo: Terry se ne stava a pancia in giù, con le braccia seminascoste dal cuscino e la schiena nuda, solo per metà coperta dalle lenzuola. Era evidente che non indossava la giacca del pigiama. Fortunatamente stava dormendo e non si era accorto di nulla, pensava Candy, anche perché il suo volto affondava nel cuscino, in parte nascosto dai lunghi capelli, nella direzione opposta alla sua. Candy si avviò dunque verso la porta ma evidentemente turbata da quella visione, finì per urtare una sedia e cadde lunga e distesa per terra. Il trambusto provocato da quell’incidente fece svegliare Terence che di scatto si mise seduto nel letto, accendendo la lampada che teneva sul comodino.

- Lentiggini … cosa ci fai lì per terra? Ti senti male di nuovo? – le chiese il ragazzo spaventato e non capendo bene cosa fosse successo, anche perché era ancora mezzo addormentato.

- Scusami … non volevo svegliarti … non è niente … me ne vado subito – balbettò Candy, ma mentre cercava di alzarsi sentì un dolore acuto ad un piede che la fece cadere di nuovo.

A quel punto Terence fu costretto a scendere dal letto per aiutarla. Le si avvicinò e la tirò su di peso, adagiandola sul divano presente nella parte sinistra della stanza. Le si inginocchiò di lato e le chiese se si fosse fatta male.

- Credo di essermi slogata la caviglia – gli rispose con una leggera smorfia di dolore. Subito dopo si voltò verso di lui e imbarazzatissima si coprì il viso con entrambe le mani.

- Che succede? – le chiese.

- Potresti metterti qualcosa addosso per favore?

Terence si mise a ridere scuotendo la testa e si alzò per indossare una camicia (i pantaloni li aveva per fortuna!), uscendo poi dalla stanza per andare a prendere del ghiaccio in cucina.

- Posso? – le chiese indicando la caviglia. Lei annuì e Terence le sollevò di poco la camicia da notte per mettere il ghiaccio sulla gamba, nel punto che già si stava leggermente gonfiando.

- Mi spieghi che cosa stavi combinando?

- Probabilmente sono sonnambula, quando ero piccola mi capitava spesso di alzarmi dal letto nel pieno della notte ed aggirarmi per i corridoi della Casa di Pony, poi al mattino non ricordavo niente – mentì spudoratamente dal momento che non intendeva rivelare il vero motivo che l’aveva portata nella camera del ragazzo.

Terence aveva ascoltato quell’assurda spiegazione con un’espressione decisamente scettica sul volto e alla fine le aveva chiesto:

- Aprivi anche le porte mentre gironzolavi addormentata?

- Può darsi … - balbettò Candy avendo capito che Terence non aveva creduto ad una sola parola.

Terence non volle indagare oltre, preoccupato più che altro per le condizioni della caviglia e si offrì di riportarla nel suo letto, cosa che fece prendendola in braccio con decisione, nonostante le lamentele di Candy  la quale era convinta di essere in grado di camminare da sola. Mentre si trovava in braccio a Terence che sembrava non fare il minimo sforzo portandola di peso, Candy ebbe per un attimo davanti agli occhi un’immagine che le trafisse il cuore come una punta di ghiaccio che pende da un tetto e cadendo si conficca facilmente nel terreno. Quell’immagine la riportava indietro di cinque anni, quando ad essere tra le braccia di Terence non era lei ma Susanna, su quel tetto di ospedale pieno di neve, poco prima della loro dolorosa separazione.

Il ragazzo la posò sul letto e la coprì dal momento che stava congelando.

- Va un po’ meglio ora? – le chiese con tenerezza.

Ma Candy scoppiò in un pianto violento che lasciò Terence senza parole. Non poté fare altro che abbracciarla sentendo a sua volta che lei si stringeva con forza a lui, continuando a piangere. Alla fine Terence preoccupato trovò il coraggio di chiederle

- Candy che cosa ti succede? E’ da ieri sera che sei strana. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Se sei ancora arrabbiata con me per quello sciocco scherzo dei pantaloni posso mettermi davvero in ginocchio e chiederti scusa.

- Non è per quello - riuscì a dire Candy tra le lacrime.

- Allora cosa c’è? Mi stai facendo spaventare.

- Non è niente.

Ma questa volta Terence era deciso a non lasciar perdere e continuò ad insistere perché lei gli dicesse la verità, fino a quando Candy confessò.

- Sono solo i fantasmi del passato che ogni tanto tornano e non mi fanno dormire. Questa notte ho fatto dei sogni orrendi e così quando mi sono svegliata sono venuta nella tua stanza perché temevo che te ne fossi già andato. Quando ho visto che stavi dormendo nel tuo letto volevo andare via ma ho combinato un guaio e ti ho svegliato … ed ora penserai che sono una sciocca e una stupida bambina capricciosa che ha paura di  separarsi da te anche solo per poche ore.

Candy aveva parlato quasi senza respirare ed ora stava seduta nel letto con le ginocchia ripiegate e la testa nascosta tra le braccia. Terence rimase per qualche istante in silenzio poi le prese le braccia facendole alzare la testa, la guardò negli occhi e le disse:

- Passerà, forse non sarà facile ma ci riusciremo, insieme. Adesso cerca di dormire, io rimango qui finché non ti addormenti, posso?

- Sì – le rispose lei timidamente.


Capitolo ventisette

Padre e figlio




Aberfoyle, Scozia

giovedì 6 maggio 1920

 

Il sole era già alto quando Candy si svegliò e la prima cosa che vide fu il viso di Terence che la guardava con un leggero sorriso sulle labbra e gli occhi splendenti come il mare d’estate.

- Dovrò cambiare il tuo nome in Ghiro Tutte Lentiggini! – le disse appena la ragazza aprì gli occhi.

- Buongiorno anche a te Terence – gli disse lei con una smorfia, notando però subito che lui era vestito in maniera particolarmente elegante, pronto per uscire.

- Che ore sono? Quanto ho dormito?

- E’ quasi mezzogiorno Lentiggini, ho bussato ma non hai risposto così sono entrato. Come va la caviglia?

- Bene mi sembra. Forse non era una storta ma solo una contusione, non mi fa male ora.

- Mmmm … inizio a sospettare che la tua sia stata solo una messa in scena per farti prendere in braccio ed essere coccolata da me, non è così Lentiggini?

- Oh Terry, sei odioso … mi ero fatta male davvero stanotte, ma ora sto bene!

- Meglio così. Comunque Judith sarà a tua disposizione per tutto il giorno, le ho chiesto di pensare solo a te, mentre io non ci sarò.

Ci fu un attimo di silenzio e poi Candy gli chiese timidamente se fosse già in partenza. Terence le disse che Sua Grazia il Duca aveva addirittura mandato una macchina a prenderlo e che probabilmente sarebbe arrivata tra poco. La ragazza lo guardò con i suo grandi occhi verdi che sembravano chiedere solo una cosa: “torna presto”. Terence le carezzò la guancia con la mano dicendole:

- Vorrei che tu facessi una cosa per me, mentre sono via.

- Che cosa?

- Che tu pensassi ad una data – le rispose fissandola.

Candy sorrise, quando lui aggiunse:

- Decidi tu dove, come e quando, io ho solo una richiesta … che sia il prima possibile!

Dopo un leggero bacio si salutarono velocemente, cercando di non prolungare troppo il momento del distacco. Trascorsi pochi minuti, Candy udì il rombo di un’auto risuonare nel cortile, si avvicinò alla finestra e vide Terence scendere le scale lentamente prima di sparire sul sedile posteriore. L’auto stava per ripartire quando il ragazzo si avvicinò al finestrino e diresse lo sguardo verso la stanza di Candy, la vide dietro il vetro e sorridendole le mandò un bacio con la mano, poi fece cenno all’autista di andare.

Candy sentì il calore di quel bacio inondarle il cuore. Le dispiaceva molto lasciarlo andare da solo, ma sapeva che era giusto così. Sperava che tutto andasse bene, ma sentiva l’ansia assalirle il petto, ansia che non se ne sarebbe andata fino a quando Terry non fosse tornato. Doveva fare assolutamente qualcosa per cercare di non pensarci e per calmarsi un po’ e c’era solo una cosa che poteva aiutarla in questi casi. Dopo essersi assicurata che la caviglia non le facesse più male, si vestì con un abbigliamento comodo e, fatta una leggera colazione, si diresse verso il bosco.

- Candice White Ardlay vediamo se ti ricordi ancora come si fa! – detto questo spiccò un salto e si aggrappò ad un ramo di una grande quercia, dopodiché iniziò a salire fino a raggiungere un punto abbastanza alto da dove poter ammirare il lago.

- Ottimo Candy, devo dire che te la cavi ancora piuttosto bene – si complimentò con se stessa, pensando che quella era un’ottima postazione per decidere la data di un matrimonio.

Terence Graham giunse a Windermere circa due ore dopo. Davanti la villa trovò ad accogliere il giovane figlio del Duca uno stuolo di domestici che lo salutarono con cerimoniosi inchini, fino a quando sul grande portone d’ingresso non apparve Sua Grazia il Duca di Granchester.

- Benvenuto figliolo. E’ un onore per me averti qui, ti ringrazio di aver accettato il mio invito – lo salutò il Duca con un’aria stranamente impacciata.

- Duca, vi trovo bene – gli disse Terence guardandosi intorno.

Dopodiché il maggiordomo li scortò attraverso un atrio molto ampio sormontato da una enorme cupola a vetri, sorretta da otto colonne di marmo, fino al salotto dove Richard Granchester era solito ricevere gli ospiti più importanti.

- Ti sarai chiesto il motivo di questo invito.

- Beh sì, me lo sono chiesto più di una volta ma non ho trovato alcuna risposta soddisfacente, volete illuminarmi Vostra Grazia? – chiese Terence sarcastico.

- Sapevo che non sarebbe stato facile, ma ho deciso di provarci ugualmente. So di non essere stato per te un padre degno di questo nome, so di aver commesso molti errori che hanno portato solo dolore nella tua vita e non credo nemmeno di aver diritto a chiederti perdono per tutto questo.

Terence lo interruppe subito e rivolgendogli uno sguardo feroce gli disse:

- Non credo proprio Duca che possiate avere la benché minima idea degli errori che avete commesso e soprattutto delle loro conseguenze. Non si può chiedere perdono di qualcosa di cui non si è assolutamente consapevoli, ma questo non alleggerisce la vostra colpa, anzi. Un padre che si possa definire tale dovrebbe porre sempre i figli al primo posto dopo averli messi al mondo ed io non ricordo nemmeno una volta, da quando sono nato,  in cui voi lo abbiate fatto.

- Ti sbagli figliolo. So perfettamente quali siano stati gli errori che ho commesso, perché se è vero che sei stato tu a pagarne le conseguenze in maniera maggiore, io in ogni caso non ne sono stato indenne. So che tu hai perso un padre, ma io ho perso un figlio. Spero di non essermene reso conto troppo tardi, ma quando ci siamo incontrati a Londra, dopo che ti ho visto brillare come non mai su quel palcoscenico, ho compreso con immenso dolore quanto tempo ho sprecato, quanta vita, la tua vita, dove non sono mai stato presente come avrei dovuto.

- Dunque è questo che vi ha fatto ricordare improvvisamente di avere un figlio, il fatto che ora io sia diventato un attore affermato. Forse finalmente sono degno di avere un padre?

- Non intendevo dire questo. Vedi Terence a Londra ho incontrato Eleanor. Abbiamo parlato …

- Cosa! Come avete osato? Dovete lasciarla in pace, non dovete neanche avvicinarvi a lei! – gridò Terence alzandosi in piedi di scatto.

- Ti prego siediti, non è come pensi. E’ stata lei a cercarmi. Ha saputo che la stampa continua a perseguitarti insinuando addirittura che abbiate una relazione segreta, per cui sarebbe intenzionata a dire la verità, a rivelare che è tua madre.

Terence non si aspettava una cosa del genere, che addirittura i suoi genitori si fossero rivisti e avessero parlato di lui. Era senza parole. Dovette sedersi per non barcollare.

- Vedi Eleanor mi ha raccontato molte cose di cui io purtroppo non ero a conoscenza, riguardo gli ultimi anni della tua vita, anni in cui lei ti è stata molto vicina, da quando vi siete riconciliati, in Scozia. Mi ha parlato di tutto il dolore che hai dovuto sopportare, di come sei caduto e ti sei caparbiamente rialzato e di come hai saputo lottare per riprenderti il posto che ti spettava in teatro, fino ad arrivare dove sei adesso e dove meriti di stare. E’ a tutto questo che penso quando dico che ho perso un figlio, perché è nei momenti di maggiore difficoltà che i genitori dovrebbero stare vicini ai figli … io non l’ho fatto e il tempo che ho sprecato non tornerà. Tua madre mi ha detto quanto sei andato vicino … a perderti …

La voce del Duca aveva tremato su queste ultime parole. Terence a questo punto vide il padre coprire gli occhi con una mano, appoggiandosi al bracciolo della poltrona con il gomito, ma non riusciva a provare pietà per quell’uomo.

- Mi avete insegnato che il senso del dovere e dell’onore sono più importanti dell’amore. E’ così che voi avete sempre agito, anche quando avete lasciato Eleanor, la donna della vostra vita, e mi avete portato via da mia madre, avete sempre fatto tutto per salvare il buon nome dei Granchester. Ma che cos’è un nome di fronte alla donna che sia ama e all’amore di un figlio? Io mi sono sempre opposto a questa vostra assurda legge. Ho fatto di tutto per disonorare i Granchester, perché questo nome mi aveva portato via l’amore dei miei genitori. Quando per la prima volta nella mia vita ho compreso cosa volesse dire amare ed essere amati, ho giurato a me stesso che non mi sarei mai comportato come voi, che avrei difeso il mio amore ad ogni costo, sono arrivato persino a rinnegare il mio cognome per essere sicuro di non venire tentato dalle sue lusinghe. Ma alla fine ho fallito. Quando la vita mi ha costretto a scegliere, ho messo da parte l’amore e ho seguito l’onore e il dovere, rinnegando tutto ciò per cui avevo lottato fino a quel momento, facendo soffrire terribilmente la persona che più amavo e amo al mondo. Ho seguito il vostro scellerato esempio “padre”, perché come mi avete sempre ripetuto nelle mie vene scorre il sangue dei Granchester e anche se allontano questo nome da me, non potrò mai cancellarlo del tutto perché è dentro di me come una dannazione. Quando ho capito quanto ero stato vigliacco e ho pensato che tutto fosse perduto senza di lei, ho rischiato veramente di smarrirmi, ma per fortuna l’amore è venuto a cercarmi e mi ha salvato. Ho capito allora che forse anch’io potevo chiedere ancora qualcosa a questa vita e ho cercato di riprendermela. Ma se non fosse stato per lei e per il suo amore … io non sarei qui ora.

Candy se ne stava appollaiata sopra ad un ramo come un uccellino che in primavera riscalda finalmente le piume al primo tiepido sole. Una leggera brezza le muoveva i capelli, l’acqua del lago era ferma ed era tornata limpida dopo la pioggia del giorno prima. Alla sua sinistra poteva osservare il castello dei Granchester. Quante volte, durante la scuola estiva, si era avvicinata a quelle mura con il batticuore, sperando inconsciamente di vederlo per poi tornare indietro di corsa, spaventata dai suoi stessi sentimenti. Quell’estate era cambiato tutto! Lei e Terry finivano sempre per trovarsi anche senza cercarsi e trascorrevano sempre più tempo insieme, lontani dagli altri. Passeggiando insieme per il bosco si fermavano in qualche luogo poco visibile. Spesso Terry le recitava Shakespeare e lei lo ascoltava incantata, a volte si sdraiavano nell’erba e restavano semplicemente in silenzio, felici di assaporare l’uno la presenza dell’altro … alla fine lui le faceva sempre qualche scherzo o la prendeva in giro e cominciavano a rincorrersi ridendo come due bambini. Il giorno che la invitò al castello, rinunciando ad andare alla festa di Eliza perché Candy non era stata invitata, lo ricordava con particolare intensità. Quando Terry apparve davanti a lei nel bosco vestito di bianco sembrava proprio un principe. La invitò a salire sul suo cavallo e la portò a visitare proprio quel castello dove si trovavano adesso. Rimasero seduti vicini davanti al fuoco per un po’ di tempo e Candy confessò a se stessa per la prima volta che Terry le piaceva, molto! Da quel momento aveva iniziato a pensarlo sempre più spesso e a desiderare la sua compagnia, anche solo per sentire la sua voce o per guardarlo.

Anche in questi ultimi giorni Candy aveva notato quanto le piacesse osservarlo mentre lui non la vedeva: era come stregata dal suo modo di fare, conosceva ormai ogni più piccola espressione del suo viso, come inarcava il sopracciglio sinistro quando la prendeva in giro, come sorrideva stirando un poco le labbra prima di scoppiare in una risata fragorosa e sincera, i suoi occhi blu profondo che la facevano vibrare ogni volta che si posavano su di lei. Una parte di lui che a volte non riusciva a smettere di fissare erano le sue mani: le osservava mentre prendeva un bicchiere e se lo portava alle labbra, quando scriveva muovendole leggere sul foglio bianco, quando con un dito si scostava i capelli dalla fronte, quando le carezzava il dorso della mano con il pollice. A volte, quando era da sola, come in quel momento, le sembrava di sentirle sulla sua pelle, sulla schiena, sui fianchi o … anche se questo non era mai successo perché Terry non aveva mai spinto troppo oltre le sue carezze.

Candy si sentiva infiammare il viso mentre lunghi brividi le percorrevano la schiena, avvertiva sempre più forte il desiderio di averlo vicino, molto vicino, affinché non ci fosse più niente a separarli, nemmeno l’aria.

Per molti anni aveva immaginato come potesse essere condividere con lui la vita di tutti i giorni. La loro vacanza in Scozia non rappresentava proprio la quotidianità, trattandosi appunto di una vacanza, ma trascorrere insieme le giornate, dalla mattina fino alla sera, mangiando insieme, passeggiando, parlando, era un’esperienza incredibile, che andava ben oltre la sua immaginazione. All’inizio non era stato semplice abituarsi alla sua presenza, le sembrava così strano, lo guardava come se fosse un’apparizione che potesse svanire da un momento all’altro. Giorno dopo giorno la distanza tra loro si era ridotta sempre di più, le loro anime erano tornate vicine come una volta e Candy in alcuni momenti era riuscita ad avere la sensazione che il tempo non fosse davvero passato e si fossero ritrovati esattamente nel periodo in cui ancora tutto sembrava possibile, quando il loro amore stava per spiccare il volo, prima che il mondo crollasse. Ancora tremava a quel ricordo e volle scacciarlo subito dalla sua mente.

 

Terence aveva parlato al Duca con estrema sincerità, forse per la prima volta, ma non era certo che Sua Grazia fosse in grado di capire cosa significasse amare. In piedi con i pugni stretti, senza neanche guardarlo, desiderava solo andarsene. Voleva chiudere con il passato e suo padre apparteneva al passato, o almeno così credeva.

- Hai tutto il diritto di odiarmi figliolo … sono qui pronto ad accogliere qualsiasi condanna tu ritenga meriti per il mio comportamento e sono certo che sarà sempre inferiore a quello che dovrei aspettarmi da te.

- Non ho nient’altro da dire, voglio solo andarmene e continuare la mia vita come ho fatto finora, cioè senza di voi!

- No ti prego Terence ... ascoltami solo un momento – gli disse il Duca afferrandolo per il braccio.

“Ascoltami” … quella parola gli risuonò nella testa, Candy gli aveva detto almeno di ascoltarlo e lui le aveva promesso che lo avrebbe fatto. Si sedette.

- Non posso cancellare il passato questo lo so bene, purtroppo. Ma posso almeno tentare di porvi rimedio in qualche modo, se tu avrai la bontà di concedermi questa possibilità – proseguì il Duca scrutando la faccia del figlio che appariva ora imperscrutabile.

- Come puoi vedere la Duchessa non è più qui, l’ho mandata via e non intendo rivederla. Avrei dovuto fare lo stesso con i bambini, dal momento che è molto probabile non siano figli miei, ma li ho cresciuti e non mi sento di abbandonarli …

- Non sapete che cosa mi ha fatto passare quella donna prima che mi mandaste in collegio … e voi non mi avete mai difeso, mai, neanche una volta. Perché? – chiese Terence con la voce rotta.

- Per la paura che tu comprendessi quanto ti amavo. Nessuno mi aveva insegnato ad amare, consideravo un segno di debolezza dimostrare affetto, soprattutto verso un figlio che doveva crescere nel senso del dovere e della disciplina. Ma con te è stato sempre difficile, perché non ti sei mai piegato e solo ora capisco il motivo: era il tuo modo di chiedere di essere amato, perché è solo questo che ogni figlio chiede ai genitori. Ti prego Terence, permettimi di farlo adesso, concedimi di amarti.

- Perché dovrei farlo? – chiese Terence con voce aspra, fissando questa volta il Duca negli occhi.

- Semplicemente perché sei mio figlio ed io sono tuo padre, e questo non puoi cancellarlo nemmeno rinnegando il nome dei Granchester. So che Miss Ardlay è qui in Scozia, con te, non è vero?

Terence annuì.

- Quando hai abbandonato la Royal St. Paul School sono venuto a cercarti, ero sicuro che lei sapesse dov’eri, ma lei mi ha detto solo di lasciarti stare, di non cercarti, di non privarti della tua libertà, mentre io ero furioso perché credevo che tu fossi andato in America per Eleanor. Le chiesi se ti voleva bene e lei mi rispose di sì, tra le lacrime. Quella ragazzina con poche parole mi fece capire che cosa significa sacrificarsi per amore delle persone a cui teniamo.

- Io l’amavo e ho dovuto lasciarla per evitare che venisse espulsa dalla scuola, anche in quell’occasione non avete mosso un dito per aiutarmi. Addirittura mi avete ordinato di lasciarla perdere perché un’orfana non poteva stare vicino a un Granchester. Possiede più nobiltà d’animo Candy di tutta l’aristocrazia inglese di cui siete circondato, mio caro Duca! – asserì Terence con disprezzo.

- Ero cieco allora, non riuscivo a vedere quello che vedo oggi. Anch’io ho provato ad amare, ma non ne sono stato capace, né con tua madre né con te. Con Eleanor stiamo cercando di ricostruire almeno un rapporto civile nel nome di questo figlio che ancora ci unisce, nonostante tutto. Possiamo anche tu ed io tentare questa strada, abbattendo pian piano il muro che ci separa? Non intendo in alcun modo interferire nella tua vita se è questo che ti preoccupa, ma quando Eleanor rivelerà a tutti di essere la tua vera madre, vorrei potere essere al suo fianco, sapendo però che tu approverai il fatto che il tuo nome venga accostato al mio.

In quell’istante il boato di un tuono fece tremare i vetri delle ampie finestre che illuminavano la stanza e improvvisamente cominciò a piovere di nuovo molto forte.

- Accidenti! – esclamò Terence avvicinandosi alla vetrata, temendo che se la pioggia fosse continuata così violenta le strade si sarebbero ben presto allagate e non sarebbe stato facile rientrare al castello prima che fosse buio.

- Devo andare, le ho promesso che sarei tornato presto.

- Vuoi andartene proprio ora con questo tempo? Perché non ti fermi qui e parti domattina? – suggerì il Duca.

Ma Terence con voce ferma ribadì che doveva assolutamente tornare al castello. Aveva solo bisogno di una macchina, non voleva l’autista, avrebbe guidato lui. Vedendolo così deciso il Duca acconsentì. 

Prima di avviarsi verso l’uscita Terence si rivolse al padre con queste parole:

- Duca non ho intensione di farvi la guerra. Non mi interessano il Ducato, il titolo e nemmeno il patrimonio di famiglia, vorrei proseguire la mia vita come ho fatto finora, in piena libertà e con le mie sole forze. Molto presto Candy ed io ci sposeremo e appena avremo deciso dove e quando riceverete un invito. Sarei … felice … della vostra presenza.

Il Duca rimase esterrefatto nell’ascoltare quelle parole e senza dire nulla allungò la sua mano verso il figlio che senza esitare la strinse, poi salì nell’auto e partì.


Capitolo ventotto

Buon compleanno

 

Aberfoyle, Scozia

venerdì 7 maggio 1920

 

Candy era rientrata al castello appena in tempo, poco prima che scoppiasse quel tremendo acquazzone. La domestica aveva acceso il fuoco e servito del tè. Candy le aveva chiesto di farle un po’ di compagnia prima della cena. Sperava che Terry rientrasse prima di cena ma non fu così. Passavano le ore e Candy iniziava a sentirsi in ansia perché la pioggia non accennava a diminuire e si era già fatto buio.

- Miss Ardlay, è in pensiero per il signorino Terence non è vero? – le chiese Judith portando via dal tavolo il piatto che Candy aveva appena toccato – Sono certa che con questo tempo il Duca non l’avrà fatto partire, si sarà fermato a dormire a Windermere e arriverà domattina, con il sole, non crede?

- Spero davvero che sia così – le rispose, anche se in cuor suo temeva che Terry si fosse messo ugualmente in viaggio e non riusciva ad essere del tutto tranquilla.

Il temporale continuava ad imperversare, lampi squarciavano l’orizzonte, mentre un vento impetuoso scuoteva le cime dei pini facendoli ondeggiare.

Candy si accoccolò davanti al camino, con una coperta sulle gambe, con in mano la lettera ricevuta da Annie qualche giorno prima. La rilesse:

Parigi, 2 maggio 1920

Mia carissima Candy

non puoi nemmeno immaginare la gioia che mi ha dato leggere la tua lettera, anche se ho dovuto rileggerla diverse volte per essere sicura di aver capito bene. Finalmente tu e Terry siete insieme! Hai fatto benissimo a partire con lui e spero con tutto il mio cuore che d’ora in poi non ci siano più ostacoli al vostro amore. Dopo la discussione che avete avuto durante la cena qui da noi ho temuto che non ci fosse più niente da fare, che la lontananza e il dolore sopportato in questi anni vi avessero allontanato troppo, tanto da non permettervi di stare di nuovo insieme. Fortunatamente mi sbagliavo! La vita ha dovuto restituirvi ciò che vi spettava di diritto perché un amore grande come il vostro non può andare sprecato.

Mi raccomando non farti prendere ora dai dubbi e dalle paure, dimentica il passato e vivi il presente con l’uomo che ti ama più di qualsiasi altra cosa al mondo.

I gemelli stanno benissimo e Archie è un padre così dolce e attento, mi da davvero una grossa mano soprattutto quando la notte quel monello di Alistear si sveglia e non vuole più dormire.

Ti abbraccio forte e spero di rivederti il più presto possibile.

La tua Annie

PS. Dai un abbraccio a Terence da parte mia e digli che desidero ricevere presto l’invito ad un matrimonio!

Cara Annie, hai indovinato: ci sarà presto un matrimonio – disse Candy tra sé, sorridendo nell’immaginare il suo adorato Terry all’altare. In quel momento una delle imposte si aprì, sbattendo violentemente. Judith accorse e insieme a Candy riuscirono con fatica a richiudere la finestra, combattendo con il vento che si era fatto davvero molto forte.

- Miss Candice io andrei a dormire se non ha più bisogno di me. Si è fatto tardi perché non va a riposarsi anche lei?

- Tra poco vado, grazie Judith. Buonanotte.

Ma Candy proprio non se la sentiva di andare in camera sua, preferiva restare sul divano dove nei giorni scorsi era stata spesso in compagnia di Terry. Tra quei cuscini avvertiva un po’ del suo profumo e questo la faceva sentire meno sola e avvolta dal calore del suo ricordo finì con l’assopirsi.

La pioggia non accennava a diminuire e le strade erano piena d’acqua. Terence riusciva con fatica a condurre l’auto cercando di non uscire di carreggiata, ma era determinato a tornare al castello, a tornare da lei. Ogni tanto era costretto a fermarsi perché la visibilità era davvero scarsa, per cui stava impiegando molto più tempo di quanto pensasse, gli sembrava di non arrivare mai. Quando dopo più di cinque ore di viaggio intravide la sagoma familiare del maniero si sentì sollevato ed entrò nel viale d’ingresso a tutta velocità. L’atrio era quasi completamente al buio e immerso nel silenzio, ma dalla porta del salotto filtrava una flebile luce. Terence la seguì e quando entrò rimase folgorato dalla visione che si presentò ai suoi occhi: Candy era distesa sul divano davanti al camino, coperta da un plaid in tartan rosso e verde, stava dormendo, la sua espressione era serena, i capelli biondi sciolti, le mani adagiate sul cuscino che teneva stretto, il volto illuminato dalla debole luce del fuoco. Sembrava una ninfa del bosco, entrata nel castello per sfuggire al temporale. Terence le si avvicinò piano, cercando di non fare rumore, non voleva che si svegliasse di colpo, anche se il desiderio di abbracciarla era quasi impossibile da controllare. Le si sedette vicino e rimase ancora un po’ ad osservarla estasiato al solo pensiero che quella meravigliosa creatura tra non molto sarebbe divenuta sua moglie.

All’improvviso un tuono fece rimbombare tutto il castello e Candy si svegliò.

- Terry sei qui? Non sto sognando! – disse stropicciandosi gli occhi.

- Sono qui – le rispose, aprendo le braccia in cui Candy si tuffò ancora incredula.

- Oddio … ero così in pena! Perché ti sei messo in viaggio con questo tempo? Ho pensato che il Duca ti avrebbe fatto restare a Windermere, credevo che saresti tornato domani mattina.

- Allora perché eri qui ad aspettarmi Lentiggini? – le chiese prendendole le mani.

- Beh io … sei gelato e hai i capelli bagnati, avvicinati al fuoco altrimenti ti prenderai un raffreddore. Vado a prenderti qualcosa di caldo da bere, non ti muovere!

Detto questo uscì di corsa, dirigendosi verso la cucina, mentre Terence sorrideva, felice di godersi le sue attenzioni. Candy tornò poco dopo con del latte caldo, chiedendogli se avesse fame e volesse anche qualcosa da mangiare, ma Terence rispose di no.

- L’autista dov’è? Non sarà tornato indietro!

- L’autista non c’è. Ho chiesto al Duca una macchina e sono venuto da solo.

- Ma Terry sei impazzito, da solo con questo tempo … se ti fosse successo qualcosa io … - lo rimproverò Candy presa dall’agitazione di saperlo solo, al buio e sotto quel violento temporale.

- Andiamo Lentiggini sembri mia madre! Non mi è successo niente, sono qui sano e salvo, ma se non ci credi potresti constatarlo tu stessa avvicinandoti un po’ magari, potrei aver preso freddo e avere la febbre, che ne dice infermiera?

Candy gli si avvicinò davvero mettendogli una mano sulla fronte.

- Non mi sembra che tu abbia la febbre – disse, ma mentre ritirava indietro la mano Terence l’afferrò per il polso facendola sedere vicino.

- Allora posso baciarti senza il rischio di contagiarti – detto questo le sfiorò le labbra con le sue, sussurrandole:

- Non vedevo l’ora di tornare da te!

- Non vedevo l’ora che tornassi!

Si baciarono e si abbracciarono di nuovo, sopraffatti dall’intensità delle loro emozioni. Se separarsi, anche solo per poche ore, era stato molto difficile perché ogni separazione ne ricordava altre ben più dolorose, ritrovarsi ora era qualcosa di speciale e di assoluto. Un sentimento di unione così potente li pervadeva mentre si stringevano in quella notte di tempesta, da soli in quella stanza con tutto il resto del mondo lontano anni luce, il loro amore era in quel momento il centro dell’universo e pian piano si sentivano più sicuri della loro forza, un passo alla volta sarebbero andati incontro al futuro insieme, tenendosi per mano.

- Ma non mi hai ancora detto nulla riguardo all’incontro con tuo padre, com’è andata? – chiese Candy improvvisamente come risvegliandosi da un sogno.

- Insomma … vorrebbe recuperare il suo ruolo di padre che sa di non aver mai onorato e anche il rapporto con quel figlio che si è finalmente accorto di aver perso!

- E tu che cosa sei stato disposto a concedergli? – continuò ad indagare Candy con aria sospettosa.

- Gli ho promesso che gli manderò l’invito per il nostro matrimonio, ti dispiace?

- Come potrebbe dispiacermi Terry … sono strafelice, spero davvero che possa essere presente!

- A proposito di matrimonio … hai deciso dove e quando? – chiese Terence felice di abbandonare l’argomento “Duca” per passare a qualcosa di assai più piacevole.

- Sì. Oggi, prima che iniziasse a piovere, sono tornata alle mie vecchie abitudini e ho fatto la “scimmietta” in mezzo al bosco fino a quando non mi sono ritrovata su un ramo molto in alto, fatto apposta per organizzare matrimoni!

- E potrei sapere che cosa ha deciso la mia scimmietta?

- La prima domenica di giugno.

- Cosa? Ma manca tantissimo … - esclamò Terence un po’ deluso.

Candy cercò di spiegargli che facendo due calcoli, dovendo prima tornare in America, concludere la stagione teatrale a New York, molto probabilmente presentarsi entrambi a Villa Ardlay a Chicago per ufficializzare il fidanzamento, organizzare la cerimonia, non pensava sarebbero riusciti a fare tutto prima di quella data.

Terence acconsentì, precisando tuttavia che lui si sarebbe sposato anche domattina, poi le chiese “dove”,  intuendo già la risposta.

- Non potrei immaginare un altro posto, se per te va bene …

- Anch’io non potrei immaginare un altro posto, la Casa di Pony è il posto perfetto. Il 6 giugno sarò sulla collina ad aspettarti … non farmi aspettare troppo però!

Candy lo abbracciò più forte che poteva, poi lo vide tirar fuori una piccola busta dalla tasca dei pantaloni.

- Che cos’è? – chiese curiosa come al solito.

- Un piccolo regalo … per te.

- Per il mio compleanno?

- Beh veramente ho visto questa “cosa” e ho pensato che potesse piacerti. Oddio … ma è oggi il tuo compleanno? Perdonami Lentiggini mi sono proprio dimenticato!

Candy lo guardò un po’ di traverso, con la faccia seria, poi si decise ad aprire la busta facendo uscire un cartoncino che riportava un indirizzo. Guardò Terence di nuovo questa volta con la faccia di chi non ci sta capendo niente. Lui allora le fece cenno di guardare ancora dentro la busta dove lei trovò questo:

Mia adorata Candy

quando leggerai questo biglietto, per la prima volta io sarò con te e mi vedrai tremare davanti ai tuoi occhi. Spero con tutto il mio cuore che i giorni meravigliosi trascorsi insieme qui in Scozia abbiamo almeno in parte cancellato il dolore che ci ha separato per troppo tempo. Vorrei che da oggi in poi vivessimo il nostro presente e progettassimo il nostro futuro. Domani ci imbarcheremo insieme e insieme torneremo in America, torneremo a casa!

Buon compleanno

solo tuo
T.G.

 

Candy che dopo aver letto la prima riga aveva preso la mano di Terence, stringendola nella sua, sentì due calde lacrime rigarle le guance. Alzò il viso dal foglio, lo guardò e le apparve l’espressione più tenera che avesse mai visto. Ripeté le ultime parole “torneremo a casa” e capì il senso di quell’indirizzo.

- Quest’indirizzo appartiene a casa … nostra? – chiese con un filo di voce, incredula.

- Sì – le rispose Terence perduto nei suoi occhi.

- Vuoi dire che quando arriveremo in America avremo una casa … tu hai acquistato una casa per noi?

- Beh … qualche giorno prima di partire per l’Europa sono passato davanti ad una casa in vendita e ne sono stato subito attratto. Mi sono fermato a guardarla e mi ha fatto pensare a te, ho pensato che ti sarebbe piaciuta una casa come quella. Così ho contattato il venditore chiedendogli se poteva bloccarla per un po’ perché prima dovevo farla vedere alla mia fidanzata, lui ha accettato. Ieri l’ho chiamato e gli ho detto che la prossima settimana saremmo andati da lui per prendere una decisione definitiva.

- Ma noi non ci eravamo ancora neanche rivisti …

- Lo so … ma qualcosa dentro di me mi ha spinto a farlo. Quando la vedrai, se ti piacerà, basterà che metta una firma sul contratto d’acquisto e sarà tua.

- Vorrai dire nostra!

- Vuoi che venga ad abitare con te Lentiggini? – le chiese prendendola un po’ in giro.

Candy si tuffò di nuovo tra le sue braccia dicendogli che era ovvio che avrebbe dovuto abitare con lei, una volta sposati, poi lo rimproverò perché le aveva fatto credere di essersi dimenticato il suo compleanno.

- Come avrei potuto! E ti dirò di più … le sorprese sono appena cominciate, però per la seconda parte del regalo dovrai aspettare almeno che faccia giorno, sperando che sia bel tempo.

- Adesso sono troppo curiosa, come faccio ad aspettare? Potresti darmi un piccolo indizio? – chiese Candy con impazienza.

- Assolutamente no! Però … potresti tentare di corrompermi in qualche modo – le disse Terence con un sorrisetto malizioso che Candy aveva imparato a riconoscere molto bene e sapeva a cosa facesse riferimento.

Questa volta raccolse la sfida del ragazzo e senza pensarci troppo, prima si alzò in piedi, poi andò a sedersi sulle gambe di Terence, passandogli le braccia intorno al collo e avvicinandosi al suo viso gli chiese di nuovo se poteva sapere qualcosa sulla seconda parte del suo regalo di compleanno.

- Mmmm … tentativo di corruzione insufficiente, mi dispiace Lentiggini – rispose Terence scuotendo la testa.

Candy sospirò esasperata, ma poi decise di fare un secondo tentativo e, avvicinandosi di più, lo baciò delicatamente sulle labbra. Terence le disse che ora era sulla strada giusta, ma avrebbe dovuto insistere per ottenere qualche rivelazione. Così Candy non poté far altro che baciarlo ancora … e ancora … e ancora …

Dopo lunghi minuti di silenzio, interrotto solamente dal leggero sfiorarsi delle loro labbra, Candy si fermò reclamando le informazioni che lui le aveva promesso.

- Non è bello che tu mi baci solo per avere qualcosa in cambio! – disse Terence fingendosi offeso.

- Non è bello che tu mi ricatti solo per ottenere i miei baci! – ribatté Candy con le mani sui fianchi.

Terence si mise a ridere vedendo la sua faccia imbronciata e poi le confessò che durante la mattina avrebbero fatto una specie di escursione ma naturalmente non le avrebbe detto dove. Dopodiché tirò indietro la testa appoggiandosi allo schienale del divano, tornando serio e fissandola intensamente. Candy che si trovava ancora seduta sulle sue gambe, riconobbe quello sguardo che da qualche giorno era diverso, ancora più intenso e seducente. Sentendo improvvisamente la mano di Terence accarezzarle la schiena, cercò di alzarsi, ma lui la fermò afferrandola per la vita.

- Dove vai? – le chiese dolcemente.

- Non credi sia meglio andare a dormire … visto che domani dovremo anche preparare i bagagli? – rispose Candy imbarazzata.

Terence comprese l’imbarazzo di Candy e la lasciò andare, seguendola subito dopo verso le camere. Si fermarono davanti alla stanza di Terence per darsi la buonanotte, dal momento che quella di Candy era molto più avanti, in fondo al corridoio.

- Allora … buonanotte Terry.

Ma lui rimase in silenzio, con lo sguardo rivolto verso la mano di Candy che stringeva nella sua. Sembrava pensasse ancora a qualcosa. Lentamente alzò il viso e la guardò con i suoi occhi scintillanti, accesi di desiderio.

Terence le passò le mani lungo le braccia, accarezzandole e con un profondo sospiro le disse buonanotte.

Si separarono.

Mentre camminava lungo il corridoio Candy udì la porta di Terence chiudersi e fu colpita da un’improvvisa sensazione di freddo, come se si trovasse d’un tratto in mezzo alla neve. Anche quando si mise a letto, sotto le coperte, continuava a sentire un’aria gelida sulla pelle e nel cuore. Cercò di dormire, chiuse gli occhi, ma non faceva altro che rivedere il viso di Terry quella sera così tenero e appassionato nello stesso tempo. Ripensò con grande emozione al fatto che avrebbero abitato presto in una casa tutta loro, che lui aveva scelto ancora prima che si fossero ritrovati. Le passarono davanti agli occhi tutti i meravigliosi momenti trascorsi insieme in quella vacanza scozzese, sentendosi sopraffatta da una valanga di dolcissime sensazioni. Rilesse la lettera di Terry: non aveva usato soprannomi questa volta, nessuno scherzo o presa in giro, solo parole d’amore e di futuro. Nelle ultime due settimane, da quando a Londra si erano riscoperti innamorati come non mai, le sembrava che fossero cambiate molte cose. In un primo momento erano come tornati indietro, a quando erano ragazzini alla Royal St. Paul School e si divertivano a prendersi in giro e a litigare per poi fare pace. Adesso però sentiva che finalmente stavano diventando una coppia, un uomo e una donna che si amano e che possono progettare la loro vita insieme. Questo era ciò che Terence aveva cercato di farle capire in tutti i modi: creando dei nuovi ricordi per cancellare quelli dolorosi del passato, chiedendole di sposarlo, regalandole una casa …

 

Capitolo ventinove

Al faro




Aberfoyle, Scozia

venerdì 7 maggio 1920

 

Il sole era finalmente tornato a splendere dopo il tremendo temporale del giorno prima. L’aria era piuttosto fresca ma non si vedevano nuvole all’orizzonte, sembrava proprio il clima ideale per una gita. Terence andò a svegliare Candy di buonora, con un vassoio carico di prelibatezze tra cui quella che sapeva essere la sua torta preferita (o meglio una delle tante che lei preferiva!), ovvero una cheesecake con panna e lamponi.

- Miss Ardlay che cosa aspetta a svegliarsi! – disse Terence con un tono sostenuto imitando la voce stentorea di Suor Gray.

- Oh mio Dio … ho fatto tardi alla lezione anche stamani … - si affannò Candy, svegliandosi di soprassalto e credendo di trovarsi ancora alla Royal St. Paul School.

Ma la risata a crepapelle di Terence le fece subito capire che per l’ennesima volta era stata vittima di uno scherzo del ragazzo che si contorceva sul suo letto, senza riuscire a smettere di ridere.

- Uffa Terry … ti sembra il modo di svegliarmi il giorno del mio compleanno? – lo rimproverò, ma dopo aver gettato uno sguardo al vassoio pieno di dolci che le aveva portato, cambiò decisamente atteggiamento.

- Non importa, ti perdono! – esclamò sorridendogli, già con l’acquolina in bocca.

Mangiarono insieme dallo stesso piatto vari tipi di pasticcini, commentando a vicenda quali fossero i migliori, e bevvero del tè, facendo una specie di pic-nic sul letto. Infine Terence accese la candelina che si trovava sulla torta, esortandola ad esprimere un desiderio. Candy fece finta di doverci pensare molto, sembrava indecisa su cosa chiedere, mentre il ragazzo che la guardava iniziava a spazientirsi. Ad un certo punto lei gli sorrise e gli dette un leggero bacio accarezzandogli la guancia, poi soffiò.

- Ora sbrigati a cambiarti Lentiggini, ci aspetta una giornata impegnativa. Mi raccomando abbigliamento comodo, i pantaloni andranno benissimo – le suggerì strizzandole l’occhio uscendo dalla camera.

- Vuoi i pantaloni Terence Graham? Beh … li avrai! – pensò tra sé divertita.

Salirono in auto e partirono in tutta fretta verso la segreta destinazione che Terence aveva scelto.

Ogni volta che Candy si trovava seduta in auto accanto a lui avvertiva sempre un profondo imbarazzo. Forse per il fatto che lei poteva osservarlo senza che lui se ne potesse rendere conto, in quanto impegnato a guardare la strada. Si meravigliava nell’ammirare i suoi bei lineamenti, gli occhi attenti al di là del vetro, la linea del collo e delle spalle, le mani strette sul volante. Doveva ammettere che in quei momenti (e non solo!) lo trovava estremamente seducente e a fatica riusciva a contenere le sue emozioni che inevitabilmente finivano per imporporarle le guance.

Durante quei giorni trascorsi insieme, quasi isolati dal resto del mondo, Candy aveva dimenticato che Terence era ormai un attore molto famoso e acclamato dal pubblico. La tournée in Europa era stata un grande successo e lo aveva consacrato come l’interprete migliore della sua generazione. Si sentiva così orgogliosa di lui. Ogni volta che lo aveva visto recitare in teatro aveva provato una tale emozione, quasi come se ci fosse anche lei sul palco insieme a lui, sentiva di condividerne ogni sentimento, come se un filo diretto unisse le loro anime anche sul palcoscenico. Terence le aveva confidato di essere tornato al teatro per lei e Candy per questo desiderava sostenerlo in tutto e per tutto nella sua carriera di attore, anche se fra qualche settimana avrebbe dovuto pensare anche alla sua di carriera. Non aveva infatti abbandonato la decisione di riprendere a studiare e quindi, dopo le nozze (!), avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche. Si sentiva piena di entusiasmo all’idea di studiare medicina, ma adesso temeva di non riuscire ad organizzare tutto. Un marito star di Broadway non sarebbe stato semplice da gestire!

- Terry non mi hai detto nemmeno dove si trova la … nostra nuova casa. Posso saperlo?

- Si trova a Long Island, in una zona molto verde, con vista sul lago.

- Sembra bellissima – disse Candy desiderando essere già lì – Ma non sarà un po’ troppo distante da Broadway?

- Sì è un po’ distante, pensavo infatti che potremmo stare nel mio appartamento al Greenvich Village e magari andare a Long Island per il weekend. Dipenderà anche da quali saranno i tuoi impegni. So che la Scuola di Medicina dell’Università di New York si trova a Manhattan – rispose Terence molto seriamente.

Candy apprezzò molto il fatto che lui tenesse in considerazione le sue esigenze e si sentì sollevata al pensiero che insieme avrebbero sicuramente trovato la soluzione migliore.

Terence a quel punto però proseguì affrontando un argomento che lo preoccupava non poco.

- Probabilmente all’inizio non sarà facile abitare al Village perché lì mi conoscono piuttosto bene, non come qui in Scozia. E’ quasi sicuro che appena si spargerà la voce i giornalisti non ci daranno tregua e ciò che più mi impensierisce è il fatto che molto probabilmente sarai tu l’oggetto del desiderio da parte della stampa.

- Quindi sei geloso perché ti ruberò la scena! – esclamò Candy scherzosamente.

- Sto parlando sul serio Lentiggini. Ci sono giornalisti che non si fermano davanti a niente, faranno di tutto per sapere ogni cosa che ti riguarda, in particolare scaveranno nel tuo passato e potrebbero far uscire sui giornali notizie che la famiglia Ardlay forse non gradirebbe.

Candy lo ascoltava ora con attenzione, iniziando a sentirsi un po’ agitata, ma poi disse risoluta che non aveva assolutamente niente da nascondere.

- Lo so … e comunque ne ho già parlato con Albert a Londra, ci darà di sicuro una mano nel caso ce ne fosse bisogno. Ti ho già detto che verrà a prenderci al porto quando sbarcheremo a New York?

- No … - rispose Candy facendosi subito pensierosa.

- Così non tornerai a Chicago da sola – disse Terence voltandosi un istante a guardarla e accorgendosi della sua faccia cupa.

- Tu … fino a quando dovrai restare a New York? – gli chiese lei titubante.

- Almeno fino al 23, la domenica pomeriggio ho l’ultima conferenza stampa della stagione. Tu pensi di fermarti a Chicago o andare a La Porte?

- Credo che andrò alla Casa di Pony, dopo una breve sosta a Chicago – disse Candy con un filo di voce.

Terence se ne accorse, fermò l’auto e le chiese cosa avesse, ma lei cambiò discorso osservando fuori dal finestrino il meraviglioso panorama che si apriva davanti ai loro occhi.

Un’immensa distesa di sabbia color dell’oro si stendeva al di là di alte e sinuose dune, macchiate di verde. Ma ciò che più colpì Candy furono le incredibili sfumature cromatiche del Mar del Nord che andavano dal verde chiaro al blu più intenso, perdendosi all’orizzonte nel cielo turchese ricamato di eteree nuvole bianche.

- Ma dove siamo? – chiese senza staccare gli occhi da quello spettacolo.

- Rattrey Head, nell’Abendeenshire. Andiamo? – disse Terence prendendola per mano.

Si incamminarono lungo le dune per poi scendere fino alla spiaggia. Anche se c’era il sole faceva piuttosto fresco, ma l’aria era calma e limpida.

- Oddio Terry non so nemmeno io quanto tempo è passato dall’ultima volta che sono stata al mare!

- Possiamo fare il bagno se vuoi.

- Come? Ma … non abbiamo il costume – obiettò Candy.

- Che importa, la spiaggia è deserta, ci siamo solo noi due.

- Stai scherzando vero?

- No! – esclamò Terence sollevandola di peso e incamminandosi verso l’acqua.

La ragazza cercò di dimenarsi, intimandogli di farla scendere immediatamente, ma la stretta di Terry non sembrava voler cedere e lui proseguiva imperterrito il suo percorso, apparentemente deciso a fare un bel bagno. A un certo punto prese la rincorsa puntando dritto verso il mare, ma quando arrivò sull’orlo del bagnasciuga Candy lanciò un urlo e lui si fermò, scoppiando a ridere.

- Lentiggini un altro urlo come questo e arriverà Scotland Yard per arrestarmi!

- Farebbero proprio bene a rinchiuderti e gettare via la chiave! – sentenziò Candy tentando ancora di scendere dalle braccia di Terence.

- E tu verresti a trovarmi?

- No!

Terence si decise a metterla a terra, ma trattenendola ancora in un abbraccio, le disse che non avrebbero mai potuto fare il bagno perché l’acqua del mare era ancora troppo fredda in quella stagione.

- Sei un imbroglione Terry, credevo davvero tu volessi gettarmi in acqua!

Il ragazzo continuava a ridere divertito e Candy, benché fosse indispettita dalle sue continue prese in giro, non poteva far altro che osservare quanto spesso l’avesse visto sorridere negli ultimi giorni trascorsi insieme. L’espressione di Terry era così serena e piena di entusiasmo, come ai tempi delle loro scorribande alla St. Paul School, quando proprio come ora lui la faceva arrabbiare e finivano per rincorrersi in mezzo al bosco. Anche Candy si sentiva leggera e felice, le sembrava che tutto il mondo fosse ai loro piedi, che avrebbero potuto fare qualsiasi cosa, anche se a loro bastava stare insieme.

- Anche se non possiamo fare il bagno, possiamo fare un’altra cosa. Lo vedi quel faro laggiù? Ora che c’è la bassa marea è possibile arrivarci semplicemente camminando su quella strada che al momento esce dall’acqua.

- Allora andiamo, non ho mai visto un faro da vicino – disse Candy eccitata.

Percorsero un tratto di strada praticamente in mezzo al mare, leggermente rialzata in modo da essere all’asciutto e, giunti sotto il faro, si arrampicarono lungo una scaletta che li portò nel camminamento circolare alla base della torre dove era custodita la lanterna. Salirono ancora più in alto fino a raggiungere proprio la grande lampada che garantiva con i suoi segnali luminosi la sicurezza della navigazione.

Candy si era appoggiata alla balaustra di ferro che circondava la costruzione e ammirava il mare aperto.

- Sembra di essere in un altro mondo, sospesi tra cielo e acqua. Vorrei poter gettare via tutti i brutti ricordi che abbiamo, vederli sprofondare in questo mare, trascinati via dalla corrente, disperdersi nell’acqua come cenere. Grazie per questo regalo Terry, è davvero bellissimo questo posto!

Terence che era rimasto un passo dietro di lei si avvicinò e Candy senti stringersi alla vita e il petto di lui aderire alla sua schiena. Provò un’intensa emozione, dolorosa all’inizio, ma quando lui cominciò a parlare, con la sua voce vellutata, avvertì un’onda calda avvolgerle tutto il corpo, come quando infreddoliti ci si immerge in una vasca d’acqua bollente e pian piano i sensi recuperano la loro vitalità.

- Per salire su questo faro senza essere travolti dall’acqua gelida è necessario attendere la bassa marea. Anch’io ho dovuto aspettare molto tempo per raggiungere di nuovo il mio faro. A volte per la nebbia facevo fatica a vederlo e ho rischiato di perdere l’orientamento. A volte ho temuto si fosse spento per sempre e che non avrei più potuto rivedere quella luce splendente che illuminava il mio cammino e il mio cuore. Ma nelle profondità più remote della mia anima, che spesso tenevo nascoste anche a me stesso perché persino il solo sperare significava soffrire, sentivo che quel faro era sempre lì, magari spento oppure battuto dal vento e sferzato dal mare in tempesta, ma era lì e io lo avrei ritrovato prima o poi. Nonostante non vedessi ancora la strada per raggiungerlo, ho deciso di fare il primo passo, ma mi sono ritrovato in mezzo ad onde agitate che sembravano volermi portare sempre più lontano. Per fortuna ad un certo punto l’ho vista, una piccola luce all’orizzonte che sembrava avvicinarsi, un segnale debole ma comunque sufficiente a farmi muovere un altro passo e un altro ancora fino a quando l’ho trovata di nuovo, quella luce abbagliante che solo il tuo amore Candy può generare.

Terence aveva pronunciato ogni parola con estrema dolcezza, lentamente, con la bocca vicino all’orecchio di Candy che aveva chiuso gli occhi e, rannicchiata tra le sue braccia, sentiva il cuore scoppiarle nel petto per il troppo amore che nutriva per lui.

- Ti amo da morire Lentiggini … tu sei il mio faro … - le sussurrò infine.

Candy aprì gli occhi e si voltò.

- Facciamo in modo che non si spenga più, me lo prometti? – gli chiese al limite delle lacrime.

- Te lo giuro! – disse Terence e la baciò per suggellare quel giuramento.

 

“Amore non è amore se muta quando trova un mutamento nell’altro

O se è pronto a recedere quando l’altro s’allontana.

Oh no, esso è un faro sempre fisso che domina le tempeste

senza mai esserne scosso;

esso d’ogni barchetta errante è la stella

il cui valore non si conosce

sebbene se ne possa misurare l’altezza.”[10]

 


Capitolo trenta

In mezzo all’oceano




Liverpool, 8 maggio 1920

Terence e Candy si imbarcarono sul transatlantico che li avrebbe riportati in America la mattina presto. Dopo aver salutato a malincuore il castello che una volta era la residenza estiva dei Granchester, si erano recati al porto di Liverpool, affollato di gente in partenza, e una volta fatti registrare i loro documenti erano saliti a bordo.

Candy era rimasta letteralmente senza parole nel momento in cui aveva riconosciuto il Mauretania, la nave dove era iniziato tutto, dove aveva visto Terry per la prima volta. Tale fu l’emozione che si sentiva tremare le gambe mentre percorreva la scaletta che conduceva sul primo ponte.

- Terence tu lo sapevi vero?

- Sì! Come vedi anche il Mauretania ha resistito, ha passato un brutto periodo durante la guerra, è stato impiegato come nave militare, ma ora è tornato finalmente a solcare l’oceano.

Avrebbero impiegato circa sei giorni prima di scorgere la costa statunitense, anche se Candy pensava che non sarebbe mai voluta scendere.

- Lentiggini mi dispiace per te ma questa volta non avrai scampo, le nostre cabine sono molto vicine! – esclamò Terence soddisfatto mentre percorrevano il corridoio verso gli alloggi.

- E dimmi … chi l’ha deciso? – chiese Candy soffermandosi con le mani sui fianchi.

- Oh è stato un puro caso, erano le uniche rimaste – rispose il ragazzo con un sorriso furbetto stampato sul viso.

Candy scosse la testa guardandolo storto, con un’espressione decisamente incredula. Decisero di riposarsi un po’ prima di riunirsi per il pranzo che avrebbero consumato molto probabilmente con il resto della compagnia Stratford che doveva trovarsi già a bordo. La ragazza non poté fare a meno di avvertire una piccola fitta di dispiacere rendendosi conto che non sarebbero stati più da soli. Avrebbe dovuto condividere Terry con i colleghi, tra cui quella odiosa Elizabeth Gordon.

Terence fece il suo ingresso nella sala ristorante senza di lei perché Candy non era ancora pronta e gli aveva suggerito di anticiparla non volendo imporre la sua presenza quando lui si fosse riunito al resto della compagnia. La preoccupava in particolare l’atteggiamento che Mr. Hathaway aveva avuto con lei durante il loro ballo al ricevimento tenutosi a Londra dopo l’ultimo spettacolo. Si ricordava di come lui le fosse sembrato piuttosto titubante nei riguardi della sua relazione con il primo attore, temendo ripercussioni negative sul suo lavoro. Candy era determinata a dimostrargli che non aveva alcuna intenzione di interferire nel lavoro di Terence e che la sua presenza non gli avrebbe creato problemi.

Robert andò per primo incontro al suo pupillo appena lo vide, salutandolo calorosamente, accertandosi che stesse bene e avesse trascorso una rilassante vacanza. Terence lo tranquillizzò aggiungendo che non vedeva l’ora di riprendere il lavoro. In parte era vero, Terence amava profondamente studiare e recitare, era la sua vita, non avrebbe potuto farne a meno e quando c’era un periodo di pausa finiva sempre per sentirsi inquieto. Ma ora c’era qualcosa di diverso che non poteva e non voleva ignorare. La presenza di Candy accanto a lui aveva dato un altro equilibrio alla sua esistenza, il che non significava affatto mettere da parte il teatro, al contrario ora Terence era più consapevole di cosa significasse per lui e si sentiva padrone della situazione, sicuro delle sue capacità. Certo il grande successo ottenuto durante l’ultimo anno dal suo Amleto aveva non poco contribuito a renderlo cosciente di quanto fosse apprezzato come attore e di come tutto questo lo rendesse felice, ma solo ora ogni cosa trovava il suo posto perché il suo cuore agitato navigava adesso in acque tranquille.

- Terence finalmente, come stai? Mi sembri in splendida forma! E non me sono accorta solo io – lo salutò Karen Kleis strizzandogli l’occhio.

Quando l’attore era entrato nella sala ristorante infatti, aveva da subito attirato l’attenzione dei viaggiatori presenti, in particolare delle signore da cui si era alzato un parlottare eccitato dalla vista di quel giovane, ormai affermata stella del teatro shakespeariano. In effetti Terence Graham appariva quella mattina decisamente di una bellezza sfolgorante: indossava un paio di pantaloni bianchi e una leggera camicia blu notte che faceva risaltare i suoi occhi, senza giacca né cravatta in barba all’etichetta. La sua figura emanava poi un fascino del tutto naturale anche solo camminando, gesticolando con le mani e con la sua particolare mimica facciale che spesso diceva molto più della parole.

- Grazie Karen, anch’io ti trovo bene! – rispose Terence alla collega che lo aveva avvicinato.

- Com’è andata la tua vacanza? Anche se non c’è bisogno che mi rispondi, basta guardarti!

- Direi bene … - ammise l’attore con un sorriso splendente che tradiva il suo assoluto stato di grazia.

- E la tua fidanzata non torna con te in America? – insinuò Elizabeth Gordon che si era appena avvicinata al gruppo di attori.

- Ciao Elizabeth … sta arrivando, non preoccuparti – le rispose Terence illuminandosi in viso appena vide Candy fare il suo ingresso nella sala.

Subito le andò incontro, prendendole la mano e portandosela alle labbra per un leggero bacio, Candy lo ricambiò con uno sguardo dolcissimo anche se si sentiva un po’ agitata nel dover affrontare i colleghi di Terence ora che la loro relazione era diventata pubblica. Ma tutto andò nel migliore dei modi. Elizabeth si tenne alla larga dai due fidanzati, almeno per il momento, e Candy poté conversare amabilmente con Karen Kleis che, con la sua irrefrenabile parlantina, la riempiva di domande riguardo alla vacanza appena trascorsa. Le chiese dove erano stati, e soprattutto volle sapere se quel ragazzaccio di Granchester si era comportato bene con lei. Candy fu felice di confermare che nonostante qualche bravata delle sue, Terence era stato adorabile. Poi dato che moriva dalla curiosità di saperlo chiese all’attrice come mai continuasse a chiamarlo “Granchester” visto che lui non usava più quel cognome. Karen rispose scherzosamente che era la giusta punizione per uno che non faceva altro che affibbiare soprannomi a tutti, persino a lei!

- Vuoi che dica a Candy come ti chiamo? – la provocò Terence.

- Non ti azzardare Granchester! – lo fulminò Karen.

Le loro schermaglie vennero interrotte da Robert il quale comunicò alla compagnia la necessità di riunirsi nel pomeriggio per fare il punto della situazione in vista del rientro in America. Terence guardò Candy afflitto, sapeva che le riunioni di Robert potevano durare ore e inoltre c’era sempre qualcosa di cui voleva discutere esclusivamente con il primo attore, per cui sarebbe stato impegnato sicuramente fino all’ora di cena. Candy lo tranquillizzò dicendo che si sarebbe riposata volentieri, non doveva preoccuparsi.

Così mentre il fidanzato si ritirava in una saletta privata insieme alla compagnia, Candy, prima di tornare nella sua cabina, gironzolò un po’ per la nave tentando di riconoscere quei luoghi che quasi otto anni prima l’avevano vista attraversare l’oceano per la prima volta. Dopo essersi persa più di una volta tra i corridoi e le scalette si ritrovò nel salone delle feste, dove in quel lontano 31 dicembre 1912 si stava svolgendo il veglione dell’ultimo giorno dell’anno. Rivide la sala piena di gente elegante, il capitano della nave che adesso non c’era più, si ricordò sorridendo che per il troppo champagne bevuto le era venuto il singhiozzo! Proprio in quel momento aveva deciso di uscire sul ponte per prendere un po’ d’aria e lì l’aveva visto per la prima volta, in mezzo alla nebbia, appoggiato al parapetto. Inizialmente l’aveva scambiato per Anthony. Era passato così poco tempo dalla sua morte e lei si ricordava bene come si sentisse ancora profondamente addolorata, non riusciva a farsene una ragione, le sarebbero stati necessari ancora molti mesi prima di poter di nuovo guardare alla vita con fiducia. Sarebbe dovuto arrivare Terence a farle capire che finché si è vivi c’è sempre la speranza di poter essere felici, come diceva sempre Miss Pony. E infatti Candy adesso lo era, adesso conosceva il significato più profondo della parola felicità.

Decise di non proseguire oltre la sua esplorazione. Pensò che sul ponte dove si erano incontrati sarebbe andata insieme a lui, se avesse voluto, non da sola. Così tornò in cabina e, sdraiatisi sul letto, cullata dalla certezza che al suo risveglio lo avrebbe rivisto, si addormentò.

Come previsto da Terence, Robert gli chiese di poter parlare da soli, una volta terminata la riunione. Così gli altri attori e attrici se ne andarono mentre lui rimase in attesa di ciò che il suo maestro voleva dirgli.

- Mi dispiace sottrarti ancora alla tua deliziosa fidanzata, ma vorrei chiarire alcune cose con te – esordì Robert e Terence capì dal tono aspro della sua voce che c’era qualcosa che non andava, ma finse di non aver colto quella sfumatura e gli disse che era lì per ascoltarlo, mostrando la massima tranquillità e disponibilità.

- Come ho già detto anche agli altri, l’unico impegno a cui tengo partecipiate tutti sarà la conferenza stampa che chiuderà la tournée. Poi avrete un po’ di riposo, ma prima della fine di giugno voglio che tu sia già disponibile per iniziare le prove.

- Scusami Robert, poco fa hai detto che ci saremmo ritrovati a luglio? – chiese Terence sospettando di ricevere in questo caso un trattamento “speciale”.

- Lo so, ma dal momento che ho intenzione di affidare la parte di Giulietta ad Elizabeth, vorrei che voi due iniziaste a provare prima degli altri. Per lei sarà il primo ruolo da protagonista e credo che il tuo supporto le sarebbe di grande aiuto.

Terence abbassò lo sguardo poi disse – D’accordo, c’è altro? – tradendo un certo nervosismo.

- Vedo che la cosa non ti fa piacere, avevi per caso altri programmi?

- Ho detto che va bene Robert, nessun problema – rispose deciso Terence il quale aveva intuito che Robert lo stesse mettendo diciamo alla prova. Era sicuro che guardasse con sospetto il suo rapporto con Candy, anche se non riusciva a coglierne appieno il motivo. Era in quel momento indeciso se parlare apertamente con il suo maestro, ma lui lo precedette.

- Ascolta Terence, voglio essere del tutto sincero con te. Io non ho niente contro Miss Ardlay anche se tu forse ora pensi il contrario, l’unica cosa che temo è vederti sprofondare di nuovo nel baratro come è successo anni fa. Non era forse lei la ragazza che ti ha lasciato e per cui sei finito disperato in un teatro di quart’ordine e per giunta ubriaco dalla mattina alla sera?

- Ti ringrazio di avermi ricordato quanto ero caduto in basso – disse Terence fulminandolo con uno sguardo – ma le cose non sono andate come credi tu. Anch’io voglio essere estremamente sincero con te Robert, in nome della stima e della gratitudine che nutro nei tuoi confronti, per tutto quello che hai fatto per me. Se mi sforzo, posso anche arrivare a comprendere quali possano essere i tuoi timori, ma voglio che sia ben chiara una cosa: questa volta non permetterò a niente e nessuno di mettersi fra Candy e me, neanche a te! E’ vero, avevamo fatto dei programmi per il mese di giugno, ma possiamo cambiarli, sono sicuro che la mia fidanzata capirà. Non ho alcuna intenzione di trascurare il mio lavoro e tu sai bene che non potrei mai farlo perché so che senza il teatro non vivo, ma non voglio che Candy venga messa in mezzo. Se ritieni assolutamente necessario che io sia presente in teatro prima degli altri, ebbene lo farò, ma se questo dovesse dipendere dal fatto che tu non hai più fiducia in me a causa della presenza di Candy, allora Robert il nostro rapporto di lavoro finisce qui!

Terence aveva parlato con estrema determinazione e fermezza e le ultime parole avevano lasciato Hathaway di stucco. Quella ragazza era davvero così importante per lui? Non lo aveva mai sentito parlare in quel modo, nemmeno di Susanna. Tentò di ritrovare la calma, non poteva certo permettersi di perdere la stella di Broadway in quel modo!

- Non credo sia necessario arrivare a tanto. Potrei sapere quali sono i vostri programmi per giugno? – chiese Hathaway esitante, avendo intuito di cosa poteva trattarsi.

- Il nostro matrimonio! – tagliò corto Terence.

- Immaginavo … allora diciamo che anche tu puoi rientrare a lavoro non prima di luglio. Penserò io ad aiutare Elizabeth, se sarà necessario.

Terence non fu stupito da quel repentino cambiamento, anzi proprio in quell’istante riconobbe il Robert che lo aveva sempre supportato e guidato.

- Robert non ti avrei mai parlato in questo modo se non fossi stato sicuro che avresti capito – disse Terence guardandolo dritto negli occhi e addolcendo il tono della sua voce.

Robert annuì.

- Faccio a te e a Candy le mie più sincere felicitazioni – disse porgendo la mano al suo pupillo il quale la strinse con affetto, prima di uscire dalla stanza.

Tornato in cabina Terence si sentì estremamente stanco. Quella discussione con Hathaway, seguita a quasi due ore di riunione con la compagnia, lo aveva parecchio innervosito, anche se alla fine gli era sembrato che Robert avesse capito quanto Candy fosse importante per lui. Candy … gli sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che l’aveva baciata. Improvvisamente tutto la stanchezza ed il nervosismo svanirono, si sbrigò a cambiarsi per la cena e andò a bussare alla sua porta. Lei venne immediatamente ad aprire come se già sapesse che dietro c’era lui.

- Terry … - mormorò con il più bello dei sorrisi.

- Posso entrare? – chiese lui che non capiva perché si sentisse così emozionato nel rivederla.

Lei lo fece passare e chiuse la porta, poi si voltò e Terence si rese conto di quanto fosse incredibilmente bella quella sera. Indossava un abito in seta azzurro chiaro, ripreso su un fianco con una spilla di cristalli, con uno scollo piuttosto casto sul davanti ma che lasciava la schiena quasi del tutto scoperta. La sua folta chioma di riccioli biondi era tenuta a bada da un cerchietto anch’esso di cristalli che facevano a gara con lo splendore dei suoi occhi.

Candy notò lo sguardo ammirato di Terence e con un sorrisetto compiaciuto gli confessò che c’era lo zampino di Eleanor in tutto ciò.

- Tua madre mi ha regalato più di un abito per la sera del ricevimento a Londra.

- Ho l’impressione che mia madre ti abbia fatto più regali di me! Se sei pronta, andiamo – le disse Terence porgendole il braccio e rimandando a malincuore a dopo tutti i baci che voleva darle, non volendo rovinare quell’opera d’arte. Anche se, mentre si trovavano sull’ascensore che li conduceva al piano superiore, non resistette più e, avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò

- Comunque … sei bellissima! – chiudendo il complimento con un bacio leggero sul collo che la fece rabbrividire, mentre l’inserviente che li accompagnava si lasciava sfuggire un incauto sorriso.

Una volta arrivati al piano, Candy notò che non si stavano dirigendo verso la sala del ristorante. Terence infatti aveva richiesto la possibilità di cenare con la sua fidanzata in un luogo più discreto ed era stato accontentato.

- Ma siamo solo noi? – chiese Candy quando si ritrovò in una stanza molto romantica, con vista sul mare, illuminata solo da piccole lampade art déco e candele al centro del tavolo apparecchiato per due.

- Ti dispiace? – le chiese Terence fissandola con uno dei suoi sguardi più dolci.

- No – rispose lei sorridendo imbarazzata.

Seduti l’uno di fronte all’altra, riuscirono nell’ardua impresa di cenare senza quasi mai lasciarsi la mano e lanciandosi sguardi particolarmente intensi ogni volta che si presentava una pausa nella conversazione. Terence aveva inoltre chiesto di poter avere della musica per cui appena intravide in un angolo un grammofono, una volta terminata la cena, chiese a Candy di ballare. Una melodia dolce e piena di passione li accompagnò nella loro danza, che sembrava piuttosto un abbraccio in movimento tanto i due ragazzi si tenevano stretti. Ballarono senza dirsi una parola, cullati dalla musica e dal battere dei loro cuori.

- Gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto – disse Candy un po’ preoccupata.

- Secondo me se lo immaginano! – esclamò Terence con un’espressione maliziosa ed eloquente.

Candy protestò, ma subito dopo notò che lui si era fatto serio.

- Volevo dirti una cosa Candy. Nessuno di loro, tranne Karen, sa che eri con me in Scozia. Mi rendo conto che averti chiesto di trascorrere una vacanza insieme, da soli, sarebbe potuto risultare piuttosto compromettente e se la tua famiglia lo avesse saputo non credo ne sarebbe stata felice. Forse nemmeno Albert approverebbe – concluse Terence con aria timorosa, pensando che il suo amico avrebbe potuto dimenticare improvvisamente le maniere più civili di fronte ad una notizia del genere.

- Non credo che Albert avrebbe difficoltà ad accettarlo, mi ha sempre appoggiato in tutto e conosce molto bene la nostra storia, sul resto della famiglia Ardlay invece credo proprio che tu abbia ragione … ma noi non glielo diremo! – scherzò Candy facendogli l’occhiolino.

- Comunque ormai avranno quantomeno ricevuto la notizia del nostro fidanzamento, Albert dovrebbe essere già a Chicago. Inoltre credo che qualcosa possa essere apparso anche sulla stampa americana. Prima che iniziasse la riunione di oggi pomeriggio, Karen mi ha mostrato un giornale inglese dove sulla copertina spiccava una bella foto di Terence Graham e della sua nuova fiamma!

- Oh Terence, io non sono la tua nuova fiamma! – lo rimproverò Candy mentre lui esplodeva in una della sue classiche risate – E smettila di ridere … potrei vederlo anch’io questo giornale?

- Se verrai nella mia cabina dopo potrai vederlo … ma ora … vogliamo andare sul “nostro ponte”?

Candy restò un attimo in silenzio poi …

- Non osavo chiedertelo – mormorò.

- E perché mai?

- Anche se quella notte l’hai negato con tutte le tue forze, in realtà eri molto triste e, da quando ne conosco il motivo, credo che tu non abbia dei bei ricordi legati al nostro primo incontro.

- Stai scherzando Lentiggini! Quella notte io ero sull’orlo del baratro lo ammetto, pensavo che della mia vita non importasse niente a nessuno, poi sei arrivata tu e mi hai salvato.

- Io? Ma se mi hai preso in giro tutto il tempo!

- Non era facile per me accettare che una ragazzina piena di lentiggini, spuntata fuori dalla nebbia, con un solo sguardo si fosse impossessata della mia anima. Tu non ci crederai ma penso di essermi innamorato subito di te, quella sera stessa.

- Avevi uno strano modo di dimostrarlo – gli disse sorridendo mentre si incamminavano abbracciati verso l’esterno.

Il Mauretania aveva subito diversi cambiamenti da quel lontano dicembre 1912. Durante il periodo bellico era stato utilizzato prima come incrociatore ausiliario, successivamente per il trasporto delle truppe e fino al 1916 era stato trasformato in nave ospedale. Tornò al servizio civile solo nel 1919. Per questo non fu semplice per i due ragazzi riconoscere sul “loro ponte” il punto esatto in cui si erano visti per la prima volta.

- In realtà sono stata io a notarti, tu non ti eri proprio accorto di me, eri così preso dai tuoi pensieri.

- Quando ti ho vista in mezzo alla nebbia mi è preso un colpo … te ne stavi lì in silenzio a fissarmi, sembravi un fantasma!

- Che buffone che sei … non è vero! Stavo per andarmene e tu mi hai chiesto di non farlo – protestò Candy.

- Per fortuna sei rimasta … – mormorò Terence stringendola tra le braccia.

Il ponte era deserto, ma dalla sala ristorante alle loro spalle giungeva il brusio dei commensali e le note ritmate di una musica jazz.

- Se ripenso a quella sera ti confesso che non avrei mai immaginato che dopo anni sarei stata di nuovo su questo ponte, con te, tra le tue braccia e con il tuo anello al dito.

- Io invece capii subito che saresti stata mia prima o poi!

- Il solito presuntuoso … se non conoscevi nemmeno il mio nome! Se non fossi venuta nella tua stessa scuola magari non ci saremmo rivisti mai più.

- Ma quando siamo arrivati a Londra ti ho vista al porto salutare i tuoi cugini. Io li conoscevo già ed ero sicuro che saresti venuta alla St. Paul School. Dovevo solo aspettare il momento giusto per conquistarti definitivamente! – continuò Terence con la sua aria strafottente che faceva imbestialire Candy tanto da farle dire cose che non pensava minimamente, pur di non dargliela vinta.

- E quale sarebbe stato questo momento giusto, perché io proprio non me lo ricordo! – gli chiese sfidandolo.

- Ammetto che tu non sia stata un conquista semplice Lentiggini, d’altra parte a scuola non ci era concesso molto tempo per “provarci” con le ragazze, ma diciamo che sono riuscito a sfruttare al meglio le occasioni che mi si sono presentate e pian piano sei caduta nella mia trappola – le disse stringendola di più e mordendole leggermente l’orecchio sinistro.

Candy si divincolò, tornando alla sua domanda.

- Non mi hai risposto: voglio sapere qual è stato il momento in cui sei stato sicuro di avermi “conquistata” – insisté con le braccia incrociate sul petto.

- Posso dirti solamente che ho iniziato a nutrire delle speranze di essere corrisposto … quel pomeriggio che abbiamo passato davanti al camino in Scozia, mentre fuori pioveva. Ho sentito che c’era qualcosa di diverso tra noi, lo avvertivo chiaramente da entrambe le parti e se non fosse arrivata Eliza … probabilmente avrei rischiato di prendere un altro schiaffo.

Candy restò un attimo in silenzio poi gli confessò che forse quella volta non lo avrebbe schiaffeggiato.

Restarono ancora per un po’ sul ponte, abbracciati, lasciandosi cullare dal fragore delle onde. Il cielo era pieno di stelle e una leggera brezza profumata di sale accarezzava i loro volti. Candy iniziava pian piano ad avvertire dentro di sé una dolce sensazione di pace e di fiducia verso il futuro che l’aspettava. Un futuro che era ormai certa di voler condividere solo con l’uomo che in quel momento era lì stretto a lei, che anche solo con uno sguardo era sempre riuscito a farla tremare. Quell’uomo a volte impossibile e insopportabile che la faceva arrabbiare con le sue prese in giro e i suoi soprannomi, ma che con un solo sorriso faceva scomparire ogni nuvola dal suo cielo e faceva sorgere il sole. Candy aveva riconosciuto subito la sua anima generosa e pura, non sapeva nemmeno lei come avesse fatto perché all’inizio della loro conoscenza lui mostrava di essere tutto il contrario: arrogante, presuntuoso, irrispettoso e maleducato, a volte persino violento. Cosa l’aveva spinta ad andare oltre a tutto questo e a riconoscere dietro questa corazza un ragazzo buono, dolce, sensibile, coraggioso, di raffinata intelligenza e capace di grandi passioni? Forse … l’amore? Possibile che fin da subito, senza rendersene conto, lui le avesse rapito il cuore? Considerando per quanto tempo questo sentimento aveva resistito, senza mai diminuire, anzi, continuando a diventare sempre più intenso, senza essere cancellato dalle difficoltà e dalla lontananza, bensì da queste traendo sempre più forza, Candy comprese che il loro legame era davvero un’unione di anime che si conoscevano da chissà quanto tempo e che finalmente si erano ritrovate. Per loro non c’era altra possibilità di vita se non quella di stare insieme e di amarsi.

Iniziava a fare un po’ freddo lì fuori, soprattutto per Candy e, nonostante Terence le avesse coperto le spalle nude con la sua giacca, decisero di rientrare verso le cabine. Terence le mostrò il giornale che li ritraeva insieme mentre uscivano dalla Rolls-Royce e facevano il loro ingresso al ricevimento in Spencer House. Candy rimase per un attimo ad osservare la foto, corredata da una didascalia dove si faceva anche il suo nome. Lesse poi il titolo dell’articolo:


UNA NUOVA FIAMMA PER TERENCE GRAHAM!

L’attore interprete dell’Amleto più sensazionale degli ultimi anni

ritrova l’amore e il sorriso accanto alla giovanissima ereditiera americana Candice W. Ardlay.

 

L’articolo poi si dilungava sui particolari del loro fidanzamento, ipotizzando quando dove e come si fossero conosciuti, ovvero durante la permanenza alla Royal St. Paul School di Londra, quando erano ancora due ragazzini. Ma ci si chiedeva anche che fine avessero fatto i due innamorati dopo la loro prima uscita pubblica, dal momento che da quella sera se ne erano perse le tracce e Graham addirittura non era stato presente all’ultima conferenza stampa tenutasi nella capitale britannica. In quell’occasione il regista della Stratford si era rifiutato categoricamente di commentare la vita privata del suo pupillo dicendo solamente che sarebbero presto rientrati a Broadway per preparare il nuovo spettacolo con cui avrebbero portato sulle scene il dramma shakespeariano di Romeo e Giulietta, segnando il grande ritorno di Graham al suo primo ruolo da protagonista. L’attore che era apparso profondamente addolorato per la prematura scomparsa, dopo una lunga malattia, della fidanzata Susanna Marlowe, anch’essa giovane promessa del teatro americano, sembrava finalmente aver ritrovato il sorriso. Così si chiudeva l’articolo.

Candy lo aveva letto con attenzione, in silenzio, mentre Terence la osservava per coglierne ogni espressione, temendo che quel riferimento a Susanna potesse in qualche modo turbarla. Così quando si accorse che aveva terminato di leggere cercò di stemperare la tensione dicendo:

- Come vedi Lentiggini nemmeno la stampa britannica è riuscita a scovarci in Scozia!

- Già – fu la sola risposta di Candy, continuando a fissare il giornale che teneva tra le mani leggermente tremanti.

Ci fu qualche attimo di silenzio, poi Terence le si avvicinò e le tolse dolcemente il giornale dalle mani portandosele al petto. Candy cercò di raccogliere i pensieri e senza guardarlo gli chiese se ogni volta avrebbero scritto anche di lei. Terence le rispose che quello era niente in confronto a ciò che un certo tipo di stampa avrebbe potuto scrivere, purtroppo doveva imparare a lasciar correre le notizie e i pettegolezzi riportati sui giornali. Quello era un aspetto del suo lavoro che anche Terence mal sopportava ma doveva metterlo in conto, anche se cercava in ogni modo di non dare adito a simili speculazioni sulla sua vita privata.

- Posso suonarti qualcosa? – le chiese dopo aver preso in mano la sua armonica.

Candy annuì e una dolce melodia scaturì dal tocco delle labbra di Terence sul metallo. La ragazza si era appoggiata vicino ad un oblò da dove poteva ammirare il bagliore della luna specchiarsi nelle onde scure dell’oceano, le sembrava che quella musica le accarezzasse la pelle e avvertì un lungo brivido percorrerle la schiena nuda. Quando la musica tacque Candy sentì Terence, che fino a quel momento era stato immobile poco lontano da lei, farsi più vicino alle sue spalle, tanto da percepirne il respiro nel silenzio della stanza. Si voltò e gli disse con un filo di voce

- Questa musica è bellissima…

Erano in piedi l’uno davanti all’altra, la distanza tra loro era minima ma non si stavano toccando. Terence la fissava con uno sguardo intenso quanto tenero che faceva aumentare i battiti del suo cuore senza che lei potesse minimamente opporsi. Candy si sentiva preda di un vortice travolgente, la cui origine risiedeva negli occhi blu profondo di Terry, in cui lei si perdeva scivolando dentro un’onda di calore avvolgente. E così, come quando durante un esperimento, man mano che vengono aggiunti i vari componenti, ad un certo punto si avvia una reazione chimica inarrestabile, Terence capì che se in quel preciso istante avesse provato anche solo a sfiorarla, non ci sarebbe stato più modo di tornare indietro.

- Ti accompagno fino alla tua stanza – trovò la forza di dire.

Le sue parole fecero riscuotere Candy come se si fosse risvegliata da un bellissimo sogno. Davanti la porta della sua cabina Terence le baciò la mano augurandole la buonanotte, prima che lei scomparisse all’interno. Dopo pochi minuti risuonò nell’aria la melodia di un’armonica e Candy si addormentò cullata da quelle dolci note.

Nei giorni successivi i due fidanzati continuarono a fare una vita piuttosto riservata, anche perché si era ormai diffusa la notizia della presenza a bordo del famoso attore e Terence non aveva la minima intenzione di sottostare all’assalto delle ammiratrici. Non poté tuttavia sottrarsi dal partecipare ad una serata in onore della compagnia Stratford, essendo stato invitato dal capitano in persona.

La festa era decisamente quanto di più elegante e sfarzoso si potesse immaginare. A cominciare dagli invitati, signori e signore che indossavano abiti all’ultima moda, dall’argenteria profusa in gran quantità, dalle porcellane e dai cristalli, dalla prelibatezza delle portate servite fino ad arrivare all’incredibile orchestra che fece ballare tutti i presenti, ogni cosa trasudava ricchezza ed opulenza. Candy e Terence sempre più uniti in un complice silenzio, si lanciavano sguardi divertiti e a volte alquanto esasperati. Soprattutto Terence che, come risaputo, tollerava appena certe situazioni, iniziò dopo poco terminata la cena a dare segni di insofferenza, lanciando alla fidanzata sguardi espliciti per invitarla alla fuga. Erano seduti ad un tavolo rotondo, quasi l’uno di fronte all’altra, insieme ad alcuni colleghi e colleghe di Terence, tra cui Karen Kleis ed Elizabeth Gordon. Ad un tratto si avvicinò loro Mr. Hathaway, alzatosi da un tavolo vicino, per chiedere al primo attore di concedergli di ballare con la sua fidanzata.

- Chiedilo direttamente a Miss Ardlay, è lei che decide – rispose Terence sorridendo a Candy dall’altra parte del tavolo.

Così Robert si diresse verso Candy la quale accettò di buon grado il suo gentile invito, incrociando mentre si alzava gli occhi del fidanzato che scherzosamente la guardavano storto.

- Come siamo diventati liberali Granchester! – lo punzecchiò Karen.

- Se voglio che lei abbia fiducia me, devo averne anch’io in lei, non ti pare?

- Intendi dire che Candy non ha fiducia in te? – continuò l’attrice facendosi seria.

Terence cercò di spiegarle, senza scendere nei particolari, che il dolore che avevano dovuto sopportare negli anni della loro separazione, ogni tanto si ripresentava e rischiava di minare la loro ritrovata serenità. In ogni caso era sicuro che una volta sposati, vivendo quotidianamente sotto lo stesso tetto, avrebbero costruito pian piano la loro nuova vita e il passato sarebbe stato spazzato via definitivamente.

- Quindi le hai chiesto di sposarti? – chiese Karen illuminandosi in volto – Ma qui ci vuole subito un bel brindisi!

- Quale sarebbe il motivo di questo brindisi? – intervenne Elizabeth Gordon che, appena la sedia accanto a Terence si era liberata, non aveva perso tempo ed era andata subito a sedersi accanto a lui.

- Al nostro successo! – rispose velocemente Terence evitando che Karen ne rivelasse il vero motivo ad Elizabeth.

- Potremo festeggiare anche con un ballo, che ne dici Graham? Dal momento che la tua fidanzata ti ha finalmente lasciato un attimo di respiro … - lo invitò lei posandogli una mano sul braccio che Terence teneva piegato sullo schienale della sedia.

Karen gli lanciò un’occhiata suggerendogli di accontentarla, altrimenti non se la sarebbe più tolta di torno.

Nel frattempo Robert aveva colto l’occasione del ballo per parlare con Candy, congratulandosi per le imminenti nozze e cercando in qualche modo di scusarsi per le parole che le aveva rivolto la prima volta che avevano danzato insieme.

- Non volevo assolutamente mettere in dubbio la forza del vostro sentimento e se dovessi averla ferita per un qualsiasi motivo le chiedo umilmente scusa Candice.

- Non si preoccupi Robert, comprendo perfettamente i suoi timori … deve aver visto Terry soffrire molto. Ma io credo invece di doverla ringraziare per tutto quello che ha fatto per lui, la considera come un padre lo sa?

- Ho avuto qualche giorno fa un colloquio con Terence e lui mi ha fatto capire perfettamente che cosa lei significhi per lui. Spero veramente che abbia trovato la pace e l’amore che merita! – concluse Hathaway quasi commosso.

Candy gli sorrise e lo guardò con infinita dolcezza e gratitudine, ma un attimo dopo la sua attenzione venne catturata proprio dall’immagine del fidanzato che, davanti all’orchestra, stava ballando con … Elizabeth Gordon! Robert si rese conto immediatamente del turbamento della sua interlocutrice e con fare rassicurante le disse di stare assolutamente tranquilla perché Terence non aveva occhi che per lei. Candy lo sapeva ma non poteva ancora una volta fare a meno di avvertire una piccola fitta al petto vedendolo stringere (non troppo a dir la verità!) quella ragazza che sembrava letteralmente pendere dalle sue labbra e gli sorrideva con fare ammiccante.

Al ballo successivo fortunatamente ci fu un cambio di cavalieri e Terence fu ben felice di trovarsi finalmente tra le braccia la sua bionda preferita. Notò tuttavia che Candy teneva gli occhi bassi.

- Hai paura di pestarmi i piedi? – le chiese.

- In realtà è proprio quello che sto cercando di fare! – rispose lei stizzita.

Nell’udire il tono della sua voce Terence capì il motivo di quello sguardo e sorrise tra sé di fronte alla reazione della sua Lentiggini gelosa. Le sollevò il mento dolcemente con la mano e le rivolse uno sguardo pieno d’amore di fronte al quale Candy non poté far altro che cedere ancora una volta a quel legame indissolubile che li univa al di là di tutto e tutti.


Capitolo trentuno

Separazione



Port of New York


New York, sabato 15 maggio 1920

Il porto di New York era affollatissimo, nonostante fosse appena l’alba. Terence e Candy scesero dal Muretania tenendosi per mano, ancora increduli di poter toccare il suolo americano finalmente insieme. Si abbracciarono stretti, camminando verso il punto dove sapevano avrebbero trovato Albert ad attenderli. Appena lo videro entrambi si sbracciarono per salutarlo da lontano e, una volta raggiunto, si scambiarono gesti affettuosi di saluto. Candy soprattutto, ogni volta che rivedeva Albert dopo un periodo di lontananza, avvertiva sempre una forte emozione, la sicurezza e la calma che lui riusciva a trasmetterle la facevano sentire più tranquilla. Terence sapeva bene quale effetto avesse su Candy ed era proprio per questo che aveva chiesto ad Albert di accompagnarla a Chicago. Temeva infatti il momento della separazione che sarebbe arrivato di lì a poco.

I due fidanzati avevano concordato che solo Terence sarebbe rimasto a New York per l’intera settimana, dal momento che la domenica avrebbe avuto luogo l’ultima conferenza stampa della stagione teatrale; intanto Candy sarebbe andata a Chicago con Albert, restando a Villa Ardlay per un paio di giorni, per recarsi successivamente a La Porte dove il fidanzato l’avrebbe raggiunta appena possibile per definire i dettagli delle loro nozze. Sembrava tutto deciso, ma più si avvicinavano alla costa americana e più Candy appariva nervosa. A Terence non era sfuggita quell’ombra di tristezza che ogni tanto e solo per un istante attraversava lo sguardo della sua Lentiggini e stava pensando che forse non era il caso di farla partire subito per Chicago, ma darle qualche ora di tempo per abituarsi all’idea di quel distacco. Il problema era come farlo capire ad Albert. Candy da parte sua non voleva assolutamente farlo preoccupare e cercava in ogni modo di nascondere la sua agitazione finendo però per comportarsi in maniera innaturale e quindi ottenendo l’effetto opposto. Ora che Albert era con lei le sembrò di sentirsi meglio e si illuse di poter affrontare quella breve separazione con la calma necessaria.

Giunti all’auto con cui Albert era andato a prenderli Terence rimase ammirato dallo splendore della vettura evidentemente appena acquistata, cosicché colse quell’occasione per mettere in atto il proposito di rimandare seppur di poco la loro separazione.

- Ehi Albert, ma quest’auto è un vero gioiello! Non vorrete partire senza prima avermela fatta provare – esclamò Terence lanciando uno sguardo d’intesa all’amico. Albert non comprese subito quale fosse il problema ma d’un tratto vide Candy rispondere con un sorriso alla proposta del fidanzato per cui gli consegnò le chiavi invitandolo a mettersi al posto di guida.

Terence dette gas al motore mostrandosi entusiasta e propose di fare un giro per provarla, dirigendosi poi al suo appartamento dove avrebbero potuto riposarsi un po’ prima di ripartire per Chicago. Dopo aver commentato tutte le caratteristiche portentose di quella vettura che sembrava arrivare direttamente dal futuro, Albert chiese ai due ragazzi che cosa avessero fatto da quando lui aveva lasciato Londra. Naturalmente la notizia della loro partecipazione al ricevimento di Spencer House era rimbalzata anche su qualche giornale americano per cui Albert aveva ritenuto opportuno informare la famiglia del loro fidanzamento. Ma di questo e di come aveva reagito la zia Elroy alla notizia ne avrebbero parlato in un altro momento. Adesso dovevano essere quei due ragazzacci a vuotare il sacco anche perché dopo quella festa sembravano essersi dileguati, nessuno aveva più avuto notizie di loro fino alla partenza dal porto di Liverpool. Ci fu un minuto di silenzio, Terence lanciò uno sguardo a Candy dallo specchietto retrovisore cercando di capire cosa avesse intenzione di fare e dire.

- Beh … vedi Albert – iniziò Candy con voce titubante – Terence ed io abbiamo fatto una piccola vacanza.

- Ne sono felice … e dove siete andati? – chiese Albert leggermente insospettito dall’atteggiamento dei due amici.

- In Scozia – risposero in coro i fidanzati.

A questo punto Albert si voltò verso Terence, fissandolo con gli occhi stretti, in attesa di spiegazioni.

- E’ colpa mia Albert, ho chiesto a Candy di trascorrere qualche giorno insieme, ma l’unico posto dove ero quasi sicuro che la stampa non avrebbe potuto trovarci era il castello dei Granchester, ad Aberfoyle. Mi rendo conto di quanto la mia sia stata una richiesta piuttosto “compromettente” ma … nessuno lo saprà mai, a parte te naturalmente.

Albert dopo aver ascoltato Terence si voltò in silenzio verso Candy che con un sorriso leggermente imbarazzato intendeva rassicurarlo sul fatto che fosse tutto a posto e che in Scozia in realtà non era poi successo nulla di così … compromettente.

- Hai voluto guidare tu perché in questo modo non posso prenderti a pugni, non è così? – disse infine Albert rivolgendosi all’amico con un atteggiamento di severo rimprovero.

- Purtroppo sono costretto a correre il rischio perché siamo arrivati! Non farmi troppo male e ricordati che con questa faccia io ci lavoro … - lo pregò Terence a mani giunte finché tutti e due non scoppiarono a ridere davanti alla faccia allibita di Candy.

- Ragazzi credo che siate abbastanza grandi entrambi per poter prendere certe decisioni da soli, non dovete di sicuro rendere conto a me. Non preoccuparti Candy … piuttosto sono io a dover farmi perdonare dal momento che non ti ho ancora fatto gli auguri di compleanno – riprese Albert.

- A dir la verità Albert, non solo non mi hai fatto gli auguri ma non ho visto nemmeno l’ombra di un regalo! – lo rimproverò Candy con un broncio da bambina.

- Se proprio vuoi saperlo … ci sei seduta sopra!

- Cosa? Vorresti dire che quest’auto è per me? – chiese Candy sopraffatta dallo stupore.

- Non vorrai continuare a guidare quel “carretto” che usi quando ti trovi alla Casa di Pony! Non mi sembra per niente adatto alle strade di New York – Albert aveva pronunciato quell’ultima frase in tono serio, rivolgendo uno sguardo d’intesa a Candy il cui rossore sulle guance rispose al posto suo.

- Aspetta un attimo … e tu come facevi a sapere che l’avrei usata a New York? – chiese Candy con aria sospettosa.

- Beh diciamo che qualcuno mi ha suggerito l’idea – rispose Albert strizzandole l’occhio, mentre lei si voltava verso Terence.

- Perché mi guardi così Lentiggini? Non penserai per caso che ti avrei fatto prendere la mia macchina! Se guidi come cucini … – esclamò Terence con la sua solita aria impertinente, scendendo dall’auto e invitandoli ad entrare nel suo appartamento.

Per fortuna la domestica, sapendo del rientro di Mr. Graham, aveva rifornito la dispensa e lasciato sul tavolo della cucina una profumatissima torta di mele che i tre amici gustarono con immenso piacere. Mentre Albert e Terence parlavano animatamente dei prossimi rispettivi impegni, seduti sul divano del salotto, Candy si guardava intorno apparentemente con aria distratta. Ricordava invece molto bene quell’appartamento e quello che era successo l’ultima volta che era stata in quella stanza: l’emozione di essere finalmente insieme a Terence dopo tanto tempo, nella sua stessa città, di poter parlare con lui e di averlo vicino, ma anche quella tristezza nei suoi occhi di cui il giorno dopo avrebbe conosciuto la causa. Le venne in mente la sua partenza da New York con la morte nel cuore, lui impietrito su quella scala dell’ospedale dove Susanna era stata ricoverata … Candy si sentì improvvisamente gli occhi caldi.

- Candy mi ascolti?

Udita la voce di Terence che la chiamava, Candy si riscosse e alzandosi si diresse verso il bagno sapendo già dove si trovasse.

- C’è qualcosa che non va? – chiese Albert all’amico che aveva seguito Candy con lo sguardo.

- Credo di sì, purtroppo – esclamò Terence piuttosto sconsolato.

Terence spiegò ad Albert che Candy molto probabilmente non aveva ancora del tutto superato quello che era successo. Il dolore provato durante gli anni della loro separazione non era ancora stato cancellato e ogni tanto si ripresentava sotto svariate forme: tristezza, insicurezza e paura. In quel momento affrontare quel distacco, anche se breve, per Candy sembrava essere molto difficile. Era come se un sentimento di paura irrazionale e quindi incontrollabile, la cogliesse all’improvviso senza che lei potesse farci niente.

- Ne avete parlato? – chiese Albert teneramente, pensando a quanto dovesse essere difficile per i due innamorati affrontare quel momento.

- E’ successo anche quando eravamo in Scozia. Il Duca ha chiesto di vedermi e sono andato a Windermere, le avevo promesso che sarei stato via poche ore ma … stava quasi per svenire e ha passato una notte molto agitata. Ne abbiamo parlato e, credimi Albert, ho cercato in tutti i modi di rassicurarla ma … Mi fa molto male vederla così, non è da lei.

- Penso allora che questa sarà un’ottima occasione per farle capire che deve imparare a godersi il presente senza pensare a quello che è stato o che potrebbe succedere. Credo che questa breve separazione possa davvero aiutarla.

- Lo spero Albert, ma prima devo convincerla a partire.

- Questo puoi farlo solo tu amico mio, per cui io l’aspetterò in macchina.

I due giovani si abbracciarono e Terence lo ringraziò per il suo sostegno, poi gli consegnò un biglietto dopo averci scritto il suo numero di telefono, raccomandandosi di chiamarlo per qualsiasi problema a qualsiasi ora. Albert lo tranquillizzò in proposito e uscì.

- Dov’è Albert? – chiese Candy sorpresa appena rientrata in salotto.

- Ti sta aspettando in auto – rispose Terence osservando la reazione della fidanzata e cercando di apparire il più tranquillo possibile.

Candy si fermò di colpo e rimase in piedi, poco lontano da Terence, abbassò lo sguardo e si portò una mano dietro al collo.

Terence temeva che avvicinandosi lei sarebbe scoppiata a piangere, ma non poteva in quel momento non abbracciarla e lo fece. La sentì stringersi a lui sempre più forte man mano che passavano i secondi e quando lui le accarezzò la testa, quel gesto così tenero dette il via alle lacrime di Candy che iniziò a singhiozzare sommessamente cercando invano di trattenersi. Per un po’ Terence rimase in silenzio, cullandola tra le sue braccia, continuando ad accarezzarle e a baciarle la testa. Candy però non sembrava minimamente calmarsi. Allora provò a parlare dicendole dolcemente che sarebbe stato solo per pochi giorni, dimostrandole che aveva compreso il motivo della sua disperazione.

- Non voglio … – riuscì a mormorare tra le lacrime, sempre stretta al suo petto – … non voglio lasciarti di nuovo da solo … a New York!

- Guardami Candy ti prego – le disse Terence cercando di allontanarla per poterla guardare in viso.

Candy alzò gli occhi colmi di lacrime verso di lui che li asciugò con una carezza, poi le disse che questa volta non sarebbe stato da solo perché lei era sempre nella sua mente e nel suo cuore. Ad un tratto abbassò la fronte su quella della fidanzata sussurrandole:

- Ho il cuore pieno di te, ti appartiene ora e per sempre – terminando la frase con un leggero bacio sulla fronte.

- Questi giorni non passeranno mai e starò malissimo, lo so – continuò Candy piagnucolando.

- Vedrai che quando sarai a La Porte andrà meglio, alla Casa di Pony ti aspettano tutti, ti vogliono bene, non ti permetteranno di essere triste. E poi se non sorriderai daranno la colpa a me e quando arriverò lì mi guarderanno tutti di traverso o peggio ancora mi impediranno persino di vederti! – tentò di scherzare Terence riuscendo a strapparle un piccolo sorriso.

- Dov’è finita la mia scimmietta coraggiosa? – le chiese infine.

- Quando si tratta di te … perdo tutto il mio coraggio!

- Credo che sia giunto il momento che tu vada o tuo “padre” finirà per portarti via per un orecchio – le disse Terence dando il via con grande sforzo ad una delle sue tipiche risate.

Quando apparvero sul portone d’ingresso fu chiaro ad Albert quanto Candy dovesse aver pianto. Gli occhi rossi e la faccia stropicciata erano spudorati testimoni del suo dolore e il ragazzo accanto a lei non stava di sicuro molto meglio, avendo del tutto abbandonato la sua aria spavalda.

Terence aprì lo sportello e Candy si sedette vicino ad Albert che si affrettò ad accendere il motore, convinto che sarebbe stato meglio a quel punto partire il più velocemente possibile.

- Fatemi avere notizie appena arrivate a Chicago – disse Terence affacciandosi al finestrino abbassato di Candy che non riusciva a guardarlo in faccia. Albert annuì, l’attore fece un passo indietro e vide l’auto partire lasciandolo impietrito sul marciapiede. Distolse lo sguardo e si voltò rapidamente, deciso a rientrare subito nell’appartamento. Aveva percorso solo pochi metri quando sentì gridare:

- Terry!

Si girò e la vide corrergli incontro con uno sguardo disperato. Quando gli fu davanti gli disse che si era dimenticata una cosa.

- Che cosa? – le chiese guardandola teneramente.

- Ti amo.

Terence la strinse a sé ancora una volta e la baciò appassionatamente, dimenticandosi di Albert che sceso dall’auto, preoccupato dalla reazione di Candy, li osservava sorridendo scuotendo leggermente la testa, ma soprattutto non curandosi minimamente del fatto che si trovassero su una strada pubblica, molto trafficata a quell’ora, e che se fosse passato di lì un giornalista probabilmente non avrebbe esitato a scattare la foto del secolo.

- Anch’io ti amo, non te lo dimenticare mai! – la rassicurò infine, riaccompagnandola all’auto e rivolgendo uno sguardo di scuse all’amico.

Dopodiché l’auto ripartì alla volta di Chicago dove Candy era attesa dalla zia Elroy e non solo …

Rientrato nel suo appartamento Terence avvertì subito un profondo senso di vuoto e di solitudine. Pensò che anche per Candy doveva essere la stessa cosa e desiderò fortemente allontanare da sé quelle sensazioni, sforzandosi di pensare solo ai bei momenti trascorsi insieme a lei nelle ultime settimane. Si sdraiò sul letto, sprofondando il viso nel cuscino, davanti ai suoi occhi chiusi l’immagine del viso di Candy sembrava quasi reale. Perso in questi dolci ricordi si sentì pian piano assalire dalla stanchezza e finì con l’addormentarsi profondamente.

Per quasi tre ore Albert aveva guidato senza che Candy pronunciasse una sola parola. Aveva risposto a malapena con qualche monosillabo ai vaghi commenti che lui aveva fatto sul paesaggio che stavano attraversando, niente di più.

Candy continuava a guardare fuori dal finestrino, con lo sguardo perso, emettendo ogni tanto profondi sospiri. Albert non sopportava di vederla così, non era da lei come giustamente aveva detto Terence. Così decise di provare a scuoterla.

- Ti va di parlarne Candy?

- Non credo che servirebbe Albert, perdonami … - rispose Candy con un filo di voce, sentendo che se avesse pronunciato un’altra parola sarebbe scoppiata a piangere di nuovo, anche se forse era proprio quello che le serviva.

Stavano attraversando la contea del Wyoming, in Pennsylvania, un’area caratterizzata da dolci colline e ricca di vegetazione. Albert d’improvviso fermò l’auto e si rivolse a Candy pregandola di confidarsi con lui, poteva anche piangere (con lui lo aveva fatto spesso, tanto che l’aveva soprannominata “Candy la piagnucolona”), ma non doveva tenersi tutto dentro o quei giorni non sarebbero passati mai.

- Lo so che posso confidarmi con te e lo farei ma … mi vergogno molto di me stessa in questo momento …

- Di cosa ti dovresti vergognare? Del fatto che senti la sua mancanza? Mi sembra più che normale dal momento che vi siete appena ritrovati! Hai forse motivo di non fidarti di lui?

- Mi fido ciecamente di Terence, mi sono sempre fidata di lui, ma questo non è bastato. Il nostro amore non è stato sufficiente ad evitare che il destino si accanisse contro di noi, più di una volta. Lo so che non posso controllare il futuro, ma vorrei tanto essere sicura che il tempo del dolore sia passato perché non sopporterei di perderlo di nuovo.

- Candy nessuno può sapere cosa ci riserva il futuro, ma io sono certo che qualsiasi cosa accadrà la affronterete insieme perché avete compreso entrambi a caro prezzo che non potete essere felici l’uno lontano dall’altra. Posso darti un consiglio?

- Certo Albert, lo sai che le tue parole mi sono sempre state di grande aiuto.

- Non pensare al futuro, vivi il presente!

- Che vuoi dire, cosa dovrei fare adesso? Chiederti di tornare indietro forse? Perché è solo questo che vorrei nel mio presente, ora!

- Questo sarebbe solo un comportamento infantile e lo sai bene. Ma potresti telefonargli … se senti così tanto la sua mancanza perché non lo chiami e glielo dici? Condividere i tuoi pensieri con Terence non credi che farebbe bene ad entrambi?

Candy sentendo quelle ultime parole iniziò a pensare che forse Albert aveva ragione, non doveva lasciarsi andare alla disperazione, bensì cercare di reagire ed affrontare ciò che in quel momento la faceva soffrire. Questa era la vera Candy, quella che trovava sempre il coraggio per affrontare le difficoltà in un modo o nell’altro. Dopo averci pensato ancora un po’ si rivolse ad Albert con un timido sorriso sulle labbra.

- E dove lo trovo adesso un telefono?

Anche Albert le sorrise, sentendosi fiero di lei perché finalmente la vedeva reagire e tornare quella di sempre. Rimise in moto l’auto, promettendole che avrebbero trovato un telefono al più presto.

Terence si svegliò di soprassalto, ancora un po’ addormentato non capiva cos’era quel suono così insistente che gli stava perforando i timpani. Aveva fatto istallare il telefono nell’appartamento da poco tempo ed essendo subito partito per la tournée era probabilmente la prima volta che lo sentiva squillare. Chi poteva essere? Forse sua madre, pensò.

Fu infatti la voce dolce ma decisa della madre che, appena ebbe alzato il ricevitore, iniziò a riempirlo di domande.

- Figlio mio, come stai? Quando sei arrivato? Candy è con te?

Terence rispose a fatica a quell’interrogatorio e infine promise alla madre che sarebbe andato da lei, a Long Island, il giorno dopo. Essendo ormai sveglio decise di farsi una doccia, sperando di togliersi di dosso quella strana malinconia che aveva ritrovato immutata anche dopo qualche ora di sonno.

Non aveva ancora finito di asciugarsi che udì di nuovo quell’aggeggio infernale torturargli i timpani.

- Chi può essere ora? Se è di nuovo mia madre giuro che lo stacco! – esclamò infastidito.

Uscì dal bagno mezzo nudo, con solo un asciugamano intorno ai fianchi, convinto che la telefonata sarebbe durata solo un attimo.

- Mr. Graham c’è una chiamata per lei da Cleveland, accetta la richiesta? – domandò la voce anonima del centralino.

- Da Cleveland? – chiese Terence stupito.

- Sì signore, accetta? – ripeté la centralinista.

Appena Terence ebbe confermato di accettare la chiamata, si sentì un leggero rumore metallico, dopodiché disse più volte “pronto” senza avere nessuna risposta. Il fatto è che dall’altra parte del telefono, a circa 400 miglia di distanza, una figuretta bionda stava attaccata al ricevitore senza riuscire a spiccicare parola perché il solo udire la voce del ragazzo l’aveva come stordita. Terence stava quasi per riattaccare quando

- Terry … - pronunciò una flebile voce femminile che lui riconobbe immediatamente.

- Candy, sei proprio tu? Oddio … è successo qualcosa, stai bene? – chiese Terence preoccupato.

- Non è successo niente, sto bene …

- Ma non siete ancora a Chicago, perché mi hai chiamato adesso? Sicura che sia tutto a posto?

- Sì, cioè in verità … no …

Candy non sapeva come spiegarsi, si sentì improvvisamente stupida perché non aveva il coraggio di dirgli che lo aveva chiamato semplicemente per sentire la sua voce e confessargli che già le mancava moltissimo.

- Lentiggini ti decidi a parlare, mi stai spaventando – le intimò Terence in tono serio.

- Scusami, non ti arrabbiare … è solo che … mi manchi e volevo sentire almeno la tua voce – riuscì finalmente a sussurrare Candy, lentamente, con la voce più tenera che lui avesse mai sentito.

Terence avvertì il suo respiro fermarsi di colpo e si mise seduto su una poltrona, rovesciando la testa all’indietro.

- Amore mio – furono le prime parole che riuscì a pronunciare appena il suo respiro ebbe recuperato un ritmo accettabile.

A quel punto fu di nuovo Candy a cedere all’emozione. Udire quell’amore mio dalla voce di Terence le colpì direttamente il cuore senza lasciarle scampo e calde lacrime scivolarono sulle sue guance. Seguirono alcuni minuti di silenzio durante i quali i due ragazzi potevano ascoltare l’uno i respiri dell’altro e, chiudendo gli occhi, immaginare il viso tanto desiderato.

- Candy sei ancora lì?

- Sì.

- Non stai piangendo vero?

- No – rispose Candy con la voce che rivelava esattamente il contrario.

- Amore mio … tra pochi giorni saremo di nuovo insieme e non ci lasceremo più, credi di potercela fare?

- Forse … ci provo.

- Posso sentirti sorridere ora?

Terence udì il respiro di Candy inondare il ricevitore.

- Sto sorridendo – gli disse sforzandosi di apparire allegra.

Per tutta risposta ottenne invece una vera risata da parte del fidanzato che la rimproverò bonariamente dicendole:

- Non sei una grande attrice, lo sai, Lentiggini?

- Hai già disfatto i bagagli? – gli chiese Candy all’improvviso.

- A dir la verità no, mi sono addormentato … perché? – le chiese incuriosito da quella strana richiesta.

- Beh … devo confessarti che mancherà qualcosa tra i tuoi vestiti.

- Che vuoi dire?

- Che ho preso qualcosa che potesse aiutarmi a sopportare questa lontananza – confessò Candy immaginando la faccia sorpresa del fidanzato in quel momento.

- Lentiggini si può sapere che cosa hai combinato?

- Ho preso la giacca del tuo pigiama – disse tutto d’un fiato.

Terence non poté fare a meno di sorridere prima di chiederle cosa ne volesse fare.

- Pensavo di usarla come camicia da notte per un po’, prima di ridartela s’intende.

Il ragazzo pensò che stesse scherzando, non riusciva a credere che la sua Lentiggini avesse osato concepire un gesto così … così … accidenti non riusciva nemmeno a trovare le parole!

- Ti stai prendendo gioco di me?

- No, perché non mi credi?

- Scusami ma … un gesto così spudoratamente … sensuale, da te non me lo sarei mai aspettato.

- Vorresti dire che non sono una ragazza sensuale? – chiese Candy risentita.

- Lo sei eccome, ma in maniera inconsapevole, non premeditata come in questo caso!

- Io comunque l’ho fatto solo per avere qualcosa che mi ricordasse te.

- E secondo te stanotte riuscirò a dormire immaginandoti dentro al mio pigiama, mentre io sarò tutto solo nel mio letto?

- Oh Terry, sei il solito sfacciato!

Il loro battibecco fu interrotto da uno starnuto.

- Stai bene? Ti sei raffreddato? – gli chiese Candy da brava infermiera.

- Non ancora, ma se non vado a vestirmi rischierò davvero di ammalarmi. Quando è squillato il telefono ero appena uscito dalla doccia e non ho fatto in tempo.

- Intendi dire che fino ad ora sei stato al telefono con me senza avere indosso niente? – chiese Candy sgranando gli occhi, già imbarazzata al solo pensiero.

- Solo un asciugamano intorno alla vita, Lentiggini. Così siamo pari! – rispose Terence con aria soddisfatta pensando che anche lei avrebbe avuto qualcosa a disturbarle il sonno.

Mentre Candy cercava di scacciare dalla mente l’immagine del fidanzato coperto solo da un asciugamano e Terence quella della fidanzata con indosso solo la giacca del suo pigiama, con grande fatica si salutarono, promettendosi di risentirsi appena la ragazza fosse giunta a Chicago.


Capitolo trentadue

Ho bisogno di te

 

Chicago, domenica 16 maggio 1920

Albert e Candy arrivarono a Villa Ardlay a notte inoltrata, quando tutti stavano già dormendo. Candy si sentì sollevata dal fatto di non dover affrontare la zia Elroy quella sera. Era stanca e l’unica cosa che voleva era dormire. Dopo aver di nuovo parlato al telefono con Terence, rassicurandolo sul fatto che erano arrivati a destinazione sani e salvi, si ritirò nella sua stanza e avvolta nel pigiama del fidanzato, un po’ troppo grande per lei, si addormentò sperando di sognarlo.

- Buongiorno Candice, ben tornata – la salutò con la sua voce stentorea e leggermente rauca la zia Elroy.

- Buongiorno zia, grazie. Vi trovo bene – rispose cordialmente Candy entrando nella sala da pranzo, dove era stata preparata un’abbondante colazione.

La stanza era ampia e inondata di sole grazie alle alte finestre a vetri presenti sulla parete esterna. Arredata riccamente con mobili d’epoca, tappeti e arazzi, rappresentava il biglietto da visita della famiglia Ardlay, dove si tenevano le cene più importanti, dedicate agli ospiti considerati di un certo livello. Per cui Candy rimase stupita di essere ricevuta in quel salone, ma la sua perplessità svanì quando la zia le comunicò che a far loro compagnia ci sarebbero stati i Lagan, ovvero la signora Lagan e i due figli, Eliza e Neil. Candy cercò di mantenere la calma per non tradire l’agitazione che quella notizia le aveva immediatamente suscitato. Gli incontri con i Lagan erano stati alquanto sporadici negli ultimi anni ed erano avvenuti solo in occasioni particolari, ovvero durante le feste di fine anno o per qualche altra occasione speciale in cui si era tenuto a Villa Ardlay un ricevimento ufficiale. Per cui Candy non aveva avuto più modo di trovarsi a tu per tu con Eliza e Neil da quando aveva abbandonato la Royal St. Paul School, fatta eccezione per quel periodo, subito dopo la separazione da Terence, in cui Neil si era talmente infatuato di lei da fare di tutto per costringerla a  sposarlo. L’intervento di Albert aveva evitato il peggio, ma da quel momento Neil continuava a nutrire nei confronti di Candy sentimenti contrastanti di amore e odio. Candy invece non riusciva ad odiarlo nonostante tutto, forse perché sapeva bene cosa si prova ad essere innamorati di una persona che non possiamo avere accanto.

I Lagan fecero il loro ingresso nel salone pochi minuti dopo, prima la signora seguita dai figli. Madre e figlia salutarono con sufficienza Candy, mentre Neal le rivolse solo un timido sorriso, cercando di non farsi notare dalle due donne. Dopo essersi informati sullo stato di salute di Annie e dei gemelli, Eliza prese la parola chiedendo a Candy di raccontare come era andata la sua vacanza parigina. Candy comprese che evidentemente i Lagan non erano ancora stati messi a conoscenza della sua vacanza londinese per cui si limitò a parlare delle meraviglie di Parigi, delle mille attrattive che la città offriva, tra musei, parchi e … teatri. Inoltre era stato davvero un onore poter essere d’aiuto ad Annie nei suoi primi giorni da mamma e vedere negli occhi di Archie cosa possa significare per uomo diventare padre.

Candy non poté fare a meno di pensare a lei e Terry, forse un giorno anche loro sarebbero diventati genitori … questo voleva dire che … oddio … sentì il viso avvampare, si alzò di scatto andando verso la finestra per prendere un po’ d’aria. Per fortuna in quel momento nella stanza entrò William Albert Ardlay e Candy si sentì subito meglio, sapendo di poter contare sul suo appoggio. Ma la sua tranquillità durò molto poco dal momento che la zia Elroy si decise a parlare di ciò che più le stava a cuore a proposito della figlia adottiva degli Ardlay. La zia infatti era stata già informata dal nipote riguardo al recente fidanzamento di Candy e, anche se la notizia le era stata comunicata quando ormai era cosa fatta, la zia pretendeva che venisse rispettata la sua volontà, per cui era ben decisa a sottoporre il ragazzo in questione ad un attento esame, prima di concedere il proprio consenso alle nozze.

Nel frattempo che Albert si sedeva, dopo aver salutato con discreta cordialità i presenti, Candy allungò la mano per prendere una tazza di tè e l’anello che portava al dito della mano sinistra, inondato dalla luce limpida del mattino, lanciò un bagliore color zaffiro che colpì gli occhi di Eliza lasciandola a bocca aperta. Dopo un attimo di smarrimento Miss Lagan ritrovò la sua proverbiale cattiveria rivolgendosi a Candy con tono di forte sdegno.

- Non avrei mai creduto tu potessi arrivare ad un tale livello di sfacciataggine, Candy. Indossare un anello di quel tipo come se un ragazzo te lo avesse regalato, quando tutti sappiamo che non hai alcun pretendente!

Candy rimase in silenzio, sforzandosi di non rispondere ad Eliza come avrebbe voluto, sapendo che in presenza della zia Elroy e di Albert non spettava a lei fare certe rivelazioni. Così fu la zia ad intervenire comunicando con freddezza che Candice si era fidanzata e che, se il candidato avesse superato il suo esame, presto si sarebbe celebrato un matrimonio. Le parole della zia lasciarono tutti i Lagan senza parole. Eliza e la madre si lanciarono uno sguardo allibito, mentre Neal si alzò di scatto dalla sedia dirigendosi verso la finestra. Candy lo seguì con gli occhi comprendendo il suo stato d’animo, ma venne subito richiamata dalla zia:

- Candice saresti così gentile da dirci quando potremo fare la sua conoscenza? – chiese la zia, infastidita dal fatto che tale gentiluomo non si fosse ancora presentato al suo cospetto, nonostante avesse già ottenuto l’approvazione di William Ardlay.

- Zia sono desolata ma è appena rientrato in America e ha alcuni impegni lavorativi a cui non può mancare e che termineranno solo la prossima domenica. Dopodiché, quando voi vorrete, sarà ben lieto di fare la vostra conoscenza.

- Dimenticavo che nonostante sia di nobili origini e non avrebbe alcun bisogno di lavorare … ha scelto di intraprendere una carriera alquanto bizzarra per un aristocratico inglese. Ah … questa gioventù di oggi! – esclamò la zia portandosi teatralmente una mano alla fronte.

- Per fortuna William, che pare conoscerlo da molti anni, mi ha parlato molto bene di lui e dell’educazione che ha ricevuto nelle migliori scuole inglesi. Inoltre, alla dipartita del padre, essendo il primogenito, erediterà il Ducato, non è così? – chiese la zia rivolgendo la domanda ad Albert che annuì, mentre Candy gli lanciava uno sguardo incredulo, sapendo bene come Terence non avesse mai avuto la minima intenzione di amministrare il patrimonio di famiglia, tantomeno di diventare un Pari d’Inghilterra.

Eliza che ascoltava con la più accurata attenzione ogni particolare descritto dalla zia, nonostante non fosse ancora stato fatto il nome di questo fantomatico fidanzato, iniziava ad avere qualche sospetto sulla sua identità, anche se non osava crederci. Il fratello invece, che non annoverava tra le sue doti la perspicacia, era semplicemente sconvolto dal solo fatto che Candy portasse un anello al dito, anche se questo non gli avrebbe impedito di opporsi con tutte le sue forze a questo fidanzamento, perché se non poteva averla lui non doveva averla nessun altro.

Non vennero fatti altri commenti in merito, dal momento che la zia aveva chiaramente fatto capire che non intendeva rivelare il nome del nobile inglese fino a quando non avesse potuto parlarci di persona. Terminata la colazione Albert e Candy si diressero verso il grande giardino di Villa Ardlay per fare una passeggiata.

- Temo che Eliza abbia già capito tutto e troverà sicuramente il modo per parlar male di Terence alla zia – mormorò Candy preoccupata.

- Penserò io ai Lagan, non stare in pensiero per questo. Hanno già avuto molti comportamenti scorretti non solo verso di te ma anche verso l’intera famiglia Ardlay, sanno che non concederò loro un altro passo falso. Anzi, mi rammarico del fatto di non essere intervenuto prima … avrei potuto evitarti molte delle sofferenze che hai dovuto patire – le disse Albert rattristato al pensiero di quanto dolore i Lagan avessero portato nella vita di Candy e anche di Terence.

- Ti ringrazio Albert, però … la questione del ducato potevi risparmiartela. Sai bene che Terry non accetterà mai! – esclamò Candy con un sorriso.

- Lo so bene, ne ho parlato con Terence prima di lasciare Londra. Per adesso sarà sufficiente farlo credere alla zia, è comunque un Granchester e questo basta al momento. Non credo inoltre che Sua Grazia abbia intenzione di lasciarci al più presto, per quanto ne so gode di ottima salute! – esclamò Albert ridacchiando.

- Albert voglio che sia chiara una cosa: anche se tutto il mondo si opponesse a questo matrimonio, io lo sposerei lo stesso! Lo sai che non vorrei mai darti un dolore, ma sarei pronta anche ad abbandonare gli Ardlay, se fosse necessario.

Lo sguardo così determinato che Candy diresse ad Albert pronunciando quelle parole non lasciava più spazio a dubbi o incertezze. Candy e Terence si appartenevano, al di là di tutto e di tutti, le loro vite erano indissolubilmente legate e durante la lunga separazione che avevano ingiustamente dovuto affrontare. il loro amore, lungi dallo svanire, era stato costantemente alimentato dalla speranza di rivedersi.

Come il filo di una lenza che, seppur non si veda, ha una resistenza tale da sopportare pesi enormi, così il loro amore, invisibile agli occhi del mondo, non si era spezzato sotto il peso del destino che li aveva allontanati.

 

*****

 

New York, domenica 16 maggio 1920

Appena sveglio, con ancora gli occhi chiusi, aveva allungato una mano dall’altra parte del letto, trovando con estrema delusione solo un freddo lenzuolo. L’aveva sognata quella notte, eccome se l’aveva sognata. Per questo pensò che fosse decisamente ingiusto che lei non fosse lì in quel momento. Rimase ancora un po’ nel letto, con la testa infilata sotto al cuscino, tentando di trattenere le immagini che avevano allietato i suoi sogni, finché con un profondo sospiro trovò il coraggio di alzarsi. Anche perché quella mattina lo attendeva un impegno molto piacevole a cui non intendeva arrivare in ritardo.

Salito in auto, riuscì ad evitare un paio di giornalisti che evidentemente avevano già saputo del suo rientro a New York, e si diresse verso Long Island. L’ultima volta che aveva percorso quella strada, poco prima di partire per l’Europa, aveva un tale peso sul cuore: aveva da poco scritto a Candy senza ricevere alcuna risposta, pensava fosse ormai tutto perduto. Ora invece si sentiva leggero e potente come un raggio di sole e mentre attraversava l’East River pensò che quello era l’amore.

- Figlio mio finalmente, quando sei tornato?

- Ieri mamma, sei bellissima! – esclamò Terence lasciandosi abbracciare dalla madre.

- Oh no, tu lo sei. Fatti guardare … non ti ho mai visto così in forma – disse Eleanor rivolgendogli uno sguardo amorevole quanto malizioso, sapendo benissimo a chi appartenesse il merito dello stato di grazia del figlio.

- Hai fatto colazione?

- Veramente no.

- Allora andiamo in veranda, così mentre facciamo colazione, mi racconterai tutto!

- Mamma! – tentò di protestare Terence.

Eleanor sapeva quanto il figlio fosse deciso a mantenere molto privata la sua vita sentimentale, era sempre stato così anche durante gli anni trascorsi al fianco di Susanna Marlowe, ma ora sarebbe stato tutto diverso, di questo era convinta.

L’attrice Eleanor Baker abitava in un enorme villa a tre piani, immersa in un grande parco, situata nella parte più glamour di Long Island, anche se in realtà la casa era spesso vuota a causa delle sue lunghe tournée teatrali in giro per il paese.

La veranda esposta ad est era inondata dal sole del mattino. Madre e figlio si sedettero su un candido divano bianco e davanti a loro faceva bella mostra di sé un’abbondante colazione, anche se Terence avrebbe preso solo del tè, come Eleanor sapeva bene.

- Allora? – esordì Miss Baker.

- Allora cosa?

- Dov’è Candy?

- A Chicago.

- Non mi spiego perché non sia rimasta a New York, l’avrei ospitata volentieri lo sai.

- Beh … sia io che lei avevamo degli impegni e … abbiamo preferito così.

- Mmm … qualcosa mi dice che non me la racconti tutta, sbaglio?

Terence le rivolse uno sguardo piuttosto infastidito ma la madre non era intenzionata a mollare e voleva assolutamente sapere cosa nascondesse il figlio.

- C’è qualcosa che non va?

- No mamma, va tutto alla grande. Stiamo solo cercando di imparare a stare separati, diciamo così, senza che questo si trasformi in un dramma – le rispose Terence un po’ scocciato.

- Credo in tutta la mia vita di non aver mai sentito una cosa tanto assurda! – esclamò Eleanor voltandosi verso il figlio per guardarlo dritto in viso.

- Oh mamma … non farmi pentire di essere venuto a trovarti.

- Ma scusami, vi siete appena ritrovati dopo anni di dolore, vi amate alla follia però decidete di stare lontani. Che ragionamento è, me lo potresti spiegare per favore?

- Non è così semplice … - rispose Terence che non aveva intensione di proseguire oltre su quell’argomento.

- D’accordo … non vuoi parlarne. Però almeno puoi ascoltare quello che penso io in proposito. Io sono fermamente sicura e non ho il minimo dubbio al riguardo che ciò di cui voi due avete più bisogno sia solo ed esclusivamente stare insieme, stare vicini, molto vicini e non separarvi nemmeno per un minuto.

- Sarà solo per pochi giorni … domenica vado da lei – replicò Terence che tuttavia era stato colpito dalle parole della madre, perché anche Candy gli aveva detto la stessa cosa in Scozia e cioè che non voleva più lasciarlo nemmeno per un minuto.

- Non infliggetevi inutili sofferenze Terry, non ne avete bisogno – lo pregò la madre mentre si salutavano.

Quando Terence stava per salire in auto la madre lo richiamò dicendogli di tornare presto a trovarla, anche perché doveva ancora raccontarle com’era andato l’incontro con il Duca.

- Allora non torno! – le rispose Terence con un sorriso beffardo, salutandola con la mano prima di scomparire dentro l’auto.

 

*****

 

La Porte, Indiana

domenica 16 maggio 1920

Candy era arrivata a La Porte a tarda sera, accompagnata da Albert. Rivedere la Casa di Pony, i bambini, le care Miss Pony e suor Lane era sempre una grande gioia per lei, significava tornare a casa e questo non sarebbe mai cambiato. Ma questa volta sentiva nel profondo del suo cuore che non sarebbe riuscita a godere appieno di quel ritorno perché … ora era diverso e mancava qualcosa anzi, mancava qualcuno.

Dopo la cena suor Lane si allontanò per mettere a letto i bambini più piccoli, Albert la seguì offrendosi di aiutarla, così Candy rimase con Miss Pony a sbrigare le faccende di cucina.

- Quando abbiamo ricevuto la tua lettera, la settimana scorsa, dalle tue parole sembravi la ragazza più felice del mondo, ma ora guardandoti ho un’impressione diversa, mi sbaglio? – chiese Miss Pony con la sua solita voce buona e carezzevole.

- Ma io sono la ragazza più felice del mondo è solo che … le sembrerà assurdo Miss Pony ma … non lo vedo da ieri e mi manca moltissimo.

- Quando arriverà?

- Non prima di domenica purtroppo – rispose Candy che già sentiva le lacrime scaldarle gli occhi.

In quell’istante squillò il telefono e Miss Pony andò a rispondere, tornata in cucina disse a Candy che la chiamata era per lei e la vide schizzare come un fulmine verso la stanza dove si trovava l’apparecchio.

- Pronto?

- Lentiggini sei tu?

- Terry … - riuscì solo a dire Candy.

- Lo so che avevi detto che mi avresti chiamato tu ma … non riuscivo più ad aspettare. Ti disturbo?

- No, che dici? Stavo proprio parlando di te con Miss Pony.

- Ah sì … spero bene.

- Le stavo solo dicendo quanto mi manchi … - confessò Candy con la voce che tremava tradendo spudoratamente la sua emozione.

- Lentiggini … non posso ogni volta farti piangere anche al telefono, ti prego.

- Perdonami, non so cosa mi succede ma … appena sento la tua voce … - disse Candy non riuscendo più a proseguire.

Terence rimase un attimo in silenzio, non sapendo come fare a consolarla e fu in quell’istante che gli tornarono alla mente le parole che la madre gli aveva rivolto quella mattina: “non infliggetevi inutili sofferenze … avete bisogno di stare vicini, molto vicini …”.

- Adesso che sei lì andrà meglio, ne sono sicuro …

- Oh Terry, io ho bisogno di te, dei tuoi abbracci e …

Quella telefonata fu un vero strazio per entrambi. Candy non riusciva in alcun modo a trattenere le sue lacrime e Terry non sapeva come fare a calmarla, anche perché provava le stesse emozioni e gli stessi desideri della sua amata Lentiggini. L’unica cosa che volevano era stare vicini.

Quando Candy tornò in cucina e Miss Pony vide quegli occhi rossi non poté fare a meno di chiederle che cosa fosse successo.

- Niente Miss Pony, va tutto bene – rispose Candy continuando ad asciugarsi il viso.

Miss Pony non volle indagare oltre. Era molto tardi e Candy doveva essere molto stanca per cui le consigliò di andare a dormire, avrebbe finito lei in cucina.

Candy incrociò nel corridoio Albert e suor Lane e, dopo aver dato loro la buonanotte, si diresse verso la propria stanza.

- Miss Pony che cosa è successo alla nostra ragazza? – chiese suor Lane preoccupata.

- Ha ricevuto una telefonata. Credo fosse il signor Graham e non le ho fatto altre domande – rispose Miss Pony.

Dopodiché le due donne si voltarono entrambe verso Albert che sorrise, dicendo loro di non preoccuparsi.

- Candy e Terence soffrono la lontananza di questi giorni e stanno cercando di imparare a gestirla. Dopo quello che hanno passato purtroppo non è semplice e a dir la verità non so nemmeno se sia giusto. Forse stanno pretendendo troppo da loro stessi, in questo momento – disse Albert pensieroso.

- Vado da lei, non credo riuscirà a dormire in quello stato! – esclamò suor Lane alzandosi di scatto.

Bussò alla porta della camera di Candy che le disse di entrare. Era seduta sul letto, ancora vestita e rigirava tra le mani un biglietto. Suor Lane si accomodò vicino a lei, passandole un braccio attorno alle spalle la attirò a sé e Candy si appoggiò alla sua.

- Direi che sia giunto il momento di parlarne, che ne dici Candy?

- Di che cosa? – le chiese con un filo di voce.

- Di tutto il dolore che hai dovuto sopportare e che non hai mai voluto condividere con nessuno. Perché questo è ciò che hai fatto in questi anni. Hai nascosto il tuo dolore a tutti pensando di riuscire a sopportarlo da sola e che pian piano magari se ne sarebbe andato. Forse anche noi abbiamo pensato, sbagliando, che con il tempo avresti dimenticato e che saresti tornata la Candy di sempre. Invece tutto quel dolore è rimasto lì, nel tuo cuore, anzi più cercavi di nasconderlo e più lui diventava forte e duro come il marmo. E adesso che Terence è tornato, vorresti liberartene ma è diventato talmente grande negli anni che non puoi mandarlo via tutto in una volta. Sono sicura che Terence ti aiuterà a scacciarlo, ma non può farcela da solo, devi dargli una mano.

- Non so come fare!

- Sei sempre stata una ragazza coraggiosa Candy, tutti i bambini della Casa di Pony ti hanno sempre ammirata per questo e ti hanno eletta il loro “capo”, te lo sei dimenticato?

- Questo è successo molto tempo fa, prima che la vita mi mettesse davanti a due enormi perdite. Prima quella di Anthony che ho potuto superare solo grazie a Terence, e poi lui … Quando ci siamo lasciati io … - ma le parole le si troncarono nella gola.

- Che cosa Candy, che cosa hai provato? Vorresti cercare di raccontarmelo? – tentò di incoraggiarla suor Lane.

- E’ stato come se una parte di me fosse rimasta lì con lui … e per tutto questo tempo mi ha tenuta legata a Terence senza che potessi avere la minima speranza di poterlo riavere un giorno. In realtà credo di non averlo mai lasciato. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono sentita tremendamente in colpa perché desideravo così tanto anche solo vederlo per un istante, ma sapevo che non era possibile perché lui apparteneva ad un’altra. Così continuavo a negare a me stessa e al mondo intero quanto ancora lo amassi. Mi sembrava persino di riuscirci piuttosto bene. Ma alla fine è stata sufficiente una sola frase che mi ha scritto ed è saltato tutto. Ogni mia difesa è crollata e il mio cuore è di nuovo nelle sue mani.

- Questo ti spaventa molto non è così? Credi forse che anche lui non abbia le tue stesse paure? Anche Terence ha messo di nuovo il suo cuore nelle tue mani.

- Beh … lui sembra molto più sicuro di me in questo momento.

- Forse cerca solo di esserlo perché vede te in difficoltà.

- Vorrei solo che fosse qui – esclamò Candy sospirando.

- Glielo hai detto?

- Sì … gli ho detto che ho bisogno di lui e mi ha risposto che arriverà presto.

- Mi sembra che Terence sia un uomo di parola no? – chiese suor Lane sorridendole dolcemente.

- Decisamente sì – rispose Candy anche lei sorridendo finalmente.

- Allora adesso è meglio che vai a dormire, altrimenti quando il tuo fidanzato arriverà sembrerai un mostro!

- Grazie suor Lane, mi ha fatto bene parlare un po’. Credo proprio che riuscirò a fare una bella dormita adesso e domattina sarò in piena forma!

La suora si alzò, dando la buonanotte a Candy, ma prima di uscire notò in fondo al letto la giacca di un pigiama.

- Non è un po’ troppo grande per te Candy … sembrerebbe un pigiama da uomo – esclamò suor Lane osservandolo meglio.

Candy abbassò lo sguardo imbarazzata e la suora comprese che effettivamente non apparteneva alla ragazza.

- Farò finta di non aver visto! – esclamò e uscì dalla stanza, facendosi il segno della croce.


Capitolo trentatré

Anch’io ho bisogno di te!


La Porte, Indiana


La Porte, Indiana

lunedì 17 maggio, 1920

 

Quando Albert entrò in cucina venne letteralmente inondato da un delizioso profumo di biscotti al limone appena sfornati. I bambini stavano ancora dormendo per cui la Casa di Pony era avvolta nel più assoluto silenzio, interrotto solamente da una sottile voce femminile che canticchiava una melodia che lui non conosceva.

- Che buon profumo!

- Buongiorno Albert, che ne dici di tè e biscotti?

- Più che volentieri, grazie Candy. Noto con piacere che siamo di ottimo umore stamattina, che cosa stavi canticchiando?

- Ti sembrerà strano ma quella che tentavo di cantare è una ninna nanna … di Mozart, ma io non sono capace. Terry la suona molto bene al pianoforte e ha provato ad insegnarmela, ma sono proprio negata. Canto solo quando non mi sente nessuno! – esclamò Candy con una linguaccia.

- Almeno adesso riesci a nominarlo senza piangere – le disse Albert rivolgendole un sorriso pieno di comprensione.

Candy si sedette davanti a lui e, dopo avergli servito la colazione, gli confessò che la sera prima aver parlato con suor Lane le aveva fatto bene. Si sentiva di poter guardare al futuro con maggiore fiducia ed ottimismo.

- Allora posso tornare a Chicago tranquillo!

- Te ne vai già?

- Sì, oggi pomeriggio. Però ti posso anticipare una bella notizia e cioè che Archie ed Annie torneranno presto in America, probabilmente già la prossima settimana.

- Dici sul serio? – chiese Candy stupita.

Albert le spiegò che era soprattutto per volontà della zia Elroy. La zia voleva conoscere i bambini e presentarli a tutta la famiglia e in realtà sperava che sarebbero rimasti a Chicago, senza più tornare in Francia.

- Sarei così felice se potessero essere presenti al matrimonio! – esclamò Candy che già stava sognando ad occhi aperti.

- Magari saranno già qui per il vostro fidanzamento ufficiale. Mi raccomando Candy appena arriverà Terence fatemi sapere quando potrete venire a Chicago.

- Spero proprio che dopo domenica non abbia più impegni e possa restare qui per un po’.

Albert notò che Candy si era fatta di nuovo pensierosa e le chiese se non c’era alcuna possibilità che Terence potesse arrivare prima.

- Purtroppo è impossibile. La conferenza stampa di domenica chiude la stagione teatrale e quindi non può assolutamente sottrarsi. Se venisse qui prima di domenica, dovrebbe comunque tornare a New York e quindi fare avanti e indietro in pochissimi giorni. Se non sbaglio ha anche un paio di interviste questa settimana – gli spiegò Candy sbuffando leggermente.

Dopo aver salutato Albert, nel pomeriggio Candy si diresse verso la sua adorata collina. Papà albero era ancora lì ad aspettarla. Come quand’era bambina, Candy salì più in alto che poteva per ammirare il paesaggio circostante che in quel periodo era splendidamente rigoglioso di fiori ed alberi verdeggianti. Il suo pensiero volò immancabilmente a New York.

- Tra pochi giorni sarai qui, non posso ancora crederci! Quando sono partita per Parigi, più di un mese fa, non avrei mai pensato di poter essere ancora nel tuo cuore. Eppure mi hai dimostrato in ogni modo che è così e anche il mio cuore è ancora come lo hai lasciato tu. A volte penso che sia un vero miracolo, altre temo sia solo un sogno. Ho bisogno di te, della tua presenza, per credere che invece questa sia una meravigliosa realtà – parlava tra sé Candy, alternando sentimenti di speranza e di timore, cercando di farsi forza.

Quante volte, negli ultimi anni, era salita su quell’albero per poter piangere da sola, senza che nessuno se ne accorgesse. Quanto dolore aveva condiviso con quelle foglie e quei rami, muti testimoni di quel triste destino che le aveva strappato l’amore della sua vita. Era davvero giunto ora il tempo della felicità anche per lei?

Il giorno prima, a circa 800 miglia di distanza, un altro cuore agitato si stava ponendo le stesse domande. Sentiva che la felicità era ormai ad un passo, bastava solo aspettare … aspettare? Perché aspettare?

- Che diavolo stai aspettando Terence? - si chiese d’un tratto.

Tornata in casa Candy chiese a Miss Pony se avesse bisogno di lei con i bambini.

- Perché non porti i più piccoli a fare una passeggiata, si sta così bene fuori oggi! – le rispose Pauline.

La ragazza fu ben felice di soddisfare quella richiesta e insieme ad una decina, tra bambini e bambine, uscì nel cortile e li portò sulla collina dove da piccola si divertiva molto, insieme ad Annie, a scivolare giù per il pendio ricoperto di erba e fiori. Dopo aver insegnato quel gioco ai bambini che, manco a dirlo, ne furono subito entusiasti, Candy si sedette ad osservarli piena di nostalgia per la sua infanzia che, nonostante tutto, era stata così allegra e ricolma di affetto.

D’un tratto le si avvicinò una bambina di circa quattro anni, di nome Grace, che le chiese:

- E’ vero che tra pochi giorni arriva il tuo fidanzato?

- Sì, chi te lo ha detto? – le chiese Candy, ma la bambina non rispose andando avanti per la sua strada verso ciò che le interessava sapere e cioè:

- E’ bello? – domandò con aria molto seria, guardando Candy dritta negli occhi.

- Beh … quando arriverà potrai vederlo e me lo dirai tu, d’accordo? – disse Candy un po’ imbarazzata.

- Io non lo vorrei un fidanzato brutto! – esclamò infine Grace con decisione e subito dopo corse via, scivolando di nuovo giù per il pendio.

Candy sorrise pensando che la piccola Grace non sarebbe rimasta delusa!

 

La Porte, Indiana

martedì 18 maggio, 1920

 

La mattina presto Candy si recò in paese per acquistare una copia della rivista dove sarebbe stato pubblicato un articolo riguardante Terence Graham. Aprì il giornale con impazienza alla pagina che le interessava dove accanto al titolo

Dopo una tournée trionfale in Europa

Terence Graham si confessa

faceva bella mostra di sé una foto dell’attore in questione. Candy la osservò con attenzione, riuscendo ad arrossire anche di fronte ad una semplice foto, poi notò un particolare che le riempì il cuore di calore come solo lui sapeva fare. Nella foto Terence indossava una camicia chiara e al posto della cravatta aveva messo un nastro, ma non uno qualunque. Quando Candy aveva “rubato” la giacca del suo pigiama aveva lasciato nella valigia di Terence uno dei nastri che usava per domare i suoi ricci ed era proprio quella sottile striscia di velluto verde che lui aveva annodato intorno al collo.

- Oh Terry … riesci sempre a fregarmi! Però hai un’espressione alquanto strana, sembri sul punto di andartene, la tua solita insofferenza alle domande, ho indovinato?

Candy parlava da sola sulla strada di ritorno verso la Casa di Pony, commentando l’articolo su Graham. In realtà non c’era nessuna confessione come sbandierato dal titolo. Terence si diceva molto soddisfatto e orgoglioso del successo ottenuto in Europa e anticipava che la prossima stagione avrebbe visto il suo ritorno nei panni di Romeo Montecchi. L’articolo si chiudeva con l’ipotesi che Graham non avesse solo raccolto onori professionali in Europa, ma avesse anche ritrovato l’amore con Miss Candice W. Ardlay. L’attore non aveva però né confermato né, a dir la verità negato, il fidanzamento con la bionda in questione di cui al momento si erano perse le tracce.

- Ci mancherebbero i giornalisti qui alla Casa di Pony! – esclamò Candy entrando in cucina per aiutare Miss Pony a preparare il pranzo.

- Di quali giornalisti stai parlando? – domandò Miss Pony che aveva sentito Candy pronunciare quella parola.

- Ormai Terence è diventato molto famoso e appena si è diffusa la notizia di un suo probabile fidanzamento la stampa si è messa subito alla ricerca di notizie certe. Per fortuna nessuno sa che mi trovo qui altrimenti avremmo i fotografi appostati sulla collina! – esclamò Candy pensierosa.

- Se arriveranno i giornalisti vorrà dire che offriremo loro una bella tazza di tè! – disse suor Lane mentre apparecchiava la tavola, aiutata dai bambini più grandicelli.

Terminato il pranzo, suor Lane accompagnò i piccoli a fare un riposino mentre i più grandi si recarono con Miss Pony nella stanza della lettura. Qui era stata allestita infatti una piccola biblioteca dove i ragazzi avevano libero accesso ai classici della letteratura americana ed europea. Candy rimase in cucina a sistemare le ultime cose rimaste.

Quando suor Lane ebbe addormentato i piccoli, cercando di non far rumore abbandonò la parte della casa riservata alle camere e, attraversando un lungo corridoio, si stava dirigendo verso la biblioteca quando, passando davanti ad una finestra, notò qualcosa di strano. Infondo al vialetto che conduceva alla Casa di Pony si era fermata in quel momento un’automobile che la suora non conosceva. Attese un po’ per vedere se qualcuno si sarebbe deciso ad uscire e la persona che riconobbe al primo sguardo, nonostante fossero passati molti anni dalla prima volta in cui si erano visti, la lasciò letteralmente senza fiato! Corse immediatamente a chiamare Miss Pony, cercando comunque di non fare rumore per non svegliare i bambini. Si affacciò trafelata alla porta della biblioteca dove regnava il più assoluto silenzio e, sbracciandosi, tentò di far capire ad una Miss Pony a dir poco sbigottita nel vedere la suora in un atteggiamento poco consono alla sua indole, di seguirla all'istante.

- Suor Lane si può sapere che cos’ha da agitarsi tanto? Non l’ho mai vista in questo stato! – esclamò Miss Pony la quale trovò la risposta alla sua domanda non appena ebbe riconosciuto la persona che, ferma vicino all’auto infondo alla strada, sembrava incerta sul da farsi.

- Oh Santo Cielo! Dobbiamo subito avvisare Candy, presto! – esclamò Miss Pony anche lei a quel punto in preda all’agitazione.

Le due donne si diressero velocemente verso la cucina dove la loro cara ragazza aveva appena terminato le sue faccende e rimase molto sorpresa nel trovarsele davanti così accalorate, apparentemente senza alcun motivo.

- Miss Pony, suor Lane, è successo qualcosa? Mi sembrate molto agitate … qualche bambino non sta bene? – chiese Candy preoccupata.

- No Candy, i bambini stanno tutti bene! – si affrettò a tranquillizzarla la suora, sapendo che il vero motivo della loro inquietudine avrebbe sicuramente agitato anche la ragazza.

- Candy vedi … qui fuori c’è una persona che molto probabilmente, anzi direi sicuramente, sta cercando te. Faresti bene a dare un’occhiata, ma … con calma – le riferì a fatica Miss Pony, in ansia per la possibile reazione di Candy.

- Una persona per me? Chi può essere che ha addirittura il potere di sconvolgervi a tal punto, il Presidente degli Stati Uniti! – si chiese Candy sorridendo, dirigendosi curiosa verso la finestra della cucina. Tuttavia da quella posizione non riusciva a vedere bene e poté scorgere solamente una parte dell’auto.

- Non vedo nessuno, c’è solamente un’auto ferma all’inizio della strada … anche se mi sembra di sapere a chi appartiene … – la voce di Candy si fece improvvisamente lieve e tremante. Rimase per un attimo immobile di fronte alla finestra, poi d’improvviso si diresse verso un’altra finestra da dove era sicura avrebbe goduto di una vista migliore e fu così che non ebbe più alcun dubbio sulla persona che la stava cercando.

- Oh mio Dio! – esclamò gettandosi di corsa verso il portone d’ingresso. Una volta aperto venne inondata dal bagliore del sole e dovette impiegare qualche secondo per mettere a fuoco la figura che si stava incamminando su per il sentiero. Appena lo vide gridò con tutta la forza che aveva:

- Terryyyyy!

Era proprio lui che le stava andando incontro, percorrendo quella leggera salita con una mano in tasca e l’altra che teneva la giacca abbandonata sulla spalla. Appena si sentì chiamare alzò gli occhi e la vide e, nonostante avesse il sole alle spalle, anche lui si sentì accecato da una luce sfolgorante. Si fermò a metà strada, gettando la giacca a terra e spalancando le braccia, invitandola, con un sorriso che Candy vedeva per la prima volta così splendente, ad andare da lui. Candy si gettò a perdifiato lungo la discesa, tantoché Terence fece fatica a rimanere in piedi quando l’accolse tra le braccia, sollevandola e facendola volteggiare nell’aria prima di rimetterla giù.

- Non ci posso credere … sei proprio tu, ma che cosa ci fai qui? – gli chiese Candy che non riusciva più ad articolare le parole e i pensieri, piangendo e sorridendo contemporaneamente.

- Sono venuto a trovarti Lentiggini, non sei felice? – le domandò Terence anch’egli visibilmente emozionato.

- Oh Terry … - riuscì solamente a dire Candy stringendosi disperatamente a lui.

Rimasero immobili per qualche minuto, incollati l’uno all’altra, mentre Miss Pony e suor Lane li osservavano commosse di fronte al manifestarsi di quell’amore così puro e intenso.

- Andiamo sulla collina? – mormorò ad un tratto Candy ancora immersa tra le sue braccia.

- Forse prima dovrei salutare le padrone di casa, non credi?

- Lo farai dopo, sono sicura che capiranno! – esclamò Candy prendendolo per mano e iniziando a correre verso il pendio.

Arrivarono in cima quasi senza fiato, un po’ per la corsa, un po’ per la forte emozione di rivedersi. Candy si appoggiò con la schiena al tronco della grande quercia per non cadere a terra e Terence fece lo stesso.

- Sono fuori allenamento Lentiggini, così mi farai morire d’infarto!

Ci fu un attimo di silenzio. Erano entrambi appoggiati all’albero, spalla contro spalla, tentando di riprendere fiato. D’un tratto si voltarono e si guardarono. Terence senza staccarsi dai suoi occhi si portò davanti a Candy e la imprigionò allungando le braccia da un lato e dall’altro.

- Non riesco a credere che sei qui! – gli sussurrò lei.

Senza dire una parola, Terence si piegò verso il suo viso e la baciò.

- Adesso ci credi? – le chiese dopo averle liberato le labbra.

Candy sorrise imbarazzata e gli chiese quando era partito e perché non era venuto in treno. Era da pazzi aver guidato da solo dovendo fare tutta quella strada!

- Ieri pomeriggio. Ho fatto solo una sosta di un paio d’ore, ma non vedevo l’ora di arrivare … con il treno avrei impiegato molto più tempo e sarebbe stato difficile passare inosservato. Non volevo correre il rischio di arrivare qui con uno esercito di giornalisti al seguito!

- Ma le interviste che avevi in programma e la tua conferenza stampa? – gli chiese Candy che tornando in sé iniziava a mettere a fuoco la pazzia che aveva fatto Terence per vederla.

- Ho fatto una delle interviste in programma mentre l’altra sono riuscito a rimandarla … mentre la conferenza stampa di domenica è confermata.

- Quindi dovrai ripartire ed essere a New York per domenica? Questo vuol dire che dovrai fare New York-La Porte e La Porte-New York nel giro di 3-4 giorni? – chiese Candy preoccupata considerando che ciò significava percorrere quasi 1500 miglia in poco tempo.

- Sono abituato a viaggiare, non ti preoccupare e poi … ho l’impressione che ne sia valsa la pena! – le sussurrò baciandola di nuovo.

Scivolarono seduti sull’erba, abbracciati, ancora increduli di potersi godere quel momento. Erano per la prima volta insieme su quella collina di cui Candy gli aveva parlato tante volte e che lui aveva visitato, da solo, in uno dei momenti più tristi della sua vita. Per pochissimo non si erano incontrati. Candy ricordava la delusione profonda di non trovarlo al suo arrivo alla Casa di Pony. Aveva attraversato l’oceano solo per rivederlo, aveva promesso a se stessa che ci sarebbe riuscita e che gli avrebbe detto che lo amava.

- Quando sei stato qui la prima volta, la collina era ricoperta di neve, c’erano ancora le tue impronte ma sono arrivata troppo tardi. Te ne eri già andato. Avevo fatto un viaggio molto avventuroso, mi ero imbarcata come clandestina pur di poter tornare in America e rivederti.

- Cos’hai fatto? Ti sei imbarcata come clandestina? E ora rimproveri me perché ho preso la macchina e ho fatto qualche miglio per raggiungerti? – le chiese Terence non sapendo se ridere o arrabbiarsi di fronte alla caparbietà della sua Lentiggini.

- Non avevo scelta, non avevo soldi sufficienti e ho dovuto fare parte del viaggio nascosta nella stiva fino a quando non mi hanno scoperto …

- Vuoi dire che hai viaggiato su un mercantile? Candy ti rendi conto di quello che hai rischiato? I marinai che lavorano su certe navi non sono di sicuro famosi per le loro maniere gentili!

- Beh invece con me lo sono stati, ho trovato solo persone che mi hanno aiutato, sono stata fortunata – disse Candy con un filo di voce avendo compreso che Terence era rimasto fortemente turbato dal suo racconto.

- Non potevi chiedere aiuto agli Ardlay, ai tuoi cugini … accidenti Lentiggini se ti fosse successo qualcosa io … non me lo sarei mai perdonato, cosa avrei fatto … - la rimproverò Terence visibilmente arrabbiato, finendo poi per abbracciarla più forte che poteva come se lei fosse ancora in pericolo.

- Volevo farcela da sola, come avevi fatto tu! – mormorò Candy con il viso sprofondato nel suo petto.

- Sei proprio una testona lo sai? – le disse Terence dandole un leggero colpo sulla fronte – Adesso andiamo altrimenti penseranno che ti ho rapito!

Si incamminarono mano nella mano verso la Casa di Pony. Tutta la natura intorno sembrava inchinarsi al loro passaggio, di fronte a quell’amore finalmente libero di mostrarsi al mondo. Il sole caldo e limpido del pomeriggio risplendeva nei loro occhi e una leggera brezza accarezzava la loro pelle, benedicendo quell’unione di anime unite dall’eternità.

- Miss Pony, suor Lane non potete immaginare quanto io sia felice di rivedervi, ma anche questa volta devo chiedervi perdono per essere arrivato qui senza alcun preavviso. Vi assicuro che non è mia abitudine, ma … volevo fare una sorpresa a Candy – si scusò Terence entrando nel salotto dove lo attendevano, trepidanti quasi quanto Candy, le due direttrici.

- Signor Graham, lei è sempre il benvenuto, non si deve scusare – disse per prima suor Lane, porgendogli la mano che Terence strinse con sincero affetto, pregandola di chiamarlo solo con il suo nome.

Miss Pony gli si fece incontro invece senza dire una parola e lo strinse in un abbraccio carico di commozione. Terence dovette piegarsi per assecondarla, avvertendo la stessa emozione.

- E’ cresciuto molto … è diventato un uomo, le foto sui giornali non le rendono giustizia – commentò Miss Pony sorpresa, squadrandolo dalla testa ai piedi.

- Dobbiamo farle i complimenti per il grande successo ottenuto con l’Amleto, ormai la sua fama ha oltrepassato l’oceano. Candy ci ha raccontato che anche in Europa l’accoglienza è stata eccezionale – continuò Miss Pony.

- Vi ringrazio molto, spero che Candy non abbia esagerato … diciamo che le cose sono andate meglio del previsto.

In quel momento il pianto di un bambino, seguito subito da un altro, si fece sentire lungo il corridoio. Suor Lane chiese a Candy di aiutarla con i piccoli, evidentemente qualcuno si era svegliato. Candy uscì dopo aver lanciato uno sguardo d’intesa a Terence che rimase da solo con Miss Pony.

- Devo dire che la sorpresa non l’ha fatta solo a Candy. Non ci aspettavamo di vederla prima di domenica – esordì la donna, dopo aver offerto a Terence del tè.

- Non so che cosa Candy vi abbia raccontato, ma … le confesso che da quando ci siamo rivisti a Londra riusciamo a stare lontani con molta difficoltà, per questo ho deciso di anticipare la mia visita – le confidò Terence con un leggero imbarazzo.

- Capisco.

Ci fu un attimo di silenzio. Terence osservava la donna e aveva l’impressione che stesse pensando a qualcosa ma non sapesse come dirlo.

- Vuole forse dirmi qualcosa Miss Pony? La prego, lo faccia. Sono qui anche per questo – le disse con voce ferma e sicura stavolta.

- Da quando Candy è arrivata qui l’ho vista piangere, dopo aver parlato al telefono con lei. Non era quello che mi aspettavo, soprattutto dopo la lettera entusiasta che mi aveva scritto da Londra. So che Candy ha parlato con suor Lane e le ha spiegato che, come ha detto lei, la lontananza in questo momento è molto difficile da sopportare. Ma sono sicura che lei capirà, Terence, se le dico che il mio più grande desiderio è di vedere quella ragazza finalmente felice, senza dubbi né paure. Lei crede di poterlo fare? Ritiene di essere in grado di renderla felice e serena?

Miss Pony aveva parlato come suo solito con estrema franchezza e senza giri di parole, andando dritta al punto. Cosa che Terence apprezzava molto perché anche lui era solito affrontare in quel modo i problemi, per cui non rimase sorpreso di fronte alle domande della donna, anzi fu ben lieto di risponderle.

- Sì Miss Pony, ritengo di essere l’unica persona al mondo che possa rendere felice Candy. Non dico questo per presunzione mi creda. E’ semplicemente l’immenso amore che provo per lei a darmi il diritto di parlare in questo modo. So di averla fatta soffrire e sicuramente voi avete assistito e condiviso il suo dolore, ma anch’io ho sofferto molto quando ci siamo dovuti separare. E’ stato l’errore più grave che potessi fare, permetterle di andarsene, avrei dovuto fermarla e non l’ho fatto. Ma se il nostro sentimento ha resistito tutti questi anni, diventando se possibile ancora più forte, credo che adesso non abbiamo altra scelta se non quella di stare insieme. Ho promesso a Candy che niente e nessuno si metterà più tra noi e anche se il passato a volte tornerà cercando di farci soffrire ancora, sono sicuro che insieme riusciremo ad affrontare tutto. Candy mi ha detto al telefono, piangendo è vero, che aveva bisogno di me ed è per questo che sono qui, per dimostrarle che ogni volta che avrà bisogno di me io ci sarò.

- Non mi fraintenda Terence, non metto assolutamente in dubbio i vostri sentimenti. Avevo capito quanto erano forti già la prima volta in cui venne qui per vedere dove Candy era cresciuta. Ho sempre spronato Candy a non abbattersi e a credere che nella vita, finché si è vivi, è possibile trovare la felicità quando meno te l’aspetti. Quando è partita per l’Europa, pur non conoscendo cosa le avesse scritto in quella lettera che era arrivata una settimana prima, sapevo che stava cercando lei. Ho temuto di vederla tornare in lacrime e quando l’altra sera l’ho vista piangere … lei capisce che …

Terence la interruppe dicendole – Ho scritto a Candy che per me non è cambiato niente! Le sembrerà assurdo forse, ma io non mai ho smesso di pensare a lei e l’ho sempre considerata l’unica donna della mia vita. Forse se le raccontassi che cosa ha significato per me conoscerla … Candy mi ha fatto capire cosa vuol dire amare ed essere amati. Mi ha fatto credere di essere una persona migliore di quello che sembravo e le confesso che tutto quello che ho ottenuto, anche professionalmente, lo devo a lei, perché ciò che mi ha fatto andare avanti e lottare, anche quando ogni cosa sembrava perduta, è stato solo il pensiero di rendere Candy orgogliosa di me. Ora l’unica cosa che voglio è poterle dare finalmente la felicità che merita e per questo è mia intensione sposarla al più presto, sempre che voi siate d’accordo.

- Di fronte a tanta determinazione non credo si possa fare la benché minima obiezione! – esclamò Miss Pony aprendo in un sorriso il volto che era apparso teso fino ad allora.

Anche Terence le rivolse un sorriso affettuoso e proprio in quel momento fecero ritorno Candy e suor Lane.

- Cara sorella si ricorda ancora come si organizza un matrimonio? – chiese Miss Pony alla suora che guardò Candy sgranando gli occhi.

La ragazza teneva in braccio la bambina responsabile del pianto che avevano udito poco prima. Si trattava della piccola Grace che, sentendo parlare di matrimonio e vedendo quel ragazzo sconosciuto, aveva immediatamente compreso di chi poteva trattarsi. Fece cenno a Candy di voler scendere e si diresse sicura verso l’estraneo, mettendosi davanti a lui con aria indagatrice.

- Ciao – la salutò Terence piegandosi leggermente in avanti perché, pur essendo seduto, rimaneva più in alto della piccola.

- Tu sei il fidanzato di Candy? – gli chiese la bambina.

- Credo di sì, mi chiamo Terence. E tu chi sei?

- Grace.

- Hai un bellissimo nome Grace! – esclamò Terence cercando di conquistarla.

La piccola continuò a guardarlo per un po’, piegandosi a destra e a sinistra per osservarlo meglio. Poi si avvicinò a Candy e le disse qualcosa all’orecchio, facendola sorridere. Terence le rivolse uno sguardo interrogativo ma Candy gli fece capire che era una cosa tra donne che non poteva rivelare.

- Terence credo che sarà molto stanco visto il lungo viaggio che ha dovuto affrontare. Candy perché non gli mostri una delle stanze ancora libere, così potrà riposarsi prima di cena. Naturalmente sarà nostro ospite per tutto il tempo che vorrà fermarsi a La Porte – disse Suor Lane respingendo le obiezioni del ragazzo che riteneva di poter alloggiare anche in albergo, per non dare loro troppo disturbo. Ma le due donne non vollero sentire ragioni e Candy fu ben felice di accompagnarlo in quella che sarebbe stata la sua stanza.

Dopo aver consegnato la piccola Grace alle cure di Miss Pony, Candy fece strada a Terence lungo il corridoio che portava alle camere, facendogli segno con il dito di non fare confusione perché alcuni bambini stavano ancora dormendo. Terence da parte sua quasi tratteneva il respiro, non tanto per riguardo ai bambini, piuttosto perché l’idea di essere di nuovo sotto lo stesso tetto con Candy non lo faceva stare troppo tranquillo. Arrivati nella stanza Candy aprì una finestra per far entrare un po’ d’aria e Terence le si avvicinò sedendosi sul davanzale e attirandola a sé, intrappolandola in mezzo alle sue gambe. La luce del sole le illuminava il volto, facendo risplendere il verde dei suoi occhi che apparivano come due laghi limpidi in cui tuffarsi. Le prese le mani e se le portò alle labbra per baciarle.

- Miss Pony ti ha fatto il terzo grado? – gli chiese Candy, intuendo che se Terence aveva rivelato alla donna i loro progetti di matrimonio probabilmente lei aveva avanzato qualche dubbio.

 - No … solo qualche domanda a cui sono stato felice di rispondere.

- Che cosa ti ha chiesto?

- Te lo dico, ma in cambio voglio sapere cosa ti ha bisbigliato la piccola Grace all’orecchio – le disse Terence che moriva dalla curiosità.

- E’ solo una bambina di quattro anni! – tentò di opporsi Candy ma Terence non sembrava voler cedere per cui – Ieri, quando ha saputo che sarebbe arrivato il mio fidanzato, mi ha chiesto se … fosse bello, perché lei non avrebbe mai scelto un fidanzato brutto. Così oggi quando ti ha visto mi ha dato la sua opinione.

- Che sarebbe? – le chiese Terence con un sorrisetto malizioso, pregustando già il giudizio della sua piccola ammiratrice.

- Che sei “molto bello”! – esclamò Candy alzando gli occhi al cielo, sapendo che Terence era capace di farle pesare anche l’apprezzamento di una bambina.

Terence scoppiò a ridere soddisfatto, ma Candy gli ricordò subito del loro patto per cui doveva rivelarle cosa gli aveva chiesto Miss Pony.

Terence allora tornò serio e le disse – Mi ha chiesto se penso di essere in grado di renderti felice.

Candy lo guardò stupefatta, non pensava che Miss Pony sarebbe stata così diretta e soprattutto la rattristò il fatto che la cara donna potesse nutrire dei dubbi nei riguardi di Terence.

- Non giudicarla male Candy, ho insistito io perché mi dicesse cosa le passava per la mente, così ho potuto risponderle.

- Posso sapere che cosa le hai detto? – gli chiese Candy appoggiando le sue mani sulle spalle del ragazzo.

- Che sono sicuro di essere l’unica persona al mondo che può renderti felice, perché non ho mai smesso di amarti nonostante tutto, perché oggi ti amo forse ancora di più e che sono venuto qui perché tu mi hai detto al telefono che avevi bisogno di me e io voglio che tu sappia che ci sarò sempre, ogni volta che sentirai la necessità di avermi vicino.

Candy sorrise e gli rivolse uno sguardo colmo d’amore, sfiorando con un bacio leggero le sue labbra.

- In verità … c’è anche un altro motivo per cui sono qui.

- E quale sarebbe?

- Anch’io ho bisogno di te! – le sussurrò Terence all’orecchio, prima di stringerla tra le braccia.

 

Dopo la cena Candy con l’aiuto di Terence, che non aveva intensione di fare la parte dell’ospite, sistemò la cucina mentre Miss Pony e suor Lane accompagnarono i bambini a dormire.

- Sono sicura che non hai mai visto un cielo pieno di stelle come quello che c’è qui a La Porte! – esclamò Candy invitando il ragazzo ad uscire.

La campagna circostante era quasi del tutto immersa nel buio, si potevano solo scorgere in lontananza le poche luci che illuminavano il paese. L’aria tiepida, profumata di erba fresca, risuonava del canto dei grilli.

Candy e Terence si sedettero su un dondolo in legno posizionato di fianco alla casa ed effettivamente lo spettacolo di quel cielo di velluto punteggiato di milioni di piccoli diamanti era qualcosa di unico. Terence semisdraiato per osservarlo meglio ne rimase estasiato. Anche Candy si era persa in quel blu, ma la persona che le sedeva accanto emanava una tale carica magnetica che non riusciva a non guardarla. Si voltò verso Terence, accarezzandone il profilo con gli occhi. Lui sembrava non essersene accorto e continuava ad osservare le stelle cercando di riconoscere le costellazioni, pronunciandone il nome ed indicandola quando riusciva ad individuarne una: l’Orsa Maggiore, la costellazione del Leone, Cassiopea …

- Le conosci tutte? – gli chiese Candy

- Solo alcune. Quando arrivai alla compagnia Stratford, durante le pause tra una prova e l’altra, mi piaceva salire sul tetto del teatro ed osservare il cielo, in compagnia della mia armonica.

- E mi pensavi un po’? – osò chiedere Candy timidamente.

- Sempre! – le rispose deciso, voltandosi per guardarla negli occhi.

- Buonanotte ragazzi, noi andiamo a dormire – dissero suor Lane e Miss Pony chiudendo la finestra del salotto.

Anche loro augurarono la buona notte alle due donne, ma entrambi non avevano per niente sonno e decisero di restare ancora un po’ lì fuori.

- Domani ti porto a vedere le bellezze che nasconde questo piccolo angolo di paradiso. Se risaliamo la collina e poi scendiamo dall’altra parte possiamo arrivare fino a Pine Lake e fare un giro in barca. Giuro che non ti farò stancare, penserò a tutto io. Lo so che dopo una tournée come quella che si è appena conclusa hai bisogno di riposo, non è così? Questo è il luogo ideale per prendersi una pausa … ma … perché mi guardi così? Ho detto qualcosa di strano?

Terence infatti la fissava serio, ascoltando in silenzio tutti i suoi progetti per il giorno dopo. D’un tratto le sorrise dicendole:

- Mi piace molto quando ti prendi cura di me, Lentiggini. Anche se poi finisci sempre per combinare qualche guaio!

- Non è affatto vero … sei tu che ti diverti a prendermi in giro e non capisco perché! – esclamò Candy che con il suo caratterino riusciva a prender fuoco in un attimo.

- E’ semplice, per farti arrabbiare e poi fare pace – le sussurrò avvicinandosi pericolosamente al suo viso.

Candy pensò che stesse per baciarla, ma Terence non lo fece, temendo in quel momento di risvegliare il desiderio di lei che giorno dopo giorno diventava sempre più difficile da tenere a bada. Non poteva di sicuro permettersi di superare il limite proprio lì alla Casa di Pony. Le dette un leggero bacio sulla fronte suggerendo di andare a dormire.

- S’è fatto così tardi che tra poco dovremo dir ch’è troppo presto![11]- scherzò Terence citando Shakespeare.

Faticarono a prendere sonno e si addormentarono cullati entrambi dal pensiero di ritrovarsi di nuovo insieme la mattina dopo.

 


Capitolo trentaquattro

Insieme



Pine Lake


La Porte, Indiana

mercoledì 19 maggio, 1920

 

Appena Terence si svegliò, impiegò qualche minuto per mettere a fuoco dove si trovasse. Quando finalmente ricordò di essere alla Casa di Pony, saltò giù dal letto deciso a correre dalla sua Lentiggini per darle il buongiorno. Si vestì in tutta fretta e uscì dalla stanza, dirigendosi verso la camera di Candy che però trovò vuota. La ragazza evidentemente si era già alzata. Terence esitò un istante, ma poi, spinto dalla curiosità, si decise ad entrare. Il dolce profumo di Candy che sembrò dargli il benvenuto lo fece sorridere. Fece qualche passo guardandosi intorno, riconoscendo alcuni oggetti che parlavano di lei ed anche la giacca del pigiama che gli aveva rubato adagiata sul cuscino. Dopodiché i suoi occhi si spostarono verso il comodino, notando qualcosa che lo fece rimanere a bocca aperta. Vide infatti un piccolo portafotografie, lo prese in mano per osservare meglio l’immagine che custodiva e in quel momento entrò Candy.

- Che ci fai nella mia stanza? – lo rimproverò la ragazza bonariamente.

Terence non rispose, restando in piedi, immobile davanti al comodino e continuando ad osservare quella fotografia. Candy allora gli si avvicinò e gli disse quasi sussurrando:

- Questa fotografia mi ha fatto compagnia per molti anni. La portavo sempre con me, infatti è abbastanza rovinata. Però … l’ho sempre tenuta nascosta, fino a qualche giorno fa. Quando sono arrivata qui ho deciso che finalmente potevo mostrarla a tutti, senza più sentirmi in colpa per questo.

- Risale a molto tempo fa. Se non sbaglio è stata scattata dopo il Re Lear, quando sono salito per la prima volta sul palcoscenico, interpretando il Re di Francia – constatò Terence, colpito dal fatto che per quasi sei anni Candy l’avesse custodita come un tesoro prezioso.

Ripose il portafotografie sul comodino e le si avvicinò dicendole:

- Ogni volta che scopro qualcosa di nuovo riguardo agli anni in cui siamo stati lontani, mi rendo conto di quante cose mi sono perso. Vorrei poter rimediare, ma so che certi momenti non possono tornare.

- Adesso siamo insieme, dobbiamo pensare solo a questo da ora in poi! – esclamò Candy, sentendo di amarlo come non mai. Poi lo prese per mano e si diressero insieme verso la cucina.

Dopo la colazione il programma della giornata prevedeva, come stabilito la sera prima, una passeggiata a cavallo fino a Pine Lake e un bel giro in barca.

- Vediamo se riesci a starmi dietro Graham! – lo sfidò Candy spronando il suo cavallo.

- Non barare Lentiggini, sei partita prima! – le gridò Terence lanciandosi subito all’inseguimento.

Dopo una cavalcata furibonda attraverso i boschi giunsero nei pressi del lago.

- Vittoria! – esclamò Candy soddisfatta di essere arrivata per prima – E dal momento che hai perso remerai tu!

- Grazie davvero … per fortuna non volevi farmi stancare – replicò Terence.

- Ti sei riposato abbastanza questa mattina, pigrone!

- Ma senti … a questo punto avrei fatto meglio a restare a New York!

- Non dirlo neanche per scherzo – gli sussurrò Candy abbracciandolo, una volta scesi da cavallo.

Terence condusse la piccola imbarcazione fino al centro del lago, dopodiché depose i remi all’interno e si sdraiò appoggiando la schiena al bordo, con gli occhi chiusi. Candy che era seduta dalla parte opposta lo osservava e, come succedeva ormai ogni volta che si trovava da sola con lui, si sentiva percorsa da una strana agitazione che le confondeva i pensieri e la spingeva ad andargli vicino.

D’improvviso Terence aprì gli occhi e la sorprese con la faccia imbambolata e lo sguardo su di lui.

- Mi stavi spiando Lentiggini? – le chiese con quella sua solita aria sfrontata.

Candy presa alla sprovvista non seppe cosa rispondere, poi si riprese e ribatté che essendo proprio davanti a lei non poteva evitare di guardarlo.

Anche Terence adesso la fissava con uno strano sorriso che lei non riusciva bene a comprendere.

- Potremo fare il bagno – suggerì il ragazzo.

- Non credo sia il caso! – esclamò Candy sentendo salire il suo nervosismo.

- Perché no? L’acqua sembra piuttosto calda – disse Terence immergendo una mano nelle acque trasparenti del lago e schizzando Candy.

La ragazza lo ripagò con lo stesso gesto e finirono per bagnarsi quasi come se avessero davvero fatto un tuffo, ridendo come due bambini. Intanto Terence si era avvicinato mettendosi seduto al centro della barca, invitando Candy a fare lo stesso. Quando lei si fu seduta davanti a lui, entrambi con le gambe incrociate, Terence le prese le mani e le disse:

- Avevi ragione … questo posto sembra proprio un piccolo paradiso. Mi domando se ho il diritto di chiederti di lasciare tutto per venire con me a New York. Riuscirai a sopportare la lontananza da quella che credo tu consideri la tua famiglia? Io non posso neanche immaginare che cosa significa avere un luogo dove si è cresciuti circondati dall’affetto e doversene andare. Ma temo che per te non sarà facile e non so se il mio amore basterà a colmare la mancanza di tutto ciò che hai qui.

- Oh Terry, perché ti fai venire questi dubbi ora! Mi sono allontanata altre volte dalla mia famiglia e per motivi molto meno piacevoli, te lo assicuro. Non vedo l’ora di condividere ogni istante della mia vita con te e questo è più che sufficiente a scacciare ogni mia esitazione! Anzi, proprio a proposito di questo io … volevo dirti una cosa. E’ un’idea che mi è venuta questa notte, mentre non riuscivo a prendere sonno e spero che tu sia d’accordo con me.

Terence la guardava con aria interrogativa, notando come Candy esitasse a rivelargli cosa aveva in mente la incoraggiò con un sorriso, togliendole dal viso una ciocca di capelli bagnati.

- Probabilmente dopodomani partirai par tornare a New York, non è così? – gli chiese con il respiro che si faceva più corto.

Terence annuì.

- Beh ho pensato che … potrei venire con te.

- Candy … - mormorò Terence sorpreso da quella richiesta.

- Prometto che non ti darò fastidio, potrei stare in albergo, visitare la Facoltà di medicina e mi piacerebbe molto vedere la casa che … Non sei d’accordo vero?

- Sarei felicissimo se tu venissi con me, ma … non vorrei si creassero problemi con gli Ardlay, ancora non mi conoscono e se si venisse a sapere … e Miss Pony e suor Lane che direbbero …

- Terry quando mai ti sei preoccupato di queste stupide convenzioni? Se non vuoi che venga con te dillo chiaramente! – ribatté Candy piuttosto delusa.

- Sei sicura di voler venire a New York?

- Sì!

- Allora va bene, però starai da Eleanor, mi ha già detto che sarebbe molto felice di ospitarti.

- Evviva! – esultò Candy, con un salto, agitandosi un po’ troppo tanto che la barca iniziò ad ondeggiare pericolosamente e rischiarono di finire in acqua sul serio.

- Lentiggini mettiti giù! – gridò Terence cercando di aiutarla tenendola per una mano e sfruttando l’occasione per farla cadere tra le sue braccia.

Tra i due calò improvvisamente il silenzio, niente più scherzi d’acqua e risate. Candy appoggiata con la schiena al petto di Terence se ne stava immobile. Sentiva sulla sua tempia la guancia del ragazzo e il suo respiro regolare al contrario del proprio che aumentava il ritmo nonostante lei facesse di tutto per rallentarlo.

- Lo sai che quando Eleanor venne a trovarmi in Scozia, mi chiese di andare con lei in America per studiare recitazione?

- Ma tu non sei andato … perché?

- Perché avevo trovato qualcosa che mi coinvolgeva più del teatro – mormorò Terence.

- Qualcosa che ti coinvolgeva di più? – ripeté Candy incredula.

- Non ti viene in mente niente?

- Forse ho capito, ma penso che tu mi stia prendendo in giro come al solito. Non credo che tu abbia rinunciato ad una tale opportunità per …

- … te! – concluse Terence.

Candy si voltò per guardarlo, la sua espressione era decisamente seria, non sembrava affatto scherzare.

- L’unica cosa che volevo in quel momento era tornare a Londra con te e trascorrere più tempo possibile insieme, come avevamo fatto durante le vacanze estive. Anche se non ci eravamo dati un vero e proprio appuntamento, nella pausa dopo il pranzo ci incontravamo sempre sulla collina, non ti ricordi?

- Ogni giorno correvo a perdifiato per raggiungerti, lasciando da sole Annie e Patty che arrivarono a pensare ce l’avessi con loro. Finché Eliza non ci ha scoperti … sai che li ho incontrati a Chicago … i Lagan? Quando Eliza ha notato questo anello ha pensato bene di prendermi in giro insinuando che me lo fossi regalata da sola, dal momento che non ho alcun pretendente secondo lei!

- Non sanno ancora di noi? – le chiese Terence che a sentire quel nome aveva istintivamente stretto i pugni.

- La zia Elroy non vuole rivelare chi sia il mio fidanzato fino a quando non avrà fatto la sua conoscenza e deciso se approvare o meno le nozze.

- C’è il rischio che lei non approvi? – chiese Terence alquanto stupito.

- La zia ha delle regole molto ferree e se non corrisponderai ai suoi criteri di “buon partito” dovrai cercarti un’altra fidanzata! – scherzò Candy canzonandolo e suscitando in lui lo stesso desiderio.

- Non credo proprio che esista a questo mondo una donna che sia in grado di resistere al mio indiscutibile fascino, fosse anche la arcigna zia Elroy!

- Che sei un grande antipatico e presuntuoso te l’ho già detto?

- Sì, circa un milione di volte e un giorno o l’altro te la farò pagare!

Candy rispose con una leggera gomitata nello stomaco che Terence finse di incassare con difficoltà, accusandola di essere sempre la solita manesca.

- A volte può essere utile sapersi difendere, soprattutto quando ci sono sbruffoni in giro! – gli rispose la ragazza con una mezza linguaccia.

A Terence quella frase fece venire in mente tutte le volte che era intervenuto per difenderla da quell’idiota di Neal Lagan.

- C’era anche Neal dagli Ardlay? – le chiese improvvisamente.

Candy rispose solamente di sì senza aggiungere altro perché non voleva toccare quell’argomento: era consapevole che avrebbe dovuto rivelare a Terence quanto era successo con Neal, perché prima o poi lo avrebbe saputo e forse sarebbe stato peggio. Anche se si trattava di un fatto accaduto ormai molti anni prima, temeva la reazione del ragazzo. Si ricordava di quante volte fossero giunti alle mani e sapeva che molto probabilmente si sarebbero dovuti incontrare a Villa Ardlay, in occasione del loro fidanzamento ufficiale. Tuttavia cercò di cambiare discorso.

- Mi ha detto Albert che Archie ed Annie torneranno a Chicago molto presto, forse già la prossima settimana. La zia Elroy vuole assolutamente conoscere i gemelli e Albert pensa che probabilmente cercherà di non farli più partire per Parigi. Sono così felice! Potranno essere presenti al nostro matrimonio, non mi sembra vero!

- Se la cosa ti rende felice, lo sono anch’io, anche se del damerino ne avrei fatto volentieri a meno! Però mi spieghi perché hai cambiato argomento quando ti ho chiesto di Neal?

- Perché sprecare tempo a parlare di lui? Mi sono solo ricordata che non ti avevo detto di Archie ed Annie e così … - Candy tentò di apparire il più possibile naturale ma, come Terence le aveva già detto una volta, non era una grande attrice e la sua voce tradì immancabilmente il suo nervosismo.

Terence si sporse leggermente in avanti per poterla guardare meglio in viso senza dirle niente. Candy non riuscì a sostenere la profondità di quegli occhi blu che sembravano leggerle dentro e abbassò lo sguardo, confermando con quel gesto che non voleva parlare di Neal Lagan.

. Adesso mi dici perché non vuoi parlare di lui! – esclamò Terence e Candy avvertì i muscoli delle sue braccia irrigidirsi intorno a lei.

- Ti sbagli Terry, semplicemente non c’è niente di cui parlare – cercò ancora di evitare l’argomento, anche se sapeva che più tentava di negare e più Terence avrebbe probabilmente reagito male una volta saputo ciò che Lagan aveva tentato di fare.

- Vorrà dire che quando lo vedrò dovrò chiederlo direttamente a lui, ma già so come finirà la discussione con Lagan! – esclamò Terence facendo schioccare insieme le dita delle mani.

Candy sapeva bene che Terence lo avrebbe fatto, avrebbe affrontato Neal e, visto che tra i due il dialogo non era mai andato oltre due parole, era assolutamente convinta che la sua festa di fidanzamento sarebbe terminata con una bella scazzottata. Fece comunque un ultimo tentativo per far tornare Terence sui suoi passi.

- Terry ormai siete due adulti, dovreste aver superato la fase delle scazzottate adolescenziali!

- Credo che certa gente non comprenda nessun altro tipo di linguaggio, se non quello dei pugni in faccia! – disse Terence sentendo aumentare la sua rabbia soprattutto perché aveva capito che Candy continuava a nascondergli qualcosa.

Candy si rese conto che avrebbe dovuto cedere per evitare il peggio, ma non era sicura di essere in grado di trovare le parole giuste per raccontare come Neal si fosse invaghito di lei e cosa avesse escogitato per fare in modo che lei lo sposasse.

- E’ passato tanto tempo, non vedo a cosa possa servire parlarne adesso – disse Candy con un filo di voce.

Terence sospirò e chiuse gli occhi un istante dopo aver avuto la conferma che qualcosa effettivamente era successo con Lagan.

- Ti ascolto! – le disse con la voce tesa che non ammetteva altri indugi.

Candy si alzò e si mise seduta di nuovo davanti a lui, gli prese le mani e si fece promettere che avrebbe ascoltato senza interromperla. Terence acconsentì, ma nei suoi occhi passò per un attimo un lampo di terrore.

- Erano trascorsi pochi mesi da quando tu ed io ci eravamo separati. I Lagan erano riusciti a farmi licenziare dall’ospedale Santa Joanna e lavoravo con il dottor Martin. Non so come sia potuto accadere ma Neal ha iniziato a starmi dietro, faceva in modo di incontrarmi ovunque andassi, quando uscivo dalla clinica e tornavo a casa, quando andavo a fare la spesa. In un modo o nell’altro me lo ritrovavo sempre davanti, finché un giorno mi confessò che … si insomma … si era innamorato di me e voleva che lo sposassi.

- Cosa? – gridò Terence.

- Ti prego Terry, lasciami finire. Io gli risposi chiaramente che avrei preferito morire piuttosto che diventare sua moglie, ma questo lo fece infuriare e così escogitò un piano per obbligarmi ad accettare.

Candy si sentiva mancare il respiro. Guardò Terence pregandolo con la sua espressione di stare calmo e raccolse tutto il suo coraggio per continuare il racconto.

- Una sera, fuori dalla clinica del dottor Martin, trovai un’auto ad aspettarmi con un signore molto distinto che mi consegnò un biglietto. Si trattava di un invito da parte di una persona che voleva parlare con me.

- E tu hai accettato l’invito di Lagan, ci sei andata? – chiese Terence furioso.

- Sì … ci sono andata, ma l’invito non era da parte di Neal, sul biglietto non c’era scritto il suo nome bensì quello di Terence Graham. Tu eri sparito da un po’ di tempo, nessuno sapeva niente di te e io ho pensato …

- Che gran figlio di puttana! – mormorò Terence a denti stretti, coprendosi gli occhi con la mano. Dopodiché prese Candy per le spalle implorandola di dirgli che cosa aveva osato farle quel bastardo.

Era evidentemente fuori di sé e Candy, pur ricordando bene che Neal aveva tentato di baciarla, non ebbe il coraggio di dirglielo in quel momento. Cercò piuttosto di rassicurarlo, giurandogli che non era successo niente, che Neal non le aveva fatto niente e lei alla fine era riuscita a scappare.

Terence la guardava sconvolto da quelle rivelazioni, cercando di capire se davvero Candy gli avesse raccontato tutto. Conosceva bene Neal, sapeva che trovandosi da solo con una ragazza non si sarebbe fatto molti scrupoli. L’idea che addirittura l’avesse attirata in un tranello utilizzando il suo nome lo aveva fatto uscire di senno, ma adesso doveva calmarsi per fare in modo che Candy gli dicesse tutta la verità. Fece uno sforzo per ritrovare un tono di voce calmo almeno in apparenza e si rivolse a lei dicendole:

- Candy io conosco molto bene Neal e credo di sapere che cosa avesse in mente quando ti ha attirato in questo tranello. Inoltre sono convinto che se tu fino ad oggi hai evitato di parlarmene è perché sapevi che quello che realmente è successo quella sera mi avrebbe ferito e fatto arrabbiare. Te lo ripeto, non costringermi a chiederlo a lui, anche perché non potrei fidarmi di ciò che mi direbbe. Dimmela tu la verità. Che cosa ti ha fatto?

- Ascoltami Terry ti prego, è tutto risolto ormai, come vedi non ho sposato Neal. Albert, che proprio in questa occasione ho saputo essere in realtà William Ardlay, è intervenuto riguardo al fidanzamento che non so come la zia Elroy sembrava approvare, forse per motivi di eredità. Dopodiché Neal non ha più osato avvicinarsi a me e ci siamo incontrati pochissime volte durante gli ultimi anni …

- Che - cosa - ti - ha - fatto? – ripeté Terence scandendo le parole una ad una, senza dare ascolto a Candy.

- Ha solamente cercato di baciarmi, ma non c’è riuscito … - balbettò Candy in attesa della sua reazione.

- Io lo ammazzo! – sussurrò Terence voltandosi verso l’acqua.

Candy avvertì improvvisamente gli occhi riempirsi di lacrime, non sopportava di vedere Terry così, ma non sapeva cosa fare. Temeva che un’altra parola l’avrebbe fatto esplodere mentre lei desiderava con tutto il cuore che si calmasse.

- C’è qualcos’altro che dovrei sapere? – le chiese Terence cercando a fatica di controllarsi.

- No Terry.

A quel punto il ragazzo rimise le voghe in acqua e cominciò a muoverle con l’intenzione di tornare a terra, ma Candy lo fermò accarezzandogli una mano con cui stringeva uno dei due remi.

- Aspetta! – gli disse dolcemente.

- Avrei dovuto proteggerti da tutto questo, avrei dovuto davvero scriverlo io quel biglietto e tu saresti tornata da me! E invece sai che cosa stavo facendo mentre Neal cercava di approfittarsi di te? – le chiese Terence anche lui con le lacrime agli occhi per la rabbia.

- Adesso basta! A cosa serve torturarsi così? Lo so cosa stavi facendo, lo so che eri a Rockstown e non mi importa. Quello che conta è che ora siamo qui insieme! – esclamò Candy allungando un braccio per invitarlo a sedere di nuovo vicino a lei.

Terence lasciò i remi e non appena le fu accanto lei lo abbracciò, appoggiando il viso sulla sua spalla. Anche lui la strinse a sé e in pochi istanti si ritrovarono sdraiati sul fondo della barca, cullati dalle tenui increspature del lago.

- Io ti ho raccontato come sono andate le cose, ma ora tu devi promettermi che dimenticherai ogni singola parola e che quando vedrai Neal farai in modo che questa storia non salti fuori.

Terence promise, sapendo già che non avrebbe potuto mantenere quella promessa, soprattutto perché era sicuro che Lagan avrebbe fatto di tutto per vantarsi di quanto era successo. Ma lui conosceva come farlo tacere! Tuttavia, in quel momento, aveva deciso di mettere da parte Neal perché i suoi occhi e il suo cuore erano stati rapiti da altri pensieri. Non sapeva se Candy si stesse rendendo conto di quanto i loro corpi fossero vicini, sdraiati e abbracciati per la prima volta, con le gambe intrecciate, l’uno davanti l’altra. Entrambi avevano indossato quella mattina la loro tenuta da equitazione, ma accaldati dopo quella furibonda cavalcata, si erano liberati delle giacche restando in camicia e pantaloni.

Improvvisamente era calato il silenzio tra loro. Lo sguardo di Terence era ancora un po’ accigliato per la recente discussione ma d’un tratto si distese e un leggero sorriso fece capolino sulle sue labbra, come un timido raggio di sole che spunta fuori dalle nuvole, dopo un temporale. Nel vederlo anche Candy sorrise, ma subito dopo si rese conto che gli occhi del ragazzo si muovevano lungo il suo viso, come per accarezzarlo, prima poggiandosi sulla fronte, poi sulle guance, sulla bocca e poi, scendendo ancora, fino a quella piccola parte di pelle lasciata scoperta dai primi bottoni aperti della camicia. D’un tratto Terence allungò una mano scostandole con un tocco leggero alcuni riccioli intrappolati in una piega del collo, continuando ad accarezzarlo con un dito per poi afferrarlo con tutta la mano, sotto ai capelli. La sensazione che Candy avvertì le fece istintivamente chiudere gli occhi e stringere le mani intorno alle spalle del ragazzo. Terence esitò un istante ma il desiderio di lei divenne in un attimo troppo difficile da controllare. Le sue labbra seguirono gli occhi andando a sfiorare con piccoli baci leggeri prima la fronte, poi le guance, poi la bocca, poi il collo scendendo fino a dove glielo consentiva la scollatura della camicia.

- Oddio … - la sentì mormorare e si allontanò di poco per guardarla negli occhi che lei teneva ora aperti, scintillanti come l’acqua del lago inondata di sole.

Terence poggiò la fronte su quella di Candy e fece scivolare la sua mano dal collo lungo la schiena della ragazza, fermandosi all’altezza della vita, continuando per un po’ ad accarezzarla senza riuscire a smettere. Candy avvertiva il calore della sua mano attraversare il tessuto e non poté resistere all’impulso di baciarlo, stringendosi ancora di più a lui. Fu impossibile per il ragazzo trattenersi ancora e senza quasi rendersene conto la sua mano si fece strada sotto alla camicia trovando la pelle vellutata dei suoi fianchi. Anche Candy aveva liberato alcuni bottoni della camicia di Terence e con una mano accarezzava la sua schiena, non riuscendo a capire come il semplice contatto con la sua pelle potesse provocare in lei tali sconvolgenti e incontrollabili sensazioni.

Intanto alcune onde più insistenti sembravano essersi mosse sulla superficie del lago, tantoché la barca oscillò diverse volte, anche se i due ragazzi non ci fecero molto caso. Ciò che invece attrasse per un attimo l’attenzione di Terence fu uno strano vociare che sembrava avvicinarsi piuttosto rapidamente.

- Candy credo stia arrivando qualcuno – sussurrò a fatica tra i baci, poi alzò la testa per vedere fuori dalla barca.

Appena si rese conto di quello che stava succedendo sorrise amaramente, tornando a sdraiarsi sul fondo della barca.

- Quante probabilità c’erano che in questo momento fosse in atto una gara di canottaggio, Lentiggini?

Terminato di pronunciare quelle parole, circa una decina di canoe sfrecciarono vicino alla loro barca, al ritmo di “un due, un due, un due …”.

Anche Candy si mise a ridere, non tanto per la gara di canottaggio, il suo era infatti un sorriso piuttosto imbarazzato per quello che era appena accaduto tra loro. E l’incanto di quel momento svanì.

- Torniamo indietro?

Terence acconsentì, rimettendosi ai remi, evidentemente a malincuore.

Rimasero in silenzio per un po’, con solo lo sciabordio dell’acqua a cullare i loro cuori. Finché Candy, vedendolo assorto, gli chiese a cosa stesse pensando.

- Vuoi saperlo davvero? – domandò lui senza guardarla.

- Sì.

Allora si voltò, interrompendo la vogata e incollando i suoi occhi a quelli di Candy.

- Sto pensando a cosa sarebbe successo … se non fossimo stati interrotti.

Candy si sentì avvampare e distolse lo sguardo, mentre Terence riprendeva a remare.

Una volta tornati alla Casa di Pony, i due fidanzati trascorsero il resto della giornata cercando in ogni modo di evitarsi, o quantomeno di evitare di rimanere da soli. Candy rimase in casa per sbrigare alcune faccende insieme a Miss Pony, mentre Terence uscì fuori per occuparsi dei cavalli con cui erano usciti la mattina.

Candy era impegnata nelle pulizie delle camere dei bambini, ma la sua mente tornava continuamente a quanto era accaduto sulla barca. Le sembrava di avvertire ancora tutte le sensazioni provate tra le braccia di Terence e pensava che il suo turbamento fosse così evidente tanto da temere che chiunque avrebbe potuto notarlo.

- Penso proprio che mi si legga negli occhi quanto mi senta … non so nemmeno io come … so solamente che se lui adesso entrasse in questa stanza … - pensava tra sé mentre cambiava le lenzuola.

Ripensava anche all’idea di andare con lui a New York e iniziava ad avere qualche dubbio sul fatto che fosse una buona idea! Ormai però glielo aveva detto e come gli avrebbe spiegato un improvviso ripensamento? In realtà non ci aveva affatto ripensato … voleva ancora andare con lui, non sopportava il pensiero di lasciarlo ripartire da solo. Ma se desiderava così tanto seguirlo doveva imparare a gestire certe situazioni, non poteva diventare color papavero ogni volta che lui le stava vicino. Il fatto che a New York sarebbe stata ospite di Eleanor Baker la tranquillizzò un po’, così decise di comunicare a Miss Pony e suor Lane la decisione di partire.

Terence intanto, dopo aver spazzolato i cavalli e ripulito i loro zoccoli dal fango, stava uscendo dalla stalla, quando udì una vocina chiamarlo. Si voltò e vide la piccola Grace corrergli incontro.

- Dove corri piccola? – le chiese il ragazzo sorridendo.

- Venivo a cercarti.

- Venivi a cercare me? E perché?

- Vuoi giocare? – gli chiese Grace prendendolo per mano e tirandolo giù.

Terence si mise seduto per terra e la bambina iniziò a saltellargli intorno. Fece un paio di volte il giro e poi, d’un tratto, gli saltò sulla schiena afferrandolo per il collo.

- Mi fai andare in alto? – gli chiese.

Terence obbedì e si alzò in piedi. Sorreggendola per le gambe strette intorno ai suoi fianchi, iniziò a camminare sempre più veloce, facendola sobbalzare ogni tanto, cosa che la faceva ridere a crepapelle.

- Là fuori c’è qualcuno che sta cercando di rubarti il fidanzato – disse Miss Pony indicando a Candy di guardare dalla finestra.

Candy si avvicinò al vetro e ciò che vide la fece sorridere, riempiendole il cuore di una sensazione così dolce che pensò di provare per la prima volta in tutta la sua vita.

- Sarà un ottimo papà, è adorabile con i bambini – le sussurrò suor Lane che si era appena avvicinata.

- Sì lo sarà – pensò Candy rapita dall’emozione di quella scena.

- Non so se mi sono sporcato di più con i cavalli o giocando con Grace! – esclamò Terence con una fragorosa risata, entrando in salotto – Vado a cambiarmi.

Candy intanto prese con sé Grace, dal momento che anche la piccola aveva bisogno di un bel bagno!

 

 Capitolo trentacinque

In viaggio

 

La Porte, Indiana

giovedì 20 maggio, 1920

 

Quella mattina, alla scuola della Casa di Pony, tenne la sua prima lezione un nuovo insegnante di letteratura inglese. Il suo stile era decisamente diverso da quello a cui era abituati quegli studenti. Appena entrato in classe disse loro di alzarsi dai banchi e sedersi per terra formando un cerchio, al quale si unì a sua volta. Dopodiché iniziò a raccontare, modulando la sua voce in mille sfumature diverse, a seconda che stesse parlando del dolce Romeo o del tenebroso Amleto.

- Non si sente volare una mosca, non credo che i ragazzi siano mai stati così attenti ad una lezione! – esclamò Miss Pony sorpresa.

- Terence e il teatro sono una cosa sola, riuscirebbe ad affascinare chiunque! – confermò Candy orgogliosa.

- E così avete deciso di partire questa sera.

- Sì … sono riuscita a convincere Terence ad andare in treno, non dovendo guidare potrà riposarsi un po’. Però ci impiegheremo più tempo, per cui è meglio partire prima.

- Sei proprio sicura di voler andare a New York adesso? – chiese timidamente suor Lane.

- Vorrei informarmi in merito alla facoltà di medicina presente in città e poi … scusatemi se non ve l’ho ancora detto ma … Terence vorrebbe farmi vedere una casa. Mi dispiace molto dovermi allontanare così tanto dalla Casa di Pony e da voi … però …

- Candy non dirlo nemmeno per scherzo. Non ti devi preoccupare per noi, è ora che tu pensi un po’ a te stessa. La cosa che ci rende più felici è saperti finalmente serena – la interruppe Miss Pony.

Le tre donne si strinsero in un abbraccio, calde lacrime discesero sui loro volti finché non vennero travolte da una piccola furia dai capelli rossi che entrò saltellando nella biblioteca.

- Grace non correre in quel modo o rischierai di cadere! – la sgridò suor Lane cercando di afferrarla per un braccio.

- Non sono Grace, io mi chiamo Giulietta … – replicò la bambina sicura di sé – … e lui è Romeo!

In quell’istante comparve Terence che aveva terminato la sua lezione, seguito dai bambini che reclamavano il pranzo. A tavola i ragazzi non fecero altro che parlare entusiasti di tutto quello che il nuovo insegnante aveva spiegato e almeno cinque o sei si dissero decisi ad intraprendere la carriera di attore!

- Credo di aver combinato un guaio! – esclamò Terence ridendo, rivolgendosi a Candy mentre andavano a preparare i bagagli.

- Lo penso anch’io Graham! Non posso distrarmi un attimo e tu non ci pensi due volte a trovarti un’altra Giulietta! – ribatté Candy fingendosi arrabbiata.

- Grace è una bambina molto vivace, ti somiglia! Ma è un po’ troppo giovane per me – le sussurrò Terence abbracciandola appena entrati in camera sua.

- Questa non è la tua stanza Terry! Dovresti andare a preparare le tue valigie – suggerì Candy sentendosi già preda dei suoi occhi e di lì a poco probabilmente anche delle sue labbra. Ma Terence obbedì, liberandola dal suo abbraccio e dirigendosi verso la sua camera.

Non fu semplice per la piccola Giulietta salutare il suo Romeo. Si decise a lasciarlo andare solamente dopo che lui le promise che sarebbe tornato la settimana successiva e le avrebbe portato un bel regalo.

Alla stazione di La Porte Candy e Terence salirono sul treno delle 16.00. Presero posto nel loro scompartimento riservato, senza che nessuno avesse notato la presenza del famoso attore. Sarebbero arrivati a New York il giorno successivo, nel pomeriggio. Avrebbero dunque trascorso la notte in treno.

Si erano messi seduti l’uno davanti l’altra ed entrambi rivolgevano lo sguardo fuori dal finestrino. Rimasero così per diverso tempo, scambiandosi poche parole riguardo a ciò che avrebbero fatto una volta giunti a destinazione. Mentre cenavano Candy non faceva altro che pensare a come si sarebbero sistemati per dormire.

- A cosa stai pensando Lentiggini? Qualcosa ti preoccupa per caso?

- No, sono solo un po’ stanca.

- Allora sarà meglio andare a dormire – disse Terence alzandosi.

- Dove vai?

Il ragazzo le spiegò che lui avrebbe dormito nello scompartimento vicino, mentre tra poco sarebbe arrivato un inserviente a preparare il letto per lei. In quell’istante infatti bussarono alla porta. I due fidanzati uscirono nel corridoio in attesa che tutto fosse pronto. Candy si sentì sollevata, ma nello stesso tempo non poté nascondere una punta di delusione. Terence se ne accorse e ne fu lusingato, ma pensò che quella di dormire separati fosse decisamente la soluzione migliore. La tentazione sarebbe stata troppo forte e lui non voleva andare oltre, almeno non lì e non in quel momento.

- Buonanotte Terry, a domani.

- Buonanotte Lentiggini, mi sognerai?

- Forse.

Quando la mattina Candy si svegliò per prima cosa avvertì l’impulso irrefrenabile di andare da lui, sperando che fosse già alzato. Evidentemente quel pensiero era arrivato dritto nello scompartimento vicino perché in quell’istante sentì bussare alla porta.

- Sei sveglia?

Candy senza rispondere andò direttamente ad aprire la porta, salutando il suo splendido ragazzo con un raggiante buongiorno. Lui le rispose con un dolcissimo sorriso, per poi entrare essendosi reso conto che lei era ancora in vestaglia.

- Forse è il caso che tu ti vesta, se vogliamo andare a fare colazione! – le suggerì Terence, pensando in realtà che avrebbe preferito rimanere lì con lei e toglierle anche la vestaglia. Da bravo gentiluomo invece le disse che l’avrebbe aspettata fuori, nel corridoio.

Candy fu pronta in pochi minuti e, al braccio di Terence, si diresse verso il bar. Il piacere di ritrovarsi al mattino e di condividere le piccole azioni quotidiane, sembrava ai due ragazzi come il tesoro più prezioso al mondo. Iniziavano pian piano a credere che il destino avesse smesso di accanirsi contro di loro, cedendo inesorabilmente alla forza dell’amore. Il loro stare insieme stava diventando sempre più intimo, sembrava quasi che non si fossero mai separati. Da quando si erano ritrovati si erano riscoperti un passo alla volta, rendendosi conto che davvero non erano cambiati. Avevano guardato attraverso le crepe che un po’ alla volta si erano create nei muri del dolore e della paura e si erano riconosciuti in quel legame che non li aveva mai abbandonati e che entrambi avevano custodito in fondo ai loro cuori con la massima cura.

Il resto del viaggio procedette in una sorta di bolla. Nonostante il vociare provocato dalla moltitudine di passeggeri, Candy e Terence sembravano vivere in un mondo a parte fatto di dolci sorrisi e sguardi innamorati. Dopo essere tornati nello stesso scompartimento Terence questa volta le si era seduto vicino, le aveva preso la mano poggiandola sulla sua gamba, senza smettere di accarezzarla. Candy avvertì sotto il suo palmo il muscolo della coscia di Terence contrarsi e istintivamente si voltò verso di lui, incontrando lo zaffiro dei suoi occhi. Il giovane con una leggera torsione del busto portò il viso vicinissimo a quello della ragazza che lo accarezzò con la mano libera. Il calore di quella piccola mano gli inondò la guancia, chiuse gli occhi un istante per goderne appieno, poi li riaprì depositandoli sulla sua bocca un attimo prima che le labbra facessero lo stesso.

- Ti sono mancato molto stanotte, non è vero? – le sussurrò con il suo solito sorriso irriverente.

- No, ho dormito come un sasso! – gli rispose per far dispetto alla sua sfacciataggine.

 

New York

Venerdì, 21 maggio 1920

 

Terence e Candy giunsero alla Grand Central Station di Manhattan nel tardo pomeriggio e si diressero verso Long Island a bordo dell’auto che Miss Baker aveva messo a loro disposizione.

- Mio Dio Candy, lasciati guardare, sei davvero uno splendore! – esclamò Miss Baker salutando affettuosamente la ragazza che era appena entrata nella sua villa nel Queens.

- Grazie Eleanor, troppo buona, non sono abituata ai complimenti! – rispose Candy arrossendo come suo solito.

- No no è la pura verità! Sarà merito dell’aria dell’Indiana!

- E io che pensavo fosse mio il merito – esclamò Terence fingendosi risentito, dopo aver varcato il portone d’ingresso.

- Benedetto figliolo, sei sempre il solito! Fatti abbracciare, come stai? Anche tu mi sembri in ottima forma – gli disse la madre con uno sguardo malizioso, mentre Terence le andava incontro per salutarla.

- Tu sei una meraviglia mamma!

- Sarete stanchi ed affamati immagino. Andate pure in veranda, vi farò portare qualcosa di buono.

Mentre Eleanor scompariva tra i corridoi di quella grande casa per dare personalmente indicazioni in cucina, Candy seguì Terence che le fece strada fino al loggiato affacciato sul giardino, dove si accomodarono esausti dopo il lungo viaggio.

- Questa casa è magnifica e sembra … enorme. Potrei perdermi! – confessò Candy che non riusciva a smettere di guardarsi intorno ammirata e un po’ intimorita.

- Stai morendo dalla curiosità vero Lentiggini?

- Potresti almeno dirmi dove si trova.

- A Southampton, non molto lontano da qui. Domani potremo andarci, se vuoi.

- Se voglio? Non vedo l’ora di visitare la casa che hai scelto per noi.

Quando Eleanor tornò, si fermò per un attimo ad osservarli senza che loro potessero vederla: erano seduti su due poltrone vicine, si tenevano per mano e parlavano con calma, sorridendo ogni tanto, con gli occhi incollati l’uno all’altra. La madre di Terence sentì un tuffo al cuore e dovette sforzarsi per non piangere.

Dopo che ebbero mangiato, Candy avvertì il bisogno di cambiarsi, cosicché Eleanor la fece accompagnare da una domestica nella camera che le aveva fatto preparare, rimanendo da sola con il figlio.

- Mamma la vuoi smettere di guardarmi in quel modo!

- Sto solo cercando di riconoscere il mio ragazzo in questo splendido uomo che ho davanti, raggiante come un mattino d’estate.

Terence sorrise imbarazzato, perché la madre sapeva sempre cogliere perfettamente ogni suo stato d’animo e lui, in quel momento, si sentiva proprio come lei lo aveva descritto.

- Ancora stento a credere che tra non molto vi sposerete … non vedo l’ora di avere dei nipotini! – esclamò immaginando già piccole gambette scorrazzare per il suo giardino.

- Non starai correndo un po’ troppo? Sei ancora giovane per diventare nonna! – esclamò Terence ancora più imbarazzato.

Eleanor rispose con un gesto della mano facendo cadere l’argomento. Poi gli chiese quando intendessero recarsi dagli Ardlay e lui rispose che probabilmente sarebbero ripartiti lunedì.

- Ho l’impressione che la cosa ti metta in agitazione, posso chiederti perché? – indagò Eleanor insospettita dalla fossetta che si era formata in mezzo agli occhi del figlio.

- C’è un paio di persone in quella famiglia che preferirei non vedere affatto, sopportare la loro presenza non sarà facile, ma cercherò di fare il bravo … per Candy.

- Ti riferisci ai Lagan?

- Già!

Terence aveva ancora nelle mente ciò che Candy gli aveva rivelato a proposito di Neal Lagan e si sentiva ribollire il sangue ogni volta che quella frase, “ha cercato di baciarmi”, gli risuonava nelle orecchie. Non poteva lasciar correre! Doveva trovare un modo per fargliela pagare, cercando di non fargli troppo male! Ma ora non voleva pensarci. Andò anche lui a cambiarsi e a riposare un po’.

Dopo qualche ora si riunirono per cenare insieme. Eleanor fece molte domande a Terence per conoscere le sue impressioni sulla tournée europea appena conclusa. Candy notò quanto il giovane attore fosse sempre molto critico con se stesso e, nonostante il grande successo ottenuto dalla compagnia Stratford fosse per la maggior parte merito suo, pensava a tutto quello che, a suo giudizio, avrebbe potuto fare meglio. Sembrava ricercare l’assoluta perfezione, senza accontentarsi mai. Era senza dubbio la sua grande passione per il teatro e la recitazione a spingerlo sempre oltre il limite che per altri poteva apparire già il massimo raggiungibile. Candy lo ammirava molto per questo suo lato del carattere che aveva apprezzato fin da subito e che l’aveva resa sicura del fatto che sarebbe diventato il migliore di tutti, anche quando egli stesso ancora non ci credeva.

Terminata la cena, Terence decise di concludere la serata suonando il pianoforte per le sue due donne preferite. Il salone dove si spostarono ospitava un meraviglioso pianoforte a coda nero splendente. La stanza doveva avere un’acustica eccellente perché appena il pianista fece vibrare le prime note l’aria si riempì completamente di musica come quando, gettando un sasso in uno stagno, i cerchi concentrici che si vanno pian piano formando giungono fino alle sponde circostanti. Eleanor e Candy si sedettero vicine, entrambe perse dietro alla melodia che magicamente scaturiva dalle mani del ragazzo.

- Lo sai che Terry non suonava più? Sono anni che non avevo il piacere di ascoltarlo. Le volte che è venuto qui a trovarmi ho sempre provato a chiedergli di mettersi al piano, ma ha sempre rifiutato trovando mille scuse – confessò Eleanor, rivolgendosi a Candy con un tono molto intimo.

- Mi dispiace tanto … ho commesso molti errori con Terry - mormorò Candy commossa, abbassando gli occhi.

- Oh Candy perdonami, non era mia intenzione colpevolizzarti e non devi farlo neanche tu. Quello che ho davanti agli occhi ora è un altro uomo rispetto a quello che è partito per l’Europa ed il merito è soltanto tuo. Quando oggi pomeriggio vi ho visto entrare insieme da quella porta ho creduto per un attimo di sognare … avevo quasi del tutto perso la speranza di vederlo di nuovo felice come quando mi parlò di te durante le vacanze estive in Scozia! Mi disse che tu eri diversa da tutte le altre ragazze e da come brillavano i suoi occhi capii quanto fosse già innamorato. Quando poi ti ho conosciuta non ho potuto che dare ragione a mio figlio. La tua generosità e il tuo buon cuore sono qualcosa di straordinario, così come la tua forza d’animo che ti ha di sicuro aiutato a superare il dolore degli ultimi anni.

- Vedo che non è solo una prerogativa di suo figlio quella di farmi arrossire – scherzò Candy alquanto imbarazzata.

- Che cosa state confabulando voi due? – le interruppe Terence dopo aver terminato di suonare.

- Stavo solo dicendo a Candy quanto sei bravo con il pianoforte e siamo d’accordo sul fatto che dovresti farlo più spesso – rispose Eleanor sorridendo orgogliosa al figlio.

- Credo che lo farò! – confermò Terence rivolgendo uno sguardo compiaciuto alla fidanzata.

Eleanor, che iniziava a sentirsi di troppo, si congedò augurando ai ragazzi la buonanotte, dicendo che per lei si era fatto tardi ma loro potevano comunque trattenersi ancora, magari uscendo in giardino dove l’aria primaverile si stava facendo sempre più gradevole anche alla sera.

I due fidanzati seguirono il consiglio dell’attrice ed uscirono all’aperto, passeggiando mano nella mano in quell’immenso giardino ricco di piante e alberi delle più svariate specie.

- Domani mattina mi piacerebbe andare a visitare la facoltà di medicina. Voglio informarmi sui corsi che dovrò frequentare e capire come organizzarmi.

- Ti accompagno, ma se entro insieme a te sarò costretto ad adottare uno dei miei travestimenti!

- Forse è meglio che vada da sola.

- Potremmo fare così: io ti accompagno e poi vado al Village perché devo prendere alcune cose che ho lasciato nel mio appartamento. Quando sei pronta mi telefoni, ti vengo a prendere e andiamo a Southampton a vedere la casa. Che ne pensi? – le propose Terence.

- Penso che è un magnifico programma! – esclamò Candy che ancora non riusciva a credere di poter organizzare le sue giornate insieme a Terry.

- Ho l’impressione che tu abbia sonno – disse Terence vedendo che Candy si tratteneva a stento dallo sbadigliare – Strano … questa mattina mi hai detto di aver dormito come un sasso sul treno!

- Forse ti ho detto una piccola bugia perché in realtà non ho quasi chiuso occhio – confessò Candy.

- No? E perché mai? – le chiese lui in tono malizioso, avendone già intuito il motivo.

- Beh … forse perché … mi sei mancato molto questa notte e sapere che eri nello scompartimento vicino non mi ha aiutato a prendere sonno – balbettò Candy imbarazzata.

- Vieni qui piccola bugiarda – esclamò Terence attirandola a sé prima di baciarla.


Capitolo trentasei

A casa





New York

  sabato, 22 maggio 1920

 

Di prima mattina Terence accompagnò Candy alla New York University School of Medicine situata nei pressi del lungomare di East River, a circa venti minuti dal Greenvich Village, dove si diresse dopo essersi dati appuntamento a più tardi.

Arrivato al suo vecchio appartamento il ragazzo si era dato da fare per mettere un po’ di ordine nello studio, riponendo tutto il materiale riguardante l’Amleto su cui si era preparato per mesi e mesi e facendo spazio alle letture del nuovo copione. Non prima di ottobre la compagnia Stratford avrebbe iniziato a mettere in scena Romeo e Giulietta e così Terence Graham avrebbe avuto la possibilità di riscattare quella che era stata la sua prima parte da protagonista che però non era andata come tutti si aspettavano. L’interpretazione di Graham all’epoca si era rivelata decisamente al di sotto delle sue possibilità e la giovane promessa di Broadway aveva finito per sparire nel dimenticatoio per diverso tempo. Terence non poteva dimenticare la pena di quegli anni, ma ora si stava sempre più convincendo che era in grado finalmente di prendere in mano la sua vita senza dover più subire le scelte di altre persone. Si sentiva finalmente capace di governare il suo destino perché sapeva, senza il minimo dubbio, che cosa voleva per il suo futuro. Aveva già sprecato molto tempo che non sarebbe più tornato e non aveva nessuna intenzione di aspettare ancora. Questo pensiero lo fece sorridere tra sé e gli venne in mente un’idea che, a dir la verità, già da un po’ riempiva il suo cuore e ne scombussolava i sensi.

Intanto Candy era stata ricevuta dal rettore della facoltà di medicina. Il signor Clarke Walsh era stato molto gentile con lei, le aveva dato tutte le informazioni di cui aveva bisogno in merito ai corsi da seguire e così Candy aveva potuto decidere immediatamente di iscriversi al primo anno, non vedendo l’ora di iniziare.

Quando Terence tornò a prenderla la trovò in preda all’entusiasmo e fuori di sé dalla gioia.

- Hai davanti a te Candice White Ardlay ovvero la matricola n. 005732 della New York University School of Medicine! A settembre potrò iniziare a frequentare i primi corsi … non è magnifico?

- Accidenti Lentiggini fai proprio sul serio! – esclamò Terence.

- Nutrivi forse dei dubbi? – gli chiese Candy guardandolo storto.

- Certo che no … anche se … ti confesso che avrei preferito che tu ti limitassi ad essere solo la mia infermiera personale! – le rispose il ragazzo con la sua solita irriverenza.

- Invece diventerò un grande medico e poi tu non hai bisogno delle mie cure, sei sano come un pesce!

- Ma sono un attore, potrei fingere e diventare il tuo “malato immaginario” – scherzò Terence riferendosi al famoso personaggio nato dal genio di Molière.

- Smettila di prendermi in giro una buona volta e portami a pranzo … ho una fame che mangerei un bisonte!

Terence scoppiò a ridere, mettendo l’auto in moto, dicendole che l’avrebbe mandato in rovina se non si fosse messa a dieta e per tutta risposta si beccò un pizzicotto sul braccio!

Pranzarono in un piccolo ristorante di Manhattan che a quell’ora sarebbe stato chiuso, ma per Graham il proprietario era solito fare un’eccezione e anche questa volta concesse all’attore e alla sua deliziosa accompagnatrice di poter usufruire della sua cucina, senza essere disturbati.

- Perché mi guardi così? – gli chiese Candy che, mentre consumava il suo arrosto di carne con patate, aveva notato lo sguardo di Terence fisso su di lei.

- Sto cercando di immaginarti con il camice bianco e lo stetoscopio al collo, dottoressa!

- Dovrò studiare molto prima di arrivare a questo.

- Sono sicuro che ce la farai e, se vorrai, ti aiuterò.

- Davvero? E come? – chiese Candy prevedendo un'altra delle sue battute.

- Beh … se avrai bisogno di un modello di corpo umano .. mi presterò volentieri – scherzò il ragazzo ottenendo come al solito di farla arrossire fino alla punta delle orecchie.

Candy sorrise imbarazzata, abbassando lo sguardo e scuotendo la testa, ma quell’immagine le apparve per un attimo davanti agli occhi facendole mancare il respiro. Per fortuna Terence andò in suo soccorso chiedendole se volesse anche il dessert, offerta che Candy non si sentì assolutamente di rifiutare ordinando ben due porzioni di cheesecake con salsa di fragole.

- E adesso rotta verso Southampton! – esclamò Candy euforica uscendo dal ristorante.

- Vuoi andare subito? – le chiese Terence.

- Certo … ti sembra normale che dopo più di due settimane non abbia ancora visto il mio regalo di compleanno?

Così salirono in macchina e Candy non poté fare a meno di notare un pacchetto, adagiato sul sedile posteriore, di forma rettangolare, avvolto in una semplice carta marrone e chiuso con dello spago.

- E quello che cos’è? – chiese spinta dalla sua inesauribile curiosità.

- Non ti azzardare a toccarlo!

- Ha tutta l’aria di essere un regalo. E’ per me?

- Sì, ma potrai aprirlo solo più tardi, metti giù le mani! – la rimproverò Terence.

Per tutto il tempo del viaggio Candy cercò di resistere alla tentazione di poterne vedere il contenuto, chiese a Terence qualche indizio ma lui fu incorruttibile, così la ragazza si limitò a lanciare ogni tanto qualche occhiata furtiva all’oggetto misterioso.

Giunsero a Southampton in leggero anticipo rispetto all’appuntamento con l’agente immobiliare. Terence fermò l’auto davanti al cancello d’ingresso attraverso il quale si intravedeva un rigoglioso giardino, ricco di alberi e aiuole fiorite, nel mezzo del quale si allungava un ampio viale ricoperto di sassolini bianchi che con tutta probabilità conduceva all’abitazione.

Candy scese dall’auto e si fermò davanti all’ingresso, avvertendo una grande emozione al solo pensiero che quella sarebbe stata la loro casa. Perché aveva già deciso: se Terry l’aveva scelta pensando a lei, le sarebbe piaciuta di sicuro. Il ragazzo le si avvicinò restando in silenzio, anch’egli preda di sentimenti contrastanti, ovvero una certa trepidazione accompagnata da un sempre più deciso senso di pace, sicuro che una volta aperto quel cancello la loro vita insieme sarebbe finalmente iniziata, senza che nessuno potesse più interferire.

Il signor Stevenson arrivò puntuale e si prodigò nell’illustrare tutte le caratteristiche che quella proprietà possedeva: si trattava di un’abitazione costruita all’inizio dell’anno, su due piani più una mansarda.

- A piano terra si trovano la cucina con locale dispensa e lavanderia, un salone con camino, uno studio molto ampio e una sala biblioteca, due bagni. Al piano superiore l’abitazione dispone di sei camere da letto con bagno privato …

A questo punto Terence lo interruppe con un gesto della mano, chiedendogli gentilmente se poteva lasciarli un attimo da soli.

- Certo Mr. Graham, mi chiami pure quando avrà di nuovo bisogno di me, aspetterò qui fuori – rispose l’agente allontanandosi verso l’esterno.

- Candy va tutto bene? Ho avuto l’impressione che tu non stessi minimamente ascoltando.

Terence aveva notato l’aria particolarmente assorta della ragazza e ora temeva che la casa non rispondesse a quanto lei si aspettasse.

- Oh Terry … io … non so davvero cosa dire.

- Non ti piace? Lo so che essendo ancora quasi del tutto vuota fa uno strano effetto, ma ho pensato che così potrai arredarla come preferisci.

- Cosa?

- Lentiggini vuoi dirmi cos’hai?

- Terry sono talmente felice che non riesco neanche a rendermi conto di quello che dico e che sento – balbettò Candy gettandogli le braccia al collo.

Terence sorrise sollevato.

- Questo vuol dire che la prendiamo?

- Per me è già nostra!

Dopo aver firmato i documenti necessari, il signor Stevenson, prima di andarsene, consegnò le chiavi a Candy che dovette sforzassi per trattenere le lacrime. I due ragazzi tornarono all’interno della casa iniziando a progettare l’arredamento delle varie stanze, concordando sul fatto che del giardino si sarebbe occupata Candy, mentre Terence aveva intenzione di far costruire una scuderia dove tenere alcuni cavalli. D’un tratto si ricordò del pacco che aveva lasciato in auto e corse a prenderlo, dicendo a Candy di aspettarlo lì.

- Questo l’ho trovato a Londra o forse è lui che ha trovato me! – disse Terence porgendo il pacchetto a Candy, invitandola a sedersi davanti a lui sul pavimento.

Candy lo poggiò sulle gambe che teneva incrociate e guardando l’espressione seria di Terry capì che probabilmente non si trattava di un semplice regalo. Iniziò a togliere lo spago e liberandolo dalla carta si rese conto di tenere fra le mani un quadro, ma come il volto di Terry le aveva suggerito, non era affatto un quadro qualsiasi. La tela raffigurava, senza ombra di dubbio, un luogo a Candy molto caro e tale fu la sua sorpresa che alzò lo sguardo verso il giovane seduto davanti a lei senza riuscire a pronunciare la minima parola.

- Anch’io ho avuto più o meno la tua reazione quando l’ho visto in un mercatino a Londra, in mezzo a mille cianfrusaglie.

- Terry ma questa è … la casa di Pony vista dalla collina, com’è possibile che il quadro sia arrivato fino a Londra?

- Forse il nome scritto nell’angolo a destra può aiutarti a capirci qualcosa – le suggerì il giovane.

Candy lesse le quattro lettere tracciate sulla tela: “SLIM”. Si ricordò che quel nome apparteneva ad un ragazzino che era stato ospite all’orfanotrofio per un breve periodo prima di essere adottato e che era molto bravo a disegnare.

Decisero insieme che quello sarebbe stato il primo pezzo dell’arredamento della loro casa e scelsero di posizionarlo sopra il camino perché, a detta di Terence, in quel punto sarebbe stato visibile da ogni angolo della stanza.

- Ero così arrabbiato con te quando sono arrivato a Londra … poi un giorno mentre passeggiavo mi sono voltato all’improvviso come se qualcuno mi avesse chiamato e l’ho visto. Non ci potevo credere. Mi sono avvicinato e quando l’ho preso tra le mani tutta la mia rabbia è sparita ed ho sentito solo una grande nostalgia di te. Se non fossi stato così orgoglioso probabilmente sarei ripartito subito per Parigi – le confessò Terence.

- E invece sono arrivata io a Londra! – esclamò Candy abbracciandolo.

Il sole iniziava a tramontare quando i due fidanzati uscirono nel giardino. Poco distante dall’abitazione si trovava un piccolo lago a cui potevano arrivare percorrendo un vialetto privato che attraversava il bosco sul lato destro della casa. Si incamminarono abbracciati, respirando l’aria tiepida della primavera, con i cuori colmi di tutte le emozioni assaporate in quella giornata che avrebbero ricordato per sempre.

Giunti al lago, si sedettero sotto una quercia a chiacchierare.

- E così domani sarà il tuo ultimo giorno di lavoro!

- Sono due anni che non mi concedo una vacanza. Adesso ritengo di avere un ottimo motivo! – esclamò Terence dandole un bacio sulla guancia.

- Direi proprio di sì! – gli rispose Candy sorridendo.

- A proposito di domani. Purtroppo sarò impegnato per gran parte della giornata e non potremo vederci prima di sera. Per questo avrei pensato di invitarti a cena.

- Lo sai che quando si tratta di cibo non mi tiro mai indietro – scherzò la ragazza – E dove vorresti portarmi?

- In realtà … volevo chiederti di venire a casa mia.

- Quindi cucinerai tu? – chiese Candy cercando di apparire disinvolta mentre il luogo scelto dal fidanzato le fece tremare la voce.

- Non credo di farcela domani, ma prometto che non ti farò morire di fame, stai tranquilla – disse Terence scherzando come al solito sul suo appetito – Se per te va bene, vengo a prenderti da mia madre verso le otto.

- Facciamo invece che tu mi aspetti e vengo io!

- D’accordo Lentiggini … ti aspetto.

 


Capitolo trentasette

Doveva andare così 



New York

Domenica, 23 maggio 1920

 

Terence uscì dalla villa della madre molto presto per recarsi a Broadway dove lo attendeva un incontro con tutta la compagnia Stratford al completo, prima di affrontare l’ultima conferenza stampa della stagione. La riunione si svolse nel clima migliore possibile. Robert Hathaway si complimentò con tutti per l’impegno profuso che aveva portato ad ottenere anche nel vecchio continente un incredibile successo. Per il prossimo anno non erano previste tournée all’estero, bensì la compagnia avrebbe portato il nuovo spettacolo in giro per gli Stati Uniti, ma era soprattutto a New York che il regista intendeva riproporre Romeo e Giulietta, sicuro che il pubblico newyorkese lo avrebbe accolto con il solito entusiasmo.

Dopodiché si passò ad esaminare ciò che sarebbe avvenuto durante la conferenza stampa del primo pomeriggio. In particolare Hathaway spiegò che le domande erano già state concordate con la stampa per cui non ci sarebbero state improvvisate. Avrebbe annunciato che Karen Kleis era in procinto di prendersi un anno di pausa dopo le fatiche di Ofelia e che ad interpretare il prossimo ruolo della giovane Giulietta Capuleti sarebbe stata l’ultima attrice entrata a far parte della compagnia che Robert assicurava essere una vera rivelazione, ovvero la splendida Elizabeth Gordon. Per quel che riguardava il personaggio di Romeo Montecchi non c’erano dubbi, spettava di diritto a Terence Graham, l’attore che con il suo talento aveva letteralmente trascinato l’Amleto di Shakespeare ad un tale livello di perfezione che sarebbe stato impossibile eguagliare per molti anni a venire.

Proprio con Terence il regista, come capitava spesso, volle scambiare due parole in privato e, come suo solito, andò dritto al punto.

- Devo aspettarmi qualche annuncio Terence questo pomeriggio?

- No Robert, non intendo fare annunci in merito alla mia vita privata, se è questo a cui ti riferisci.

- Pensavo che una volta rientrati in America avresti reso ufficiale il tuo rapporto con Miss Ardlay, è cambiato qualcosa?

- Non è cambiato niente, ma non è ancora il momento. Anzi gradirei se possibile che la mia vita privata non fosse assolutamente oggetto di discussione oggi. Chiedo troppo?

- Come vuoi Terence, oggi farai la tua ultima apparizione come Principe di Danimarca, niente di più!

Terminato l’incontro la compagnia si recò a pranzo in uno dei ristoranti più rinomati nel quartiere dei teatri e finalmente ci fu modo di parlare e scherzare, senza più la tensione che di solito attanagliava tutti gli attori durante la stagione degli spettacoli.

- Non ci posso credere, Terence Graham che sorride, la fine del mondo è vicina? – esclamò la bella Karen Kleis salutando l’amico.

- Ciao Karen come stai? – le chiese Terence continuando a sfoggiare quel sorriso di cui l’attrice si era appena stupita.

- Molto bene e anche tu non te la passi male! Vederti così felice è davvero una gioia per l’anima Granchester. Ne devo dedurre che Candy si trovi a New York, ho indovinato? – chiese Karen all’amico che sembrava camminare a tre metri da terra.

- Sì, è ospite di Eleanor – confermò Terence prima di continuare ringraziando Karen perché, se Candy oggi era con lui, un po’ era anche merito suo.

- Non devi ringraziarmi, sono sicura che anche tu lo avresti fatto per me. Piuttosto … mi piacerebbe molto salutarla, sarete dei nostri questa sera? – chiese l’attrice facendo riferimento alla cena che la Stratford aveva organizzato a chiusura della stagione.

- Non questa sera Karen, mi dispiace ma ho altri programmi – le rispose Terence con una luce particolare negli occhi che dette l’ennesima conferma all’attrice, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, di quanto Graham fosse ormai completamente schiavo della freccia di Cupido.

- Capisco! – disse semplicemente, rivolgendo al prossimo Romeo un sorriso complice.

- Quindi a luglio inizieremo le letture del nuovo copione, sono così eccitata all’idea di lavorare con la stella di Broadway! – li interruppe Elizabeth Gordon, avvicinandosi a Terence.

- Ti avviso, non sarà facile! Alla fine della stagione lo odierai, te lo dico per esperienza! – la mise in guardia Karen.

- Oh Karen … sei la solita esagerata! E poi questo è il prezzo del successo! – le rispose Terence strizzandole l’occhio.

- Io sono dell’idea che invece sarà molto semplice recitare con te perché sei il migliore! – continuò la Gordon con i suoi elogi, tentando spudoratamente di ingraziarsi il primo attore.

- Ti ringrazio per la fiducia Elizabeth, vedremo se a fine stagione sarai ancora di quest’idea oppure mi odierai, dando piuttosto ragione a Karen.

Dopo aver pranzato Hathaway richiamò la loro attenzione perché era giunto il momento di affrontare la sala stampa!

Intanto, dall’altra parte dell’East River, Candy era tutta intenta a pianificare le prossime settimane in cui ci sarebbe stato da organizzare un fidanzamento ufficiale a Villa Ardlay, l’arredamento per la nuova casa di Southampton e … un matrimonio nell’Indiana! Eleanor Baker stava cercando di aiutarla, anche se forse era più agitata della futura sposa.

- Dunque ieri avete visitato la vostra nuova casa! – esclamò Miss Baker che mesi prima era stata informata dal figlio in merito alla sua idea di acquistare una casa a Southampton.

- Sì … ed è meravigliosa, sono rimasta senza parole. Deve aiutarmi ad arredarla perché da sola non saprei da dove cominciare!

- Lo farò molto volentieri Candy! L’unico dubbio che ho è che sia un po’ troppo distante da Broadway e dall’università, non credi?

- Effettivamente lo è, infatti Terry ed io abbiamo pensato che potremo trascorrere la settimana al Village e rifugiarci a Southampton per il weekend.

- Mi sembra un’ottima soluzione, del resto l’appartamento di Terry sarà più che sufficiente … finché sarete in due – dichiarò candidamente Miss Baker riuscendo ancora una volta, come il figlio, a far arrossire la futura nuora.

- Oh beh … si … credo – balbettò la ragazza, suscitando nella madre di Terence un sorriso colmo di tenerezza.

Mentre Terence era impegnato a destreggiarsi tra giornalisti e fotografi, Candy si prese tutto il tempo per prepararsi per la cena che la attendeva a casa del fidanzato. Si sentiva stranamente agitata e continuava a ripetersi che era del tutto normale che Terry l’avesse invitata a casa sua, sarebbero stati di sicuro più tranquilli che in un ristorante dove l’attore era costretto a trovare sempre un modo per non essere notato. La preoccupava forse il fatto di stare da sola con lui? Ma era già capitato altre volte, ad esempio in Scozia e Terry si era sempre comportato da gentiluomo con lei (tranne che per quello scherzo dei pantaloni!).

Decise di farsi un bel bagno caldo per cercare di rilassarsi un po’, dopodiché iniziò a vestirsi mentre un sole rosso come il fuoco scendeva lentamente all’orizzonte. Aveva scelto un delizioso abito in chiffon verde acqua, incrociato sul davanti, ricamato con un motivo floreale e decorato riccamente con perline color argento, accompagnato da una mantellina in tono per coprire le spalle al momento di uscire. Provò a raccogliere i capelli ma quella nuvola di riccioli ribelli non ne voleva proprio sapere, così alla fine rinunciò, lasciandoli sciolti, con solo due ciocche unite da un nastro dietro la testa.

Candy salì nel taxi che l’avrebbe portata all’appartamento di Terry in poco più di mezz’ora. Continuava ad avvertire uno strano languore allo stomaco, ma non si trattava di fame anzi, si accorse che stranamente non aveva per niente appetito. Aveva le mani fredde e allo stesso tempo il suo viso sembrava prendere fuoco. Abbassò il finestrino per prendere un po’ d’aria.

Quando l’auto si fermò sul retro dell’edificio, per evitare di dare troppo nell’occhio, Candy sentì bloccarsi il respiro e restò per un attimo imbambolata senza decidersi a scendere. Alzò lo sguardo verso una delle finestre dell’appartamento e vide la luce accesa. Sorrise emozionata pensando che lui la stava aspettando, così dopo aver pagato la corsa all’autista, entrò nel portone. L’appartamento si trovava al secondo piano, ma preferì lo stesso usare le scale piuttosto che prendere l’ascensore, pensando che un po’ di movimento l’avrebbe aiutata a smaltire la tensione. Ma scalino dopo scalino le sue gambe continuavano a tremare e dovette fermarsi un paio di volte per riprendere fiato, dal momento che sembrava aver dimenticato quale fosse il normale funzionamento dell’apparato respiratorio.

- Candy ma che ti succede? Se Terry ti vede in questo stato di agitazione finirà per prenderti in giro per tutta la sera. Accidenti, sei proprio una sciocca, vedi di darti una calmata! – si disse una volta arrivata a destinazione.

Si dette un paio di schiaffetti sulle guance e suonò il campanello. Immediatamente sentì scattare la serratura della porta e …

- Ciao Lentiggini, ben arrivata! – la salutò Terence con la solita aria spavalda, invitandola ad entrare – Vuoi qualcosa da bere?

Candy accettò volentieri lo champagne che il ragazzo le offrì, cercando di capire come avesse fatto a trovarlo nonostante le leggi che recentemente avevano vietato il commercio di alcolici. Mentre Terence le spiegava che aveva qualche bottiglia di scorta da tenere per le grandi occasioni, Candy lo osservava attraverso il vetro del calice che teneva in mano e non poté fare a meno di notare quanto il giovane quella sera apparisse talmente affascinante da non riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Indossava un abito scuro con un gilet a sei bottoni, sopra ad una candida camicia bianca, senza cravatta e con il colletto leggermente aperto. Il suo viso, incorniciato dai capelli color cioccolata che si ostinava a portare ancora piuttosto lunghi, era illuminato da una luce particolare, come se gli ultimi raggi di sole avessero scelto di rimanere sulla sua pelle invece di tramontare. All’occhiello della giacca faceva bella mostra di sé un fiore di nontiscordardimé, fiori che si trovavano anche al centro della tavola già apparecchiata.

Si erano accomodati sul divano e Terry, stranamente molto loquace, le stava raccontando come era andata la conferenza stampa, quando udì Candy mormorare qualcosa, senza capire bene le parole.

- Come dici? – le chiese.

- Ho detto che … sei bellissimo stasera! – esclamò Candy con un’audacia che sorprese anche se stessa.

Terence sorrise imbarazzato, abbassando lo sguardo, forse per la prima volta, davanti ad una donna.

- Sono riuscita a far arrossire Terence Graham … non ci posso credere! – continuò Candy prendendolo un po’ in giro – Dovresti essere abituato ai complimenti, chissà quanti ne avrai ricevuti anche oggi alla conferenza stampa, ci sarà stata di sicuro una folla di ammiratrici impazzite …

- Io non li ho sentiti.

- Sarai anche un bravissimo attore, ma ho imparato a riconoscere quando menti! – lo rimbrottò Candy.

- E magari qualcuna ti ha anche allungato un biglietto dove casualmente era scritto un numero di telefono – continuò a stuzzicarlo la ragazza.

- Effettivamente, ora che mi ci fai pensare, dovrei averne qualcuno nella giacca – disse Terence frugandosi nelle tasche e tirando fuori un paio di pezzi di carta ripiegati.

Candy spalancò gli occhi e si fece improvvisamente seria.

- Stai scherzando vero? – gli chiese titubante.

- Controlla tu stessa se vuoi – ribatté l’attore porgendole i biglietti.

Candy li prese guardandolo in viso, sperando di trovarvi qualche traccia dello scherzo che secondo lei stava mettendo in atto, ma l’espressione di Terence le apparve imperscrutabile. Così aprì lentamente i due pezzi di carta dove effettivamente erano scritti dei numeri e poi rivolse uno sguardo smarrito verso di lui.

- Oh Candy … dovresti vedere la tua faccia! – esclamò Terence scoppiando a ridere.

- Vorrei sapere che cosa ci trovi di tanto divertente? – gli chiese sentendo salire la rabbia.

Lui allora si alzò facendo il giro del divano e, mettendosi alle sue spalle, indicando con il dito i numeri presenti sui biglietti, le spiegò che uno si riferiva allo scompartimento del treno che aveva prenotato per andare a Chicago con l’orario in cui si sarebbero dovuti recare alla stazione, mentre sull’altro aveva segnato il numero di telefono dell’agente immobiliare con cui avrebbero dovuto firmare il contratto per la loro nuova casa.

- Sei un mascalzone … ti dovrei picchiare per avermi fatto credere … - gli gridò Candy.

- Guarda che hai fatto tutto da sola, cara la mia gelosona!

- Cosa? Io gelosa di te? Ti stai sbagliando di grosso mio caro! – tentò di difendersi la ragazza.

- Allora perché ti scaldi tanto?

Candy rimase per un po’ in silenzio, cercando invano di trovare una via d’uscita e non dover ammettere che effettivamente mal sopportava il fatto che il suo Terry fosse considerato uno degli uomini più affascinanti d’America. Purtroppo non le venne in mente nulla e dovette cedere.

- Beh … ma con tutte quelle donne bellissime che ti rincorrono!

- Lentiggini sei adorabile lo sai? – le sussurrò Terence abbracciandola.

- Ora non tentare di corrompermi con qualche complimento!

- Allora proverò a prenderti per la gola, sono sicuro che otterrò un risultato migliore. Che ne diresti di iniziare la nostra cena?

Candy gli rispose con una linguaccia, dirigendosi verso la tavola.

Cenarono continuando a scherzare e a prendersi in giro, portando avanti quel gioco di battute reciproche che da sempre caratterizzava il loro rapporto, fin dal primo incontro sul piroscafo che li portava a Londra.

Ad un certo punto Candy ripensò a ciò che Terry le aveva raccontato riguardo alla conferenza del pomeriggio.

- E così non sarà Karen Kleis ad interpretare Giulietta? – gli chiese.

- No, Karen ha deciso di prendersi una pausa. Credo voglia valutare altri progetti, ha ricevuto offerte anche dal cinema. Robert ha affidato il ruolo alla Gordon – rispose il ragazzo.

- Mmmmm … avrei preferito fosse Karen – disse Candy pensierosa, poggiando il mento sulla mano.

- Elizabeth è molto brava, Robert ha sempre avuto occhio nello scoprire nuovi talenti! Perché non ti piace? – la stuzzicò Terence.

- Beh … perché … tu piaci troppo a lei!

Terence le sorrise poi, senza dire una parola, andò verso il grammofono e mise un disco. Tornato da Candy, le allungò semplicemente la mano invitandola a ballare. La cinse alla vita, accostando la guancia alla sua tempia. Da quel piccolo contatto la ragazza sentì partire un’onda di calore che invase presto i suoi sensi. Chiuse gli occhi, inebriata dal profumo di Terry.

- Perché hai ancora questi pensieri? – le sussurrò all’orecchio, continuando guardandola negli occhi:

… come simile a un inverno fu il tempo della mia lontananza da te,

delizia dell’anno fuggitivo! Che brividi di gelo ho provati, che giorni bui ho veduti,

che squallore dappertutto, come nel vecchio dicembre!

… perché l’estate e i suoi piaceri sono sempre dove sei tu,

mentre, te lontano, perfino gli uccelli son muti.[12]

 

- Come faccio a farti capire cosa significhi per me? A farti sentire quanto ti amo. Dimmelo, ti prego!

- Hai ragione, ma a volte è più forte di me, perdonami …

- So di averti fatto soffrire molto, ma non era quello che volevo … e non significa che lo farò di nuovo.

- Terry lo so bene, non importa che tu …

- Ascoltami! Sarebbe dovuta andare così, quando ti ho invitata alla prima di Romeo e Giulietta. Dopo lo spettacolo saremmo andati a cena, ti avrei regalato un anello … di sicuro non come questo perché non me lo sarei potuto permettere. E dopo ti avrei chiesto di sposarmi e di restare con me a New York.

Saresti rimasta Candy? – le chiese, dopo una breve pausa, guardandola intensamente negli occhi.

Candy ripensò in un attimo a tutto quello che era successo quella maledetta sera e non riusciva a credere che invece le cose sarebbero potute andare come Terence le aveva appena rivelato. Eppure ci aveva sperato tanto. Il ragazzo fremeva davanti a lei nell’attesa della sua risposta e quando Candy gli disse di sì, che sarebbe rimasta con lui, tornò a respirare e la strinse forte a sé.

- E se te lo chiedessi adesso? – le sussurrò poggiando la fronte a quella di lei.

- Mi ha già chiesto di sposarti mi sembra, te lo sei forse dimenticato? – chiese Candy sorridendo.

- Me lo ricordo bene e mi ricordo anche che tu hai accettato! Ma ora è un’altra la domanda che voglio farti … - le mormorò all’orecchio.

Candy non si mosse, in attesa che lui andasse avanti, mentre sentiva aumentare rapidamente i battiti del suo cuore.

Terence fece un lungo sospiro prima di parlare.

- Rimani qui con me stanotte, vuoi? – trovò il coraggio di chiederle, sfiorando con la guancia il suo viso.

La ragazza si sentì mancare, non si aspettava che lui osasse tanto, anche se negli ultimi giorni trascorsi a La Porte si erano avvicinati molto ed era chiaro ormai che lo stesso potente desiderio spingeva entrambi l’uno verso l’altra.

Candy si scostò un poco per guardarlo in faccia: Terry teneva le labbra socchiuse e negli occhi splendeva una luce particolare che brillava di verità, sul viso un misto di tenerezza e ardore. Erano finalmente insieme, a New York, nel suo appartamento, dove era già stata molti anni fa. Le tornarono alle mente le emozioni provate quel giorno quando era partita da Chicago per raggiungerlo, il lungo viaggio in treno che sembrava non finire mai e Terence che era andato a prenderla alla stazione. Si era sentita scoppiare il cuore quando lo aveva visto. Tutto sembrava possibile. Esistevano solo loro due e l’amore che li univa da sempre.

In quel momento, dopo tanti anni, tutto era tornato possibile. Il loro amore aveva osato sfidare il tempo e quel dannato destino, uscendone vittorioso. Le loro anime si erano ritrovate, immutate, e adesso gridavano a gran voce che anche i corpi facessero lo stesso.

- Sì, lo voglio.

Terence la guardò, incredulo, consentendo all’aria di fluire di nuovo nei suoi polmoni, poi la baciò non riuscendo a sopportare oltre quel martirio. Le prese le mani portandosele al petto e le sentì tremare.

- Stai tremando … hai paura? – le chiese temendo di averla spaventata.

- Non è la paura che mi fa tremare … sei tu – gli disse, avvertendo sotto la sua mano il battito del cuore del ragazzo che si faceva sempre più violento, facendo a gara con il suo.

La baciò di nuovo. Tanti baci leggeri ricadevano sul viso di Candy come fresche gocce di pioggia. Intanto Terence liberava i bottoni del suo gilet, chiedendo a Candy, con uno sguardo supplichevole, di continuare. La ragazza riuscì in qualche modo ad arrivare in fondo alla camicia, nonostante le sue mani tremassero come due foglie scosse dalla brezza d’estate. Non appena quelle mani incerte sfiorarono, con inaspettata audacia, il petto di Terence, il ragazzo avvertì vibrare ogni più piccolo muscolo che risiedeva nel suo giovane corpo.

- Posso farlo io adesso? – le chiese con la voce carica di desiderio.

Senza rispondere Candy si voltò lentamente, offrendogli la schiena prigioniera di un’infinità di piccoli bottoni che misero a dura prova la poca pazienza che il giovane possedeva in quel momento. Eliminato quell’odioso intralcio, Terence poté finalmente liberare le spalle della ragazza, accarezzandole con le labbra e con il suo caldo respiro. Candy si sentì mancare quando avvertì scivolare il suo abito a terra, ma Terence l’afferrò, sollevandola per prenderla in braccio. Lei si strinse al collo di lui, si guardarono e si sorrisero, finché Terence non riprese a baciarla, questa volta con grande intensità, dirigendosi verso la camera da letto.

Con ogni suo sguardo le diceva “fidati di me”

Con ogni sua carezza le diceva “avrò cura di te”

Con ogni suo bacio le diceva “sono solo tuo”

Unendosi a lei le prometteva Amore eterno!

 

Nell’estasi del loro desiderio ogni paura scomparve insieme al resto del mondo che non aveva accesso a quella stanza. Quante volte lui, proprio in quella stanza, l’aveva sognata ad occhi aperti. Come se fosse veramente lì ne avvertiva la presenza e per qualche ora tornava a vivere, finché la realtà, con spietata premeditazione, non lo faceva di nuovo precipitare nell’incubo dei suoi giorni senza di lei.

Poteva credere che adesso Candy fosse davvero lì con lui, nel suo appartamento, nel suo letto? Si trattava forse ancora di un sogno ad occhi aperti? Accarezzandola e baciandone ogni centimetro della sua pelle, Terence cercava di trovare la risposta a quelle domande.

Si persero nei loro sospiri

Perché solo così si sarebbero ritrovati.

Uomo e donna

Donna e uomo

Non conobbero altre parole

Se non quelle dell’amore.

Uomo e donna

Donna e uomo

Morirono in due

E rinacquero in uno.

 

Lei lo chiamò, più e più volte, sussurrando il suo nome per comporre una nuova melodia mai sentita prima. La sua voce percorreva tutte le note più dolci della scala musicale mentre i movimenti di lui ne seguivano il  ritmo in una armoniosa danza.

Occhi negli occhi

Labbra su labbra

Dita tra dita

Pelle contro pelle

Non c’era più divisione

Anime e corpi erano uniti

per sempre.

 

Quel filo invisibile che li aveva sempre tenuti legati, ma che col passare degli anni si era srotolato lungo le strade violente del destino, si stava pian piano riavvolgendo, diventando sempre più corto fino a scomparire perché adesso non ce n’era più bisogno. Nessun filo ormai doveva evitare che si allontanassero, tra loro non c’era più alcuna distanza da colmare.

Nel momento del loro incontro più intimo, quando vita e morte si uniscono in una dimensione nuova di spazio e tempo, dove convivono sole e luna, cielo e terra e dove, come in un primigenio giardino, gli amanti si nutrono solo d’amore eterno, anche Candy e Terence poterono finalmente placare la loro fame d’amore.


Capitolo trentotto

Omnia vincit amor et nos cedamus amori[13]



New York

lunedì, 24 maggio 1920

 

Appena aprì gli occhi, lo vide.

Risvegliarsi accanto a lui fu la sensazione più dolce che avesse mai provato in tutta la sua vita. Ancora avvolta nelle lenzuola, immersa nel profumo del loro amore, non osava muoversi per la paura di rompere quell’incanto. Le sembrò di scorgere una lacrima sotto le sue ciglia scure e allungò la mano per asciugarla, ma si fermò temendo di svegliarlo.

Se ne stava placidamente addormentato, la testa sul cuscino rivolta verso di lei, l’espressione quieta e tenera di un bambino. Nel silenzio della stanza, illuminata appena dalle luci dell’alba, Candy ne udiva il respiro leggero e regolare, così diverso da quello che aveva accompagnato poche ore prima la loro unione. Nelle sue orecchie risuonarono tutte le parole sussurrate, mescolate ai sospiri, con cui lui l’aveva guidata dolcemente lungo la strada della passione. Le sembrava di avvertire di nuovo il tocco carezzevole delle sue mani, sempre più audaci nello scoprire ogni curva del suo corpo. Le sue labbra, che aveva imparato a conoscere molto bene, avevano tessuto per lei una mantello di baci tenuto stretto intorno al suo corpo dalle braccia dell’amato.

Candy chiuse gli occhi, trascinata dalle sensazioni che quei ricordi le provocavano. Lo sentì muoversi. Si era avvicinato a lei, passandole un braccio intorno ai fianchi e immergendo il volto nel suo collo, respirava il profumo dei suoi riccioli biondi. La sentì sospirare, ma temeva fosse un’illusione.

- Sto sognando? – le chiese con la voce ancora avvolta dal sonno.

- No.

- Allora se apro gli occhi tu ci sei?

- Sì.

Aprirono gli occhi nello stesso istante, restando immobili dentro ad uno sguardo finalmente libero da ogni paura.

- Buongiorno Lentiggini!

- Buongiorno amore mio!

Le si avvicinò ancora di più, regalandole il primo bacio della giornata a cui ne seguirono subito molti altri. Senza dire più una parola, riprese l’amoroso dialogo interrotto solo poche ore prima e fu di nuovo con lei e per lei che il suo amore si manifestò in tutta la sua potente tenerezza. Lei lo lasciò fare, restando essa stessa stupita di come a quell’uomo, al quale già aveva ceduto il proprio cuore, avrebbe concesso qualsiasi altra cosa le avesse chiesto.



Never know how much I love you
Never know how much I care
When you put your arms around me
I get a fever that's so hard to bear.

You give me fever when you kiss me
Fever when you hold me tight
Fever in the morning
Fever all through the night.



Sun lights up the daytime

Moon lights up the night

I light up when you call my name

And you know I'm gonna treat you right.



Romeo loved Juliet
Juliet she felt the same
When he put his arms around her
He said Julie, baby, you're my flame
Thou giv-est fever when we kisseth
Fever with the flaming youth
Fever I'm afire
Fever yea I burn for sooth.



What a lovely way to burn
What a lovely way to burn
What a lovely way to burn.
[14]



Il sole era già alto quando i due ragazzi si svegliarono ancora abbracciati. Si mossero insieme sotto le lenzuola, ma fu Candy la prima a parlare.

- Terry che ore sono?

Il ragazzo scrutò l’orologio che portava al polso spalancando gli occhi e poi lo mostrò a Candy che una volta resasi conto di quanto fosse tardi, iniziò ad agitarsi dicendo che non avrebbero mai fatto in tempo a prendere il treno per Chicago, dovendo ancora preparare i bagagli. Era decisa a saltar giù dal letto velocemente, ma ricordandosi all’improvviso di essere decisamente poco vestita, non sapeva come fare, anche perché l’abito che indossava la sera prima giaceva abbandonato sul pavimento della sala da pranzo.

Terence se ne stava invece ancora tranquillamente disteso, sorridendo nel vedere Candy che si era seduta sul letto così in ansia. Cercò di tranquillizzarla dicendole che avevano tutto il tempo e tentando di riportarla tra le sue braccia.

- Se vieni qui ti spiego come faremo – le propose prendendole una mano con cui teneva il lenzuolo per coprirsi.

Candy lo guardò sospettosa, infine cedette lasciandosi condurre da quegli occhi blu oceano verso il petto del ragazzo che ricoprì con la sua chioma dorata. Terence teneva un braccio piegato sotto la testa e con l’altro stretto intorno a Candy ne accarezzava la schiena con la punta delle dita, mentre le parlava spiegandole che avrebbe chiamato a casa della madre dicendo alla domestica di preparare i bagagli. Lui avrebbe preparato i suoi velocemente e in un paio d’ore sarebbero stati pronti per andare a pranzo, caricare le valigie e poi partire alla volta di Chicago.

- Non ti sembra un piano perfetto Lentiggini?

- Mmmm … forse!

- Così non devi per forza saltare subito giù dal letto – mormorò Terence lasciandosi scivolare più in basso per ritrovarsi faccia a faccia con Candy.

- Terry smettila … devo anche farmi una doccia e cambiarmi e qui ho solo un abito da sera … brontolò la ragazza avendo capito che lui non l’avrebbe lasciata andare tanto facilmente.

- Con quell’abito eri bellissima ieri sera, ancora di più quando te l’ho tolto!

- Terry ti prego … fai il bravo adesso, dobbiamo andare! – gli disse tentando di non cedere di nuovo alle lusinghe dei baci che lui aveva già cominciato a ricamarle sul collo.

- Terry mi ascolti …

- D’accordo … - acconsentì lui sospirando a malincuore – … però restiamo ancora qualche minuto così – le disse stringendola a sé.

Rimasero per un po’ in silenzio, immersi l’uno nell’altra. D’un tratto lui sorrise e Candy gliene chiese il motivo.

- Pensa se adesso non dovessi piacere alla famigerata prozia e decidesse di non darti il consenso alle nozze!

- Sarebbe un bel guaio! – commentò Candy mettendosi a ridere anche lei.

Poi tornò seria e gli chiese – Lo sai che cosa ho detto ad Albert quando siamo tornati insieme a Chicago?

- Che cosa?

- Gli ho detto che anche se il mondo intero si schierasse contro il nostro matrimonio io ti sposerei lo stesso. Non vorrei mai dare un dolore ad Albert, ma se fosse necessario sarei disposta anche ad abbandonare gli Ardlay se non accettassero queste nozze.

Dopo quella spudorata dichiarazione d’amore, Terry sentì la commozione salire dal cuore fino agli occhi il cui azzurro si fece improvvisamente liquido e caldo. Aggrappandosi all’ultima punta d’orgoglio, non volendo cedere in quel momento alle lacrime, estrasse dal cilindro quella che voleva essere una battuta, ma che alle orecchie di Candy risuonò come il più dolce dei pensieri sul loro futuro insieme.

- Io ho già rinnegato il nome dei Granchester, se ora anche tu abbandonassi gli Ardlay, i nostri figli non avrebbero più un cognome! – scherzò il ragazzo.

Candy alzò la testa all’improvviso, vedendolo sorridere. Terence si accorse che lei invece aveva un’espressione piena di meraviglia.

- Perché quella faccia Lentiggini? Che cosa ho detto?

- Hai detto … i nostri figli – gli rispose come se si fosse appena resa conto che a volte i sogni possono davvero avverarsi.

Il ragazzo capì allora cosa l’avesse tanto colpita. L’idea che potessero, una volta sposati, avere dei bambini, diventare genitori, apparve anche a lui per la prima volta reale e ne rimase sbalordito.

- Almeno una decina, Lentiggini, che ne dici? L’argomento venne chiuso da una battaglia di cuscini.



Capitolo trentanove

Villa Ardlay




Chicago

martedì, 25 maggio 1920

 

Albert li vide scendere dall’auto che si era fermata nell’ampio piazzale davanti all’ingresso principale del maestoso palazzo di proprietà della famiglia Ardlay. I due fidanzati si tenevano per mano e sorridevano, chiacchierando animatamente.

- Accidenti Candy questo palazzo è incredibile, penseranno tutti che ti sposo per i tuoi soldi! – esclamò Terence facendola ridere di gusto.

- Le ricordo Duca che le sue proprietà comprendono svariati castelli e dimore d’epoca di gran lunga più importanti di questa misera casupola.

- E’ proprio necessario che interpreti la parte del giovane erede di una delle più antiche famiglie nobili d’Inghilterra?

- Lo sai che la prozia ci tiene molto a queste cose e poi, ai suoi occhi, è l’unico punto a tuo favore! – scherzò Candy.

- Oh grazie mille Lentiggini … ora mi sento più sollevato!

- Un’altra cosa Terence … potresti evitare di chiamarmi Lentiggini almeno per qualche giorno? Non credo che la prozia Elroy gradisca questo tipo linguaggio.

- Vorrà dire che troverò un bel soprannome anche per lei!

- Ragazzi finalmente siete arrivati! Come state? – li interruppe Albert che era andato loro incontro, sotto al loggiato.

Candy al solito corse verso di lui abbracciandolo come una bambina.

- Ehi piccola, mi sembri in ottima forma! Com’è andato il viaggio?

- Tutto bene anche se non finiva più!

- Candy comunque ha trovato il modo di passare il tempo … svaligiando il vagone ristorante! – scherzò Terence.

- Oh Terry … che ci posso fare se viaggiare mi mette appetito! – si difese la ragazza.

- Terence ti do il mio benvenuto a Chicago, nella mia umile dimora.

- E tu questa la chiami umile dimora? Potrebbe contenere mezza New York! – rispose Terence sbalordito.

- Beh con il vostro arrivo siamo saliti a sei, più due nanetti che però, visto il trambusto che fanno, valgono almeno per cento!

- Intendi dire che Annie ed Archie sono già qui con i gemelli? – chiese Candy eccitata all’idea di rivederli.

- Certamente, sono arrivati ieri sera.

A quella notizia Candy si diresse veloce come un fulmine all’interno della casa, seguita dai due ragazzi che sorridevano pensando che i gemelli Cornwell fossero due angioletti in confronto a quel diavolo biondo.

Appena giunti nell’atrio videro scendere dal lungo scalone centrale Archibald Cornwell e signora. Candy ed Annie si scambiarono subito un abbraccio fraterno, commosse nel ritrovarsi di nuovo insieme sotto lo stesso tetto come quando erano bambine. Candy notò come l’amica si fosse ripresa completamente dopo la difficile gravidanza. Annie era decisamente raggiante e, nonostante la fatica di accudire due neonati, sembrava, a detta del marito, trovare ogni giorno nuove energie. Terence salutò i due genitori facendo loro le più sincere congratulazioni, sperando che anche lui e la sua Lentiggini avrebbero un giorno potuto godere di una tale grazia.

Annie gli andò vicino e stringendogli entrambe le mani gli disse:

- Sono davvero molto felice che tu sia qui!

- Grazie Annie, anch’io lo sono! – le rispose Terence colpito dalla calorosa accoglienza della ragazza che ormai non sembrava più intimorita da lui, come ai tempi della scuola.

Archie dopo aver salutato affettuosamente la cugina, rivolse a Terence un freddo e laconico “benvenuto a Chicago”, rispondendo con una stretta poco convinta alla mano che l’attore gli aveva allungato ringraziandolo.

Dopo aver riposato un po’ ed essersi cambiati, ognuno nella propria stanza, Candy e Terence si ritrovarono per la cena insieme ai Cornwell e ad Albert. La prozia di solito cenava nel suo appartamento che si trovava in una parte riservata del palazzo. Avrebbe dunque ricevuto Candice e il “giovane Duca inglese”, come ormai lo definiva, il giorno seguente.

La cena si svolse in maniera molto vivace. Candy al solito era un vulcano di parole: aveva descritto nei minimi dettagli il grande successo ottenuto dall’ “Amleto di Terry” sia a Parigi che a Londra, trovando conferma in Annie la quale confessò che nei salotti della capitale francese se ne parlava ancora con grande entusiasmo. Dopodiché raccontò del recente finesettimana trascorso a New York, dell’acquisto della nuova casa a Long Island e infine rivelò orgogliosa di essersi appena iscritta alla facoltà di medicina. Albert ed Annie si complimentarono con lei per quest’ultima scelta così coraggiosa e si dissero entrambi fiduciosi della piena riuscita del suo progetto.

Archie che fino ad allora era rimasto in silenzio, si rivolse alla cugina chiedendole conferma del fatto che avrebbero abitato a Long Island.

- A Southampton per la precisione – intervenne Terence.

- Oh Archie … è un posto bellissimo, dovrete essere i primi a venirci a trovare. E’ molto vicino al mare e ai bambini farà sicuramente bene, che ne dici Annie?

- Dico che non vedo l’ora! – rispose la ragazza elettrizzata all’idea, al contrario del marito che invece non riusciva proprio a gioire per quello che sembrava ormai un imminente matrimonio.

Terminata la cena, Albert si prestò volentieri a suonare qualcosa al pianoforte per far ballare le due giovani coppie, ma visto che le sue qualità di musicista erano purtroppo molto simili a quelle di Candy, venne ben presto sostituito dalla bravissima Annie che deliziò i presenti con un gradevole valzer viennese.

Poiché Albert chiese a Terence di cedergli, momentaneamente, la sua dama, cosa che l’attore accettò precisando che l’avrebbe concessa solo a lui, Archie si ritrovò seduto sul divano con il vecchio compagno di scuola.

- Non provare a chiedermi di ballare Cornwell!

Archie si voltò guardando il ragazzo come se avesse detto una bestemmia.

- Stavo scherzando! – esclamò Terence vedendo la sua faccia inorridita.

Archie tornò ad osservare la coppia di ballerini, senza rivolgere la minima attenzione a chi gli stava vicino.

- Non ti ricordavo così taciturno a Parigi. Attraversare l’oceano ha cambiato le cose forse? – gli chiese l’attore riferendosi a come i loro rapporti gli fossero apparsi un po’ più distesi nella capitale francese.

- Veramente sei tu che non ti smentisci mai! – esclamò con malcelata rabbia Archie, continuando a guardare dritto davanti a sé.

Terence non riusciva a capire a cosa si riferisse e rimase per un attimo in silenzio, aspettando una spiegazione che non si fece attendere. Archie si voltò lentamente verso di lui, stringendo i begli occhi nocciola come se volesse fulminarlo all’istante, ma l’attore non si scompose minimamente facendolo esitare. Dovette riprendere coraggio prima di accusarlo del fatto di aver di nuovo abbandonato Candy andandosene da Parigi senza nemmeno una spiegazione.

- Ma di che cosa stai parlando? – gli chiese Terence che già stava iniziando ad agitarsi.

- Credi mi sia dimenticato della tua teatrale uscita di scena dalla mia casa, dopo che eri stato gentilmente invitato da mia moglie che ingenuamente credeva tu fossi cambiato, tanto da essere degno di riavvicinarti a Candy dopo anni come se niente fosse?

- Ho tentato di rifiutare l’invito di tua moglie perché sapevo che non ti avrebbe fatto piacere, lei mi ha rassicurato dicendomi che le nostre divergenze erano ormai acqua passata e così mi sono illuso che tu fossi cresciuto un po’ Cornwell rispetto ai tempi della scuola, ma vedo che non è così.

- Sarei io quello che deve crescere? Questa è bella … guarda che sei tu quello che si comporta ancora come un adolescente pensando di avere il diritto di prendere e lasciare una donna come e quando ti pare!

- Non ti permetto di parlarmi in questo modo … tu non sai niente di Candy e me!

Candy li stava osservando già da un po’ mentre ballava con Albert e a giudicare dalle loro facce aveva capito che i due ragazzi non stessero amichevolmente ricordando i vecchi tempi.

- Albert pensi che tra un po’ si prenderanno a pugni? – chiese la ragazza alquanto preoccupata.

- Non credo Candy … sono adulti ormai – tentò di rassicurarla Albert, non del tutto convinto della sua affermazione.

In quell’istante Annie terminò la sua esecuzione, cui fece seguito un sincero applauso da parte dei presenti. Dopodiché Candy pensò bene fosse il caso di separare i due futuri cugini dicendo che si sentiva molto stanca per il viaggio e che quindi sarebbe andata a dormire. Terence fu subito d’accordo con lei e, dal momento che non vedeva l’ora di dare la “buonanotte” alla sua Lentiggini, dichiarò che senza l’aiuto di qualcuno non sarebbe di certo riuscito a ritrovare la sua stanza in quel labirinto di corridoi. Naturalmente Candy si offrì di accompagnarlo.

I due fidanzati uscirono dal salone della musica e presero le scale che portavano al piano superiore dove si trovavano le camere da letto. Arrivati alla stanza di Terence, il giovane si fermò un istante aprendo la porta e chiedendo a Candy se volesse entrare un minuto, con uno sguardo a cui lei non riuscì a dire di no.

- Solo un minuto! – precisò la ragazza, avendo intenzione di sapere di cosa avessero discusso lui ed Archie.

Il fatto è che, appena misero piede nella stanza e la porta venne chiusa, non ci fu molto spazio per le  parole. Candy si ritrovò in un attimo imprigionata contro la parete dalle braccia di Terence che non esitò un istante prima di baciarla appassionatamente.

- Non vorrai farmi dormire da solo? – le chiese dando momentaneamente tregua alle sue labbra.

- Terry ti prego … qui non possiamo … – mormorò Candy sforzandosi di mettere a tacere quelli che erano invece i suoi reali desideri.

Accusandola di essere crudele con lui, la implorò di rivelargli almeno dove si trovasse la sua stanza nel caso, durante la notte, avesse bisogno di qualcosa. Ma la ragazza anche su questo fu irremovibile, suggerendogli nel caso di chiamare Albert la cui stanza si trovava poco distante. Così Terence finì per doversi accontentare di qualche altro bacio della buonanotte prima di lasciarla andare.

 

Il mattino seguente, dopo colazione, Terence Graham venne ricevuto in colloquio privato dalla capostipite della famiglia Mrs Elroy Ardlay. Inizialmente accompagnato da William Albert e dalla fidanzata, Terence la salutò con estrema cortesia, in un perfetto accento inglese.

- Buongiorno, sono onorato di fare la vostra conoscenza signora. Candice mi ha parlato molto di voi.

La zia non rispose e, dopo aver fatto cenno ad Albert e Candy di lasciarli soli, invitò il giovane ad avvicinarsi e a sedersi davanti a lei che se ne stava adagiata, con tutta la sua imponenza, in una poltrona vicino alla finestra che si affacciava sul giardino.

Terence avanzò lentamente con la sua solita andatura disinvolta, evitando tuttavia di apparire troppo spavaldo. Dopo averlo scrutato dalla testa ai piedi, Elroy si decise a parlare.

- Finalmente ci conosciamo Mr Graham Granchester. Devo dire che è stato più fortunato di me, Candice infatti mi ha parlato pochissimo di lei, dal momento che sono venuta a conoscenza del vostro fidanzamento tramite mio nipote, quando vi trovavate entrambi ancora in Europa. Mi sembra di aver capito che vi siete conosciuti ai tempi della scuola.

- Candice ed io abbiamo frequentato la Royal St. Paul School a Londra, è lì che ci siamo conosciuti.

- Avrà potuto conoscere anche i miei cari nipoti, Archibald ed … Alistear – si informò la zia con un leggero tremolio nella voce roca.

- Certo signora ed è stato un duro colpo apprendere della prematura scomparsa di Stear, era un ragazzo davvero generoso ed altruista. Sono orgoglioso di essere stato suo amico per il tempo che mi è stato concesso – disse Terence sinceramente commosso nel ricordare il giovane inventore.

- Come se la grave sciagura della morte del mio dolcissimo Anthony non fosse stata già abbastanza pesante da sopportare per il mio povero cuore …

Ci fu un attimo di silenzio in cui Terence preferì tacere piuttosto che commentare l’ultima frase della donna, dopodiché Mrs Ardlay riprese il discorso, riscuotendosi da quei tristi ricordi.

- Anche i fratelli Lagan, i figli della mia amata nipote Sarah, si trovavano a Londra nello stesso periodo. Ha avuto sicuramente modo di stringere amicizia anche con loro, mi sembra di aver capito che Eliza la conosce molto bene, so che è venuta spesso a vederla recitare in teatro.

- In realtà non ci siamo frequentati molto a scuola perché Neal, essendo un anno indietro rispetto a me, seguiva un corso diverso, mentre le occasioni di incontro tra ragazze e ragazzi erano veramente poche dal momento che le rispettive attività erano sempre tenute separate, tranne le funzioni religiose o le rare feste che si tenevano nell’istituto. Alla Royal St. Paul School c’erano regole molto severe al riguardo.

- Il mio William mi ha informato in merito alle sue origini nobili: lei è il primogenito del Duca di Granchester e dunque appartiene ad una delle più antiche ed importanti famiglie dell’aristocrazia inglese, non è così? – chiese Elroy cambiando repentinamente discorso.

- E’ così – rispose laconico Terence, sperando di far cadere l’argomento.

- E sarebbe così gentile da dirmi il motivo per cui un uomo nella sua posizione ha deciso di intraprendere una professione che non saprei come definire se non alquanto bizzarra?

Terence sorrise il che fece risplendere il suo viso senza lasciare indifferente nemmeno la severa matriarca della famiglia, dopodiché rispose semplicemente che si era appassionato di letteratura inglese, in particolar modo di William Shakespeare, durante gli anni trascorsi in collegio e che questa passione si era poi trasformata in un passatempo più che in una professione vera e propria.

- Sapete, noi nobili a volte siamo costretti ad una vita molto noiosa per cui ci è concesso dedicarci a qualche attività che la possa rendere almeno … più sopportabile! – esclamò l’attore che stava interpretando il ruolo più difficile, cioè quello di giovane duca a cui tutto è dovuto unicamente per diritto di nascita.

La conversazione continuò in maniera sempre più piacevole e la zia Elroy giunse alla conclusione che il giovane Granchester non fosse poi così male, forse un tantino stravagante (con quei capelli decisamente troppo lunghi, persino William Albert si era convinto, dietro suo consiglio, ad accorciarli!), ma comunque molto elegante, con una notevole istruzione che traspariva dal suo raffinato eloquio e, cosa che non guastava affatto, era indiscutibilmente di bell’aspetto.

Candy ed Albert si erano rifugiati nello studio di quest’ultimo, in attesa che Terence tornasse dal suo colloquio con la zia. La ragazza era piuttosto agitata e non riusciva a stare seduta, mentre Albert la osservava sogghignando, prendendola un po’ in giro.

Candy temeva qualche colpo di testa del fidanzato, restio a rispettare le convenzioni vigenti nell’alta società e sperava di vederlo entrare al più presto nello stanza per essere sicura che tutto fosse filato liscio.

- Così finirai per consumare il tappeto! – esclamò Albert sottolineando che la ragazza continuava a fare avanti e indietro, probabilmente senza rendersene conto.

- Accidenti Albert, ma quanto ci mette? Spero che non se ne esca con qualche battuta delle sue, ti immagini la zia cosa potrebbe pensare se le dicesse che ancora mi chiama Tarzan Tutte Lentiggini?

- Candy non essere sciocca, Terence sa quel che fa! Vedrai che andrà tutto bene.

Finalmente la porta si aprì ed apparve Terence, decisamente scuro in volto.

Candy lo guardò terrorizzata e anche Albert rimase piuttosto perplesso nel vedere l’espressione del ragazzo.

Senza dire una parola il giovane si diresse verso la finestra, sospirando, voltando le spalle e lasciando i presenti nella più totale curiosità. Candy che non osava dire una parola, rivolse uno sguardo sgomento all’amico invitandolo ad intervenire, lui le rispose con un cenno di assenso.

- Terence devi forse dirci qualcosa?

Ma il ragazzo non dette alcun segno che potesse far capire come fosse andata la sua conversazione con Mrs Ardlay.

Candy a quel punto non ce la fece più e lo pregò di parlare.

Terence non riuscì a sostenere oltre quella situazione e, senza voltarsi, scoppiò in una eccezionale risata, lasciando di stucco gli altri due.

- Come volete che sia andata? – esclamò il giovane attore, sedendosi in poltrona e allungando le gambe di fronte a sé prima di continuare – Anche la prozia è capitolata di fronte all’indiscutibile fascino del qui presente futuro Duca di Granchester!

- Oh Terry ci hai fatto prendere un colpo, accidenti! – esclamò Candy ancora scossa.

- Lentiggini avresti dovuto vedere la tua faccia quando sono entrato … hai messo a dura prova le mie capacità di attore, stavo per scoppiare subito a ridere – le disse il fidanzato appunto ridendo a crepapelle.

- Candy sei spacciata con un attore così bravo come marito! – sentenziò Albert anch’egli non riuscendo a trattenersi dal ridere.

- Voi due insieme siete insopportabili!

- A parte il tuo “indiscutibile fascino” che cosa hai detto alla zia per conquistarla al primo colpo? – chiese Albert incuriosito dalla situazione.

- Beh mi ha chiesto un po’ di cose sulla mia famiglia d’origine, su come ho conosciuto i nipoti, inclusi i cari fratelli Lagan, sul perché avessi scelto un lavoro così “bizzarro” … e devo dire che me la sono cavata alla grande, ma sono sicuro che una cosa in particolare che le ho detto abbia deposto definitivamente a mio favore.

- E cioè? – intervenne Candy leggermente insospettita dall’atteggiamento del fidanzato fin troppo sicuro di sé a suo giudizio.

- Beh Lentiggini quando le ho detto che non potrebbe di certo sperare in un matrimonio migliore, considerando diciamo … le qualità della sposa, la cara zia non ha avuto più niente da obiettare.

- Che cosa intendi dire con “le qualità della sposa”?

- Candy non vorrai negare di avere un caratterino piuttosto … originale!

- E quindi? – insisté la ragazza incrociando le braccia con aria minacciosa, in piedi davanti a Terence che invece continuava a divertirsi come non mai.

- E quindi Lentiggini … se non ti sposo io … chi ti sposa?

- Cosaaaaaaa? – gridò Candy.

Intanto Albert, che si era messo una mano sugli occhi cercando di non veder la scena che sarebbe seguita, fonte di sicuro di nuove risate, pensò bene di abbandonare la stanza lasciando soli i due fidanzati.

Candy si avvicinò con una faccia che non faceva presagire niente di buono al giovane attore che si era alzato in piedi, mettendo le mani avanti per fermarla.

- Ritira subito quello che hai appena detto, brutto impostore! – lo minacciò Candy alzando una mano pronta a colpire.

- Albert aiuto! – gridò invano Terence all’amico che si era già dileguato – Lentiggini non vorrai picchiarmi … ho cercato solo di trovare un punto di incontro con la zia e mi sembra di esserci riuscito molto bene, non credi?

- Dire che sei l’unico uomo che accetterebbe di sposarmi tu lo definisci “un punto d’incontro”? – gridò Candy colpendolo sul braccio.

- Lentiggini fermati, non posso presentarmi all’altare con un braccio rotto dalla donna che sta per diventare mia moglie! – protestò Terence come se lei gli avesse fatto male veramente.

- Non solo il braccio ti dovrei rompere, ma anche quella faccia da schiaffi che hai in questo momento! – gridò cercando di colpirlo di nuovo.

Ma questa volta Terence intercettò la sua mano afferrandola per il polso, facendo lo stesso anche con l’altra con cui Candy aveva tentato di liberarsi dalla presa.

- Ma quando la smetterai di essere così manesca! – le disse sorridendo.

- Quando tu la smetterai di essere così odioso!

Terence a quel punto, mentre le teneva strette le mani, la guardò in silenzio, sorridendole di nuovo, e lei capì finalmente.

- Hai bluffato … non hai detto alla zia che non mi sposerebbe nessuno vero? – gli chiese Candy abbassando il tono della voce, ostaggio ancora una volta dei suoi occhi color zaffiro.

Il ragazzo scosse la testa semplicemente per poi aggiungere – Io non le ho detto niente del genere, ma secondo me … la tua cara prozia nutre qualche timore riguardo al fatto che tu possa rimanere … zitella!

- Oh Terence … finiscila o io …

Ma lui la interruppe, impedendole con un bacio di andare avanti.

Si sedettero sul divano, continuando a “fare pace” per qualche minuto, quando ad un certo punto lo sguardo di Terence venne colpito da qualcosa che si trovava sulla scrivania di Albert, alle spalle di Candy. La ragazza se ne accorse perché la sua espressione si era fatta di colpo pensierosa. Si voltò, cercando cosa avesse attirato i begli occhi del fidanzato. All’angolo destro del tavolo, pieno di libri di economia e documenti, troneggiava un maestoso vaso di cristallo dove erano state disposte alcune rose provenienti dal giardino della villa. Terence si alzò e andò ad osservarle da vicino, ma senza toccarle, quasi ne fosse intimorito.

- Si tratta delle rose “Dolce Candy”, sono state trapiantate qui quando Lakewood è stata venduta – gli spiegò.

- Sono molto belle … quasi quanto la ragazza a cui sono state dedicate! – esclamò serio il giovane.




Capitolo quaranta


Il Cancello delle Rose






Lakewood

mercoledì 26 maggio 1920

 

 



- Perché mi hai portato qui? – le chiese Terence infastidito.

- Per la faccia che hai fatto quando hai visto le rose Dolce Candy nello studio di Albert.

- Ho solo detto che sono molto belle. Sono queste?

- No, le Dolce Candy ormai si trovano solo a Chicago, questo è il Cancello delle rose … dove ho visto Anthony per la prima volta.

- Non mi piace questo posto, possiamo andare per favore? – le chiese distogliendo lo sguardo da quel trionfo di rose che circondava la cancellata d’ingresso.

- No, ti devo parlare e voglio farlo qui, davanti a questo cancello. Puoi ascoltarmi?

Terence annuì, scuro in volto, lo sguardo glaciale come capitava sempre quando lo sentiva nominare da lei.

- Vorrei che tu capissi una volta per tutte con chi ho scelto di passare il resto della mia vita.

- Ma tu non hai scelto … perché lui non c’è più.

La voce del ragazzo era fredda e lontana, non voleva assolutamente affrontare quell’argomento, non sopportava il fatto che quel biondino avesse condiviso con Candy una parte della sua vita, prima che lui la conoscesse. Era tremendamente geloso di quel passato che non gli apparteneva perché sentiva dentro di sé che Candy non solo era la sua ragazza ora, ma era come se lo fosse sempre stata. Lei era sua, da sempre, così come lui era nato solo per incontrarla ed amarla. Che cosa c’entrava allora quello?

- Lo so … e sei stato tu a farmelo capire e a farmi scoprire un nuovo modo di amare che io non conoscevo e che all’inizio mi ha spaventato molto. Ma ora non potrei più farne a meno. Avrei potuto continuare a scegliere lui anche se non c’era più, non credi? Oppure cercare qualcuno che almeno gli somigliasse! Invece ho deciso di scegliere te anche quando credevo che non ci saresti stato più per me perché pensavo appartenessi ad un’altra. Ho continuato a scegliere te ogni giorno!

Terence fu molto colpito da quelle parole. Non aveva mai considerato le cose da quel punto di vista: Candy avrebbe potuto continuare a vivere nel ricordo di Anthony, come in effetti stava facendo quando si conobbero. Per molto tempo la ragazza non riuscì ad aprirsi di nuovo alla vita e all’amore, fino a quando non fu proprio Terence a farle capire che finché si è vivi si può continuare a sperare nella felicità, come diceva sempre Miss Pony.

- Quando parlavi di lui mi facevi andare fuori di testa perché pensavo che ai tuoi occhi sarebbe stato sempre il migliore. Non sapevo come fare a combattere contro un ragazzo che sembrava perfetto, mentre io ero considerato da tutti un poco di buono, uno da tenere alla larga. Anche tu lo pensavi a volte, non è vero?

- L’ho pensato perché era quello che mostravi, ma non ci credevo veramente perché in un modo o nell’altro riuscivi sempre a stupirmi ed io non potevo fare a meno di pensarti e di cercarti. Pian piano ho potuto vedere cosa nascondevi al di là della tua arroganza e della tua sfacciataggine, della rabbia che mostravi spesso contro tutto e tutti. Ho visto un ragazzo buono e generoso come nessun altro, appassionato della vita, che cercava solo di essere capito e di essere amato.

- Volevo che sorridessi pensando a me, invece di piangere per lui! A volte non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe andata se lui non fosse …

- Non chiedertelo ti prego, non possiamo avere la risposta a questa domanda. E’ vero che Anthony avrà sempre un posto nel mio cuore, come il caro Stear e come tutte le persone che ho amato nella mia vita e che non rivedrò più. Ma questo non deve farti pensare mai di essere una seconda scelta, solo perché ti ho conosciuto dopo di lui. Adesso non potrei immaginare la mia vita senza di te, tu sei la mia vita Terry!

Rimasero in silenzio qualche minuto, abbracciati, sopraffatti loro stessi dall’amore che li univa. Con Candy stretta fra le sue braccia Terence sentiva pian piano placarsi la tempesta di sentimenti che si agitava dentro di lui, ma non ancora abbastanza da scacciare del tutto il pensiero che una parte di lei gli sarebbe sempre stata preclusa. Anche se crescendo aveva imparato a smorzare leggermente questo lato così possessivo del suo carattere, nei confronti di Candy nutriva ancora una gelosia prepotente anche verso il suo passato. Forse a causa degli anni in cui erano stati costretti a separarsi, o forse per orgoglio, come ammise lui stesso.

- Perdona il mio banale orgoglio maschile, ma almeno in una cosa mi piacerebbe essere arrivato prima di lui!

- Che vuoi dire? – gli rispose Candy un po’ imbarazzata.

Anche Terence sorrise, ma sentiva bussare forte dentro di sé una domanda che esitava a farle, ma se lei lo aveva portato lì per risolvere la questione definitivamente, doveva trovare il coraggio …

- Il mio ego smisurato osa chiederti qualcosa di più! – esclamò.

- Che cosa vuoi di più?

- Ti ha mai baciata? – le chiese d’un tratto, senza quasi respirare.

- Perché vuoi saperlo? Che importanza potrebbe mai avere adesso?

- Quando ti ho baciato la prima volta, tu non l’hai capito o almeno non in quel momento, ma era il mio modo per dirti che ti amavo. Per questo vorrei essere stato il primo a farlo, se non addirittura l’unico.

- Anthony non mi ha mai baciata, nessun altro lo ha fatto!

Terence abbassò la testa, cercando di nascondere un lieve sorriso compiaciuto.

- Soddisfatto adesso? – gli chiese Candy, come se stesse parlando ad un bambino che ha appena ottenuto un premio.

- Direi di sì!

- Allora potrò coltivare le Dolce Candy nel nostro giardino?

- Ora non esagerare Lentiggini!

I due ragazzi decisero di trascorrere il resto della giornata sulla costa del lago Michigan che Candy conosceva molto bene. Infatti questa volta fu lei a fare da guida a Terence. Fecero prima una piccola crociera su un battello dove poterono anche gustare un buon pranzo a base di pesce. Una volta tornati a terra si fermarono lungo la riva, su quella che sembrava una vera e propria spiaggia, trovando un posto piuttosto riparato tra le dune dove poter stare tranquilli.

- Lo sai che è passato un mese esatto? – esordì Candy.

- Da cosa?

- Da quando sono venuta a Londra, siamo andati a cena insieme e … tutto il resto – disse un po’ imbarazzata ripensando alle intense emozioni di quella notte in cui avevano fatto il primo passo per tornare insieme, confessando ogni loro errore, promettendosi di perdonarsi e poter ricominciare ad amarsi.

- Io invece penso che sono passati ormai quasi tre giorni … - disse Terence con un filo di delusione nella voce.

- Da cosa? – fu lei a chiedere questa volta, avendo già intuito però a cosa si riferisse Terry.

- Da quando siamo stati a cena a casa mia a New York e … tutto il resto.

Candy sorrise leggermente, arrossendo al pensiero di quello che era successo. Le faceva uno strano effetto ripensare a quella notte e non riusciva a parlare.

Come al solito invece Terence fu molto diretto nell’esprimere ciò che sentiva.

- Ti sei pentita? – le chiese, riflettendo sul fatto che lei non aveva più cercato di passare la notte con lui.

- No … è solo che … non me lo aspettavo, non credevo che sarebbe successo così presto – balbettò tentando invano di nascondere la sua agitazione.

- Ti imbarazza così tanto parlarne?

- Beh … forse un po’! Il fatto è che devo ancora abituarmi all’idea … invece pensarci mi rende nervosa e ho come l’impressione che tutti se ne accorgano.

- E ci pensi spesso? – le chiese sussurrando quelle parole al suo orecchio.

- Oh Terry … a volte!

- Ho capito.

- Che cosa hai capito?

- Che hai bisogno di un po’ di tempo per … abituarti all’idea, come hai appena detto tu.

- E questo per te è un problema? – gli chiese Candy molto titubante.

- Non direi proprio un problema, piuttosto … una tortura, considerando il fatto che in questo momento abitiamo anche sotto lo stesso tetto! – le rispose sorridendo e sospirando.

Erano seduti per terra, sulla sabbia che iniziava ad essere calda. In mezzo alle gambe di Terence, Candy si era appoggiata con la schiena a lui che come suo solito teneva il viso vicino alla sua tempia. Appena lui le aveva detto di aver capito Candy aveva avvertito un forte senso di protezione e l’imbarazzo di cui era stata vittima fino a quel momento era svanito nel nulla. Si voltò e, sorridendogli dolcemente, lo tenne stretto incrociando le braccia dietro la sua testa e affondandogli il viso nel collo. Terence rimase sorpreso da quel gesto improvviso e restò immobile, lasciandosi pervadere dalla dolce sensazione del respiro di Candy tra i capelli. Ma quando lei si lasciò sfuggire un leggerissimo bacio appena sotto l’orecchio del ragazzo, questi si rese immediatamente conto che rispettare la promessa appena fatta sarebbe stata una tortura nella tortura. Esitò un attimo, indeciso se rispondere a quel tenero bacio con tutta la passione che sentiva scatenarsi dentro di lui in quel momento oppure mantenere la parola. Con uno sforzo immane scelse la seconda opzione.

- Lentiggini … non sarà facile avere pazienza se fai così – le rivelò sospirando di nuovo.

- Scusami … si è fatto tardi, sarà meglio rientrare.

Passeggiando lungo la spiaggia, mano nella mano, tornarono all’auto e ripartirono alla volta di Chicago.





Capitolo quarantuno

Rivelazioni







Villa Ardlay, Chicago

mercoledì 26 maggio, 1920

 



- Ma dove eravate finiti voi due? – chiese loro Albert non avendoli visti per tutto il giorno.

- Ciao Albert, scusaci se non ti abbiamo avvisato, siamo stati a fare un giro sul lago – gli rispose Candy, evitando di parlare della loro sosta a Lakewood che considerava una questione tra lei e Terry.

- Non preoccuparti Candy … ma so che anche Annie ti ha cercata.

- Allora vado a cambiarmi e corro da lei, ci vediamo dopo ragazzi! – esclamò Candy dirigendosi verso la sua stanza.

Appena la ragazza se ne fu andata anche Terence disse che doveva farsi una doccia perché era pieno di sabbia, ma Albert lo trattenne chiedendogli se poteva raggiungerlo nel suo studio per fare due chiacchiere.

Dopo poco Terence, splendente come una limpida giornata di primavera, entrò nella stanza dove l’amico lo attendeva. Albert gli confermò prima di tutto che la zia Elroy era rimasta molto soddisfatta del loro colloquio e riteneva che, nonostante il futuro duca presentasse qualche aspetto piuttosto stravagante, come l’idea di fare l’attore o il fatto di portare i capelli così lunghi, poteva rappresentare un buon partito per la nostra Candice che quanto a singolarità non restava di sicuro indietro.

- Mi dispiace sinceramente per la prozia, ma teatro e capelli fanno parte di me e non verrà accontentata in questo! Forse dovrebbe preoccuparsi di ben altro … – commentò Terence scoppiando a ridere seguito dall’amico.

- Forse hai ragione, per fortuna la zia non è solita leggere i giornali scandalistici perché con tutte le presunte fidanzate che ti vengono accostate di solito le sarebbe già preso un colpo!

- Purtroppo alcuni giornali pur di fare notizia e vendere arrivano ad inventarsi qualsiasi cosa. Ne ho parlato anche con Candy perché, quando il nostro fidanzamento sarà ufficiale, di sicuro la stampa non le darà tregua almeno per un po’.

- E’ davvero incredibile … qualche giorno fa ho letto addirittura di una tua frequentazione con l’attrice Eleanor Baker! E’ di sicuro una donna bellissima e affascinante, ma con tutto il rispetto potrebbe essere tua madre! – esclamò Albert, notando subito sul viso dell’attore un cambiamento di espressione – Terence … non dirmi che c’è qualcosa di vero!

- E’ una persona a cui voglio molto bene e lei ne vuole a me. Quando Candy è venuta a New York, non volevo farla stare in albergo e così Eleanor si è offerta di ospitarla – rivelò Terence alquanto imbarazzato e non sapendo se fosse il caso che Albert conoscesse tutta la verità.

- Beh … in fondo siete colleghi – disse con titubanza, scrutando l’amico in cerca di una risposta più convincente.

- A dir la verità non siamo solo colleghi, anzi ti confesso che siamo anche molto più che amici.

Albert impallidì e rimase per un attimo senza fiato. Non era assolutamente una persona che perdeva la calma facilmente ma, trattandosi di Candy, ovvero della persona a lui più cara al mondo, in quel momento sentì salire uno strano calore al viso e non riuscì a non alzare leggermente la voce chiedendo a Terence di cosa diavolo stesse parlando!

Terence trasse un profondo sospiro, si avvicinò a colui che considerava il suo migliore amico e gli si sedette vicino, sul divano dove Albert si era appena accomodato.

- Devi promettermi che quello che sto per dirti non uscirà da questa stanza – gli disse serio, guardandolo dritto negli occhi.

- Prima di farti questa promessa devo sapere se Candy sa di cosa si tratta – rispose Albert altrettanto serio in viso.

- Candy è l’unica a conoscere la verità e da molti anni!

- Bene, allora ti ascolto e ti prometto di mantenere questo segreto finché tu vorrai.

Terence lo ringraziò sinceramente, dopodiché tentò di spiegare come stavano le cose tra lui e quella famosa attrice americana che recentemente gli era stata attribuita come ultima conquista.

Esordì rassicurando Albert sul fatto che ciò che lo legava a Miss Baker non era né un rapporto di amicizia, né tantomeno un legame sentimentale. La loro conoscenza risaliva a molti anni fa, in America, ma poi, per volontà di suo padre, il Duca di Granchester, non si erano più visti per tanto tempo. Durante il periodo della sua vita che aveva trascorso in Inghilterra non si erano più incontrati fino a quando, circa otto anni fa, lui si era imbarcato di nascosto per andarla a trovare, negli Stati Uniti.

- Fu proprio durante il viaggio di ritorno che conobbi Candy, sul piroscafo che ci portava entrambi a Londra dove tu avevi deciso di mandarla a studiare. Durante le vacanze estive che passammo in Scozia fu Eleanor a venirmi a cercare, ma io non volevo nemmeno vederla perché ero molto arrabbiato con lei. Candy ebbe modo di conoscerla in quell’occasione e fu solo grazie a lei se Eleanor ed io riuscimmo a recuperare il nostro rapporto.

- Perdonami Terence ma io non riesco a seguirti … - balbettò Albert confuso.

- Forse le cose ti sembrerebbero più chiare se ti dicessi che in realtà Eleanor Baker è … mia madre.

Era la prima volta che il ragazzo rivelava il suo segreto a qualcuno e si sentì come liberato da un pesante fardello. Terence pronunciò quell’ultima parola, madre, con estrema dolcezza tanto da far rimanere l’amico senza parole, al limite della commozione. Dopo qualche attimo di silenzio, in cui Albert cercò di recuperare un briciolo di lucidità, si decise a chiedere qualche spiegazione in più per cercare di capire come fosse possibile.

- Ho sempre pensato che tu fossi un Granchester e che tua madre fosse la duchessa …

- Sono un Granchester … purtroppo!

Terence raccontò allora tutta la sua vera storia, da quando era nato a quando suo padre lo aveva strappato alla madre per crescerlo appunto come un Granchester. Rivelò ad Albert i continui maltrattamenti che subiva dalla duchessa e di come per questo motivo Sua Grazia aveva deciso di spedirlo in collegio.

- Terence io non so cosa dire … se non che mi dispiace molto e se posso fare qualcosa … - disse Albert che aveva ascoltato con estrema attenzione il racconto del ragazzo, comprendendo appieno la sua sofferenza per la mancanza d’amore che aveva dovuto subire negli anni della sua infanzia.

- Ti ringrazio amico mio, ti chiedo solo di mantenere il segreto ancora per un po’. Come giustamente hai notato le voci su Eleanor e me stanno rasentando l’assurdo e mia madre desidera che si sappia la verità e ti confesso che lo vorrei anch’io. Anche se ora ho paura che una notizia del genere possa creare qualche problema riguardo al mio fidanzamento con Candy. Non vorrei che gli Ardlay avessero qualcosa in contrario.

- Dimentichi che stai parlando con William Albert Ardlay, ovvero colui che è a capo di questa famiglia! Non devi preoccuparti di questo! – lo rassicurò Albert sorridendo.

- Se non devo temere ciò che pensa William allora mi piacerebbe sapere ciò che pensa Albert. Sei ancora dell’idea che possa renderla felice?

- Terence ancora non l’hai capito? Con tutto quello che ho fatto per farvi tornare insieme? Credimi a questo punto c’è solo una persona che potrebbe arrabbiarsi sapendo che la famosa attrice Eleonor Baker è tua madre.

- Di chi stai parlando?

- Di Archie naturalmente! Ha una passione viscerale per Eleonor Baker credo fin da quando era bambino … quando saprà che è tua madre … oddio non ci voglio pensare – gli rivelò Albert scoppiando a ridere.

- Beh avrà un motivo in più per odiarmi!



*****



- Candy sei davvero una pessima amica … non mi hai ancora raccontato niente! – la rimproverò Annie appena la vide entrare nel suo salotto.

I gemelli per fortuna stavano facendo il loro pisolino pomeridiano così la mamma aveva un po’ di tempo libero.

- Che cosa vuoi sapere Annie?

- Tutto naturalmente, da quando sei arrivata a Londra a quando siete tornati insieme a New York, e poi alla Casa di Pony … tutto quanto!

- Non sarebbe sufficiente un giorno intero per raccontarti tutto quello che è successo! – esclamò Candy con un sorriso così aperto che l’amica non vedeva da molto tempo.

- Intanto inizia!

Così Candy cominciò a raccontare.

- Quando sono arrivata a Londra ero terrorizzata al solo pensiero che potesse finire di nuovo come era successo durante la cena a Villa Cornwell. Avevamo tentato di parlare ma non ci eravamo riusciti, c’era come un muro fra noi e così Terry se ne era andato via, furioso, perché non capiva il motivo per cui non avevo risposto subito alla sua lettera. Quando seppi che addirittura aveva lasciato Parigi … per fortuna arrivò Albert e mi convinse a partire, aiutandomi come ha sempre fatto nei momenti difficili.

A Londra andammo a vedere l’Amleto, non puoi immaginare Annie il successo che ha avuto Terence in Inghilterra, è stato incredibile. Per la prima volta credo di essermi resa conto davvero di quanto sia diventato bravo, anche Albert era senza parole, stentava a riconoscerlo su quel palco. Dopo lo spettacolo ci siamo incontrati per pochi minuti, perché la compagnia Stratford era attesa a Buckingham Palace! E’ stato un momento bellissimo. Albert, Terry ed io, noi tre insieme come quando a Londra ci incontravamo allo zoo. Forse è stato proprio quel momento che, ricordando l’allegria di quei giorni, ci ha fatto tornare in mente quelli che eravamo e ci siamo potuti guardare finalmente con gli stessi occhi.

La sera dopo siamo andati a cena insieme, sarebbe dovuto venire anche Albert ma poi ha trovato una scusa e ci ha lasciati da soli.

- Oddio Candy … chissà che emozione! – la interruppe per un attimo Annie che non riusciva più a stare in silenzio, fortemente commossa nell’ascoltare il racconto dell’amica.

- Dopo la cena siamo usciti e abbiamo passeggiato per un po’. Poi ci siamo fermati dentro un parco lì vicino e abbiamo parlato molto, finalmente. Terry era diverso, forse non si aspettava che l’avrei seguito anche a Londra, sembrava aver smaltito un po’ della sua rabbia e mi ha ascoltato. Non è stato facile trovare il coraggio di chiedergli ciò che volevo sapere, ma avevo bisogno di risposte e lui mi ha raccontato tutto. Mi ha detto che non si erano sposati, nonostante le continue pressioni da parte della signora Marlowe, lui non poteva dare il suo cuore a Susanna perché lo aveva già dato a me, il suo cuore era venuto via con me quella sera quando ci siamo separati pensando che fosse per sempre. Lui le è stato accanto cercando di aiutarla a guarire, ma lei non voleva guarire perché temeva di perderlo. Terry ha sofferto molto, rischiando di perdere se stesso, ma lei non ha mai voluto vedere il suo dolore e ha continuato a tenerlo legato a sé. Mi sono sentita morire Annie … credevo che lui fosse felice, che Susanna lo avrebbe amato a tal punto da renderlo felice come lei stessa mi aveva scritto … lo avrebbe amato anche per me!

- Che idea assurda Candy! Né tu né Susanna avete tenuto in considerazione i sentimenti di Terence!

- Andandomene ho creduto di aiutarlo. Non avrebbe mai potuto abbandonare Susanna dopo che lei gli aveva salvato la vita. Ma mi sono resa conto che avremmo dovuto trovare un’altra soluzione e difendere il nostro amore ad ogni costo. Anche Terry si sentiva molto in colpa per questo, per avermi lasciata andar via. Abbiamo dovuto fare molta fatica per perdonarci e riuscire ad andare avanti, ma forse adesso ci stiamo riuscendo.

- E dopo che avete parlato e vi siete perdonati? – chiese Annie curiosa.

- Beh … dopo … abbiamo capito che i nostri sentimenti erano sempre gli stessi di quando ci eravamo lasciati, anzi forse erano ancora più forti di prima e … puoi immaginare quello che è successo – confessò Candy arrossendo vistosamente.

- Raccontami della Scozia, ti prego – le chiese Annie sempre più entusiasmata.

- La Scozia è stata un sogno … e in alcuni momenti ho avuto davvero paura che lo fosse! Che mi sarei svegliata all’improvviso. A volte confesso di essermi vergognata di me stessa perché mi sentivo paralizzata dalla paura di perderlo di nuovo. C’è stato un pomeriggio in cui Terry è andato a far visita a suo padre ed è tornato tardi la sera. C’era un forte temporale, ma lui è voluto tornare lo stesso al castello, da me. Si era accorto che anche solo quella breve separazione mi era intollerabile in quel momento. Così come quando sono tornata a Chicago con Albert, lasciando Terry a New York. Non riuscivo a venir via, mi sembrava di abbandonarlo un’altra volta.

- Ma ora è tutto passato non è così?

- Sì è così! Da quando Terry è venuto a La Porte, mi sento molto più tranquilla.

- E poi tu sei andata a New York con lui o sbaglio?

- Vedo che sai già tutto, chi ti ha dato tutte queste informazioni? Di sicuro quel chiacchierone di Albert!

- E dai Candy, sono stata io a tempestarlo di domande, non te la prendere con lui! Tu non mi hai più scritto ed io non sapevo niente di come fossero andate avanti le cose.

- Mmmmm … d’accordo!

- A proposito di New York: la casa c’è, i fidanzati anche, non credi sia il caso di iniziare ad organizzare le nozze? Manca poco ormai! Mi piacerebbe molto aiutarti.

- Cara Annie, senza di te sarei perduta, non saprei nemmeno da che parte cominciare – confessò Candy.

- Sicuramente dal tuo abito da sposa! – le suggerì Annie eccitata.

Le due amiche si abbracciarono strette, grate alla vita per la felicità che finalmente veniva loro donata.



*****



La cena di quella sera era stata particolarmente impegnativa a causa della presenza della zia Elroy la quale, con la voce impostata e lo sguardo severo, aveva passato in rassegna tutti i presenti informandosi su alcuni aspetti delle loro vite che riteneva di fondamentale importanza. Naturalmente questo mise in agitazione i presenti che non poterono comunque esimersi dal sottostare a quel terzo grado.

Non contenta, terminata la cena, la zia chiese a Candice di accompagnarla nel suo appartamento privato, trattenendola con altre domande per diverso tempo.

Terence che si era visto sottrarre la fidanzata senza, secondo lui, un valido motivo, sperava almeno che tornasse in tempo per darle un’adeguata buonanotte. Dopo un po’ anche Annie ed Archie abbandonarono la compagnia dovendosi occupare della messa a letto dei gemelli, cosa che facevano rigorosamente sempre insieme. Restò solo Albert a consolare quel povero fidanzato in attesa dell’amata, ma dovette presto deluderlo dicendogli di non fare troppo affidamento sul ritorno di Candy perché la mossa della zia sembrava essere stata messa in atto proprio per evitare che i due piccioncini trascorressero troppo tempo insieme, da soli.

- La vostra gita sul lago non deve esserle piaciuta molto! – gli rivelò Albert stringendo la bocca in un mezzo sorriso.

- Oddio Albert … mi sembra di essere tornato in collegio! – esclamò Terence alzando gli occhi al cielo.

- Beh domani la tua sensazione di trovarti di nuovo alla St. Paul School sarà confermata dall’arrivo dei tuoi ex compagni.

- Non vorrai dire che domani Neal e Eliza saranno qui!

Albert annuì con un’espressione che mal celava una certa preoccupazione. Temeva infatti la reazione di Terence di fronte ai Lagan e si era ripromesso di parlarne con lui il giorno seguente.

- Dopo questa splendida notizia sarà meglio che la mia giornata si chiuda qui, buonanotte amico.

Terence rientrò nella sua stanza decisamente agitato. Anche se lo infastidiva parecchio ammetterlo, non poteva negare che l’arrivo dei Lagan non gli facesse per niente piacere. L’idea di rivedere quella vipera di Eliza non era di certo divertente e poi c’era quella questione in sospeso con quel farabutto di Neal. Gli era salito un tale nervoso che di sicuro non sarebbe riuscito a prendere sonno. Doveva trovare un modo per smaltire tutta quella tensione. Gli venne in mente che qualche ora prima Albert gli aveva mostrato le magnifiche scuderie degli Ardlay dove erano alloggiati vari esemplari di Paint e Quarter Horse, dicendogli che quando ne aveva voglia poteva tranquillamente sceglierne uno e fare una passeggiata nell’immenso parco in cui era immersa la villa.

- Bene Albert, credo proprio sia giunto il momento di accettare la tua offerta!

In pochi minuti era già in groppa ad uno splendido esemplare di Appendix. Gli piaceva molto questa razza, forse perché era nata dall’incrocio tra un Quarter americano e un purosangue inglese. La notte era splendida, l’aria tiepida e profumata di fine maggio lo fece subito sentire meglio. Fece prima qualche breve giro nei dintorni per prendere confidenza con l’animale, dopodiché si lanciò al galoppo passando non troppo lontano dalla villa. Fu un attimo e gli sembrò di vedere una luce accesa che, secondo i suoi calcoli, doveva appartenere alla camera da letto di Candy. Non ci pensò un istante a guidare l’animale proprio sotto il suo balcone, scese da cavallo e, dopo essersi assicurato che fosse ben nascosto, afferrò una piccola pietra e la lanciò verso la finestra illuminata.

Per sua fortuna la stanza si rivelò essere quella giusta e Candy che, ancora non era riuscita a prendere sonno, udì immediatamente qualcosa colpire il vetro.

- Che succede? – si chiese, senza avere il tempo di darsi una risposta perché al primo colpo ne seguì poco dopo un altro.

La ragazza si diresse allora verso il balcone e, dopo aver aperto i vetri, si affacciò, cercando nell’oscurità cosa avesse provocato quel baccano. Dovendo abituare i suoi occhi al buio, in un primo momento non riuscì a vedere niente, ma all’improvviso udì una voce.

- Mia adorata Giulietta sarebbe così gentile da scendere giù, prima che mi scoprano e mi rinchiudano nelle segrete del castello?

- Terry sei tu?

- No, sono il tuo Romeo! Sbrigati … vieni giù! – le sussurrò Terence uscendo dal suo nascondiglio.

Candy gli disse di aspettare un momento e, dopo aver sostituito la camicia da notte con un abbigliamento più adeguato, riapparve sul balcone con una corda che utilizzò velocemente per calarsi fino a terra.

- Vedo che non hai perso le buone abitudini! Che ne dici di una passeggiata notturna … scimmietta?

- Oh Terry … com’è che da Giulietta sono già diventata “scimmietta”? – protestò Candy mentre Terence la aiutava a salire sul cavallo.

- Tieniti forte Lentiggini! – le consigliò il ragazzo intenzionato a lanciare l’animale al galoppo.

Si inoltrarono nel parco per un miglio circa, fino a quando giunsero ad una radura che dava accesso ad un piccolo lago nelle cui acque si rifletteva la timida luce di una falce di luna. Terence fermò il cavallo e scesero, continuando a piedi fino alla riva dello specchio d’acqua.

- Speravo tu tornassi per darmi la buona notte … - mormorò Terence abbracciandola appena si furono seduti nell’erba.

- Mi dispiace, ma la zia non aveva la minima intenzione di lasciarmi andare, sembrava lo facesse a posta di trovare una scusa dietro l’altra per trattenermi!

- Che cosa voleva?

- Prima mi ha parlato della festa che intende dare per ufficializzare il nostro fidanzamento, poi mi ha chiesto del matrimonio ed è rimasta sconvolta nell’apprendere che la cerimonia si svolgerà alla Casa di Pony, poi mi ha chiesto dove andremo ad abitare, se ho ancora intensione di riprendere gli studi e diventare medico … poi ha tirato fuori un sacco di questioni riguardo alle mie finanze, l’eredità e discorsi di questo tipo di cui mi auguro di tutto cuore che se ne occupi Albert … insomma mi ha sfinito! – disse Candy concludendo il suo resoconto sbuffando.

- Beh se proprio lo vuoi sapere, Albert mi ha detto che secondo lui la cara zia aveva la precisa intensione di trattenerti per non farci rimanere troppo da soli.

- E perché mai?

- Forse per paura di quello che potrebbe succedere … - le sussurrò Terence sfiorando le sue labbra con un primo bacio leggero, poi con un altro e un altro e …

- La zia non ha tutti i torti … - riuscì a dire Candy prima che il ragazzo catturasse definitivamente la sua bocca.

Le labbra di Terence si spostarono poi sul collo della fidanzata, mentre intrecciava le sue mani con quelle di lei, facendo in modo che si sdraiasse sull’erba sotto di lui.

In un primo momento Candy si sentì travolgere dalla passione del ragazzo che con estrema dolcezza continuava a baciarla e ad accarezzarla, confessandole quanto le fosse mancata. Ma ad un certo punto si ricordò ciò che lui le aveva detto quella mattina sulla spiaggia e cercò di riprendere il controllo della situazione.

- Terry … fermati … ti prego, mi hai promesso che avresti aspettato – gli disse cercando di dare forza alle sue parole che risultarono appena comprensibili all’orecchio di Terence.

In ogni caso il ragazzo si fermò un attimo solo per dirle che se le aveva promesso di aspettare questo non significava che non ci avrebbe provato!

- Terry sei il solito sfacciato e riesci sempre a rigirare i discorsi … guarda che mi sto arrabbiando e potrei anche … graffiarti!

- Impossibile … non sono io la tigre? – chiese Terence stampandole un bacio sul collo.

- Come hai detto? Tu che ne sai della tigre?

- So che è un animale molto bello, elegante ma anche pericoloso … proprio come il sottoscritto! – rispose spavaldo il ragazzo.

Candy si mise seduta spingendo Terry in maniera che facesse lo stesso e poi lo guardò dritto negli occhi per cercare di capire se fosse sincero o se stesse giocando. Lui tirò fuori un mezzo sorriso e abbassò lo sguardo, lei si insospettì.

- Come fai a sapere che io ti ho paragonato ad una tigre?

- Forse me lo hai detto tu!

- No.

- Allora ho tirato a indovinare ed evidentemente sono stato fortunato. Mi hai davvero paragonato ad una tigre? E quando?

Ma Candy era sempre più convinta che lui le nascondesse qualcosa, così senza girarci intorno gli chiese:

- Qualcuno ti ha mostrato il diario che tenevo alla St. Paul School?

- Non mi pare, non di recente – le rispose con una faccia da schiaffi.

- Che vuol dire “non di recente” Terry?

Ma Terence non rispose e ancora un sorrisetto beffardo si fece strada sulle sue labbra.

- Tu hai letto il mio diario! – esclamò Candy incredula.

- Sì. Più di una volta! – confessò Terence.

- Ma com’è possibile? Il mio diario è sempre stato qui a Chicago, io lo spedii allo zio William poco prima di abbandonare la scuola perché capisse le ragioni di quel gesto e non fosse deluso dal mio comportamento.

- Dimentichi che il tuo zio William è anche il mio più caro amico!

- Vorresti dire che è stato Albert a fartelo leggere? Come si è permesso? Non ci posso credere … dimmi che non è vero! – quasi gli gridò Candy che si stava arrabbiando sul serio.

- Aspetta un momento Candy … lascia che ti spieghi com’è andata. Mi ascolti?

Candy annuì, incrociando le braccia sul petto.

- E’ successo all’inizio di quest’anno, i primi di febbraio se non sbaglio. Albert ed io ci siamo incontrati a New York per puro caso, ti giuro che non avevamo programmato niente di quello che poi è successo. Lui era in città per questioni di lavoro ed io anche. Ci siamo visti in un caffè, ci siamo salutati ed essendo entrambi senza compagnia ci siamo seduti insieme e abbiamo cominciato a parlare del più e del meno, del teatro e del suo lavoro, fino a quando non ho trovato il coraggio di chiedergli tue notizie. Lui mi ha detto che abitavi da qualche anno alla Casa di Pony, ti prendevi cura dei bambini e nello stesso tempo lavoravi con il dottor Martin a La Porte. Mi ha confessato che dopo la nostra separazione eri stata molto male ma che con il tempo ti eri ripresa, anche se non eri ancora tornata la ragazza che entrambi conoscevamo bene. Albert già sapeva di Susanna e credo che si sia immaginato che desideravo in qualche modo contattarti, anche se non avendo più saputo niente di te non osavo farlo. Non sapevo se avevi qualcuno al tuo fianco e non sapevo neanche se ti ricordavi di me. Albert capì da solo quello che volevo sapere ma che non osavo chiedere e così mi disse che non avevi alcun anello al dito e che, nonostante Annie si prodigasse ad organizzare feste per farti conoscere i migliori partiti di tutto l’Illinois, tu non avevi mai approfondito la conoscenza con nessuno. Tuttavia a proposito dei tuoi sentimenti nei miei confronti non poté dirmi molto perché mi disse che non parlavi mai di me, neanche con lui. Questo mi spezzò il cuore un’altra volta e in quel momento pensai che tu mi avessi completamente dimenticato. Albert però non era di quest’idea, ma la sua era solo una sensazione, niente di più. Non aveva nessun elemento che potesse supportare la sua teoria secondo la quale tu non mi avevi mai dimenticato veramente. Eravamo sul punto di salutarci, ma in un istante vidi i suoi occhi illuminarsi e mi disse di non perdere la speranza e che mi avrebbe spedito qualcosa che io dovevo assolutamente leggere.

Quando ho ricevuto il tuo diario, una settimana dopo, ad accompagnarlo c’era una sua lettera dove mi spiegava quello che avevo fra le mani, il motivo per cui lo avevi consegnato a lui e anche le ragioni per le quali, secondo lui, avrei dovuto leggerlo.

- E quali erano queste ragioni?

- Mi disse che, nonostante quel diario tu lo avessi scritto qualche hanno prima e da allora fossero accadute molte cose, lui pensava che tutto ciò che avevamo vissuto a Londra e in Scozia, e che tu avevi descritto in quelle pagine con la massima sincerità, non poteva essere svanito nel nulla. E questo è quello che ho pensato anch’io quando la prima volta ho letto quelle pagine. Tutte le sensazioni e le emozioni che hai descritto sono identiche a quelle che provavo io durante i momenti indimenticabili che abbiamo trascorso insieme. Dopo averlo letto più e più volte, ho iniziato a pensare che forse non era tutto perduto e ho trovato il coraggio di scriverti. Nella mia testa si faceva sempre più insistente un pensiero che era nato proprio leggendo le tue parole. Ti ho scritto che per me non era cambiato niente perché questo è quello che ho pensato alla fine di quel diario: tutto quello che tu avevi descritto era sempre lì dentro di me, il mio cuore non era cambiato, era ancora tuo, solo tuo! Ti chiedo scusa per averlo fatto senza il tuo permesso, ma se ora siamo qui è anche merito del tuo diario.

- Avrei dovuto capire il motivo per cui ti eri firmato “T.G.” in quella lettera. Lo hai fatto perché nel mio diario ti chiamavo sempre così, non è vero?

- Sì. Era un modo per farti capire che ero ancora la tua TI – GRE! – esclamò Terence, mordendole le labbra.

- E ora dov’è?

- Ce l’ho io, nella mia stanza, vieni a prenderlo adesso? – le chiese rivolgendole uno sguardo carico di desiderio.

Candy gli sorrise teneramente e, saliti in groppa al cavallo, tornarono verso la villa. Al buio, cercando di non fare rumore, raggiunsero la stanza di Terence, lui aprì la porta e abbracciandola, facendola volteggiare, entrarono insieme. La imprigionò con le spalle al muro, poggiando la fronte sulla sua e facendo aderire perfettamente i loro corpi.

- Terry … dovresti ridarmi il mio diario … - mormorò Candy, ma le sue parole somigliavano ad un sospiro.

- Dopo! – esclamò Terence prima di baciarla dolcemente.

Erano così vicini che appena lui le sfiorò le labbra Candy avvertì il suo corpo sciogliersi con l’unico desiderio di fondersi con quello di lui. Non ebbe più la forza di pensare, gli prese il viso con le mani per guardarlo negli occhi, mentre i loro respiri aumentavano velocemente.

- Lo sai quanto ti amo? – le chiese sorridendole, mentre prendeva le sue mani e se le portava prima alle labbra e poi dietro al collo, costringendola ad alzarsi sulle punte dei piedi.

- Lo so, ma io di più! – gli disse stringendolo a sé più forte che poteva.

In un attimo la sollevò, ma prima di portarla verso il suo letto, con i suoi ardenti occhi blu cercò l’assenso in quelli smeraldo di lei che, con le guance in fiamme, dopo avergli sprofondato il viso nel collo iniziò a percorrerlo con una cascata di baci leggeri, cancellando ogni esitazione.





Cademmo nell’abbraccio,

ci separammo dal mondo,

non sapevamo se eravamo due corpi

o due anime

o un corpo e un’anima

o se semplicemente

non eravamo

perché era amore solamente

e poi solamente fu

la marea d’argento del nulla.[15]

 




Capitolo quarantadue


Non può essere vero!



Villa Ardlay, Chicago


giovedì 27 maggio, 1920



- Facciamo ancora fatica a credere che tutto quello che ci sta succedendo sia reale. E’ come se fossimo sempre in allerta, come se aspettassimo da un momento all’altro un nuovo attacco da parte del destino – confessò Terence pensieroso.

- Credo che questa volta saresti in grado di difendervi molto bene. Il vostro amore è diventato talmente forte, è ormai una potente armatura contro tutto e tutti, ne sono convinto – esclamò Albert fiducioso.

- Spero proprio che tu abbia ragione!

Albert sorrise, guardando l’amico in viso.

- Anche Candy mi sembra molto più tranquilla.

- Si, è tornata la Candy di sempre, forse anche meglio! – dichiarò Terence cercando di trattenere il sorrisetto malizioso che stava affiorando sulle sue labbra.

- Non ti vedevo con quegli occhi sognanti da quando mi parlasti per la prima volta di una ragazzina con le lentiggini, allo zoo di Londra.

- Avevo già gli occhi sognanti? – chiese Terence imbarazzato di fronte a quel ricordo.

- Nonostante la tua corazza di spavalderia che ostentavi senza cedere mai, i tuoi occhi tradivano un cuore già traboccante d’amore.

- Smettila immediatamente di prendermi in giro o sarò costretto a chiamarti “papà”!

- Guarda che non eri l’unico! Anche Candy aveva già gli occhi sognanti, anzi arrossiva spudoratamente ogni volta che tu eri nei paraggi o semplicemente parlando saltava fuori il tuo nome.

- Beh … nemmeno oggi ha perso l’abitudine di arrossire!

A questa battuta scoppiarono entrambi a ridere, ma dopo poco Terence si fece di nuovo serio.

- Albert vorrei chiederti un grande favore, se posso.

- Dimmi pure Terence, sono tutto orecchi!

- Più che un favore sarebbe un grande onore se tu accettassi di farmi da testimone di nozze.

- Sarà un onore per me, amico mio! – rispose Albert allungando la sua mano verso Terence che la strinse con entrambe le sue.

- I Lagan sono già arrivati? – chiese subito dopo Terence distrattamente sorseggiando il suo tè.

- No, dovrebbero arrivare nel tardo pomeriggio. Credo che la cena sarà allietata dalla loro presenza – gli rispose Albert, punzecchiandolo per cercare di capire quanto l’attore ne fosse infastidito.

Terence rimase in silenzio, assorto nei suoi pensieri, poi d’un tratto disse con voce tagliente che non faceva presagire niente di buono:

- Candy mi ha raccontato di Neal.

- Per ironia della sorte proprio lui che l’ha sempre trattata male e presa in giro si era invaghito di lei. Naturalmente non aveva alcuna speranza con Candy per cui essersene innamorato e venire categoricamente rifiutato è stata la punizione più giusta – asserì Albert tentando di mantenere la conversazione ad un livello piuttosto leggero, minimizzando l’accaduto.

- Non credo che Neal abbia mai ricevuto una giusta punizione per tutto quello che le ha fatto! – continuò Terence in tono serio.

- Direi che ormai è acqua passata, tutto è successo molto tempo fa …

- Non cercare di sminuire le sue colpe Albert. Tu conosci bene Neal quanto me e sai che razza di bastardo sia! Quando l’ha attirata in un tranello usando il mio nome, quali pensi fossero le sue intensioni?

- Lo so Terence, ma fortunatamente non è successo niente di grave e ti assicuro che Neal non si è più avvicinato a Candy e continuerà a comportarsi da vero gentiluomo con lei. Sa bene che cosa rischia se oserà ancora importunarla.

- Spero che tu abbia ragione! – esclamò Terence che tuttavia si sentiva ribollire il sangue nelle vene al solo pensiero di trovarselo davanti.

Dopo il pranzo i ragazzi si radunarono in giardino per fare due passi ed Annie volle approfittare del tiepido sole che riscaldava la giornata per far prendere un po’ d’aria ai gemelli. Albert, Archie e Terence camminavano dietro le due ragazze che spingevano la carrozzina dei bambini. D’un tratto il piccolo Alistear iniziò a piagnucolare e fu Candy a prenderlo in braccio, cullandolo dolcemente. I ragazzi si avvicinarono tranne Terence che rimase qualche passo indietro, ammirando la scena. Candy come al solito avvertì il suo sguardo su di lei e si voltò, con il piccolo che si era calmato, sorridendo amorevolmente a Terence che le rispose con gli occhi pieni di tenerezza, quasi paralizzato dal pensiero che un giorno anche loro due …

- Sarà meglio che li porti a fare il loro riposino pomeridiano – disse Annie. Candy si offrì di accompagnarla per darle una mano.

I ragazzi rimasero in giardino quando nel piazzale antistante la villa risuonò il rombo di un’auto seguito da un altro. Albert si alzò in piedi invitando Archie a seguirlo, dicendo che toccava a loro fare gli onori di casa, dal momento che molto probabilmente erano arrivati i signori Lagan. Terence si ritirò invece nella propria stanza, rimandando alla cena quell’odioso incontro.

Anche Candy si accorse della presenza di Neal e Eliza, affacciandosi alla finestra della cameretta dei bambini.

- Sono qui! – disse ad Annie, preoccupata.

- Candy stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene. Albert sa come tenerli a bada – cercò di rassicurarla Annie.

- Terry si è infuriato quando gli ho raccontato che Neal voleva sposarmi e della trappola che si era inventato usando il suo nome … ho paura che quando si vedranno …

- Perché non vai da lui? – le suggerì Annie.

Candy andò a cercarlo in giardino, ma non trovò nessuno. Pensò allora che fosse in camera e andò a bussare alla sua stanza. Il ragazzo aprì e la fece subito entrare, richiudendo la porta alle sue spalle. Si guardarono un istante e ognuno poté leggere i pensieri dell’altro.

- La villa è molto grande, non dovremo sopportare la loro presenza per forza – esordì Candy osservando il volto serio di Terence.

Il ragazzo la abbracciò, stringendola a sé e dandole un leggero bacio sulla guancia, senza dire una parola.

- Ti va di suonarmi qualcosa? – gli chiese.

- D’accordo, andiamo.

Si spostarono nella sala dove si trovava il pianoforte, Terence si sedette ed iniziò a suonare, improvvisando. Candy lo ascoltava, in piedi, davanti alla porta a vetri che dava sul balcone.

- Mi chiedevo chi stesse suonando così bene, ma non sono riuscita a riconoscere il brano.

- Buonpomeriggio zia!

- Buonpomeriggio Candice. Mr. Graham le faccio i miei complimenti per la sua esecuzione.

- Lieto di rivedervi Mrs Ardlay, vi ringrazio per i complimenti ma si tratta solo di un’improvvisazione – rispose Terence in tono galante.

- Mia cara Candice dovresti prendere qualche lezione da Mr Graham, le mie orecchie ne trarrebbero giovamento!

- Seguirò il vostro consiglio zia, anche se conoscete bene purtroppo la mia scarsa attitudine alla musica.

Dopodiché la zia Elroy si congedò non prima di aver informato i due fidanzati che quella sera ci sarebbe stata una cena di gala, per dare il benvenuto alla famiglia Lagan, e che era d’obbligo un abbigliamento elegante.

- Mi raccomando Candice! – esclamò la zia prima di uscire dal salone.

- Candice vogliamo cominciare subito le nostre lezioni? – le chiese Terence invitandola a sedersi vicino a lui, sullo sgabello, prendendola un po’ in giro chiamandola come faceva la zia.

- Oh Terry, lo sai che sono senza speranza! Hai già provato a darmi lezioni di musica, ti sei dimenticato? – rispose Candy avvicinandosi al pianoforte controvoglia.

- Come potrei aver dimenticato quei pomeriggi d’estate trascorsi in Scozia, quando cercavo di insegnarti qualche accordo, ma in realtà volevo solo sfiorarti le mani e starti vicino? – confessò Terence, guardandola con aria seducente.

Candy gli sorrise, ricordando quei teneri momenti e il batticuore di cui spesso era preda stando accanto a lui.

- Facciamo un patto: ogni volta che commetti un errore … mi dai un bacio! Puoi anche iniziare.

- A suonare?

- No, a baciarmi!

Andarono avanti per un po’ alternando qualche nota a qualche bacio, ma quando i baci divennero assai più numerosi degli accordi, decisero che forse sarebbe stato meglio interrompere la lezione e andarono a prepararsi per la cena.



*****

Eliza Lagan aveva scelto uno dei suoi abiti più eleganti per la cena di benvenuto a Villa Ardlay. Moriva dalla curiosità di rivedere Terence Granchester, perché anche se la zia aveva proibito di rivelare il nome del fidanzato di Candy, lei ormai aveva capito chi fosse. Certo non si capacitava di come potesse essere successa una cosa del genere. Conosceva bene i loro rapporti ai tempi della scuola, ma era trascorso così tanto tempo da allora. Terence era stato legato per anni alla splendida Susanna Marlowe, come poteva ora accontentarsi di quell’orfanella che aveva osato addirittura rifiutare un ottimo partito come suo fratello!

Neal la stava aspettando nel salottino antistante il salone dove era allestita la tavola per la cena.

- Io non riesco a crederci, come fai ad essere sicura che sia proprio Granchester?

- Neal sei davvero uno stupido!

- In questo caso dobbiamo assolutamente fare qualcosa. Non posso permettere che sia quel farabutto ad accaparrarsi Candy dopo che lei ha osato respingermi! – esclamò Neal pieno di rabbia.

- Ascoltami bene fratello: Terence di sicuro non sarà cambiato molto, sarà sempre il solito impulsivo e violento, per cui basterà trovare il modo di provocarlo e lui ci cascherà in pieno. Dobbiamo farci venire in mente qualcosa che lo ferisca a tal punto da non riuscire a trattenersi. Provocheremo la sua reazione e di sicuro la zia Elroy annullerà il fidanzamento senza pensarci due volte! – Eliza concluse il suo discorso con una perfida risata, convinta di riuscire a mandare all’aria per la seconda volta quella sciocca storia d’amore.

Dalla porta socchiusa del salotto si udì un rumore di passi scendere la grande scala centrale. I fratelli Lagan si voltarono e li videro: Albert e Terence, splendidi nei loro smoking, stavano parlando amichevolmente mentre percorrevano l’androne della villa.

- Sai che forse potrei avere già qualcosa in mente! Granchester penserà probabilmente di vendicarsi di me, non si aspetta certo di scoprire che a tradirlo sia stato il suo più caro amico! – disse Neal alla sorella che sembrava imbambolata.

Eliza rimase esterrefatta nel rivedere Terence. Le era capitato di ammirarlo a teatro, ma trovarselo davanti era un’altra cosa. Aveva mantenuto l’andatura spavalda e sicura dei tempi della scuola, allo stesso tempo la sua figura si era fatta decisamente più imponente e slanciata, i tratti del viso da ragazzino avevano lasciato il posto a quelli più decisi di un uomo e gli occhi, se possibile, erano diventati ancora più penetranti. Quando lui la salutò rivolgendole un semplice “Ciao Eliza”, con la sua voce tonante e fredda sfoderata per l’occasione, la ragazza si sentì mancare per un attimo e dovette distogliere gli occhi da quelli dell’attore che sembravano volerla pietrificare.

- Quanto tempo Terence, perdonami ma sono alquanto stupita di trovarti qui!

- Beh … sono stato invitato … ad un fidanzamento! – le rispose in tono beffardo.

- Allora è proprio vero, è il caso di farti le nostre più sentite congratulazioni!

Era stato Neil, con la sua voce stridula, a pronunciare quelle parole, alle quali Terence rispose solo con un riso sarcastico appena accennato.

In quel preciso momento fecero il loro ingresso Archie ed Annie, seguiti poco dopo dalla Zia Elroy accompagnata dai signori Lagan. Mancava solo Candy! Albert rivolse uno sguardo interrogativo a Terence che scosse leggermente la testa facendogli capire che non aveva idea di dove fosse finita la fidanzata. Quando ormai tutti quanti erano già entrati nel salone della cena, proprio Terence voltandosi la vide scendere di corsa le scale rischiando di inciampare nello splendido abito lungo che aveva indosso.

- Lentiggini … - mormorò tra sé sorridendo, mentre le andava incontro offrendole il braccio.

- Buonasera a tutti, scusate il ritardo!

La zia Elroy alzò gli occhi al cielo un istante e poi invitò tutti i presenti a prendere posto. Alla sinistra della zia si sedettero i Lagan, alla sua destra Archie ed Annie, Candy e Terence, con Albert all’altro capo della tavola. Il signor Lagan che si trovava davanti a Terence, iniziò a parlare con Albert di economia ed alta finanza, argomento in cui il giovane attore non poteva assolutamente intervenire, per cui si limitò ad ascoltare cercando di apparire quantomeno interessato quando in realtà non vedeva l’ora che quel supplizio avesse fine. Candy ogni tanto lo osservava con la coda dell’occhio per capire a quale livello di sopportazione fosse arrivato, ma per il momento il fidanzato appariva tranquillo. Stranamente Neil e Eliza sembravano essere venuti in pace e conversavano amorevolmente con la zia e con Annie chiedendole dei gemelli e di Parigi.

La zia Elroy informò la famiglia Lagan a proposito del fidanzamento di Candice con il giovane duca Terence Graham Granchester, primogenito dei Granchester d’Inghilterra. Sarah e il marito fecero loro i complimenti mentre i figli si limitarono a sorridere senza aggiungere altro. Il fidanzamento sarebbe stato ufficializzato durante un grande ricevimento il venerdì successivo.

Terminata la cena i signori si recarono nella sala da gioco, mentre le signore restarono nel salotto a conversare. Albert propose una partita a biliardo: lui e Terence contro Neil e il padre. La cosa sembrò filare liscia. Neil era piuttosto bravo, data la sua frequentazione assidua di sale da gioco, per cui si esibì in vari colpi che lo fecero sentire superiore agli altri giocatori e non andò in cerca di altri motivi di scontro. Il giovane attore invece sembrò tradire un certo nervosismo, sbagliando un paio di colpi piuttosto semplici, facendo preoccupare Albert che non lo perdeva d’occhio un istante.

Nella stanza dove si trovavano riunite le signore, Eliza aveva monopolizzato la conversazione parlando soprattutto di abiti e acconciature all’ultima moda, sventolando infine sotto il naso delle due orfanelle l’ultimo gioiello che il marito, un ricco industriale americano, le aveva regalato, un bracciale di brillanti dal valore inestimabile, come lei stessa tenne a sottolineare.

Prima di congedarsi la zia Elroy suggerì alle giovani dame e cavalieri, che intanto si erano riuniti, di concludere quella meravigliosa serata con una passeggiata nel parco, dal momento che la notte era splendida. Così mentre lei si ritirava insieme ai coniugi Lagan, il gruppo dei giovani si diresse verso il giardino. Le ragazze camminavano davanti, i ragazzi le seguivano a pochi passi. Fu a quel punto che Neal decise di mettere in atto il suo piano. Terence aveva rallentato l’andatura, ammirando la snella figura della fidanzata fasciata in quel magnifico abito di seta rosa pallido, con i lunghi riccioli biondi che le ricadevano sulla schiena ondeggiando ad ogni suo passo. Albert e Archie lo distanziarono di qualche metro, cosicché Neal si trovò da solo vicino a lui.

- Ti senti così forte da ignorare il resto del mondo perché adesso pensi che lei sia tua, non è così Granchester? – gli chiese Neal, badando a non farsi sentire dal resto della compagnia.

- Ti sbagli Neal, lei è sempre stata mia! – ribatté deciso Terence, ritrovando tutta la sua sicurezza al solo udire l’odiosa voce di Lagan.

- Ne sei proprio sicuro?

- Anche tu sei dovuto ricorrere al mio nome se non sbaglio, altrimenti lei non sarebbe mai venuta al tuo ridicolo appuntamento.

- Vedo che sei ben informato, ma quella è acqua passata, è stato solo un gioco per divertirmi un po’. Mi annoiavo molto in quel periodo e così …

- Un gioco che ti ha lasciato il segno mi sembra! – rispose Terence indicando una evidente cicatrice sulla guancia di Neal.

Lagan improvvisamente si fermò davanti a Terence impedendogli di proseguire e si rivolse a lui con un ghigno diabolico.

- Guarda che stai sbagliando bersaglio Granchester! Non è con me che te la devi prendere, ma piuttosto con il tuo caro amico! – esplose rabbioso Neal indicando una persona alle sue spalle.

- Cosa stai blaterando?

- Non possiamo parlarne qui, seguimi!

Senza che gli altri se ne accorgessero Terence e Neal si diressero verso la scuderia, scomparendo all’interno.

- Vedi di sbrigarti Lagan, non ho intensione di perdere altro tempo con te – intimò l’attore.

- Quello che voglio dirti è molto semplice Granchester e mi meraviglia il fatto che tu non ci sia arrivato da solo, nonostante tutto non ti facevo così stupido!

Terence sospirò senza replicare, guardando Neal dritto in faccia e sentendo salire pericolosamente la sua rabbia.

- Tu sai di sicuro che Candy e … Albert hanno abitato insieme per diverso tempo, a Chicago, quando lui aveva perso la memoria e nessuno ancora conosceva la sua vera identità!

- E con ciò?

- Vedi Albert non si ricordava proprio niente, né che Candy fosse la sua figlia adottiva né tantomeno che tu fossi il suo migliore amico. Quando tu l’hai mollata per quella sgualdrina della Marlowe, Candy è tornata a Chicago disperata, ha quasi rischiato la vita. Non immagini chi ci fosse lì ad aspettarla, a braccia aperte, per consolarla e magari … approfittare della situazione?

- Non ti azzardare Neal … Albert è stato sempre più che corretto sia con Candy che con me!

- Può darsi, non ho le prove per affermare il contrario, ma … questo non gli ha certo impedito di innamorarsi di lei!

- Tu menti e lo sai, ma ti farò pentire immediatamente di quello che hai osato insinuare!

- Te l’ho già detto Granchester, non è con me che devi prendertela! Perché non lo chiedi direttamente ad Albert? Se sei così sicuro che lui sia stato sempre sincero con te, non avrà problemi a risponderti!

Albert intanto si era accorto dell’assenza dei due ragazzi. Si guardò un po’ intorno e notò che la luce nella scuderia era accesa. Per non allarmare gli altri disse loro di proseguire la passeggiata, mentre lui si fermava un attimo per spengere la luce che evidentemente si era dimenticato accesa quando la mattina aveva preso uno dei cavalli.

- Che cosa sta succedendo qui? – chiese appena entrato. Si rese subito conto che i due stavano discutendo e quando vide lo sguardo feroce che Terence gli rivolse iniziò a preoccuparsi seriamente.

- Bene, vi lascio signori … credo che abbiate molte cose da dirvi – detto questo Neal abbandonò la scena certo che Albert e Granchester non sarebbero più stati amici dopo quella sera.

- Terence che cosa è successo? Va tutto bene? – gli chiese Albert con lo stesso tono amorevole con cui si sarebbe rivolto ad un fratello.

Terence era evidentemente sconvolto, sentiva la testa pesante e un milione di pensieri si rincorrevano nella sua mente come una mandria di tori inferociti che distruggono qualsiasi cosa incontrino al loro passaggio. Com’era solito fare andò dritto al punto.

- Albert adesso io ti farò una domanda e ti prego di rispondermi con la più assoluta sincerità – Terence parlò con la voce tremante.

I due amici si guardarono dritti in viso, in silenzio.

- Sei innamorato di Candy?

Albert sgranò gli occhi senza riuscire a rispondere, tanto assurda gli sembrava quella domanda. Quando fu capace di riordinare i pensieri chiese a Terence se fosse stato Neal a mettergli in testa certe idee.

- Ti ho fatto una domanda ed esigo una risposta. Te lo ripeto … sei innamorato di Candy? – chiese di nuovo Terence alzando la voce.

Albert esitò di nuovo e Terence si sentì mancare la terra sotto i piedi.

- O mio Dio, non può essere vero! – esclamò coprendosi gli occhi con una mano – Adesso tu glielo dici!

- Cosa? Non essere sciocco, state per sposarvi.

- Non hai capito Albert. Non ci sarà nessun matrimonio se tu non glielo dici!

Albert cercò di avvicinarsi per farlo calmare, ma ottenne l’effetto contrario e Terence gli gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, puntando l’indice contro di lui:

- Adesso tu parli con Candy e glielo dici!

- Che cosa mi deve dire Albert? – chiese Candy appena entrata nella scuderia.

Vedendo Neal uscire dalla scuderia e notando l’assenza di Terence, Candy aveva iniziato ad agitarsi ed era andata a cercare il fidanzato. Certo non si aspettava la scena che comparve davanti ai suoi occhi: non poteva credere che Terence ed Albert stessero litigando, perché dalle loro facce era evidente che c’era qualcosa che non andava.

Appena la vide, Terence prese al volo un cavallo e uscì al galoppo. Candy non ebbe neanche il tempo di chiamarlo.

- Albert vuoi dirmi che cosa sta succedendo? Perché se n’è andato via così?

- Credo che Neal gli abbia detto qualcosa che lo ha fatto molto arrabbiare …

- Che cosa Albert? – chiese Candy che iniziava ad avere l’impressione di vivere un incubo.

- Gli ha detto che … io sarei innamorato di te.

Candy rimase pietrificata ascoltando quelle parole e il suo primo pensiero fu a come dovesse sentirsi Terry in quel momento!

- Gli hai detto che non è vero?

- Non me ne ha dato il tempo … anche se in realtà … qualcosa di vero c’è!

Candy impallidì.

- Quando non ricordavo niente e abitavamo insieme io … ho creduto di provare qualcosa per te, un sentimento che non era solo quello di un caro amico.

- Albert ti prego no … - disse Candy con un filo di voce.

- Ascoltami … in quel periodo mi sentivo completamente solo, non ricordavo nemmeno il mio nome e tu sei stata l’unico appiglio alla vita per me. E’ normale che ad un certo punto mi sia sentito felice di averti accanto, anche se tu mi parlavi continuamente di Terence. Poi quando pian piano ho iniziato a ricordare, di te e di lui, ho capito subito che non ci sarebbe mai stato spazio per un noi, me ne sono andato e ho fatto in modo che tu lo incontrassi a Rockstown.

- Non dire altro, non ce n’è bisogno – lo interruppe Candy – Devo andare da lui!

- D’accordo … prendiamo i cavalli – disse Albert sellandone velocemente uno.

- No … vado da sola, credo di sapere dove sia.

- Ma Candy … sei sicura?

- Aiutami a salire.

Nonostante l’abito lungo Candy salì in groppa al cavallo, lanciandolo a tutta velocità nel parco. Sperava di trovare Terry al laghetto dov’erano stati insieme la sera prima. Non impiegò molto tempo per arrivare. Era molto buio, alcune nuvole avevano oscurato la piccola falce di luna eliminando anche quella flebile fonte di luce. Candy non senza difficoltà scese dal cavallo, ma non riusciva a vedere niente. Udiva soltanto il leggero sciabordio dell’acqua e il bubolare di un gufo.

- Terry sei qui?

Nessuna risposta. Candy si sentì svenire. Se non era lì, dove poteva essere andato?

D’un tratto un calpestio di foglie alle sue spalle la fece voltare e fu colpita in pieno da due occhi che brillavano anche nell’oscurità della notte.

- Terry … Dio mio … - esclamò disperata andando verso di lui che però fece un passo indietro e con una voce così fredda che Candy stentò a riconoscere le chiese se avesse parlato con Albert. Candy capì che lui aveva bisogno di parlare e, nonostante desiderasse solamente gettarsi tra le sue braccia, cercò di assecondarlo e di rispondere alle sue domande.

- Sì, mi ha detto quello che ha cercato di farti credere quell’idiota di Neal e poi mi ha spiegato come stanno realmente le cose.

- Forse qui l’idiota non è Neal … - commentò Terence amaramente, cercando di contenere la sua rabbia.

- Terry ascoltami per favore … Albert può aver provato qualcosa per me nel periodo in cui aveva perso la memoria, ma quando ha iniziato a ricordare ha capito che era sbagliato e se ne è andato …

- Se n’è andato perché non poteva starti accanto solo come un semplice amico!

- Terry ti prego … non è così … - Candy non riuscì ad andare avanti di fronte agli occhi lucidi del ragazzo.

- Ascoltami Candy, adesso voglio che tu rifletta bene su quello che ti ha detto Albert, poi vai da lui e …

- Ma cosa stai dicendo? – gridò Candy – Io non devo riflettere su niente e non ho alcuna intensione di andare da lui. Il mio posto è qui con te!

Poi gli andò vicino prendendogli le mani e portandosele al viso. Erano fredde.

- Dimentichiamo tutto questo! – lo pregò.

- Non posso … non posso ignorare i sentimenti di Albert e non posso fingere che anche tu probabilmente, quando noi due ci siamo lasciati, abbia aperto gli occhi su di lui vedendo quanto fosse migliore di me! Albert non ti ha mai fatto soffrire come me! E’ sempre stato pronto ad aiutarti, a consolarti, anche quando è morto Anthony lui era già con te. Avete condiviso molte cose e questo ha di sicuro creato un legame speciale tra di voi, dovresti riflettere su questo e sul fatto che … lui potrebbe darti tutto quello di cui hai bisogno e che io non sono mai stato capace di …

Terence non poté continuare perché le labbra di Candy poggiandosi con decisione sulle sue gli impedirono di farlo.

- Adesso basta – gli sussurrò – Stai dicendo un monte di sciocchezze. Albert è un fratello per me, lo è sempre stato e non ha mai fatto niente per farmi pensare che i suoi sentimenti fossero diversi, né quando abitavamo insieme né tantomeno ora!

Candy in quel momento fu scossa da un brivido, un po’ per le intense emozioni che stava provando un po’ per il freddo. Terence si tolse la giacca e la poggiò sulle sue spalle. Lei si strinse a lui chiedendogli di abbracciarla. Lui obbedì e finalmente sentirono come se un nodo che serrava ad entrambi la gola si stesse sciogliendo.

- E’ te che voglio, da sempre e per sempre, perché ti amo! – gli sussurrò tra le lacrime.



Si sedettero per terra, ancora stretti l’uno all’altra. Candy avvertì la sua guancia inumidirsi, si voltò verso Terence e vide i suoi meravigliosi occhi allagati. Lui li chiuse per evitare che traboccassero e lei cominciò a baciarli. Continuò a riempirlo di baci e tenere carezze, sulla fronte, sulle guance e infine sulle labbra, fino a quando lui non si arrese di nuovo alla forza dell’amore, nonostante l’immagine di Candy e Albert insieme non volesse abbandonare la sua mente.

 

 




Capitolo quarantatre

Come fratelli

 



Villa Ardlay, Chicago

venerdì 28 maggio, 1920

 



Dopo essere rientrati all’alba a Villa Ardlay, Candy e Terence avevano deciso di andarsene per un paio di giorni.

Terence stava preparando un bagaglio leggero, nella sua stanza, quando sentì bussare alla porta. Andò ad aprire pensando fosse Candy ma si trovò davanti Albert. Si voltò senza dire una parola e riprese quello che stava facendo, dandogli le spalle ma lasciando la porta aperta.

- Sei in partenza? – chiese Albert temendo che il litigio con Candy fosse andato avanti in maniera irreparabile.

- Andiamo a La Porte per un paio di giorni – gli rispose Terence con voce cupa.

Quell’ “andiamo” fece sentire Albert molto sollevato: pensò che tra Terence e Candy le cose non fossero cambiate e tra loro invece?

- Possiamo parlare un attimo … o chiedo troppo?

Terence si fermò, dando ancora le spalle all’amico. Fece un sospiro e lentamente si voltò verso di lui, senza guardarlo in faccia, con le mani sui fianchi.

- Non sono sicuro che tu abbia compreso quello che ho cercato di spiegarti ieri sera, anzi, a giudicare da come te ne sei andato dalle scuderie, temo che tu abbia frainteso ogni cosa.

- Stai dicendo che è colpa mia? Sono il solito impulsivo che non ascolta … è così? – gli chiese Terence questa volta rivolgendogli uno sguardo pieno di dolore.

Albert capì. Terence non era arrabbiato, era ferito. Probabilmente si era sentito tradito da quello che considerava il suo migliore amico.

- Non ho detto questo, anch’io non mi sono spiegato molto bene, ma sono rimasto sorpreso quanto te da ciò che ha detto Neal.

- Come puoi dire questo? Tu sai cosa provi per Candy e avresti dovuto dirmelo e soprattutto dirlo a lei molto tempo fa.

- Ascoltami, Candy è la persona a cui voglio più bene al mondo, ma provo solo l’affetto di un fratello per lei, niente di più. Durante il periodo in cui abbiamo abitato insieme a Chicago io non ricordavo neanche chi fossi. Non mi ricordavo di Candy, di te, di niente. C’era solo lei nella mia vita che si prendeva cura di me. Ma tu lo sapevi, Candy ti ha sempre detto tutto, lo sai che è incapace di mentire.

- E quando lei è tornata da New York, dopo che io le avevo spezzato il cuore, che cosa hai fatto?

- Vederla piegata dal dolore non è stato facile e ho promesso a me stesso che l’avrei aiutata a tornare a sorridere e per un attimo … ho sognato. Ma è stato solo un attimo, perché poco dopo ho riacquistato la memoria e ho capito che dovevo tornare alla mia vita.

- Mi stai dicendo la verità Albert?

- Perché dovrei mentirti?

- Perché Candy è felice e tu non vuoi mandare all’aria tutto, adesso. Ma magari tra qualche mese potresti ripensarci e renderti conto che Candy è la donna della tua vita e che hai fatto un grosso errore a lasciarla a me. Così tornerai da lei e le dirai che la ami da sempre!

- Questo non accadrà mai amico mio, hai la mia parola! Ma se anche dovesse succedere lei sceglierebbe ancora te e ieri sera te lo ha dimostrato, correndoti dietro per l’ennesima volta.

- Ti voglio troppo bene per ignorare il fatto che tu e lei potresti davvero …

- Terry io sono pronta! – esclamò Candy entrando di corsa nella camera e fermandosi di colpo alla vista di Albert.

I tre amici restarono in silenzio per qualche istante, poi Terence prese la sua valigia e uscì, dicendo a Candy che l’aspettava in macchina. Albert era rimasto impalato. Candy non lo aveva mai visto così e non sapeva cosa dirgli.

- Candy mi dispiace … non volevo … - balbettò lui.

- Dagli un po’ di tempo, vedrai che capirà e tutto tornerà come prima. Io non ho mai dubitato della tua buona fede e nemmeno lui, ne sono certa. A presto – la ragazza lo salutò con un bacio sulla guancia e scomparve.



*****



La Porte, Indiana

Per tutto il viaggio da Chicago a La Porte Terence non parlò, rispose con qualche monosillabo alle caute richieste della fidanzata in merito alla celebrazione del loro matrimonio ormai imminente.

Quando giunsero alla Casa di Pony i due ragazzi salutarono Miss Pauline e suor Lane, molto sorprese nel vederli lì, sapendo che il giorno dopo si doveva svolgere la loro festa di fidanzamento a Villa Ardlay. Capirono subito che doveva essere successo qualcosa, gli sguardi agitati dei due ragazzi parlavano chiaro.

Terence prese le chiavi della sua auto che era rimasta all’orfanotrofio dall’ultima volta, quando lui aveva deciso di fare una sorpresa a Candy arrivando prima del previsto. Chiese a Candy di seguirlo. Si fermarono sul retro dell’edificio dove l’auto era parcheggiata. Candy era in attesa di qualcosa, non sapeva bene cosa, ma stava per arrivare e si sentiva mancare il respiro.

- Non resterò qui stanotte – le disse Terence in piedi davanti allo sportello aperto.

- Dove vai? – gli chiese Candy con un filo di voce che a fatica uscì dalla sua gola attanagliata da una morsa.

- In albergo, credo, … non ha importanza, troverò un posto …

- Perché?

- Voglio che tu rifletta su quello che senti per Albert e ritengo che tu debba farlo senza di me.

- Tutto questo non ha senso Terry … lo sai … io non ho niente su cui riflettere, te l’ho già detto!

- Invece sì! Te lo chiedo per favore Candy …

Lei fece un passo e gli si avvicinò, prendendogli le mani.

- Dimmi la verità Terry, non vuoi più che ci sposiamo? – gli chiese tremando.

- Certo che lo voglio, è la cosa che voglio di più al mondo!

- Allora perché mi fai questo?

- Perché devo sapere, non lo capisci? Devo essere sicuro che tu non abbia il minimo dubbio su di noi, che Albert sia per te davvero solo un fratello come lui dice di essere e che tu non abbia dei ripensamenti! Ascoltami, domani pomeriggio sarò sulla collina ad aspettarti e tu mi dirai che cosa hai deciso.

- Ma te l’ho già detto! – gli disse Candy sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.

- Ti prego Candy, fallo per me. Ti chiedo solo 24 ore …

Candy riusciva a stento a trattenere i singhiozzi, sentiva la testa girare e un forte senso di nausea le aveva invaso lo stomaco. Sapeva che Terry non avrebbe cambiato idea in quel momento, ma separarsi da lui le lacerava l’anima.

- Ho paura che tu non ci sarai domani … sulla collina.

- Io ho la tua stessa paura in questo momento, Candy.

- Promettimi che verrai, almeno questo, ti prego, o non riuscirò a sopravvivere a queste 24 ore!

- Verrò!

- Io sarò lì ad aspettarti!

Dopodiché Terence salì in auto e partì.

Candy rimase qualche minuto lì fuori, cercando di riprendersi prima di rientrare in casa, ma alla vista delle sue care mamme le lacrime sgorgarono come un fiume in piena.

Le due donne si spaventarono a tal punto che temettero il peggio, poi pian piano il pianto di Candy si placò e la ragazza riuscì a raccontare loro quanto era accaduto la sera prima. Mentre suor Lane tentava di consolarla dicendole che tutto si sarebbe risolto per il meglio, Miss Pony se ne stava in silenzio, immersa nei propri pensieri.

- A che cosa sta pensando Miss Pony? – le chiese Candy sperando che come al solito le parole della donna potessero ridarle un po’ di speranza.

- Credo che la situazione si sia del tutto capovolta.

- Che intende dire?

- Vedi Candy quando sei venuta qui l’ultima volta, dopo aver lasciato Terence a New York, eri molto giù, ti ricordi?

- Certo.

- Quell’ennesima separazione ti pesava moltissimo perché ce ne erano già state altre che ti avevano fatto soffrire. Terence ti mancava e quando al telefono tu gli dicesti in lacrime che avevi bisogno di lui, che cosa fece?

- Venne subito qui … e mi disse che ogni volta che avrei avuto bisogno di lui, avrebbe fatto di tutto per starmi vicino.

- Bene. Adesso è lui a chiedere una cosa a te, perché lo fa soffrire molto e ha bisogno che tu lo rassicuri sul fatto che tra te ed Albert non c’è stato e non ci sarà mai niente di più dell’affetto che lega un fratello e una sorella.

- Io credevo che lui lo sapesse già. Albert ha sempre fatto di tutto per noi, per farci tornare insieme. E’ molto amico anche di Terry …

- Terence però non c’era quando tu e il signor Albert abitavate insieme a Chicago e lui aveva perso la memoria. Non credi che quel periodo possa in qualche modo spaventarlo, soprattutto dopo quello che ha insinuato Neal Lagan? Terence ha un carattere molto geloso e possessivo, non deve essere stato facile all’epoca accettare la vostra convivenza, anche se magari dalle sue lettere questo non traspariva. Domani quando vi rivedrete dovrai trovare il modo per fargli capire come stanno realmente le cose, dovrai tranquillizzarlo ed essere molto convincente. Ma non farti prendere dalla disperazione, Terence ti ama, non te lo dimenticare, abbi fiducia in lui!

Come Candy sperava, Miss Pony era riuscita con la sua lucida tenerezza a comprendere quale fosse il problema e ad indicarle la strada da percorrere. La ragazza iniziò a sentirsi più tranquilla e riuscì ad addormentarsi pensando che il giorno dopo avrebbe di sicuro trovato il modo per far capire al suo Terry quanto lo amasse e quanto lui fosse l’unico al mondo per lei.



Quando la mattina aprì gli occhi, Candy si sentì subito piena di energia. Scese dal letto con un balzo e spalancò la finestra. Era una giornata bellissima, l’aria era limpida e il cielo privo di nuvole: non poteva succedere niente di brutto in una giornata così, pensò. Dopo aver fatto colazione uscì all’aperto per fare una passeggiata.

Terence aveva trascorso una notte insonne, in una stanza d’albergo non troppo lontano da La Porte, dove per fortuna nessuno lo aveva riconosciuto. Era terrorizzato dalla possibilità di perderla di nuovo, ma ciò che più aveva importanza per lui era che Candy fosse felice. Nessuno avrebbe dovuto farla soffrire ancora, nemmeno lui. Candy meritava il meglio, ma in quel momento il ragazzo non era affatto sicuro di poterglielo garantire. Davanti ai suoi occhi compariva l’immagine di William Albert Ardlay, l’uomo perfetto.

Candy intanto cercava di darsi coraggio, sostenuta dalle parole della cara Miss Pony e dalle premure di suor Lane, avvertiva chiaramente dentro di sé tutta la forza del suo amore, doveva solo trovare il modo di far capire a Terence che per lei non esisteva e non sarebbe mai esistito nessun altro.

All’ora stabilita Candy raggiunse la cima della collina ma lui non c’era.

- Arriverà! – si disse.

Poi salì su di un ramo piuttosto alto per poter vedere meglio la strada. I secondi passavano inesorabili ma per Candy ogni istante aveva il sapore dell’eternità. Le venne in mente un gioco che faceva spesso da bambina quando desiderava intensamente qualcosa: chiuse gli occhi, convincendosi che riaprendoli, dopo aver contato fino a dieci, avrebbe visto l’auto di Terence comparire lungo la strada che conduceva alla Casa di Pony.

- Uno due tre … dieci.

Candy aprì gli occhi e la vide. Scese velocemente dall’albero rischiando seriamente di cadere e una volta a terra fece un lungo sospiro perché le mancava l’aria.

Terence fermò l’auto ai piedi della collina e salì, raggiungendola.

Il suo viso era teso e si capiva benissimo che non doveva aver dormito molto. Si fermò a pochi passi da lei.

- Ciao Terry.

- Ciao Candy.

- Vorrei che andassimo in un posto.

- Non possiamo parlare qui?

- No. Prendiamo la tua auto?

- D’accordo.

Discesero il pendio e salirono in auto. Quando Candy gli disse di dirigersi verso Chicago Terence la guardò stupito, ma non fece obiezioni e mise in moto. Viaggiarono per più di un’ora senza dire niente. Una volta giunti in città Candy gli indicò quale strada prendere e dopo pochi minuti gli disse di fermarsi e parcheggiare.

- Dove siamo? – le chiese serio in volto.

- Seguimi per favore.

Davanti a loro una grande casa a tre piani, una costruzione molto semplice che ospitava di sicuro più famiglie. Candy entrò nell’atrio dove si trovava la portineria. Terence la seguiva, in silenzio.

- Signora Bandog, come sta? Si ricorda di me?

La donna rimase per un attimo bloccata poi il suo viso si illuminò in un radioso sorriso.

- Santo cielo, Candy … sei proprio tu?

La donna la salutò calorosamente e quando Candy le chiese se poteva far vedere il suo vecchio appartamento all’amico che era con lei, la portinaia non esitò a consegnarle le chiavi precisando che in quel momento non c’era nessun nuovo inquilino ad occuparlo.

Candy e Terence salirono tre rampe di scale ed arrivarono al secondo piano, poi la ragazza aprì la porta ed entrarono in un appartamento semivuoto, dove si respirava un’aria pesante di chiuso.

- Benvenuto a Casa Magnolia, Terry – disse Candy al ragazzo che si era fermato in mezzo a quella che doveva essere una sala da pranzo e la osservava piuttosto infastidito.

Candy pensò che a quel punto fosse il caso di spiegargli il motivo per cui si trovavano lì.

- Questo è l’appartamento che ho condiviso con Albert per circa un anno.

Terence ebbe un leggero sussulto, lei se ne accorse ma continuò a descrivergli ogni angolo della casa raccontando vari aneddoti della loro convivenza.

- Albert ogni mattina mi faceva trovare la colazione pronta su questo tavolo, in genere c’erano anche dei fiori freschi provenienti dal giardino di sotto. Io ero quasi sempre in ritardo e finivo per saltare la colazione. Uscivo e quando arrivavo al cancello mi voltavo e lui mi salutava dalla finestra, augurandomi buon lavoro. Prima di rientrare mi fermavo a comprare qualcosa per cena, anche se quasi sempre ci aveva già pensato lui, così arrivando a casa avevo anche il tempo di farmi una doccia e rilassarmi un po’. A volte i turni in ospedale erano molto faticosi e andavo a dormire piuttosto presto. Dietro quella porta c’è la nostra camera, vieni.

Candy dopo aver aperto la porta della camera ed essere entrata invitò Terence a fare lo stesso. Il ragazzo si avvicinò molto lentamente e si affacciò all’interno scorgendo una stanza piuttosto piccola, con un armadio, un comò, uno scrittoio, due sedie e … due letti a castello. Non fece alcun commento.

Candy tornò verso la sala da pranzo e, passando davanti a lui, per fare in modo che la seguisse, lo prese per mano. Quello fu il primo contatto da quando si erano incontrati sulla collina poche ore prima. Continuando a stringergli la mano che però sembrava insensibile al suo tocco, Candy indicò con l’altra il camino. La sua voce si fece di colpo più intima e dolce.

- Ogni volta che arrivava una tua lettera, Albert me la faceva trovare lì, sulla mensola del camino, in modo che appena entravo di ritorno dall’ospedale, potessi vederla subito. Infatti era proprio lì che il mio sguardo si posava dopo aver aperto la porta d’ingresso. Quando riconoscevo la busta con la tua calligrafia, andavo di corsa in camera a leggere cosa mi avevi scritto. Albert sapeva che lo avrei salutato dopo, con un gran sorriso.

Candy sentì la mano del ragazzo fare a quel punto una leggera pressione contro la sua, come a volerla stringere senza farsene accorgere. Proseguì il suo giro verso la cucina dove Albert si dilettava a preparare sempre piatti nuovi e buonissimi.

- Io raramente mi cimentavo nella preparazione del pranzo. Mi ricordo che una volta dovevo semplicemente cucinare delle uova, ma dopo pochi giorni dovevo partire per Broadway, per la prima di Romeo e Giulietta a cui mi avevi invitato. Ero così felice che cominciai a raccontare ad Albert, per l’ennesima volta, il nostro primo incontro sul Mauretania. Beh … alla fine cucinai una frittata che avrebbe sfamato l’intero palazzo! – esclamò Candy sorridendo, riuscendo a far sorridere per un attimo anche Terence.

Candy continuò a raccontare per una buona mezz’ora molti episodi relativi a quel periodo che aveva condiviso con Albert. Ricordò anche le splendide serate trascorse insieme ad Archie, Stear, Annie e Patty, a ridere e scherzare come bambini. Terence la ascoltò per tutto il tempo in silenzio, lasciando la mano abbandonata nella sua che, da quando si erano seduti su un divanetto piuttosto malconcio, Candy teneva appoggiata sul ginocchio con il palmo rivolto verso l’alto accogliendo la mano di Terence come un dono prezioso.

Quando smise di raccontare, ci fu qualche minuto di silenzio. Candy non riusciva a capire cosa Terence stesse pensando ed aveva paura a chiederglielo. Iniziava a temere di non riuscire a convincerlo. D’un tratto lui alzò gli occhi, la guardò e le disse:

- Tutto quello che mi hai raccontato non fa altro che confermare la mia idea e cioè che Albert sia l’uomo perfetto che ogni donna vorrebbe al proprio fianco.

Candy fu colpita in pieno petto non dalle sue parole, ma dalla sua voce fredda e lontana. Ma aveva promesso a se stessa che non si sarebbe scoraggiata e non gli avrebbe permesso di andarsene un’altra volta. Così raccolse tutto il suo coraggio e riprese a parlare.

- Di sicuro Albert è un uomo meraviglioso: gentile, generoso, altruista, sicuro di sé, sa sempre cosa dire e cosa fare, intelligente, simpatico, forte, coraggioso e … anche con un aspetto molto piacevole! Senza dubbio potrebbe apparire a tutti, te compreso, come l’uomo perfetto, hai ragione! Ma tu vuoi sapere quello che pensano tutti o quello che penso io? Rispondimi!

- Quello che pensi tu! – mormorò Terence con gli occhi bassi.

- Guardami Terry …

Lui si voltò lentamente verso Candy che gli sedeva accanto, alla sua destra, con un’espressione molto simile a quella di un condannato in attesa di giudizio.

- Nessuno è perfetto Terry, nemmeno Albert. Secondo me lui ha un grande difetto a cui non è possibile porre rimedio: non è te!

- Almeno lui, al contrario di me, ha un solo difetto …

- Non intendi proprio mollare eh … allora sentiamo, quali sono tutti questi difetti che dici di avere, avanti, sono curiosa! – lo provocò Candy.

- Beh … sono testardo, impulsivo, geloso, possessivo, a volte violento, poco paziente, egoista, antipatico, arrogante, villano, sfacciato, presuntuoso … ti bastano?

- No, ne voglio ancora e li voglio tutti per me!

- Candy … - sospirò Terence scuotendo la testa.

- Adesso basta Terry! Ho fatto quello che mi hai chiesto, ho riflettuto e ho deciso!

- Non è vero, tu non hai pensato neanche un istante a quello che ti ha detto Albert.

- Ok lo ammetto, hai ragione, non c’ho pensato e lo sai perché? Perché ho pensato sempre e solo a te, perché nella mia mente e nel mio cuore non c’è posto per nessun altro. E se adesso tu mi dici che vuoi annullare il matrimonio, beh sarà colpa tua se rimarrò zitella a vita!

Terence si voltò dalla parte opposta, nascondendo il viso a Candy ma lei se ne accorse lo stesso.

- Era un sorriso quello che ho visto? Avanti Graham confessa! – esclamò Candy sentendo che forse quell’uomo cocciuto stava cedendo.

- Possiamo andarcene da qui ora?

- Certo.

Uscirono dall’appartamento e si fermarono a salutare Mrs Bandog la quale, avendo riconosciuto il famoso attore, gli chiese se poteva farle un autografo per la figlia. Quando Terence le si avvicinò per firmare una sua foto che la donna gli aveva allungato, Mrs Bandog ne approfittò per sussurargli, senza farsi udire da Candy, di non farsela scappare perché lei sì che era una vera donna non come quelle sciacquette urlanti che ogni volta lo attendevano fuori dai teatri dove recitava.

- Ottimo consiglio, ci penserò! – le rispose Terence strizzandole l’occhio e facendola quasi svenire.

Dopodiché salirono in auto e ripartirono.

- Dove stai andando? – chiese Candy dopo qualche minuto.

- A Villa Ardlay … c’è un fidanzamento da celebrare o sbaglio?



- Possiamo fare una passeggiata nel parco prima di entrare in casa? – chiese Candy quando Terence fermò l’auto nel piazzale antistante la villa.

Senza che nessuno li avesse visti si incamminarono nel bosco e giunsero al laghetto dove erano stati anche qualche sera prima. Candy d’un tratto si voltò, lo guardò un istante e poi gli gettò le braccia al collo, affondando il viso nel suo petto. Terence la accolse in un abbraccio lieve, carico di dolcezza.

- Come hai potuto pensare di lasciarmi … dopo che ti ho dato tutto di me? – gli chiese con la voce scossa.

- Non ho mai pensato di lasciarti, nemmeno per un attimo l’idea mi ha sfiorato! Ho avuto paura che tu volessi farlo, per non ferire i sentimenti di qualcun altro, com’era già successo anni fa – le rispose Terence anch’egli in preda ad una forte emozione che lo faceva tremare.

- Ho imparato a mie spese cosa significa tradire i propri sentimenti e quelli della persona che si ama più di se stessi! Non accadrà mai più! Mai più! – disse Candy. Poi si staccò da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. Terence le rispose con uno sguardo pieno d’amore. La baciò profondamente e appassionatamente, come se al mondo esistessero solo loro due e il loro amore.

- Non dubitare più del mio amore per te! – gli sussurrò Candy.

- Dici che mi sono comportato come uno stupido? Allora dovrai aggiungere anche questo alla lista dei miei difetti!



Rientrato in villa Terence andò a cercare Albert e lo trovò nel suo studio dove stava discutendo di affari insieme ad Archie. Quest’ultimo gli rivolse uno sguardo spietato appena lo vide entrare e senza salutarlo uscì dalla stanza.

- Un po’ te la sei cercata! – gli disse Albert con aria di rimprovero.

- Vuoi andartene anche tu? – gli chiese Terence serio.

Albert si alzò dalla scrivania e si diresse verso il divano invitando Terence a sedersi, chiedendogli se gradisse del tè. Dopo qualche minuto di silenzio e qualche sorso di tè, Albert volle sapere se con Candy fosse tutto risolto. Terence rispose di sì, ma che si sentiva comunque in dovere di chiarire anche con lui.

- Ho creduto che tu avessi ancora dei sentimenti per lei e che avrebbero potuto influenzarla. Del resto anch’io non sarei riuscito ad ignorarli e le ho chiesto di rifletterci bene.

- Terence … Candy non ha niente su cui dover riflettere!

- Sono le stesse parole che ha usato lei, però ha avuto la pazienza di ascoltarmi. Questo pomeriggio mi ha portato a Casa Magnolia, mi ha raccontato un po’ di cose e …

- Non devi spiegarmi niente. Voi due vi amate alla follia, proteggete questo amore!

- Mi daresti una mano a farlo? Vuoi ancora essere il mio testimone?

- Certo! Ti ringrazio amico mio per l’onore che mi concedi – disse Albert allungandogli la mano.

Terence la strinse, ringraziandolo a sua volta. Si guardarono negli occhi, commossi, si abbracciarono come due fratelli.

- Con Archie ci parli tu, vero? – scherzò Terence e Albert sorrise con lui.

- Lagan dov’è?

- Gli ho gentilmente suggerito di acquistare un biglietto di sola andata per la Florida e di prendere il primo treno insieme alla sorella.

- Lo sai che gli hai salvato la vita vero?



- Lo so! – rispose Albert alzando gli occhi al cielo.





Capitolo quarantaquattro


Essere amati






La Porte, Indiana

lunedì 31 maggio, 1920

 



- Terry, Miss Pony mi ha chiesto se puoi raggiungerla nella biblioteca, avrebbe bisogno di una mano per riordinare i libri che si trovano più in alto – disse Candy uscendo nel cortile dove il ragazzo stava giocando con alcuni bambini.

- Vado! Rimani tu qui? – le chiese, regalandole un bacio leggero sulle labbra mentre le passava accanto.

Candy sorrise, facendo cenno di sì con la testa.

- Miss Pauline ha bisogno di me?

- Sì Terence, entri pure e chiuda la porta – gli rispose la donna con voce seria.

Il ragazzo ebbe improvvisamente il sospetto che forse non era stato convocato per sistemare la biblioteca e circa una decina di altre motivazioni gli passarono per la mente, tra cui la notte d’amore che lui e Candy avevano trascorso a New York, nel suo appartamento, anticipando non poco le loro promesse nuziali. Pensò che Miss Pauline non poteva saperlo, a meno che Candy … oddio … alla sola idea il giovane attore iniziò a sudare freddo, tantoché la brava donna se ne accorse e lo invitò a sedersi.

- Terence che le succede? Mi sembra nervoso – lo stuzzicò Miss Pony.

- Oh beh … - il ragazzo si schiarì la voce, sentendo la salivazione a zero. Accidenti … nemmeno suor Gray gli aveva mai fatto quest’effetto, pensò – Vede Miss Pauline, non so bene perché, ma davanti a lei mi sento sempre come uno scolaretto che non ha fatto i compiti! – cercò di scherzare.

- Stia pure tranquillo, non l’ho chiamata per metterla dietro la lavagna!

Terence sorrise cercando di rilassarsi.

- In questi giorni è venuto spesso qui da noi e così ho avuto modo di osservarvi. Candy è sempre stata una vera forza della natura, fin dal primo giorno in cui l’abbiamo trovata qui fuori, sotto il grande albero. E’ stata con noi fino all’età di dodici anni e ci ha fatto gioire, molto, e disperare, un poco, con la sua grande vivacità, generosità e forza d’animo. Poi l’abbiamo mandata dalla famiglia Lagan, sperando che questo potesse offrirle l’opportunità di una vita migliore, ma non è stato così, almeno all’inizio. Si sono susseguiti alcuni momenti di grande sofferenza per la nostra cara ragazza. Mi riferisco in particolar modo alla perdita delle persone che ha amato e che non potranno più tornare. Ma da questi eventi lei ha saputo riprendersi, con il nostro aiuto e quello dei suoi cari amici. C’è stato solo un momento in cui ho temuto fortemente che non si sarebbe ripresa …

Miss Pony si fermò vedendo Terence portarsi per un attimo una mano sugli occhi.

- La prego … conosco questa storia e non è piacevole ascoltarla di nuovo – mormorò Terence guardando la donna con i suoi occhi blu oceano che chiedevano pietà.

- Lo so, non è mia intensione risvegliare brutti ricordi. Volevo solo dirle che oggi finalmente rivedo la Candy forte e coraggiosa, che ama la vita come quando era una bambina, anche se so bene che non lo è più! Quando è venuto qui la volta scorsa, non le ho nascosto i miei timori e lei ha avuto la sfrontatezza che solo l’amare concede, di dirmi che pensava di essere l’unica persona al mondo a poterla rendere felice. Oggi mi sento di affermare con assoluta certezza che aveva ragione. Vedervi insieme è una gioia per l’anima. Credevo veramente che non fosse più possibile ritrovare la mia Candy. Nonostante le abbia sempre detto che nella vita non dobbiamo mai perdere la speranza perché qualcosa di bello ci attende dietro l’angolo, Candy si era talmente chiusa nel proprio dolore, cercando di nasconderlo a tutti quanti, che le sembrava di vivere, ma in realtà non lo stava facendo fino a quando non è arrivata la sua lettera!

- Lei sapeva che le avevo scritto?

- No, Candy non me l’ha detto ma … ho potuto intuirlo quando è partita improvvisamente per Parigi, sapendo che la sua Compagnia teatrale si trovava lì. Ho pregato tanto, insieme a suor Lane, per voi!

- Vi ringrazio … perché non è stato facile ritrovarsi! – disse Terence ripensando a tutto quello che era successo in quegli ultimi due mesi.

- Probabilmente ci vorrà ancora del tempo perché riusciate a lasciarvi il dolore alle spalle, ne avete avuto prova anche nei giorni scorsi - disse la donna riferendosi al problema che c’era stato con Albert – Ma sono sicura che ce la farete, insieme, se darete ascolto al vostro cuore d’ora in poi. Ve lo meritate entrambi.

Terence la guardò con riconoscenza, sentendosi disarmato davanti a quella piccola signora anziana che sapeva leggere la sua anima. Anche Miss Pony avvertiva un affetto profondo per quel ragazzo che non aveva avuto di sicuro una vita facile, nonostante fosse nato in una famiglia ricca e nobile. Per questo sentiva di potergli parlare come ad un figlio e lo fece.

- Candy mi ha raccontato un po’ della tua vita Terence. So quanto sia stata difficile ed ingiusta la tua infanzia ed è un miracolo che tu sia diventato l’uomo che sei oggi. Non sai quanti bambini sono passati da qui, bambini che non avevano mai conosciuto l’affetto dei genitori e per questo erano arrabbiati con il mondo, chiusi dentro un guscio per difendersi dalla sofferenza. C’è voluto molto tempo e molta pazienza per fare in modo che tornassero a credere in loro stessi e si aprissero finalmente alla vita.

Terence sentì accarezzarsi da quelle parole. Un’improvvisa ondata di tenerezza lo avvolse e i suoi occhi si riempirono di lacrime che a stento riuscì a trattenere. Neanche sua madre era mai riuscita a toccare così il suo cuore, forse perché lui non glielo aveva mai permesso, troppo profonda era la ferita che lei gli aveva inferto rifiutandolo. Anche se quella ferita si era da tempo rimarginata, restava la cicatrice a ricordargli il senso di abbandono provato quando quindicenne aveva attraversato l’oceano per andare a cercarla. Davanti a Miss Pony invece rinunciava ad ogni difesa, si sentiva accolto e non giudicato, allo stesso modo in cui faceva Candy.

Miss Pony si sedette vicino a lui sul divano, gli prese una mano e la strinse.

- L’amore mi ha salvato. Quello di Candy e per Candy, e anche il suo Miss Pauline e di suor Lane. Non dimenticherò mai la prima volta che sono venuto qui. Quel giorno ho capito perché mi ero innamorato di Candy dal primo istante. Quella luce con cui aveva illuminato la mia vita veniva direttamente da questo posto. Lei la porta con sé ovunque vada, è impossibile non restarne abbagliati!



*****



Candy si trovava alla Casa di Pony da un paio di giorni e con il prezioso aiuto di Annie stava ultimando i preparativi per le nozze. Terence era rimasto invece a Villa Ardlay, dal momento che la zia Elroy si era fermamente opposta al fatto che i fidanzati dormissero sotto lo stesso tetto durante la settimana prima delle nozze. Così il promesso sposo ogni giorno faceva il pendolare tra Chicago e La Porte pur di vedere la fidanzata, arrivando di buon ora alla casa di Pony dove lo aspettava un’abbondante colazione per poi tornare indietro in tempo per la cena.

Alla Casa di Pony le giornate trascorrevano nella più spensierata allegria. Terence era ormai diventato il capo della banda di un gruppo di bambini e bambine più grandicelli che non facevano altro che escogitare scherzi la cui vittima preferita era manco a dirlo Tuttelentiggini! L’ultimo era stato davvero un successo! Conoscendo la sua proverbiale paura per i serpenti, Terence era riuscito a catturarne uno piccolo piccolo e innocuo ma che di sicuro avrebbe terrorizzato la fidanzata. Mentre Candy stava sistemando le camere dei bambini, quei furfanti insieme al loro capo si erano nascosti all’esterno sotto la finestra e all’improvviso il serpentello era stato lanciato sul pavimento della stanza dove si trovava la ragazza.

- Mi raccomando, quando la sentite gridare, iniziate a correre! – li aveva istruiti Terence, pensando che Candy questa volta sarebbe andata su tutte le furie.

E infatti. Un grido molto simile a quello di una scimmietta incollerita esplose non appena Candy notò la presenza del piccolo animaletto strisciante. Ma i bambini, nonostante le avvertenze di Terence, invece di scappare scoppiarono in una travolgente risata che li fece scoprire. Candy si lanciò fuori dalla finestra con un salto intenzionata a punirli severamente, ma si rese subito conto che l’artefice di tutto non era altro che il suo promesso sposo!

- Terence!!! Avrei dovuto immaginare che c’eri tu a capo di questa banda di dispettosi – gli gridò Candy davvero infuriata.

- Dai Lentiggini … è stato solo uno scherzetto innocente. Guarda, quel piccolo rettile è più spaventato di te … - tentò di difendersi il ragazzo, con le mani in alto in segno di resa.

Ma Candy non sentiva ragioni e gli consigliò di iniziare a correre perché questa volta aveva davvero esagerato!

I bambini li osservavano un po’ divertiti e un po’ stupiti nel constatare che anche due persone apparentemente adulte si divertivano a rincorrersi e a prendersi in giro. C’era una cosa tuttavia che non riuscivano proprio a spiegarsi: ogni volta che Terence faceva uno scherzo a Candy, lei all’inizio si arrabbiava e si metteva ad inseguirlo minacciandolo con le più severe punizioni, alla fine però, quando riusciva ad acchiapparlo (perché lui si faceva raggiungere, era evidente!) era sufficiente che lui la guardasse negli occhi e le sorridesse che lei cambiava di colpo espressione e non era più arrabbiata. Poi si allontanavano insieme, abbracciati, lui un braccio intorno alle spalle di lei, lei intorno alla vita di lui.

- Quando la smetterai?

- Mai! – le rispose fiero stampandole un bacio sul collo, mentre se ne stavano seduti sulla collina.



Villa Ardlay, Chicago

mercoledì 2 giugno, 1920



Nel primo pomeriggio Terence si trovava nello studio di Albert e stava parlando al telefono.

- Penso proprio che arriverà tra poco. Non ha voluto che andassi a prenderla per non destare i soliti pettegolezzi da parte della stampa.

Intanto una figura di donna, bionda, alta e bellissima, si era appena affacciata sulla porta. Il ragazzo era seduto di spalle e non poteva vederla, così lei cedette alla tentazione di ascoltare indisturbata quella che sembrava una romantica conversazione telefonica.

- Anche tu mi manchi tantissimo … sarò lì domattina all’alba, verrò a svegliarti per darti il buongiorno!

……

- Tra non molto potrò farlo ogni mattina …

……

- Non mi ci far pensare … altrimenti vengo subito lì!

……

- A domani, amore mio.

Terence con un gesto lento riattaccò il telefono e sospirò, restando ancora qualche istante immerso in quel mondo che appartiene solo agli innamorati. Poi si alzò e la vide.

- Mamma! – esclamò andando incontro al meraviglioso sorriso che la donna gli stava rivolgendo.

Si abbracciarono e Eleanor poté sentire quanto il cuore di suo figlio stesse ancora palpitando, non certo per la sua presenza, ma per la persona con cui aveva appena parlato al telefono.

- Non volevo mandare all’aria i tuoi programmi per oggi.

- Ma che dici mamma, quali programmi? Sono così felice che tu sia qui.

- Non mentire figliolo … non dovevi essere con Candy in questo momento?

- Hai ascoltato la mia telefonata? – le chiese leggermente imbarazzato.

- Solo le tue ultime parole – gli rispose con la voce piena di affetto.

Madre e figlio si sedettero per raccontarsi le recenti novità. Terence le chiese notizie dei suoi ultimi impegni cinematografici e la informò del fatto che Albert conosceva il loro segreto. Eleanor lo tranquillizzò dicendogli che a breve tutti lo avrebbero saputo.

Alla Villa si era intanto sparsa la notizia dell’arrivo della famosa attrice Eleanor Baker. Archibald Cornwell era rimasto alquanto sorpreso dal fatto che Miss Baker risultasse tra le poche celebrità invitate al matrimonio. Aveva letto su qualche rivista le basse insinuazioni che erano state fatte riguardo ad un possibile flirt tra la giovane stella di Broadway e la famosa attrice americana. Naturalmente non aveva dato credito a quei pettegolezzi, se non altro perché, essendone un grande ammiratore, non poteva accettare che una donna del suo calibro si abbassasse ad avere una storiella con un ragazzino!

Albert gli aveva chiesto di raggiungerlo nel suo studio, dove avrebbe avuto l’onore di conoscerla personalmente. Archibald, vestito di tutto punto, si avvicinò alla porta proprio mentre Miss Baker pronunciava le seguenti parole:

- Non intendo continuare a nascondere il rapporto che mi lega a Terence. Mi dispiace se potrà rappresentare un duro colpo per la sua famiglia Mr. Ardlay, ma lei capisce sicuramente che non è possibile andare avanti così.

- Miss Baker non si preoccupi. So cosa significa dover nascondere la propria identità per difendere la propria libertà. Avrete tutto il mio appoggio. E la prego … mi chiami Albert.

- La ringrazio molto … Albert!

Archie era allibito. Pensò per la prima volta che quei pettegolezzi potessero avere un fondo di verità e rabbrividì all’idea. Ed Albert poi … che cosa stava dicendo … il suo appoggio … era impazzito?

Entrò all’improvviso nella stanza senza bussare, rivolgendo a Granchester uno sguardo furente.

- Cornwell! – esclamò Terence vedendolo in quello stato.

- Miss Baker le presento mio nipote Archibald Cornwell, mio fedele collaboratore alla Ardlay Company – esordì Albert, facendo cenno al ragazzo che era rimasto pietrificato sulla porta, di venire avanti.

L’attrice gli si fece incontro con la sua andatura sinuosa e Archie rispose con un elegante baciamano, senza riuscire a spiccicare parola. Si rivolse invece bruscamente a Terence chiedendogli se non avesse nulla da confessare in merito alla presenza di Miss Baker.

- Confessare? Archie che stai dicendo? – chiese Terence che già iniziava ad arrabbiarsi per il comportamento alquanto scortese di Cornwell.

Eleanor sembrò comprendere la situazione al volo. Con uno sguardo amorevole rivolto al figlio lo invitò a mantenere la calma e prese lei la parola.

- Credo che Mr Cornwell si riferisca ai pettegolezzi che girano da un po’ su certa stampa. Dal momento che Terence sta per sposare sua cugina ha giustamente il diritto di conoscere la verità, non è così Archibald?

- Non era mia intensione importunarla Miss Baker ma … vedo che lei ha capito benissimo, al contrario del suo collega che invece fa finta di non capire! – esclamò Archie lanciando un altro sguardo incandescente al rivale.

Terence scattò in piedi, ma per rispetto alla madre rimase in silenzio.

- Siediti Archie, anche tu Terence, ti prego. Ascoltiamo ciò che ha da dire Miss Baker – intervenne Albert cercando di calmare gli animi.

- Non posso credere che un gentiluomo come lei possa aver dato credito a certe illazioni. Del resto non potrei di certo essere tra gli invitati al matrimonio se avessi una relazione clandestina con Terence Graham. Tuttavia non posso nasconderle che noi due non siamo semplicemente colleghi, ma il rapporto che lega Terry e me è di ben altra natura.

Archie sobbalzò udendo come lei aveva chiamato Terence, solo Candy lo chiamava in quel modo, erano così in confidenza dunque?

Eleanor capì che era meglio non indugiare oltre, il colpo sarebbe stato di sicuro difficile da incassare, ma … era necessario.

- Terry ed io ci conosciamo da tanti anni, da quando è nato e non potrò mai amare nessun altro uomo come amo lui … semplicemente perché sono sua madre.

- E’ uno scherzo! – esclamò Archie scioccato dalla notizia.

- No Archie, ma credo che ora sia il caso di lasciare Terence e sua madre da soli, ti racconterò io il resto della storia se Miss Baker è d’accordo – disse Albert intenzionato a far uscire il nipote da quella stanza prima che la situazione degenerasse.

- Aspetti un attimo Albert, vorrei spiegare solo un’ultima cosa a suo nipote. Poi si voltò di nuovo verso Archie e prendendogli una mano gli disse:

- Quello che ho fatto l’ho fatto solo per amore di mio figlio. Non giudicarmi male. So che sei diventato padre da poco e sono sicura che mi potrai capire!

- Miss Baker la ringrazio per la sua onestà, non sono nessuno per giudicarla, anzi credo che lei sia un grande esempio per tutti noi: mettere da parte se stessi per il bene di un figlio è di sicuro il gesto d’amore più importante che un genitore possa fare!

A Villa Ardlay sarebbe giunto a breve anche il Duca di Granchester. Albert si era offerto di ospitarlo con il benestare della zia che non vedeva l’ora di fare la conoscenza di Sua Grazia.




Capitolo quarantacinque


Preparativi e confidenze




La Porte, Indiana

giovedì 3 giugno, 1920

 

 



Per la prima volta lo aveva indossato. L’abito da sposa era arrivato quella mattina alla Casa di Pony ed Annie le aveva imposto di provarlo.

- Oh Candy … sei una meraviglia! Quando Terence ti vedrà resterà senza parole ne sono sicura – esplose Annie tutta eccitata nel vedere l’amica così elegante.

Candy sorrise dolcemente immaginandosi Terry che l’aspettava sulla collina e pensando che invece sarebbe stata lei a rimanere senza parole davanti a lui. Mentre si ammirava allo specchio, un po’ imbarazzata con quell’abito indosso, aveva iniziato a ripensare a tutto quello che era successo negli ultimi due mesi in cui la sua vita era completamente cambiata. Dal giorno in cui era arrivata quella lettera che le aveva fatto scoppiare il cuore di gioia, a tutti i dubbi e le paure che erano seguiti, alla decisione di partire per Parigi fino al momento in cui si erano rivisti per la prima volta dopo tanto tempo. Com’era stato difficile all’inizio capirsi … quanti nodi da sciogliere, quante domande che avevano bisogno di una risposta … ma poi l’amore era stato più forte di tutto e quel legame, nato anni prima sul ponte di una nave e che non si era mai spezzato nonostante la separazione, era tornato prepotentemente per unirli di nuovo l’uno all’altra.

- Candy mi ascolti? A cosa stai pensando? – la richiamò alla realtà la voce di Annie.

Candy si voltò sorridendole, ancora immersa nei suoi dolci ricordi … la Scozia dove lei aveva accettato di trascorrere una vacanza con lui, che incosciente! E poi … New York … oddio … quell’invito a cena nel suo appartamento, questo sì che era stato da incoscienti! Si era forse pentita di aver ceduto alla passione? No …anche perché quello che c’era stato tra loro non era semplice passione. La notte d’amore che avevano trascorso insieme li aveva definitivamente trasformati in una sola anima.

Annie non poté fare a meno di notare il rossore che era apparso sulle guance dell’amica.

- Oh Candy … ora capisco … stai per caso pensando alla prima notte di nozze?

- Eh … come? Certo che no … come ti è venuto in mente Annie! – le rispose Candy rossa fino alla punta delle orecchie.

- Beh forse avresti bisogno che qualcuno ti parlasse di quello che potrebbe succedere … - disse Annie anche lei alquanto a disagio. La ragazza infatti, nonostante fosse ormai una donna sposata e anche madre di due bambini, provava comunque un forte imbarazzo nell’affrontare certi argomenti.

Per fortuna di entrambe il loro dialogo venne interrotto da due colpi alla porta. Nonostante sapessero del suo arrivo, fu una gioia immensa veder entrare nella stanza la figura conosciuta della cara Patricia O’Brien.

- Pattyyyyy – gridarono in coro Candy ed Annie.

- Come state ragazze? … oh mio Dio Candy, sono proprio arrivata al momento giusto, sei un incanto! – esclamò Patty avvicinandosi alle amiche che le si fecero incontro per abbracciarla.

- Ho paura di sgualcirti … quanto tempo è passato! – proseguì Patty con gli occhi lucidi.

Dopo che Candy si fu cambiata, le tre amiche uscirono all’aperto per fare una passeggiata e raccontarsi tutto quello che era successo nell’ultimo anno. Patty stava portando avanti i suoi studi con profitto presso l’Università di Chicago dove a breve avrebbe dovuto sostenere l’esame di letteratura inglese.

- C’è anche una parte relativa alla storia del teatro inglese, magari Terence potrebbe darmi una mano.

- Patty … credo che Terence sarà molto occupato nelle prossime settimane! – esclamò Annie sorridendo.

- Che sciocca che sono! – mormorò Patty arrossendo – A proposito, come sta? E’ molto tempo che non lo vedo, anche se appare spesso sui giornali … mi chiedo come abbia vissuto gli ultimi anni lontano da te Candy.

- Se per me è stato difficile, beh … per lui lo è stato di più … - le rispose Candy rattristandosi.

- Scusami amica mia sono proprio una frana, non volevo farti ricordare quei momenti …

- L’importante è che adesso sia tutto risolto e quando lo vedrai ti renderai conto di quanto sia felice perché cammina a due metri da terra! – disse Annie scoppiando a ridere seguita a ruota dalle amiche.

Le ragazze continuarono a parlare per buona parte del pomeriggio, ripensando alla loro vite e alle difficoltà che avevano dovuto superare, tra cui la morte di Stear aveva lasciato un vuoto incolmabile. Ma la loro amicizia non si era mai spenta e ritrovarsi per celebrare insieme a Candy e Terence il loro matrimonio dava nuova speranza a tutte e tre.

Come tutte le spose anche Candy iniziava a percepire una certa agitazione man mano che si avvicinava il gran giorno. Molte emozioni diverse le attraversavano il cuore, un misto di gioia e malinconia che non sapeva spiegarsi né contenere. Riuscì ad addormentarsi piuttosto tardi quella sera, dopo essersi rigirata più volte nel letto.

Non era ancora giorno quando venne svegliata da un rumore proveniente dalla finestra che si trovava vicino al suo letto. In un primo momento pensò potesse trattarsi di un topolino che se ne sarebbe di certo andato se lei avesse acceso la luce, invece quello strano rumore continuò facendosi più intenso. Non riuscendo più a dormire decise di alzarsi e controllare. Ma una volta aperta la finestra …

- Buongiorno Lentiggini, finalmente, quanto volevi farmi aspettare ancora!

- Terry … ma cosa ci fai qui a quest’ora – gli chiese mezza addormentata.

Ma Terence non rispose e con un salto entrò nella stanza e spense la luce.

- Shhh … vuoi farmi scoprire! – le sussurrò attirandola tra le sue braccia – Guarda cosa mi tocca fare per stare un po’ di tempo da solo con la donna della mia vita …

Dopodiché, anche al buio, trovò le sue labbra.

- Non puoi stare qui amore mio … - mormorò Candy debolmente.

- E dai … solo finché non fa giorno, poi esco dalla finestra e rientro normalmente dalla porta!

- Ma Terry …

- Faccio il bravo, lo giuro … volevo solo stare un po’ con te … e darti un piccolo regalo.

- Di quale regalo stai parlando? Il mio compleanno è passato da un pezzo e di regali me ne hai già fatti tanti – disse Candy a bassa voce per la paura che qualcuno potesse sentirli.

- Non come questo … - mormorò Terence facendo uscire una busta dalla tasca della sua giacca.

- Che cos’è?

- Una lettera per te che ho scritto prima di venire qui … devi promettermi però che la leggerai solo il giorno prima della cerimonia.

- Come faccio ad aspettare, sto morendo dalla curiosità!

- Ti prego … te l’ho portata adesso perché temo che sabato non mi permetteranno di venire da te …

- D’accordo … - acconsentì Candy a malincuore, stringendosi a lui.

- Adesso ti bacio fino a quando non fa giorno! – sussurrò Terence mettendo subito in atto le sue parole.



*****



- Patty … giuro che non ti avrei riconosciuta! – esclamò Terence nel vedere la ragazza così cambiata, più alta e decisamente più … donna.

- Beh … i tempi della St. Paul School sono lontani ormai! Inutile chiederti come stai Terence perché è evidente che sei in gran forma. Ho seguito i tuoi ultimi successi e ti faccio davvero i miei complimenti, anche se non ho avuto ancora il piacere di assistere ad una tua interpretazione.

- Ti ringrazio, ma devi rimediare al più presto! Ti farò avere i biglietti per la prima della prossima stagione se vuoi – le disse Terence con galanteria, poi si rivolse a Candy porgendole un grande pacco che aveva portato da Chicago.

- Candy questo te lo manda Miss Baker con i suoi migliori auguri, mi ha pregato di riferirti che non vede l’ora di riabbracciarti.

Candy un po’ sorpresa sciolse il nastro di velluto rosa che chiudeva la scatola e ne estrasse un elegantissimo velo da sposa in tulle di seta finemente ricamato.

- O mio dio! – esclamarono in coro Annie e Patty di fronte a quella meraviglia.

- Terry è davvero bellissimo, Eleanor non doveva disturbarsi tanto – balbettò Candy. Poi prese il biglietto contenuto nella scatola e lo lesse:

 



Mia carissima Candy

ti prego di accettare questo piccolo pensiero che non potrà mai ripagare tutto quello che tu hai fatto per me. Vedere gli occhi di mio figlio risplendere di nuova luce mi riempie di una tale felicità che credo di non aver mai provato in tutta la mia vita. Mi auguro che finalmente il vostro immenso amore possa trovare la sua giusta realizzazione e che da ora in poi la vostra esistenza insieme sia costellata solo di gioie e soddisfazioni. Sono certa che le vostre anime siano unite da sempre e che per sempre lo resteranno.

Con affetto e gratitudine

Eleanor

 



Quando ebbe terminato di leggere Candy non riuscì a trattenere la commozione e i begli occhi verdi le si riempirono di calde lacrime, rivolse uno sguardo dolcissimo a Terence che le stava davanti, lui le si avvicinò e le sfiorò la guancia con un bacio, accarezzandole amorevolmente la schiena con una mano.

- Quindi la famosissima attrice Eleanor Baker sarà presente al matrimonio! Non oso immaginare la faccia di Archie quando lo saprà – esclamò Annie sorridendo, cercando di alleggerire la tensione che si era creata.

- Beh … Archie lo sa già in quanto Eleanor è ospite a Villa Ardlay da ieri pomeriggio, ma la cosa che più lo ha scioccato è un’altra a dir la verità – la sorprese Terence che rivolse poi uno sguardo d’intesa a Candy e decise di rivelare ciò che lo legava all’attrice americana.

Appresa la notizia che Miss Baker era in realtà la madre naturale di Terence, Annie si immaginò lo shock che doveva aver subito il povero marito e corse al telefono per chiamarlo, mentre Patty andò a controllare che i gemelli stessero ancora dormendo.

I due fidanzati rimasti da soli decisero di fare una passeggiata prima di salutarsi e darsi appuntamento alla sera successiva quando avrebbe avuto luogo il ricevimento per annunciare all’alta società di Chicago il loro fidanzamento.

 

 

  



Capitolo quarantasei

Ufficialmente fidanzati

 



Villa Ardlay, Chicago

venerdì 4 giugno, 1920


Nel tardo pomeriggio di giovedì Terence era rientrato a Chicago per accogliere l’arrivo del Duca di Granchester. Ciò che lo rendeva piuttosto agitato non era tanto dover rivedere Sua Grazia, quanto sapere che Eleanor si sarebbe trovata sotto lo stesso tetto con quell’uomo che l’aveva fatta soffrire immensamente. Terence infatti aveva accettato di dare una possibilità a suo padre, ma non riusciva proprio a perdonargli il male fatto alla madre. Eleanor aveva cercato di tranquillizzarlo dicendogli che con Richard si erano incontrati più di una volta negli ultimi mesi e che si erano entrambi sforzati di mantenere un rapporto civile in nome di quel figlio che ancora li univa. Il ragazzo non poteva sapere che in realtà ad unire ancora i suoi genitori non era soltanto la sua presenza, ma un sentimento profondo che non era mai svanito del tutto.

Ma quando Miss Baker e il Duca si trovarono l’una di fronte all’altro, nel salotto dove William Albert li aveva ricevuti, a Terence non sfuggì il tenero sguardo che la madre per un attimo rivolse a quell’uomo e ne rimase profondamente turbato.

- Duca di Granchester è un vero onore fare la sua conoscenza e poterla ospitare, spero abbia fatto buon viaggio – lo salutò cordialmente Albert.

- Sono io a doverla ringraziare per la sua ospitalità signor Ardlay, spero di poter ricambiare un giorno, quando vorrà visitare la Scozia che Terence mi ha detto essere la sua antica terra d’origine. Il viaggio è stato molto lungo ma non mi sarei perso questo matrimonio per niente al mondo! – esclamò il Duca sorridendo al figlio.

La sera, per annunciare il fidanzamento tra Candice White Ardlay e Terence Graham Granchester, era in programma un ricevimento a cui avrebbe preso parte anche la zia Elroy oltre ad Albert, Archibald e ai signori Lagan. Tutte le personalità più in vista di Chicago erano state invitate, assenti invece Neil ed Eliza ai quali, dopo quanto successo, Albert aveva gentilmente suggerito di tornare in Florida!

Anche Annie era rientrata alla Villa su invito della zia. Terence fu sorpreso di vederla e quando si incrociarono nei corridoi di Villa Ardlay avvertì un certo fastidio all’idea che il damerino potesse godere della compagnia della sua dolce mogliettina mentre lui avrebbe dovuto aspettare ancora.

Annie lo salutò con affetto e gli riferì che Albert lo stava aspettando nel suo studio per parlargli degli ultimi dettagli della cerimonia. Terence si diresse immediatamente da Albert un po’ scocciato e non si accorse del sorriso soddisfatto apparso sul volto di Mrs Cornwell.

Bussò senza ottenere risposta.

- Albert ci sei? – chiese aprendo la porta, ma non vide nessuno nella stanza.

Entrò, pensando di aspettarlo. Si sedette su una poltrona, dando le spalle all’ingresso. Si sentiva stanco. La notte precedente, quando era andato da Candy, non aveva dormito molto e a dir la verità, anche lui iniziava ad avvertire un po’ di agitazione man mano che si avvicinava il giorno del matrimonio. Era felice ma allo stesso tempo non vedeva l’ora che fosse tutto finito per andarsene via insieme a Candy, senza più nessuno intorno. Poggiò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.

Dopo pochi minuti udì aprire la porta alle sue spalle.

- Ma dov’eri finito Albert … stavo per addormentarmi se tu …

Non riuscì a terminare la frase perché sentì due mani accarezzare i suoi occhi, restando ferme per impedirgli di aprirli.

Sorrise, immobile.

- Devo indovinare chi sei? … puoi anche tacere e non farti vedere, ma … il tuo profumo lo riconoscerei ovunque e anche il tocco della tua mano è inconfondibile per me!

- Non è giusto! – si lamentò una voce femminile.

- Ti ho scoperta Lentiggini, puoi anche liberarmi gli occhi.

Candy fece il giro della poltrona e solo quando fu davanti a lui lasciò che la guardasse. Terence fissò gli occhi su di lei con un’espressione piuttosto seria che la fece subito preoccupare.

- Non sei felice di vedermi? – gli chiese in un soffio di voce.

- Io … non ti aspettavo … prima di stasera - balbettò Terence.

- Ho pensato di farti una sorpresa … arrivando prima del previsto …

Terence sembrava bloccato, non riusciva a parlare.

- Terry … cosa c’è?

Restando ancora in silenzio Terence prese la mano di Candy e la fece sedere sulle sue gambe, continuando a fissarla come se avesse davanti a sé un’apparizione. Alla fine si decise a parlare.

- Ci sei riuscita in pieno … non credo tu possa capire cosa sento in questo momento. Stavo pensando a te, a quanto avrei voluto che tu fossi qui e sei apparsa, mia piccola fata! E’ una sensazione del tutto nuova per me ed è sconvolgente. Desiderare di vederti e poter realizzare subito questo desiderio! Non ci sono abituato …

- Da domani dovrai iniziare ad abituarti – gli sussurrò, rivolgendogli uno sguardo pieno d’amore prima di baciarlo.

Lui la lasciò fare, quasi stordito dalla sua presenza inaspettata. Era rimasto con la testa appoggiata allo schienale della poltrona, in totale abbandono, come a suggerirle che avrebbe potuto fare di lui tutto ciò che voleva. Mai si era sentito così di fronte ad una donna. Il giorno dopo, davanti a Dio, le avrebbe consegnato per sempre la sua vita. Ma questo non lo spaventava affatto, era sicuro che lei se ne sarebbe presa cura come il più prezioso dei tesori. Finalmente si sentiva pieno di fiducia nel futuro, con lei accanto avrebbe affrontato il mondo intero.

Candy si rese conto di quanto Terence in quel momento avesse del tutto abbandonato ogni corazza e si stesse mostrando a lei semplicemente per quello che era: un uomo follemente innamorato. Questa sensazione la riempì di tenerezza e allo stesso tempo si sentì leggermente spaventata dal compito che l’attendeva: prendersi cura di quest’uomo così ribelle, forte e passionale, ma anche vulnerabile e a volte fragile di fronte a lei. Amarlo era l’unica cosa che desiderava.

Accarezzandogli la fronte per sistemargli i capelli gli disse che sarebbe stato meglio andare a cambiarsi per il ricevimento che li attendeva.

- Non dirmi che sei riuscita a convincere tua zia a farti restare qui stasera? Se non mi sbaglio aveva “ordinato” che i fidanzati non dormissero sotto lo stesso tetto.

- Ti sembrerà strano, ma devi ringraziare tuo padre per questo!

Terence la guardò confuso.

- Ho detto alla zia che non vedevo il Duca da molti anni e mi avrebbe fatto molto piacere poterlo incontrare prima della cerimonia e sarebbe stato molto scortese da parte mia dover abbandonare la festa troppo presto per tornare a La Porte – rispose Candy compiaciuta della sua brillante idea.

- Astuta la mia Lentiggini! – commentò Terence sorridendo.

- In realtà c’è del vero in questo … mi fa veramente piacere poter salutare i tuoi genitori e trascorrere questa serata tutti insieme.

- Che cosa stai architettando in quella tua testolina? Guarda che i miei genitori si sono lasciati tanti anni fa e in malo modo … non ti far venire strane idee Lentiggini! Anche se …

- Anche se?

- Ho notato uno sguardo particolare quando si sono incontrati oggi. Eleanor lo ha guardato in un modo che … quasi come tu guardi me!

- Cosa ci sarebbe di male Terry? Il loro amore è stato brutalmente interrotto per delle sciocche convenzioni sociali, non credi che possano aver diritto anche loro ad una seconda possibilità?

- Non fare stupidi paragoni Candy! Io non mi sono sposato né tantomeno ho fatto tre figli con un’altra donna! – esclamò Terence alzandosi di scatto dal divano.

Candy comprese che non era il caso di continuare quella conversazione, Terence evidentemente non era ancora pronto ad affrontare l’argomento, così decise di passare a qualcosa di molto più interessante.

- Comunque la zia mi ha concesso di restare qui fino a domani mattina – disse con un tono vagamente allusivo.

Terence le rivolse allora un sorriso che faceva intendere chiaramente cosa avesse in mente.

- Quindi potrò venire a darti la buonanotte?

- Anche il buongiorno se vuoi … tornerò a La Porte dopo colazione.



*****



Con la fidanzata al suo fianco Terence entrò nel salone dove erano già riuniti tutti gli invitati. La prima ad andare loro incontro fu Eleanor che abbracciò calorosamente Candy, salutandola con un carezzevole sorriso. Dopodiché fu la volta del Duca. Il padre di Terence si avvicinò alla ragazza con un’espressione che ne tradiva un certo nervosismo. Era cosciente del fatto che con lei non si era comportato nel migliore dei modi quando il figlio lo aveva pregato di intervenire in suo favore per evitarle l’espulsione dalla scuola. Inoltre, la donna che appariva ora davanti ai suoi occhi era decisamente cambiata rispetto alla ragazzina che non aveva esitato ad attaccarsi alla sua carrozza in corsa pur di potergli parlare. Candy era diventata una splendida donna e probabilmente l’amore di suo figlio contribuiva a renderla quella sera così raggiante. Fu lei a rivolgere per prima la parola al Duca notando la sua titubanza.

- Vostra Grazia è davvero un piacere per me rivederla dopo tanto tempo. Sono onorata della vostra presenza a Villa Ardlay e di aver accettato l’invito a prendere parte al nostro matrimonio.

- La prego Miss Ardlay, non c’è alcun bisogno di essere così formali, mi chiami semplicemente Richard. In merito ai suoi ringraziamenti, sono io ad essere in debito con lei. Sono consapevole del fatto che se mi trovo qui è soprattutto grazie all’influenza che lei ha su mio figlio e per questo mi sono permesso di portarle un piccolo omaggio.

Il Duca consegnò a Candy una pacco che una volta aperto rivelò il suo contenuto ovvero un preziosissimo scrigno in oro, argento e madreperla, decorato con pietre preziose di ogni tipo.

- E’ un oggetto che viene tramandato nella famiglia Granchester di generazione in generazione, spero sia di buon auspicio per il vostro futuro insieme – precisò il Duca rivolgendo uno sguardo affettuoso ai due promessi sposi che lo ringraziarono. Terence rimase molto sorpreso dell’atteggiamento del padre che, nonostante avesse indugiato con la voce pronunciando il nome “Granchester” come per rimarcare quali fossero le sue origini e quelle del figlio, era apparso umile soprattutto nei confronti della futura nuora, verso la quale sembrava nutrire un sincero sentimento di ammirazione e rispetto.

Il salone risplendeva di mille luci scintillanti, c’erano fiori ovunque e l’aria tiepida della notte filtrava dalle finestre aperte sulla terrazza.

Dopo una sontuosa cena, i fidanzati furono invitati ad aprire le danze. Occhi negli occhi Candy e Terence, entrambi emozionati, ballarono il loro primo valzer come promessi sposi, sotto gli sguardi ammirati dei presenti. Nonostante i due ragazzi non avessero mai apprezzato in particolar modo le feste di quel tipo, con tutte quelle persone ingessate e spesso falsamente adoranti verso i padroni di casa, quella sera si sentivano inaspettatamente sereni e a proprio agio anche in mezzo a quella gente per la maggior parte sconosciuta, semplicemente per il fatto che potevano gridare al mondo il loro amore, senza più nascondersi e senza alcun timore. Si sentivano forti, di quella forza unica e straordinaria che possono vantare gli innamorati.

Solo per un attimo il loro idillio venne turbato.

- Se non la smettono giuro che divento manesca! – esclamò Candy stringendosi di più al fidanzato durante quello che sarebbe stato il loro ultimo ballo, poiché Terence già da un po’ le chiedeva di fermarsi.

- Con chi ce l’hai Lentiggini? – le chiese stupito.

- Con tutte quelle ragazze che continuano a farti gli occhi dolci! Persino mentre balli con la tua futura sposa hanno il coraggio di provarci? Sono senza vergogna!

- Ma che stai dicendo! – esclamò Terence divertito dalla gelosia di Candy.

- Non vorrai farmi credere che non le hai notate anche tu? Guarda quelle due … ogni volta che passiamo davanti a loro bisbigliano qualcosa e sono sicura che vorrebbero fulminarmi!

In quel momento la musica terminò e Terence decise di approfittarne per portare la sua gelosa fidanzata a prendere un po’ d’aria sulla terrazza che si affacciava sul giardino. Ma prima pensò bene di mettere in chiaro davanti a tutti a chi appartenesse quella deliziosa fanciulla che teneva tra le braccia, stampandole sulle labbra un possessivo bacio che non passò di certo inosservato.

- Terry! Sei impazzito! – sussurrò Candy, abbassando lo sguardo e sentendo il viso prendere fuoco.

Dopodiché il ragazzo la condusse fuori, attraversando il salone come se niente fosse, con il più spavaldo dei sorrisi dipinto sulla faccia.

- Ti è piaciuta la mia uscita di scena Lentiggini?

- Se alla zia Elroy verrà un infarto sarà colpa tua, sei incorreggibile! – gli rispose Candy scoppiando a ridere.

- Almeno tutte quelle fanciulle che stasera mi facevano gli occhi dolci, come dici tu, sapranno che non hanno alcuna speranza.

- Guarda che non è stata la mia immaginazione e non credo proprio che tu non te ne sia accorto! – esclamò Candy alquanto irritata.

- Forse non me ne sono reso conto perché ero impegnato a lanciare sguardi assassini a tutti gli scapoli di Chicago e non solo, che si sono radunati qui sperando, invano, di non essere arrivati troppo tardi per aggiudicarsi la bella e giovane ereditiera della famiglia Ardlay!

- Non è affatto vero, non ho visto alcun tentativo di conquista da parte di nessun uomo presente in sala.

- Ti sbagli di grosso! Ho rischiato di dover lasciare una scia di nasi sanguinanti!

Mentre i due fidanzati continuavano a battibeccare amorevolmente preda dei rispettivi attacchi di gelosia, il salone pian piano si svuotò e Villa Ardlay cadde nel più profondo silenzio.

- Finalmente! – esclamò Terence entrando nella stanza di Candy dove l’aveva appena accompagnata, gettandosi di schiena sul suo letto.

Candy, dopo essersi tolta le scarpe con quel tacco tremendo che Annie l’aveva costretta ad indossare e che le avevano torturato i piedi per tutta la sera, si avvicinò al fidanzato salendo in ginocchio sul letto dalla parte opposta alla sua.

- Non penserai di dormire qui?

- Assolutamente no! Credimi Lentiggini, tra tutte le cose che mi passano ora per la testa, dormire è l’ultima della lista! – le rispose Terence con la voce più sensuale di cui era capace. Dopodiché si voltò e si mise anche lui in ginocchio sul letto, davanti a lei.

- Non guardarmi così! – lo pregò Candy.

- Come ti guardo?

- Con quegli occhi lì!

- Sono solo i miei occhi!

- Lo so!

- Posso almeno darti la buonanotte?

Candy fece un timido cenno di assenso e lui avvicinò la sua bocca a quella di lei, prendendole il viso tra le mani e sfiorandole appena le labbra. Si sentiva troppo vulnerabile per osare di più, sapeva che non sarebbe riuscito a lasciarla dopo, se fosse andato oltre.

- Buonanotte amore mio – le sussurrò a un millimetro dal suo viso.

- Buonanotte Terry, ti aspetto domani a colazione.

Lui scese dal letto e si incamminò molto lentamente verso la porta.

- Terry?

- Sì.

- Ti amo!

- Ti amo anch’io!

La colazione venne servita nel giardino sul retro della villa. Era stato deciso che Annie ed Archie si sarebbero recati a La Porte insieme a Candy, mentre Albert avrebbe accompagnato lo sposo il giorno seguente, insieme a Miss Baker e al Duca. La zia Elroy era ancora indecisa se prendere parte o meno alla cerimonia. Le sue precarie condizioni di salute non le consentivano di affrontare viaggi troppo lunghi, almeno questa era la motivazione ufficiale. Naturalmente se lei non fosse andata anche i signori Lagan avrebbero declinato l’invito con la scusa di restare alla villa per fare compagnia alla zia.

Seduti su alcune poltroncine in vimini adornate con bianchi cuscini di lino, intorno ad un tavolo rotondo forgiato in ferro, Albert ed Archie leggevano le ultime notizie di affari e finanza sulla pagine del Wall Street Journal. Annie riesaminando gli ultimi dettagli sull’addobbo floreale della chiesa cercava di attrarre l’attenzione di Candy che invece era distratta dalla vicinanza di Terence il quale, sorseggiando il suo solito tè, le lanciava a volte uno sguardo malizioso altre un sorriso ammiccante, disturbando non poco la fidanzata che cercava invano di concentrarsi su peonie, ranuncoli, calle e rose inglesi.

- Credo proprio che sia ora di andare o faremo tardi! – esclamò Archie alzando il naso dal giornale e controllando attentamente il suo orologio.

Terence infastidito da quella che considerava una spudorata intromissione (avrebbe deciso lui quando era il momento di lasciare la villa!) poggiò di scatto sul piattino la tazza che teneva in mano, rischiando di romperla.

- Terry perché non mi accompagni alla macchina? – intervenne Candy, temendo uno scontro tra i due di prima mattina.

Terence si alzò continuando a fissare Archie, poi si voltò e offrendo il braccio alla fidanzata, si diressero insieme verso l’auto.

- Sei molto silenzioso stamattina …

- Posso essere sincero?

Candy si fermò davanti a lui e gli passò le braccia intorno al collo, guardandolo con occhi dolcissimi, in attesa che continuasse.

- Non vedo l’ora che sia tutto finito – le confessò afferrandola per la vita.

- Lo so che non sei un appassionato di feste, ma pensavo che almeno al nostro matrimonio avresti partecipato volentieri! – esclamò Candy scherzandoci su.

- Beh diciamo che alcune cose mi piaceranno altre meno.

- Posso sapere che cosa ti piacerà di più?

- Mi piacerà di sicuro vederti arrivare sulla collina indossando l’abito da sposa …

- E poi?

- E poi mi piacerà ancora di più … quando te lo toglierò!

Candy come al solito cercò di protestare di fronte alla sfacciataggine del fidanzato, ma lui baciandola non le dette modo di replicare.



- Non farmi aspettare troppo domani, potrei morirci su quella collina! – le sussurrò prima di lasciarla partire.





Capitolo quarantasette

La lettera di Terry



La Porte, Indiana
sabato 5 giugno, 1920




Fin dalla mattina Candy era stata molto impegnata negli ultimi preparativi e con Annie che la seguiva come un’ombra, forse ancora più in ansia di lei, non aveva avuto un attimo di tregua. Solo poco prima di sera aveva potuto parlare con Terence al telefono, scambiandosi pensieri e baci a distanza, entrambi desiderosi che quella notte passasse il più velocemente possibile!

Dopo la cena, ritiratasi finalmente nella propria stanza, poté dedicarsi a ciò cui aveva pensato durante tutta quella giornata, ovvero la lettera che Terence le aveva consegnato due giorni prima. Sdraiata nel letto, dopo un sospiro, aprì la busta e iniziò a leggere.



Chicago, 3 giugno 1920

Amore mio,

non so da dove cominciare. Talmente tante sono le cose che ho nel cuore e che vorrei dirti. Le mie lettere non sono mai state molto lunghe né molto romantiche, non è vero? Quando non mi trovo su un palcoscenico non sono bravo con le parole, preferisco i fatti e tu lo sai bene!

In un primo momento ho pensato di dirti di persona ciò che invece sto per scriverti, domani, durante la cerimonia del nostro matrimonio (!), ma ad essere sincero sono sicuro che non ce l’avrei fatta perché di fronte ai tuoi incantevoli occhi verdi avrei dimenticato tutto. E allora eccomi qua, davanti a questo foglio bianco, a cercare di descriverti quello che sento in questo momento, a pochi giorni dal nostro sì.

Il destino è stato crudele con noi, è vero, ma se il passato porta con sé anche pensieri dolorosi, non posso fare a meno di ricordare il nostro primo incontro perché è da lì che è iniziato tutto. Per motivi diversi eravamo entrambi chiusi nel nostro dolore e forse è proprio per questo che ci siamo immediatamente riconosciuti come due anime che avevano bisogno di essere guarite. E che cosa può guarire l’anima se non l’amore! Fin dal primo istante mi sono innamorato di quella ragazzina piena di lentiggini e di riccioli biondi e anche tu, non provare a negarlo, hai immediatamente sentito qualcosa di diverso per quel ragazzetto inglese, decisamente troppo sfacciato per essere un nobile, che non faceva altro che prenderti in giro, mandandoti su tutte le furie. Eppure, ogni volta che ci trovavamo vicini, da soli, le tue lentiggini prendevano fuoco ed io insieme a loro. Le avrei baciate una per una se tu me lo avessi concesso.

Quando me ne sono andato da Londra, abbandonando la scuola, non ho compreso subito cosa avrebbe significato allontanarmi da te. L’ho capito dopo, quando i mesi passavano ed io non sapevo più nulla di te e non sapevo come fare a ritrovarti. La sera che ho recitato a Chicago, quando ho capito che eri nella mia stessa città, sono come impazzito. Il desiderio di rivederti è esploso dentro di me con tutta la sua forza. Pensavo solo ai tuoi occhi e al tuo sorriso, anche se in fondo al cuore temevo mi avessi dimenticato. Invece, quando ti ho vista correre dietro al mio treno, mi è apparso tutto così chiaro. Posso ancora udire la tua voce che grida, più forte anche del rumore del treno, “ti penso sempre”. Queste tre piccole parole hanno cancellato in un colpo solo tutti i dubbi e le paure. Ho promesso a me stesso che non ti avrei mai più lasciato, che in un modo o nell’altro ci saremmo rivisti e saremmo stati insieme per sempre. Ero sicuro che lo volessi anche tu! Tutto sembrava meravigliosamente possibile.

Non voglio più parlare di quello che è accaduto dopo, ne abbiamo già parlato anche troppo!

La lettera che ti ho scritto ormai quasi tre mesi fa mi era costata tanta fatica. Non sai quante volte ho dovuto provare a mettere in fila quelle poche righe che alla fine mi sono deciso a spedirti. Di nuovo non sapevo più niente di te. Potevo osare sperare che se ci fossimo incontrati mi avresti ancora detto “ti penso sempre”? Potevo concedermi il lusso di credere che tu fossi ancora mia? Nei miei sogni lo eri, anzi lo sei sempre stata. Lo sai che non ho mai smesso di pensarti, vero? Che ad ogni spettacolo sognavo di vederti tra il pubblico o venire a salutarmi in camerino. Ogni volta che sono venuto a Chicago con la Compagnia mi chiedevo se avrei mai potuto vederti, mi immaginavo anche un incontro fortuito magari per strada o di incrociarti alla stazione quando scendevo dal treno. Non ti dico questo per farti star male o per rimproverarti, anzi, te lo dico per farti capire quanto tu sia sempre stata presente nella mia vita. Tutto quello che ho fatto, dove sono arrivato oggi, se ho trovato il coraggio per non arrendermi, lo devo solo a te, al pensiero che tu da qualche parte stessi vivendo felice e magari ogni tanto ti ricordassi di quel ragazzaccio inglese che aveva osato baciarti senza chiederti il permesso.

Eppure solo oggi mi rendo conto di quanto fosse priva di senso la mia esistenza senza di te. Ho continuato per giorni, mesi, anni a mangiare, dormire, respirare, il mio cuore ha deciso di non fermarsi, ma la mia anima si era spenta e ha ripreso a splendere solo quando ti ho vista a Parigi, all’uscita dell’Odéon. Quando ti ho riconosciuta e dopo essermi reso conto che non eri un’allucinazione ed io non ero impazzito (cosa che ho temuto più volte potesse succedere davvero!) ho sentito un’onda di calore invadermi il petto e, come quando un moribondo viene rianimato e riportato in vita, così anch’io di colpo sono guarito e la mia anima è tornata al suo posto, illuminando di nuovo la mia vita.

Perché è questo che fai Candy, porti una luce speciale con te e tutte le persone che incontri ne sono attratte, in maniera diversa. Io ho capito che la tua luce significava la vita per me e tu hai accettato di donarmela un po’ alla volta fino a quando non sono arrivato ad esserne completamente dipendente, come fosse una droga o una medicina miracolosa.

Quando per la prima volta hai detto di amarmi e hai aggiunto “come nessun altro” (non dimenticherò mai queste parole!) si è aperto davanti ai miei occhi un mondo nuovo che fino a quel momento esisteva solo nei miei sogni più segreti.

Lo confesso, non so ancora come sia potuto accadere che tu ti sia innamorata di me! O forse lo so ma non ho il coraggio di rivelarlo neanche a me stesso, magari un giorno me lo dirai tu, ma anche allora non sono sicuro che riuscirei a crederti, perdonami.

Gli ultimi due mesi che abbiamo passato quasi sempre insieme, nonostante alcuni momenti difficili, sono stati come una linfa vitale che ha risvegliato tutti i miei sensi. Ho potuto finalmente tornare ad usare i miei occhi per perdermi nei tuoi, le mie orecchie per ascoltare il mio nome quando mi chiami, il mio naso per sprofondare nel tuo inebriante profumo, la mia bocca per gustare il tuo sapore dolce, le mie mani per accarezzare la tua pelle e stringerti a me.

Tutto in me è tornato a vivere e se dovessi sopportare di nuovo quello che ho passato per averti oggi solo per me, come mia sposa, ti giuro che lo farei!

Ma da ora in poi voglio pensare solo al nostro futuro insieme! Così provo ad immaginare la vita che ci aspetta e mi ritrovo a sognare ad occhi aperti ogni attimo del giorno e della notte che potremo condividere. Sono sicuro che le mie fantasie verranno superate dalla realtà ...

Non credevo fosse possibile amare ed essere amati in questo modo fino a quando non ti ho incontrata. Non potrei più fare a meno di te, non c’è vita senza di te.

“Felice me dunque che amo e son riamato, il che né io né altri può mutare.”[16]

Da sempre e per sempre

solo tuo

Terry



Non è possibile stabilire con precisione quante volte Candy rilesse quella lettera. Non riusciva a credere che Terence le avesse dedicato quelle parole, non perché non fossero vere, ma perché le sembrava impossibile che lui le avesse scritte. Per sua stessa ammissione le sue lettere erano state sempre molto brevi, persino nel dichiararle che l’amava ancora aveva impiegato poche frasi, anche se queste erano state più che sufficienti a raggiungere il suo cuore, trasportandolo oltreoceano. Eppure, quelle pagine percorse dalla sua elegante grafia con una miriade di parole, non facevano che parlare del loro amore e il loro effetto fu per Candy quasi magico. Ebbe infatti la netta sensazione che improvvisamente tutti i ricordi più dolorosi che l’avevano accompagnata durante gli anni in cui erano stati separati fossero stati spazzati via come cenere al vento. Semplicemente non c’erano più. Erano stati sostituiti da tutte le emozioni vissute insieme, dal giorno in cui si erano rivisti a Parigi all’uscita del teatro. Il loro amore era ricominciato da lì, o piuttosto non si era mai spezzato. No, non si erano mai lasciati davvero. C’era un posto che conoscevano solo loro, in cui avevano continuato ad amarsi, segretamente ma inesorabilmente perché altrimenti non avrebbero potuto andare avanti e sopravvivere.

Terence aveva ragione, i nuovi ricordi che avevano costruito in quei pochi mesi trascorsi insieme avevano cancellato dolori, dubbi e paure. Adesso restava solo l’amore infinito che nutrivano l’uno per l’altra.

Con il cuore avvolto teneramente da questi pensieri e un leggero sorriso sulle labbra, Candy si addormentò sognando un ragazzo e una ragazza che si tenevano per mano, in cima ad una collina.








Capitolo quarantotto

Nessuno osi separare ciò che Dio ha unito






La Porte, Indiana

domenica 6 giugno, 1920



La collina di Pony risplendeva di una luce speciale quella domenica mattina. Inondate da un sole dorato ogni foglia del grande albero e ogni filo d’erba erano ricoperti da un manto di polvere di stelle. Quando i due sposi si scambiarono le loro promesse di matrimonio un sovrano silenzio regnava sulla collina, interrotto soltanto dall’alternarsi di due voci sussurrate e tremanti che facevano dono delle proprie vite all’amore eterno.

Candy aveva percorso il lieve pendio sostenuta dal braccio di Albert e accompagnata dalla melodia soave di un violino. Quando finalmente lo aveva visto il volto teso fino a quel momento si era d’improvviso aperto in uno splendente sorriso che Terence aveva ricambiato, incollando gli occhi caldi e annebbiati a quelli smeraldo della sua giovane sposa.

Albert consegnò la mano di Candy in quella di Terence e poi si posizionò dietro di lui come testimone, facendo ancora di più commuovere la ragazza che era all’oscuro di tutto.

Tenendosi per mano e tremando come due fili d’erba appena spuntati, senza riuscire a dire una parola, i due sposi si voltarono verso padre Thobias, tentando con difficoltà di seguire le sue parole, lanciandosi ogni tanto uno sguardo per darsi coraggio. Non perché fossero spaventati, ma semplicemente perché erano troppo felici!

Quando padre Thobias si rivolse a Terence invitandolo a prendere la parola, nonostante l’ormai conclamata abilità oratoria del giovane attore, tale era l’emozione che trascorsero alcuni minuti prima che riuscisse a parlare. Tutti i presenti lo guardavano con il fiato sospeso e Archie iniziava già a scalpitare temendo che Granchester stesse per combinarne una delle sue, cosicché Annie gli strinse dolcemente il braccio e gli sorrise, cercando di calmarlo.

Finalmente Terence si voltò verso Candy e prendendole entrambe le mani si rivolse a lei con queste parole:

- Io Terence accolgo te Candice, mio unico amore, come mia sposa. Con la Grazia di Cristo prometto di esserti sempre fedele, di non tradire mai la fiducia che vorrai concedermi, di condividere ogni giorno della mia vita le gioie che ci verranno donate e i dolori che non ci saranno risparmiati, di godere della salute dei nostri corpi e di sopportare le malattie che potranno affliggerli, prendendomi cura di te. Prometto davanti a Dio di amarti e onorarti con tutto me stesso, donandoti senza risparmio ogni briciola del mio essere e di accogliere con immensa gratitudine i figli che dal nostro amore verranno generati.

Mio dolcissimo amore, mi impegnerò per non violare le promesse che ti ho appena fatto, ma come ben sai sono un uomo pieno di difetti! Se però, dopo averli scoperti tutti, tu sei ancora qui davanti a me per diventare la mia sposa, allora mi concedo il lusso di nutrire la concreta speranza che insieme a te posso essere migliore.

Terence concluse il suo discorso con un gran sospiro e dopo fu la volta di Candy che, dopo aver ascoltato le tenere parole del suo sposo, aveva ritrovato un po’ di tranquillità e si sentiva pronta a confessare davanti a Dio l’amore immenso che la legava a quell’uomo.

- Io Candice accolgo te Terence, uomo pieno di difetti e mio unico amore, come mio sposo. Con la Grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

Pronunciate queste parole tutte d’un fiato, Candy fece una breve pausa poi riprese.

- Quando in Scozia mi hai chiesto di diventare tua moglie, ho esitato per un istante non perché non lo volessi, ma perché non potevo crederci. Hai dovuto domandarmelo di nuovo per essere sicuro che avessi capito e alla fine il mio sì te l’ho quasi gridato. Ho accettato di sposarti perché ti amo e mi sono innamorata di te fin dal primo istante, anche se non volevo ammetterlo. Credo di averti amato ancora prima di saperlo e forse è solo così che si ama. Durante i mesi che abbiamo trascorso insieme a Londra, ogni cosa che scoprivo di te non faceva altro che confermare il legame che già sentivo tra noi. Mi hai detto di non riuscire a capire come posso essermi innamorata di te … adesso voglio dirtelo qui davanti a tutti, su questa collina dove sono nata.

Terence guardava il suo angelo biondo, con il cuore che saltellava dentro al petto come a voler uscire da un momento all’altro, gli occhi blu lucenti e le mani strette nelle sue.

- Terry io ti amo perché sei unico! Solo tu hai saputo comprendere la mia anima, facendo svanire ogni paura ed incoraggiandomi a trovare la mia strada. Solo con te vicino mi sento libera e in grado di poter affrontare la vita perché tu ne sei la ragione e il sostegno. Solo tu riesci a farmi ridere mentre mi fai arrabbiare. Solo tu sei capace di far scomparire il resto del mondo regalandomi il tuo sguardo pieno d’amore come stai facendo adesso. Solo tu allontani ogni dispiacere con un semplice sorriso. Per me è stato inevitabile amarti! Per me ci sei solo tu, sempre e solo tu.

Dopo quella spudorata dichiarazione d’amore, Terence temette di non riuscire ad arrivare al termine della celebrazione senza baciare la sposa, per fortuna padre Thobias andò in suo soccorso:

- Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e vi ricolmi della sua benedizione. L’uomo non osi separare ciò che Dio ha unito. Il Signore benedica questi anelli che vi donate scambievolmente in segno di amore e fedeltà.

- Con questo anello io ti sposo … Lentiggini!

- Con questo anello io ti sposo … Terry!

- Effondi, Signore, su Terence e Candy lo Spirito del tuo amore, perché diventino un cuore solo e un'anima sola; nulla separi questi sposi che tu hai unito e, ricolmati della tua benedizione, nulla li affligga. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Padre Thobias concluse la celebrazione e rivolgendosi allo sposo che sembrava non poter più attendere oltre, gli concesse di baciare la sposa.

Avvolti dalla commozione di tutti i presenti che venne liberata finalmente in un fragoroso applauso, i due novelli sposi si avvicinarono per scambiarsi il primo bacio come marito e moglie.

- Hai deciso di farmi piangere qui davanti a tutti? – le disse Terence con gli occhi che non riuscivano più a nascondere la tempesta di emozioni che ne scuoteva l’anima.

- Così saremo in due - gli rispose Candy sul cui viso danzavano sorrisi e lacrime.

Gli invitati si strinsero pian piano intorno agli sposi per complimentarsi, ma la commozione di tutti era talmente profonda che rimasero come paralizzati ad osservare con quanta tenerezza la giovane coppia tenendosi per mano si scambiava dolci parole. La più coraggiosa fu Karen Kleis che si diresse ad un certo punto verso Candy e circondandola in un caloroso abbraccio le disse:

- E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta! Ti auguro ogni felicità possibile!

Poi si rivolse a Terence:

- Devo ammetterlo Granchester, questa è stata senza dubbio la tua interpretazione migliore!

Lui la stupì abbracciandola con uno slancio impetuoso d’affetto per ringraziarla della sua preziosa amicizia che non era mai mancata anche quando lui diventava insopportabile.

Per Miss Pony e Suor Lane era difficile esprimere a parole la gioia incontenibile che riempiva i loro cuori, così mandarono avanti i bambini che in un festoso girotondo circondarono gli sposi di contagiosa allegria. Prima fra tutti la piccola Grace che, dopo aver interpretato con la massima cura il ruolo di damigella d’onore, pretese di poter recitare al fianco di Terence appena possibile, tanto che Robert Hathaway fu costretto a prometterle che una volta rientrato a Broadway si sarebbe occupato personalmente di scritturarla.

Eleanor si avvicinò al figlio tentando invano di non piangere, abbracciandolo stretto e promettendo a se stessa di non sentirsi più una madre non all’altezza, poi si rivolse a Candy sussurrandole all’orecchio un semplice “grazie”.

L’unico che non si era ancora avvicinato agli sposi era il Duca. Terence lo vide e fu lui ad andargli incontro.

- Non so perché … ma oggi mi sento particolarmente buono e sono felice che tu sia qui – gli disse sinceramente, senza sarcasmo.

Il padre accennò un sorriso e gli si avvicinò, tanto che a Terence fu sufficiente fare un passo per abbracciarlo ed udire le parole che il duca profondamente commosso gli rivolse.

- Ti voglio bene, figlio mio! – furono le parole del Duca che Terence udì per la prima volta in tutta la sua vita.

Dopo le foto di rito e un ricco pranzo, fu Albert a prendere la parola per fare un brindisi agli sposi.

- Carissimi ragazzi vi conosco ormai da tanti anni ma sono sicuro di non avervi mai visto così felici come in questo giorno. La prima volta che ho incontrato Candy era davvero una bambina e piangeva disperata. La prima volta che ho incontrato Terence … beh … lasciamo perdere, non vorrei tua moglie ci ripensasse! – disse Albert sorridendo ammiccante verso lo sposo.

- Troppo tardi! – esclamò Terence guardando Candy divertito, senza mollare mai la sua mano.

Dopo una risata generale Albert riprese.

- Come dicevo … sono stato spettatore di molti momenti in cui la vostra vita ha dovuto subire gli scherzi di un destino davvero ingrato e quando ho potuto ho cercato di aiutarvi, ma a volte non è stato sufficiente. Per questo oggi mi unisco, insieme a tutti i presenti, alla vostra grande gioia per un amore che ha finalmente trovato la piena realizzazione. La vostra generosità e bontà d’animo non è andata sprecata. Non posso far altro che augurarvi il meglio perché nessuno se lo merita quanto voi due!

Candy profondamente commossa da quelle parole si alzò dal tavolo andando ad abbracciare Albert, ringraziandolo per tutto quello che aveva fatto per lei.

- Mi raccomando Candy … io ci sarò sempre per te, non te lo dimenticare mai!

- Come potrei?

Intanto Terence con un cenno della mano indicò alla piccola orchestra di iniziare a suonare e, dirigendo poi lo sguardo verso Albert, gli suggerì di aprire le danze insieme a Candy. La giovane sposa sorpresa da quel gesto, iniziò a ballare non prima di aver rivolto al marito un dolce sorriso colmo di gratitudine e orgoglio, mentre anche lui si alzava e invitava la madre.

Fu poi la volta del Duca di Granchester a chiedere a Candy di ballare.

- Avrei dovuto capirlo fin da quel giorno quanto stretto fosse il legame che vi univa. Non ho dato peso alle parole di mio figlio anche se era la prima volta che lo vedevo così determinato per un’altra persona. Probabilmente è tardi ma … mi sento in dovere di chiedere il tuo perdono, Candy.

- Duca la prego … non è necessario. Tutti commettiamo degli errori, anche Terry ed io ne abbiamo commessi molti. Ma ciò che più conta è che oggi siamo qui, non crede?

- Certo ma … vorrei poter tornare indietro, ho perso molto della vita di mio figlio …

- Ma Terence non le porta più rancore, glielo assicuro! Forse lei non se n’è accorto Duca, ma suo figlio ha firmato l’attestato di matrimonio come Terence Graham Granchester!

- Veramente?

- Non ha mai rinnegato sul serio il suo cognome. Terence, nel profondo del cuore, ha sempre sperato che un giorno vi sareste capiti e quel giorno è arrivato!

- Riuscirò mai a fare un ballo con mia moglie? – li interruppe Terence, lasciando così Eleanor al Duca.

Mentre una dolcissima melodia blues risuonava tra le colline, Candy e Terence stretti in un tenero abbraccio, occhi negli occhi, sembravano già essere altrove, in quel sogno d’amore che finalmente trovava compimento.

- Lo sai che adesso non mi scappi più?

- Ma se sono sempre stata io a doverti rincorrere per terra e per mare!

- Già … arrivando sempre troppo tardi! Non è che lo facevi a posta Lentiggini?

- Ma sentilo! E comunque oggi sono arrivata in tempo e ora non hai più scampo, mio caro marito!

- Che ne diresti allora, mia cara mogliettina, se questa volta scappiamo insieme? Credo che sia giunto il momento!

- Mi stavo proprio chiedendo per quanto ancora avresti sopportato tutta questa gente intorno. Andiamo!

Era ormai il tramonto infatti quando, salutati amici e parenti, i due sposi salirono a bordo dell’auto di Terence diretti verso la loro nuova vita … insieme!







Capitolo quarantanove

Mr. e Mrs. Graham Granchester


 





Mackinac Island, Lago Michigan

domenica 6 giugno, 1920



- A cosa stai pensando? – chiese Terence alla moglie, abbracciandola.

Gli sposi avevano appena fatto il loro ingresso nel romantico cottage messo a disposizione dal Gran Hotel sull’isola di Mackinac, dove avevano scelto di trascorrere la prima notte di nozze.

- Ho la testa che sembra un campo di battaglia, ad ogni pensiero ne segue subito un altro sperando di averla vinta … e tu?

- La mia mente è invece del tutto soggiogata da un unico pensiero! – le rispose sorridendo malizioso – Ma se vuoi saperlo prima devi dirmi i tuoi.

- Te l’ho detto, i miei sono numerosi … mi vengono in mente con un fiume in piena un’infinità di ricordi e di sensazioni da quando ci siamo conosciuti fino a quando ci siamo separati. Tutti questi pensieri sono rimasti come sospesi fino ad oggi, in un limbo. Non si decidevano ad andare giù, rimanevano attaccati ad un filo invisibile, rischiando di scomparire ad ogni soffio di vento. Ma all’altro capo del filo c’era qualcuno che lo teneva stretto nella sua mano e non lo lasciava andare. Io non lo sapevo. Temevo che quel filo fosse ormai abbandonato a se stesso, ondeggiava nel vento, sembrava perdersi. Ma poi un giorno si è teso di nuovo, come se qualcuno dall’altra parte lo stesse tirando e io l’ho seguito. Avevo paura, tantissima paura, di arrivare all’altro capo e non trovare nessuno, ma l’ho seguito. C’è stato poi un momento in cui ho temuto fosse troppo tardi. Il filo era pieno di nodi da sciogliere e potevamo farlo solo noi, correndo il rischio che si spezzasse, se non ci fossimo aiutati a vicenda.

- E questi nodi si sono sciolti tutti secondo te?

- Io credo di sì, alla fine siamo stati bravi!

- Però non mi hai detto quali sono i tuoi pensieri in questo momento, non fare la furba, Lentiggini!

Candy sorrise.

- Mi è venuta in mente la prima volta che ho confessato a me stessa che mi piacevi … molto!

- E quand’è stato?

- Una sera, dopo le vacanze in Scozia. Con Annie e Patty avevamo preso l’abitudine di riunirci nella mia stanza e loro mi parlavano sempre di Stair ed Archie. Io le ascoltavo ma ad un certo punto la mia mente prendeva il volo e iniziavo a pensare a te. Guardando fuori dalla mia finestra, controllavo se la luce della tua stanza era accesa e mi chiedevo cosa stessi facendo.

- E alla fine le tue amiche ti hanno smascherata, non è così?

- Beh … sì! – ammise Candy, ma il suo improvviso rossore indicava che c’era ben altro da dire - Il fatto che le mie amiche se ne fossero rese conto mi fece aprire gli occhi e all’improvviso sentii come se il petto mi prendesse fuoco per tutto il calore che racchiudeva. Ricordo chiaramente quella sensazione così forte perché era la prima volta che la provavo. Ed è la stessa che provo adesso ed ogni volta che siamo da soli e tu ti avvicini a me o anche solo mi guardi.

Candy non sapeva che anche Terence in quel momento avvertiva lo stesso calore in tutto il suo corpo, come una febbre piacevole che ne intorpidiva la mente e ne esaltava i sensi. Quando lui avvicinò il viso al suo, senza sfiorarla, sorridendole dolcemente e guardandola negli occhi, lei non poté fare a meno di avvicinarsi a sua volta fino a accarezzare le sue labbra. Mentre lui chiudeva gli occhi Candy continuò a baciarlo, solo le loro labbra si toccavano, mentre i loro corpi si mantenevano distanti.

- Non sai cosa provochi in me quando mi baci così! – sussurrò Terence.

- Che cosa? – gli chiese anche lei con un filo di voce.

- Il calore delle tue labbra arriva direttamente al mio cuore e lo fa sciogliere in un fiume di fuoco incandescente … ed io non desidero altro che perdermi dentro di te …

- E dunque quale sarebbe quell’unico pensiero che domina la mente del mio bellissimo e tanto appassionato marito? – gli chiese Candy a fior di labbra, sorridendo maliziosamente.

- Adesso te lo spiego … - le rispose, iniziando a togliersi la giacca.

La fisicità di Terence risultava agli occhi di Candy decisamente imponente, essendo molto più alto di lei e questo, fin dai tempi della scuola, le procurava un certo timore. Lui poi così bello e attraente, con quel suo fascino magnetico, l’andatura fiera che le ricordava quella di una tigre, la faceva sentire un po’ a disagio, inducendola a trovare su di sé tutti i peggiori difetti.

Quando erano stati insieme la prima volta, nel suo appartamento a New York, era successo tutto così all’improvviso, senza aver pianificato nulla. Anche a Villa Ardlay entrambi erano stati colti dalla passione che aveva cancellato ogni paura ed esitazione, ma adesso Candy sentiva che c’era qualcosa di diverso. Adesso era sua moglie e da quando erano saliti in auto lasciando la festa non aveva fatto altro che pensare a questa notte, al momento in cui si sarebbe trovata da sola con suo marito.

- Vogliamo fare un brindisi mia signora? – le chiese Terence offrendole una coppa di champagne e risvegliandola dai suoi pensieri.

- D’accordo … vediamo … io brindo a tutte le volte che litigheremo, perché so che accadrà spesso, e a tutte le volte che faremo pace! – disse Candy alzando il suo bicchiere.

- Perfetto! Tu penserai a come litigare ed io a come fare pace … - rispose Terence con fare allusivo, toccando con il suo il bicchiere della moglie.

Dopodiché abbandonati i bicchieri vuoti sul tavolino, mise un po’ di musica e invitò Candy ad uscire sul balcone dal quale si godeva una meravigliosa vista del lago. La notte era carica di stelle, l’aria tiepida e profumata di fiori, mille luci risplendevano lungo la costa riflettendosi tremolanti nell’acqua.

- Ho come l’impressione che tu stasera sia come una di quelle piccole luci – mormorò Terence all’orecchio di Candy, abbracciandola da dietro.

- Che vuoi dire?

- Che sei splendente come non mai, ma un po’ incerta e tremante. Sbaglio?

- Come hai fatto a capirlo? – gli chiese voltandosi verso di lui, stupita ancora una volta da come lui sapesse sempre tutto di lei e di ciò che provava quando erano insieme.

- E’ stato sufficiente sfiorare la tua mano e sentirla così fredda, perché?

- Non so bene perché ma … sono un po’ nervosa è vero – ammise Candy imbarazzata.

Terence la strinse allora a sé cullandola nel suo abbraccio più dolce, sperando di calmarla. Candy sentiva il respiro caldo di lui sulla guancia e le sue mani carezzarle teneramente la schiena. Le tornarono alle mente i primi tempi in cui si erano conosciuti, quando quel ragazzo che ora era incredibilmente suo marito, le appariva ancora incomprensibile: a volte duro altre dolce, a volte violento altre estremamente delicato, persino nello stesso momento. Il giorno che con fare assai rude la costrinse a salire di nuovo a cavallo per farle dimenticare Anthony, lei era terrorizzata mentre Terence lanciava l’animale al galoppo in una corsa sfrenata, si teneva stretta cingendogli la vita con le braccia e pian piano sentiva il suo cuore tornare a sperare e a credere nella vita. Quando, dopo essere scesi, lui si accorse che era ferita ad un braccio, non esitò a fasciarlo con il cravattino di seta che portava al collo, con gesti così delicati da farla rabbrividire. Ora Candy sorrideva di se stessa al pensiero di quella ragazza troppo giovane e troppo ingenua per capire cosa fosse stato a turbarla, per capire che a rendere la sua pelle così elettrizzata al solo sfiorarla di quel ragazzo così inafferrabile non era altro che il desiderio di lui.

Ed ora? L’essere sua moglie cambiava forse le cose?

- Se penso che quel ragazzino turbolento che alla St. Paul School non perdeva occasione di prendermi in giro e che, sin dalla prima volta che l’ho visto, mi ha fatto andare su tutte le furie, adesso è mio marito! Non ci credo ancora … - mormorò Candy dando voce ai suoi pensieri, senza staccarsi dal suo petto.

- Ora capisco! E’ per questo che sei così nervosa … perché ti sei già pentita! – esclamò Terence scostandosi per guardarla negli occhi, con teatrale risentimento.

- Che sciocco che sei! – lo apostrofò Candy sciogliendosi dal suo abbraccio e posando le mani sulla ringhiera che circondava la piccola terrazza.

- Allora forse è l’essere diventata la signora Granchester a farti agitare? – le chiese Terence appoggiandosi con la schiena al corrimano, braccia e gambe incrociate, con quel suo tipico fare un po’ spavaldo che ricordava a Candy proprio il “ragazzaccio” dei tempi della scuola.

Ma ancora una volta lui aveva compreso!

- Beh essere la moglie della più splendente stella di Broadway immagino che non sarà semplice … - ammise Candy confusa, sapendo bene che non era quello il vero problema.

- Può darsi, ma non è questo che intendevo dire e tu lo sai. Pensi che l’essere mia moglie ora cambierà le cose tra noi, esattamente come quando ti ho dato questo – le disse Terence indicando l’anello di fidanzamento che le aveva regalato a Londra – Ho indovinato Lentiggini?

Candy annuì.

- Non so che cosa ti aspetti da me … ora che siamo marito e moglie … e questo …

- Non mi aspetto proprio niente di diverso da prima, solo che tu mi ami – le disse voltandosi verso di lei e fissandola intensamente, poi riprese con tono scherzoso – Perché mai dovresti cambiare? Ho sposato una scimmietta e ormai me la tengo!

- Oh Terry … sei sempre il solito! – esclamò spingendolo via.

- Infatti io non cambierò mai, vedi di non cambiare neanche tu! Ora torniamo dentro che inizia a fare freddo qui fuori.

Mentre rientravano in camera Candy l’udì brontolare sbadigliando - E poi io sono stanco morto, tu no? Non avrei mai creduto che un matrimonio fosse così sfiancante … sono distrutto, non vedo l’ora di mettermi a letto!

- Come sarebbe “distrutto”? Non dovevi “spiegarmi” qualcosa prima?

- Se ti riferisci a quell’unico pensiero che dominava la mia mente … intendevo proprio questo: dormire!

- Dormire? – ripeté Candy sbalordita.

- Certamente!

Dopodiché lo vide dirigersi verso il bagno e uscirne pochi minuti più tardi, con indosso i pantaloni del pigiama e a torso nudo, indicandole che il bagno era libero.

Quando Candy rientrò nella stanza, dopo essersi cambiata indossando una corta camicia da notte in pizzo e seta color avorio, regalo della sua cara amica Annie che l’aveva acquistata appositamente per lei in una delle più esclusive boutique di Parigi, vide Terence semidisteso nel letto, con la schiena appoggiata ai cuscini e gli occhi chiusi.

- Non avrà osato addormentarsi sul serio … senza di me? – pensò tra sé accigliata – Signor Terence Granchester quante volte devo ripeterle che non si dorme in chiesa! – gridò Candy imitando alla perfezione la voce di suor Gray. Al che Terence si riscosse e aprì gli occhi all’improvviso sentendosi colto in flagrante.

- Ehi Lentiggini, vuoi farmi prendere un colpo … per un attimo ho creduto di aver sposato suor Gray! Che incubo!

Scoppiarono entrambi a ridere fino alle lacrime.

- Ti immagini ci vedesse ora? Probabilmente ci manderebbe in punizione lo stesso – esclamò Candy continuando a ridere, mentre Terence allungandole una mano le si avvicinava.

- Vieni qui – le disse dolcemente vedendola esitare ancora – Sei bellissima lo sai? E a me è passato il sonno.

- Volevi davvero dormire?

Terence scosse il capo sorridendo e la baciò.

All’improvviso la consapevolezza di essere ora uniti per la vita anche davanti agli occhi del mondo liberò definitivamente Candy da ogni freno e pudore. Ma non fu solo questo a rendere quella prima notte con suo marito unica e speciale. Il modo in cui si donarono l’un l’altro aveva un sapore diverso, il sapore dell’eternità. Quella notte sembrava non avere mai fine perché ora sapevano che ce ne sarebbero state molte altre. Si presero tutto il tempo necessario per amarsi, senza fretta, senza ansia, senza paura di perdersi ancora.

E fu bellissimo! Fu bellissimo spogliarsi a vicenda guardandosi negli occhi, con gesti lenti e rassicuranti lui, con dolcezza e passione lei. Le venne in mente perché aveva paragonato Terence ad una tigre: la sua andatura fiera e lo sguardo che la faceva sentire spesso come la sua preda, le ricordavano il maestoso felino. Ma quella sera Candy non voleva essere una preda, voleva far sentire a suo marito quanto lo amasse e lo desiderasse e, nonostante la poca esperienza, si lasciò guidare dai suoi sensi che si accesero nel momento in cui le sue mani percorsero la pelle calda del suo giovane sposo. Ne accarezzò ogni centimetro, gustando pienamente il piacere di sapere quel corpo solo suo. Quando le sue labbra si posarono sulla bocca di Terence e lo sentì tremare sotto le sue dita che ne graffiavano leggermente la schiena, sorrise compiaciuta e continuò a baciarlo esplorandone con la bocca il collo e le spalle.

Erano ancora in piedi, Candy gli girò intorno senza allontanarsi, continuando ad accarezzargli i fianchi. Sfiorandogli la schiena illuminata dalla luce lunare, ne seguiva le linee dei muscoli prima con lo sguardo poi con le labbra. Ad un tratto lui si voltò non potendo più trattenersi dallo stringerla a sé.

- A che gioco stai giocando Lentiggini? – le chiese con la voce carica di desiderio.

- Al gioco della tigre … ma questa volta la tigre sono io e tu sei la mia preda!

- D’accordo, ma credo che mi lascerò catturare facilmente! – le disse mentre lei gli stringeva le braccia attorno al collo e un istante dopo si era già impossessata delle sue labbra.

- Passata l’agitazione, decisamente! – pensò Terence tra sé, felicemente stupito, abbandonandosi al prepotente desiderio di sua moglie.

Lenzuola profumate accolsero i loro corpi uniti in un unico abbraccio, dove le mani trovavano ciò che cercavano con mille carezze, le labbra gustavano pietanze sopraffine senza essere mai sazie, gli occhi adoranti scoprivano nuove strade da percorrere.

Come un torrente impetuoso, lucente d’acqua pura e cristallina, scende a valle senza ostacoli che lo possano contenere, così la loro passione travolse anime e corpi accompagnandoli in una laguna di piacere, dove i loro cuori in tumulto poterono finalmente placarsi. Restarono a lungo uniti, senza allontanarsi l’uno dall’altra, mischiando i loro respiri e sussurrandosi parole nuove che non credevano di conoscere.

Così indecifrabilmente unica era la sensazione di averla vicina che Terence pensò di non potersene più staccare, pena la morte. Con Candy fra le braccia tutto aveva un senso. Con il viso sprofondato nei suoi riccioli biondi, si addormentò, senza smettere mai di stringerla a sé. Lei sentiva il suo respiro caldo accarezzarle il collo, il tepore del suo petto scaldarle la schiena, le sue mani intorno ai fianchi. Durante le poche ore di sonno che si concessero, ogni tanto Terence si muoveva leggermente e le regalava un paio di piccoli baci, poi tornava a dormire.

Fu una notte di passione e pace. La notte degli sposi.

Quando Terence si svegliò la mattina dopo, molto tardi, non la trovò vicino nel letto e fu preso dalla paura di aver sognato ancora una volta, come in quei tremendi anni trascorsi senza di lei che appariva nei suoi sogni e scompariva al sorgere del sole. Si mise seduto nel letto scrutando la stanza tutta intorno e mentre a fatica metteva a fuoco dove si trovava avvertì qualcuno canticchiare nella stanza da bagno. Sorrise tra sé, dandosi dello sciocco e sdraiandosi di nuovo, lasciandosi cullare da quella canzone sussurrata a mezza voce.

Someday he'll come along
The man I love
And he'll be big and strong
The man I love
And when he comes my way
I'll do my best to make him stay

He'll look at me and smile
I'll understand
And in a little while
He'll take my hand
And though it seems absurd
I know we both won't say a word … [17]



Lo scorrere improvviso dell’acqua non permise a Terence di ascoltare oltre, ma la porta socchiusa del bagno era troppo invitante …

- Your man has arrived![18] – le disse entrando nella doccia e sorprendendola alle spalle.

- Terry che fai! – esclamò Candy sobbalzando.

- Rispondo al richiamo di mia moglie. Mi è sembrato di capire che stavi aspettando il tuo uomo o sbaglio?

- Stavo solo cantando …

- Bugiarda!

Candy non ebbe modo di replicare dal momento che Terence la strinse a sé e ne catturò le labbra, avvolti da una nuvola di vapore ripresero ad amarsi, come se i loro corpi si fossero ormai fusi in uno solo.








Pur senza una parola erano attratti

Come desiderando anima e labbra,

che appena unite, come api sciamanti,

si avvinsero, sgorgando miele i cuori.[19]






Capitolo cinquanta

Epilogo




 

Long Island

domenica 25 dicembre, 1921



La lussuosa villa di Eleanor Baker era addobbata a festa come non mai quell’anno. Non era mai stata troppo legata alle tradizioni, forse perché è in quei giorni in cui si sente maggiormente la mancanza di una vera famiglia. La famosa attrice americana era sempre stata circondata da molte persone, amici perlopiù, che anche se le erano molto affezionati non avrebbero mai potuto sostituire quei legami familiari che ti fanno sentire al sicuro nel mondo e che per Eleanor erano rappresentati da quell’unico figlio che amava più della sua stessa vita.

Per questo motivo quel pranzo di Natale aveva oggi un significato tutto particolare. Eleanor infatti aspettava con ansia l’arrivo di Terence con la sua preziosa consorte e non stava più nella pelle dalla gioia.

L’anno precedente, il loro primo Natale insieme, Candy e Terence l’avevano trascorso lontano da casa, dal momento che la compagnia Stratford si trovava in quel periodo in tournée per gli Stati Uniti. Dopo aver inaugurato a novembre la stagione teatrale a Broadway, portando di nuovo in scena Romeo e Giulietta, la compagnia aveva recitato a Boston, Philadelphia, Richmond, Atlanta, New Orleans e infine a Miami dove i due giovani sposi avevano appunto trascorso le festività natalizie con passeggiate lungomare e baci sotto al vischio. Candy infatti aveva seguito il marito durante tutta la tournée protrattasi per circa due mesi, cercando di studiare per preparare i primi esami di medicina durante i pomeriggi in cui Terence era comunque impegnato in teatro con le prove. Dopo l’enorme successo ottenuto in tutti i principali teatri della costa, la compagnia era tornata a Broadway dove sarebbe rimasta fino alla chiusura della stagione la primavera successiva. Rientrati a New York, Candy era riuscita a sostenere, con buoni risultati, gli esami di biologia e genetica e quello di anatomia per il quale il marito si era prestato molto volentieri a fare da cavia per aiutarla nello studio della morfologia del corpo umano. La coppia aveva poi trascorso la pausa estiva a Long Island, nella loro nuova casa che stava pian piano prendendo forma e dove Albert era già stato a trovarli nel mese di settembre, per un’occasione davvero speciale.

Gli ultimi ritocchi alla tavola e tutto era pronto. Eleanor aveva invitato a pranzo anche il caro amico Robert Hathaway con sua moglie Caroline. Inoltre, da qualche giorno, era ospite a villa Baker anche Sua Grazia il Duca di Granchester. Durante l’ultimo anno infatti il Duca aveva trascorso un lungo periodo negli Stati Uniti, ufficialmente per affari, passando interi pomeriggi con Eleanor e i ragazzi. All’inizio la cosa era apparsa alquanto strana a Terence, ma Candy gli aveva fatto notare quanto i suoi genitori apparissero sereni quando si trovavano insieme e questo grazie a quell’amore che di sicuro non si era mai spento del tutto.

- Evidentemente è il destino degli uomini della famiglia Granchester quello di innamorarsi perdutamente di un’unica donna! – aveva commentato Candy, guardando maliziosamente il marito.

- Io credo piuttosto che siano le donne a non poter dimenticare un Granchester, dal momento che siamo dannatamente irresistibili! – aveva ribattuto Terence con la solita spavalderia.

Gli ospiti stavano sorseggiando un aperitivo quando udirono il rumore di un’auto che faceva il suo ingresso nell’ampio cortile antistante la villa. Miss Baker si precipitò ad aprire la porta e ciò che le apparve fu il regalo più bello di quel Natale: il figlio scese dall’auto e, avendola vista sulla porta, le rivolse un sorriso radioso, poi aprì lo sportello della moglie porgendole la mano per aiutarla ad uscire. Candy con in mano un grande pacco avvolto da una scintillante carta color oro si diresse verso l’ingresso, facendo attenzione a non scivolare sul vialetto ancora in parte ghiacciato, dal momento che la notte precedente si era verificata un’abbondante nevicata.

- Buon Natale Eleanor! – esclamò Candy offrendo il pacco all’attrice.

- Grazie mille cara, buon Natale anche a te! Che gioia vederti, sei uno splendore! Entra pure.

Dopodiché lo sguardo della donna indugiò ancora un momento nell’ammirare il figlio che le stava andando incontro con aria fiera, tenendo tra le braccia un piccolo fagotto avvolto in una copertina azzurro cielo dalla quale spuntava solamente un tenero ciuffetto biondo.

Terence Richard Junior, di poco più di tre mesi, era nato il 16 settembre e da quel giorno la vita dei due giovani sposi ne era stata letteralmente travolta. Quella mattina di fine estate Terence si trovava in teatro, dove da poco erano iniziate le prove dell’Otello e i vari attori erano nelle mani delle sarte per le ultime rifiniture da apportare ai costumi di scena. Terence, immobile su una pedana, aspettava con una certa impazienza che Marion ricucisse la cappa riccamente decorata che indossava e che aveva ceduto in un punto della manica sinistra. Si sentiva piuttosto agitato perché Candy non aveva riposato bene quella notte e, sapendo che il parto era ormai imminente, la mattina era uscito malvolentieri da casa non volendo lasciarla da sola. Candy al solito aveva insistito perché lui andasse comunque in teatro, dal momento che ci sarebbe stata la prova generale dei costumi. Perso in questi pensieri vide d’un tratto venirgli incontro di corsa Mike, il suo assistente personale, il quale trafelato gli comunicò di aver appena ricevuto una chiamata dal St. Jacob’s Hospital dove era richiesta con una certa urgenza la presenza di Mr. Graham, dal momento che la moglie era stata ricoverata già da circa tre ore.

- Come sarebbe a dire da tre ore! E cosa aspettavano a chiamarmi … - esclamò Terence furioso, precipitandosi verso l’uscita, con ancora indosso il costume di Otello.

- Ma dove va Mr. Graham … aspetti … si tolga almeno il turbante! – gli gridò Marion con ago e filo ancora in mano.

Terence lanciatole al volo l’orientale copricapo, afferrò le chiavi dell’auto deciso a raggiungere il più presto possibile l’ospedale. Robert avendo visto “Otello” correre come un forsennato dietro le quinte era riuscito a raggiungerlo per chiedergli cosa stesse accadendo. Dopo che il ragazzo gli ebbe gridato solamente “Candy…” senza aggiungere altro, Hathaway fece appena in tempo a fermarlo dicendogli che lo avrebbe accompagnato lui, dal momento che nello stato di agitazione in cui si trovava il suo pupillo era decisamente rischioso si mettesse alla guida. Terence acconsentì malvolentieri convinto che da solo ci avrebbe impiegato minor tempo.

Giunti in poco meno di venti minuti in ospedale, non fu poco lo stupore delle infermiere del reparto di ostetricia nel veder entrare come un tornado quel giovane bruno, dall’abbigliamento assurdo, sbracciarsi ed agitarsi nel chiedere dove fosse ricoverata la moglie.

Salito di corsa al primo piano, volando su per le scale, giunto nei pressi della sala parto, udì chiaramente la voce di Candy produrre un urlo che non le aveva mai sentito fare, nemmeno quando era particolarmente arrabbiata con lui. Non ci pensò un attimo e, nonostante un paio di medici avessero tentato di fermarlo, fece irruzione nella stanza dove si trovava Candy la quale nel vederlo entrare avvertì tutto l’amore per lui riempirle gli occhi.

- Terence … - gli gridò allungando una mano perché si avvicinasse.

- Amore mio sono qui! – le rispose stringendole forte la mano e inginocchiandosi di fianco a lei.

- Mi dispiace ma lei non può stare qui, deve uscire immediatamente! – gli ordinò l’ostetrica che si stava prendendo cura di Candy.

- Sono il marito e non ho alcuna intenzione di uscire! – rispose risoluto Terence con la sua voce stentorea, rivolgendole uno sguardo così deciso da farla impallidire.

- Le ripeto che non è possibile. Sia gentile, appena sarà tutto finito la faremo chiamare.

- La prego lo faccia restare … - disse Candy cercando di trattenersi dall’urlare di nuovo all’arrivo dell’ennesima contrazione.

L’ostetrica sorpresa da tanta determinazione non osò opporsi ancora e così, fatto indossare un camice a Terence, gli consigliò di mettersi alle spalle della moglie e, se proprio voleva rendersi utile, poteva massaggiarle la schiena. Terence obbedì e, mentre la accarezzava, avvicinando il viso a quello di Candy, cercava di tranquillizzarla sussurrandole con quella voce di velluto che lei tanto adorava che sarebbe andato tutto bene.

E così, dopo circa mezz’ora, nacque il piccolo Terence Richard Junior!

Candy era stata assolutamente categorica nella scelta del nome: se fosse stato un maschio si sarebbe chiamato come il padre e alla sua domanda se un Terence non le bastasse più lei aveva risposto che avendone due in famiglia era sicura che non sarebbe mai più stata senza!

Dopo un pranzo luculliano, Candy si era ritirata in una deliziosa stanza che Eleanor aveva adibita a cameretta per allattare il piccolo TJ e cercare di farlo addormentare. Lo aveva appena adagiato nella culla quando si sentì abbracciare alle spalle dal marito che amava sorprenderla così, circondandola con le sue braccia.

- Ogni mattina appena sveglio lo guardo e ancora non ci credo – le sussurrò all’orecchio, con la voce rotta dall’emozione.

Da quando era nato, o forse ancora prima, da quando Candy gli aveva rivelato di essere in attesa, Terence viveva come sospeso in un sogno, temendo di cadere da un momento all’altro. Il 28 gennaio, per il compleanno del marito, Candy aveva organizzato qualcosa di davvero speciale: una romantica cena a lume di candela a bordo del Mauretania, il transatlantico sul quale si erano conosciuti la notte del 31 dicembre 1912 e che in quei giorni era fermo nel porto di New York. Passeggiando su quel ponte che li aveva visti ragazzini, Candy ad un tratto si era fermata, afferrando il marito per la vita e guardandolo negli occhi, sebbene vinta dall’emozione, si era decisa a dargli quell’incredibile notizia.

- Perché ti sei fermata all’improvviso Lentiggini? – le aveva chiesto Terence.

- Perché voglio dirtelo qui, dove tutto è cominciato.

- Dirmi cosa? – l’aveva esortata il marito un po’ preoccupato dalla sua espressione così seria.

- Vedi di tenerti libero per il prossimo settembre … perché diventerai padre, amore mio!

Terence si era ammutolito di colpo. Nelle orecchie quel “padre amore mio” appena pronunciato da sua moglie a cui non riusciva a credere. Potevano tre piccole parole racchiudere tutta la felicità del mondo? Lui che era il suo amore ora sarebbe diventato anche padre … aveva capito bene?

Lei lo guardava con tenerezza sapendo cosa stesse provando in quel momento il suo adorabile uomo: la gioia immensa ma allo stesso tempo la paura di diventare genitore e il timore di non esserne all’altezza, lui che per molti anni non aveva conosciuto l’amore paterno.

- Terry tutto bene? – gli aveva chiesto con la voce più dolce che aveva, carezzandogli il volto, vedendo i suoi occhi riempirsi di lacrime.

Ma questa volta no, lui non aveva negato. Stava piangendo, di nuovo, su quel ponte, ma la notte era limpida, senza nebbia e piena di stelle, il mare calmo e Terence aveva lasciato che le lacrime bagnassero il suo viso, senza nasconderle.

- Non ci credo … non è possibile … sei sicura? – aveva mormorato a stento con la voce tremante.

- Sì, il medico me lo ha confermato ieri mattina. E poi … direi che ti sei impegnato parecchio negli ultimi mesi!

Terence aveva sorriso tra le lacrime alla battuta maliziosa della moglie che ora lo stringeva sempre più forte a sé.

- Buon compleanno Terry!

- Grazie! – le aveva risposto semplicemente, ma lei sapeva che non si riferiva solo agli auguri di compleanno.



- Si è arreso finalmente questo piccolo ladruncolo?

- Perché ladruncolo?

- E me lo chiedi? Da quando è nato non ha fatto altro che rubarmi mia moglie!

Terence e la sua assurda gelosia, pensò Candy, anche verso suo figlio, possibile? Nonostante l’amore verso il piccolo fosse immenso, Terence non poteva fare a meno di sentire una piccola fitta al cuore ogni volta che doveva dividere sua moglie con lui.

- Perché ora che dorme non andiamo a fare due passi, solo noi due? Eleanor e il Duca saranno felici di fare i nonni almeno per un’ora.

Candy sorrise a quella proposta, così infilati i cappotti uscirono.

Il parco di Villa Baker aveva un aspetto fiabesco, ricoperto da un candido manto di neve ancora fresca e immerso in un insolito silenzio. L’aria immobile era appena riscaldata da un limpido sole invernale e, nonostante la temperatura piuttosto rigida, risultava piacevole passeggiare all’aperto lungo i vialetti che attraversavano il giardino.

Terence e Candy, camminando abbracciati per scaldarsi a vicenda, arrivarono fino al limitare del parco, nel punto in cui si affacciava su una lingua di sabbia che scendeva dolcemente fino all’oceano. Si fermarono seduti su un tronco d’albero caduto durante una delle ultime mareggiate, lei sulle gambe di lui che le teneva le mani strette nelle sue. Rimasero così in silenzio per un po’ ad ammirare il bel contrasto tra il candore della spiaggia innevata e l’azzurro splendente del mare. D’un tratto Terence la sentì rabbrividire e le chiese se avesse freddo. Lei senza rispondere lo abbracciò, insinuando le mani sotto il cappotto del marito, dopo avergli slacciato uno dei bottoni, e appoggiando la testa sulla sua spalla, cercando con il viso il contatto con il collo di lui.

- Le tue lentiggini si stanno congelando, hai il naso ghiacciato! – esclamò Terence ridendo, provocando un fumetto con la bocca.

- Credo di aver capito finalmente che cosa sia la felicità … - mormorò Candy cogliendolo di sorpresa e provocandogli un brivido di piacere al contatto con il suo respiro sulla pelle.

- Lo hai capito proprio in questo momento?

- Sì, proprio adesso! - gli rispose alzando il viso e guardandolo intensamente negli occhi più blu dell’oceano.

Osservandola Terence non poté fare a meno di ammirare quanto fosse bella sua moglie, le guance arrossate per il freddo, gli occhi di smeraldo splendenti e limpidi che da sempre avevano il potere di confonderlo, con quell’aria ancora un po’ da bambina ma allo stesso tempo estremamente seducente e irresistibile, sì … decisamente irresistibile! La baciò teneramente e poi sempre con maggior passione, reclamando con forza le sue labbra.

Dal momento che la situazione si stava decisamente surriscaldando, Terence non riuscì a resistere alla tentazione di fare un piccolo scherzo alla sua mogliettina e, senza che lei se ne accorgesse, raccolse una manciata di neve e gliela fece scivolare lungo il collo. Candy se ne uscì con un urlo che lo fece sobbalzare e pensare che fosse decisamente il caso di darsi alla fuga.

- Sei sempre il solito ragazzaccio della St. Paul School, quando ti deciderai a crescere Terence Granchester? - gli gridò Candy cercando di raggiungerlo. Ma nel tentativo di acciuffarlo finì per farlo cadere a terra, nella neve, mentre lei scivolando terminava la sua corsa direttamente sopra di lui, tra le sue braccia.

- Come allora ogni scusa è buona per saltarmi addosso, non è così Lentiggini?

- Nel caso te ne fossi dimenticato, sono tua moglie ora e non ho più bisogno di scuse per saltarti addosso! – gli rispose con una linguaccia.

- Se proprio vuoi saperlo, per me non avevi bisogno di scuse nemmeno allora!



FINE










[1] Un po’ più che parente, e men che padre affettuoso.

[2] Il resto è silenzio.

[3] Terence e Candy recitano una parte del dialogo di Romeo e Giulietta, Atto I, scena II.

[4] Romeo e Giulietta, Atto I, scena II.

[5] “Sempre nella mia mente”.

[6] Traduzione del testo della canzone scozzese “Annie Laurie” che Terence suona con l’armonica regalatagli da Candy alla St. Paul School in cambio delle sue sigarette, affinché smetta di fumare.

[7] Cit. dal Sonetto XCII di W. Shakespeare.

[8] Shakespeare, W., Sogno di una notte di mezza estate, cit.

[9] Shakespeare, W., Sonetto CIX.

[10] Shakespeare, W., Sonetto CXVI, cit. vv. 2-8.

[11] W. Shakespeare, Romeo e Giulietta. Atto terzo, scena IV.

[12] W. Shakespeare, Sonetto XCVII.

[13] Publio Virgilio Marone, Bucoliche X, 69 (trad. “L’amore vince tutto, arrendiamoci anche noi all’amore”).

[14] Riporto qui alcune strofe della canzone Fever, di E. Cooley e O. Blackwell, del 1956. I nostri amanti non avrebbero potuto conoscerla nel 1920, ma il testo mi è sembrato descrivere molto bene la loro “febbre” d’amore.

[15] Poesia di Wislawa Szymborska (poetessa polacca, 1923-2012).

[16] W. Shakespeare, cit. dal Sonetto XXV.

[17] The man I love, celebre brano musicale con musica di George Gershwin e parole di Ira Gershwin (1924).

[18] “Il tuo uomo è arrivato”, trad.

[19] Byron, G.G., Don Juan, Canto II, cit.



Commenti

  1. Complimenti, questa FF è di una delicatezza unica! Sono stata letteralmente rapita tutta la domenica! Attendo gli altri capitoli, grazie davvero! ❤️

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    1. Arriverà in settimana il seguito. Grazie 😘😘

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  2. Elena.....ho letto tutto....come se non ci fosse un domani questa bellissima storia. Il loro Amore mi ha incantata e tenuta inchiodata alla lettura. Non potevo smettere. Stanotte fino alle 4 di mattina....e poi finita adesso. ....ma arriverà il seguito, giusto ? Sennò....ira funesta

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    1. Arriverà il seguito assolutamente, non lascerei mai una storia incompleta! Quindi preparati a un'altra notte insonne 😅😅 scherzo ma ti capisco, succede anche a me di stare sveglia leggendo 🥰

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  3. Elena....Elena....già il 46° capitolo. Sta per finire...non voglio. È troppo bella.
    Sei stata così brava ad inserire tutto tutto tutto di quel passato che tutte noi conosciamo fin troppo bene....mi riferisco a Lakewood e al periodo della casa della Magnolia. Che maestria ..con quanta bravura hai inventato un continuo perfetto intrecciando Manga, anime e CCFS.
    UNA FF DECISAMENTE MERAVIGLIOSA. CHE PECCATO CHE NON POSSA FARSI UN ROMANZO. DA TENERE SUL COMODINO E SFOGLIARLO. È FRUSTRANTE PER ME LEGGERE DALLO SMATPHONE. ANCHE SE LUMINOSO. MI STAI FACENDO SOGNARE TANTISSIMO. GRAZIE

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    1. Io la chiamo la ff dei "nodi da sciogliere"! Ho cercato di dare un senso a tutto quello che era rimasto in sospeso ❤️
      Grazie a te di cuore!

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  4. Il mio cuore continua a battere forte con loro, ora siamo alla fine del 46° capitolo, ne mancano atri 4, sono completamente rapita. Complimenti Elena!!!!

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    1. Grazie cara, quanto ancora ci fanno battere il cuore questi due ❤️❤️❤️

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  5. Sei bravissima, grazie hai scritto una storia bellissima, ti prego continua, prosegui questo racconto con il fidanzamento ufficiale dalla zia Elroy, Terence che in contra Neal ...

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    1. Ti ringrazio ❤️ ho aggiornato la pubblicazione fino al capitolo 46. Manca poco al gran finale!

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  6. Grazie è proprio una storia bellissima quella.che avrei da sempre voluto leggere ❤️

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  7. 😭😭ma è proprio vero che non scriverai più?

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    1. Questo non lo so, ho ancora alcune storie già scritte da pubblicare... dopo vedremo 🥰😘

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  8. Qué hermosa historia. Me ha tomado alrededor de una semana y me hado mucha tristeza que termine. Muchísimas gracias por cada una de tus letras. Un abrazo desde Lima, Perú 🤗...

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    1. Ti ringrazio tanto e ti mando un saluto dall'Italia!

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  9. Complimenti Ele è una bellissima storia ed anche ben scritta .. grazie

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  10. Sono stata completamente rapita dalla storia,hai tessuto una trama originale,e ben incastrata alla storia classica,sciogliendo tutti i nodi e i sentimenti di Candy e Terrence.bellissimo ed emozionante leggerla!Ary

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